Capitolo IX: DAL 1945 ALLA P2

inserito il 20 06 2011, nella categoria Palazzo Giustiniani, Storia

In Italia, la fine della guerra, ritrova tantissimi massoni in un proliferare di “famiglie”. Vi è una giustificazione a questo fenomeno, che oggi, a più di 40 anni, non è del tutto spento.

Con la persecuzione fascista, come si è detto, i massoni si sono dispersi. Alcuni rifugiatisi all’estero hanno creato Logge in esilio, i più – gruppi sparuti – sono rimasti accanto, senza ritualità, clandestinamente, a loro vecchi autorevoli dignitari. La ricostruzione della Massoneria è avvenuta sulla scia delle armate alleate liberatrici, dal Sud verso il Nord; a mano a mano – furono anni lunghi e dolorosi – che la liberazione si compiva, si ricostruirono e riconsacravano le Logge.

I Fratelli traevano sciarpe, grembiuli e guanti bianchi dai nascondigli segreti dove per anni li avevano tenuti celati, riprendevano il lavoro, iniziavano nuovi Liberi Muratori. Prima in Sicilia, poi in Puglia, in Campania. Secondo due filoni, quello inglese lungo la fascia orientale della penisola, ove operava, con i polacchi, l’Ottava Armata; quello americano dalla parte tirrenica ove combatteva la V Armata statunitense. Ed ecco che prima ancora che l’Italia fosse riunita – lunga fu l’attesa davanti a Roma – le ricostituite Logge cercano di darsi un assetto ufficiale sollecitando riconoscimenti da un lato americani, dall’altro lato inglesi. Forse per giungere con le patenti più autorevoli all’atteso atto conclusivo. E così mentre a Roma, finalmente riconquistata, già si litiga per una presunta supremazia, i Fratelli del Nord ancora attendono perseguitati ed in clandestinità. Per un altro anno, prima che la Linea Gotica, dopo dure ed aspre lotte, possa essere superata.

E quando l’Italia è interamente libera, molte sono le dignità massoniche che da Roma pretendono di rappresentare l’autentica autorità libero-muratoria nazionale. I giustinianei hanno rioccupato il Palazzo confiscato, altri le loro antiche sedi, altri nella capitale ne hanno create di nuove. La Costituzione dei Liberi Muratori vuole che l’Oriente centrale di un’Obbedienza abbia sede nella capitale dove i Fratelli di quel paese operano.

Ma queste questioni, talvolta meschine beghe di potere dettate anche da attriti personali tra alti fratelli, già autorevoli, che nulla hanno a che vedere con l’autentica Massoneria e lo spirito che l’ispira, qui non interessano, giacchè è la storia di Palazzo Giustiniani che intendiamo esaminare.

Conviene subito dire che anche in questa circostanza, il riesplodere, sia pure disordinato e sparso, della Massoneria dopo la guerra, ha perduto e gettato al vento un’altra felice occasione per dare prestigio all’istituzione.

Si tratta proprio del Palazzo.

Gli americani – presidente il massone Truman (nella foto con le insegne massoniche del Mystic Shrine) – volevano che in Italia la Massoneria rifiorisse; confidavano anche che attorno al gruppo giustinianeo, allora apparentemente il più forte, si catalizzassero gli altri massoni italiani.

Gli americani avevano già creato molte loro Logge in Italia (2), tutte logge di militari di occupazione, e molte di queste erano i fraterno contatto con i Fratelli del Palazzo.

Per l’interessamente di due autorevoli loro Fratelli, gli italo-americani Fiorello La Guardia ed il senatore Frank Gigliotti, si erano adoperati ed avevano ottenuto (3) che alla Massoneria italiana venisse ceduto, quale sua prestigiosa sede parte della Villa Margherita di via Veneto a Roma, attuale e magnifica sede dell’ambasciata Usa in Italia.

L’impegno veniva addirittura fissato in una delle clausole del trattato di pace, la stessa clausola che imponeva all’Italia, libertà per la Massoneria.

Quando la clausola, segreta ma non troppo, sia stata osservata, si è visto.

Ma i giustinianei rifiutarono la meravigliosa offerta. Rientrati nel vecchio Palazzo, con le sale da ristrutturare, i Templi da rifare, le cose care perdute, si illudevano, nel clima della rinnovata libertà, che il Governo avrebbe loro, ben presto, restituito l’antica proprietà che per loro rappresentava anche il simbolo della tradizione. Il Governo divenne democristiano e con mille cavilli, nonostante estenuanti cause civili i cui polverosi fascicolo ancora si ammonticchiano nei tribunali, la vecchia sede non venne mai resa.

Reggeva allora, provvisoriamente, il Palazzo un comitato di Gran Maestranze formato da Umberto Cipollone, Guido Lay e Gaetano Varcasia. Dal 1925 non si era più potuta riunire la Gran Loggia per procedere a regolari elezioni.

Domizio Torrigiani, come si è detto, era stato condannato al confino. Nel ’32 Torrigiani si spegne, lasciando vacante l’alta dignità, ormai svuotata di ogni potere se non quello morale. Un insigne giornalista, Giuseppe Meoni, la assume “pro tempore” fino al Giugno del ’34 (4). Poi il vuoto fino al termine della guerra, quando appunto venne creato il citato Comitato che rimase in carica dal ’43 al ’45, dalla Liberazione di Roma alla Liberazione d’Italia, con tanti svariati e difficili compiti: sedare dissidi tra i Fratelli che finalmente si ritrovavano ma si scambiavano rampogne per i comportamenti degli anni bui trascorsi, accampando meriti e rimproverando demeriti; ricostruire sedi e templi, e soprattutto un tesoro perché quel poco che era stato salvato dai predatori fascisti e tedeschi, era finito in aiuti, sempre faticosamente e rischiosamente recati, a Fratelli bisognosi al confino od esiliati, e per soccorrere le loro famiglie.

Ricomposto ciò che era rimasto della Famiglia, nel Novembre del ’45 si può indire la prima Gran Loggia della ricostruzione. Il grembiule azzurro e il maglietto di Gran Maestro vengono affidati a Guido Lay, che purtroppo morirà tre anni dopo.

Ma in quel momento di euforia per la ritrovata libertà, tutto pareva facile. Gli americani che ancora rimanevano in Italia, aiutandone la ricostruzione con il piano ERP, agevolarono molto la Massoneria ed in particolare quella giusitinianea, che al momento era apparsa la più compatta e la più forte.

Contavano in questo anche rapporti personali fra esponenti del Palazzo e autorità americane. Una di queste, il senatore Frank Gigliotti, incaricato di coordinare per il suo governo gli aiuti all’Italia, raccolse personalmente fra i massoni americani viveri, indumenti, ed altri generi di conforto, da riempire più navi, destinandoli alla massoneria italiana perché fosse questa a curarne la distribuzione fra la gente ancora bisognosa di tutto. Da vero massone intendeva così l’opera massonica: aperta e affettuosa solidarietà.

Gigliotti venne meritatamente proclamato da una Gran Loggia, Gran Maestro Onorario.

Ma i suoi aiuti non pervennero mai alla massoneria. In parte per colpa dei giustinianei che non seppero imporsi e pretendere dalle autorità governative italiane – qui ritroviamo un’altra delle grandi occasioni mancate – di ottenere ciò di cui erano destinatari, ma soprattutto perché quegli aiuti potevano diventare strumenti di voto presso una popolazione che diveniva finalmente elettrice. Quegli aiuti finirono infatti alla POA, Pontificio Opera di Assistenza, che li distribuì a proprio nome ed a proprio totale merito, coadiuvata dai galoppini del rinascente partito clericale. Lo riconobbe lo stesso senatore Gigliotti (5), intervenendo molti anni dopo ad una Gran Loggia giustinianea: “Ciò che conta – disse con rassegnazione – è che siano andati a chi ne aveva bisogno”.

 

In quel periodo, questa è la sensazione che se ne trae, i massoni giustinianei, e purtroppo anche gli altri, più che impegnarsi nel loro lavoro esoterico ed adoperarsi per far conoscere e rifulgere nel mondo profano l’immagine della Massoneria, brigano tra loro per una effimera supremazia tra le Famiglie, in un’affannosa quanto sterile caccia a riconoscimenti stranieri che tale pretesa supremazia dovrebbero sancire.

Già nell’immediato dopoguerra il presidente Truman aveva inviato in Italia una folta ed autorevole delegazione della massoneria americana presieduta da R.V.Denslow, Sommo Sacerdote del Capitolo Generale dell’Arco Reale, e della quale faceva parte il Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Nord degli Stati Uniti, G.E. Bushnell.

La delegazione s’incontrò con i vertici giustinianei. Scopo principale della visita ero lo scioglimento del nodo dello scozzesismo, problema italiano, poiché ogni Famiglia vantava la diretta eredità scozzese.

La delegazione venne, vide, esaminò la questione in lunghi incontri, e ripartì dicendo che avrebbe deciso. Se riconoscimenti avvennero, questi rimasero limitati a contatti su livelli personali. Se la Gran Loggia del Montana era disposta ad intrattenere rapporti “diplomatici”, non altrettanto poteva dirsi, ad esempio, della Gran Loggia della California.

Ma era all’Inghilterra, chiusa e riservata, la direzione cui le autorità massoniche italiane guardavano e puntavano. Quelle che avessero assicurato alla loro “famiglia” il “riconoscimento inglese”, avrebbero assicurato la “legittimità” della loro Obbedienza.

Qualche anno dopo venne in Italia, in visita ufficiale, l’Arcivescovo di Canterbury, ma il primate, capo del massoni inglesi, anziché recarsi dai suoi pari italiani in quale palazzo, va in visita dal Papa. Da notare che la scomunica non era ancora stata revocata e nei palazzi lateranensi non si poteva ignorare l’alta veste muratoria del rappresentante della Chiesa inglese. Che fu accolto con tutti gli onori.

I massoni italiani ne furono delusi, ma a Palazzo Giustiniani non si volle demordere e, batti e ribatti, come presto vedremo, giunse il sospirato riconoscimento inglese. Ma verrà ben presto revocato.

Gli argomenti ci portano a scavalcare e anticipare la cronaca: torniamo perciò a questa. Al Gran Maestro Guido Lay succedono nel Palazzo, Umberto Cipollone, insigne avvocato romano, nominato “pro tempore” dopo la morte del primo, ed Ugo Lenzi, autorevole esponente del Foro bolognese, che eletto nel Marzo del 1949, dopo varie riconferme, rivestì l’alta dignità fino all’Aprile del 1953. Si tratta di due figure di alta statura intellettuale e morale e di riconosciuto prestigio.

Si adoperano, come si è detto, per risolvere l’annosa, intricata, questione con lo Stato (6) relativa alla definizione della proprietà del Palazzo; si adoperano nella ricerca dei sospirati riconoscimenti stranieri; si adoperano per catalizzare le sparse schiere dei Fratelli, ma soprattutto agiscono perché l’Italia riconosca nel suo seno una presenza massonica. Questa è certamente la loro opera più meritoria, anche se non riuscita, perché in Italia un neo-clericalismo si era imposto, visceralmente anti-massonico. De Gasperi, già nel 1946, in un discorso alla Camera, suggerisce l’opportunità di leggi contro le società segrete (7) per salvaguardare la democrazia. Il suggerimento – era ancora recente il ricordo delle leggi speciali fasciste – non fu accolto, fortunatamente, ma sotto le ceneri è rimasto per una quarantina d’anni per poi esplodere.

Cipollone e Lenzi, tentano, in ogni occasione di uscire allo scoperto con i labari delle Logge quando una manifestazione ufficiale lo consente, specie se questa è una rievocazione risorgimentale, così che si possa riaffermare l’apporto della Massoneria all’unità d’Italia, e più in generale il suo ruolo nella storia nazionale. Ciò in occasione dell’inaugurazione di monumenti, di celebrazioni di eventi storici. Le autorità governative e quelle civiche, di qualunque colore, se pure all’inizio li tollerano, non gradiscono quei labari.

La manifestazione più palese si ha in Perugia quando il 20 Giugno del 1959 si dovrebbe celebrare il centenario della strage compiuta in quella città dalle milizie mercenarie francesi, svizzere, spagnole, inviate dallo Stato Pontificio in quella città per punirla di essersi sottratta al dominio di Roma ed essersi proclamata repubblica indipendente. I mercenari uccisero migliaia di perugini, fra cui donne e bambini, e saccheggiarono ovunque poterono. Le celebrazioni del centenario della strage (8) che vedono i labari delle Logge relegati dietro le bandiere dei partiti, delle associazioni varie e delle confraternite religiose, si svolgono in un clima di frastornante ambiguità che in Italia da sempre si perpetua, per cui non si capisce bene se sono state ricordate le vittime della strage o piuttosto i mercenari papalini morti durante quella disperata resistenza.

Lasciamo stare. A queste ambiguità la storia recente italiana ci ha abituato. E mentre vediamo che Lenzi e Cipollone ottengono dal Comune di Roma un’area al Cimitero del Varano ove innalzare un Famedio che accolga le spoglie dei massoni più illustri – vi verranno sepolti, con Torregiani, molti Gran Maestri – e Lenzi ottenere per il suo prestigio personale che a Bologna (9), in Porta Galliera, non vengano tolte le vistose insegne massoniche, squadra e compasso, dal monumento del prete, martire, fratello, Ugo Bassi; il nuovo Gran Maestro, Giorgio Tron (10), non può impedire, nel 1960, che proprio nel giorno in cui egli fa affiggere in tutt’Italia il manifesto che rievoca il XX Settembre, la presa di Porta Pia, quel giorno il parlamento voti la legge Merlin che sanscisce la chiusura (il bisticcio dei termini non è nostro) delle “case chiuse”. E così, a 90 anni dallo storico evento, determinante per la storia d’Italia, la data perde il suo significato, e per ben altro è ricordata. Le arti subdole e le sottogliezze di Taxil si rinnovano.

Non stiamo esagerando, basti ricordare che all’epoca dello scandaloso caso Montesi (scandaloso per tutto ciò che lo alimentava fra faide interne e politiche), circolò e si diffuse in Italia un libro, fotograficamente “documentato” da un certo Franco Rispoli, dal titolo “Massoneria per signore sole”, che pretendeva illustrare nefandezze orgiastiche della “setta”. Il processo, è noto, documentò che il caso Montesi era una montatura, un castello di menzogne, un’autentica vergogna di chi lo aveva inscenato. Ma intanto, anche in questa occasione, qualcuno aveva lanciato i suoi soliti, monotoni, strali contro la Massoneria. A furia di calunniare qualcosa alla fine restava.

Le pubbliche sortite non ottengono, come si è visto, clamorosi risultati, ed ecco che la Massoneria giustinianea, che pure è tra le più forti in Italia, si rinserrà in sé, e pubblicamente si limita a riapparire, una volta all’anno, in occasione dello storico XX Settembre, per far affiggere sui muri delle principali città il suo manifesto rievocativo.

Nient’altro. Durante le successive Gran Maestranze di Carlo Speranza, di Publio Cortini, dimissionario per ragioni di salute, sostituito per breve periodo da Pasquale Del Torto, facente funzioni, dello stesso Cipollone rieletto nel ’57, e di Giorgio Tron.

L’”Obbedienza”, seppure la più consistente in Italia, vegeta. Nelle Logge, pur numerose e adorne di tanti Fratelli fra le Colonne, affiora il malcostume.

Si discute per la prima volta, attorno agli Anni Sessanta, di aprire le porte dei Templi alle donne. I pareri sono accesi e diversi. Già esiste una massoneria femminile a Palazzo Brancaccio ed a questa, operativamente più valida (11), Palazzo Giustiniani ha offerto la sua “tutela”. Una massoneria non accettata, ma “adottata”. Fremono coloro che ancora attendono il riconoscimento scozzese che “con le donne nelle Logge” sarebbe inottenibile. Questo contrasto vivifica un po’ la Famiglia, che pure da vita a sue pubblicazioni come la citata “Lumen Vitae”, “Rivista Massonica” la quale negli ultimi anni si trasformerà nel periodico “Hiram” di raffinata veste tipografica.

Per scuotere il torpore e allontanare il malumore, visto che di una apertura alle “sorelle” non si può parlare, si punta ad un rafforzamento dell’Istituzione e della sua immagini, sempre in vista del sospirato riconoscimento inglese, con la riunificazione delle sparse forze massoniche italiane. I tentativi saranno molti, ma, anche se preannunciati da sanatorie (amnistie per colpe massoniche passate (12)), pubblicizzati con enfasi e  solennità (13), raccoglieranno solo poche Logge di gruppi dispersi.

A Logge che entrano nella comunione fanno riscontro Logge che se ne allontanano. I motivi delle defezioni sono talvolta di carattere personale, ma più spesso gravi divergenze che investono la conduzione delle Famiglie. Indicativa a tal proposito è una circolare inviata nel Dicembre del ’69 a tutte le Officine della Loggia “Universo” di Roma, la Rispettabile Loggia Madre di Palazzo Giusitiniani (14), nella quale, mentre si annuncia il distacco dall’Obbedienza ed il costituirsi in Loggia autonoma, si denunciano esplicitamente brogli elettorali nell’elezione del Gran Maestro, malversazioni che investirebbero il codice penale e pericoli per la sicurezza dell’Ordine dalla presenza nella segreteria di impiegate più vicine alla Curia che all’Oriente.

Valide o meno queste accuse che non è nostro compito valutare o approfondire, vediamo però che in parte vengono riprese da altre Logge: la “Carducci” di Bologna, l’”Ausonia” di Torino, l’”Eterna Luce-Nuova Italia” di Milano, ed altre (15).

Il malcontento dunque serpeggia fra le colonne e già vi è chi intravede un bubbone che sta per esplodere, anche se occorreranno anni prima che ne emergano gli effetti più devastanti.

Gli assonnamenti si moltiplicano ed i piedilista delle Logge sono spesso più apparenti che reali. Quanti sono i Fratelli realmente attivi, quotizzanti, fra tutti quelli segnati negli elenchi, non si sa. Già lo abbiamo detto, accennando ad una riunione della Gran Loggia del 1958 che la commissione di verifica dei poteri abilitò al voto solo 137 Logge sulle 314 che costituivano il piedilista generale. Meno della metà, dunque. Le “non abilitate” erano solo morose nei confronti del Tesoro o soltanto sulla carta? Anche a questo quesito non è questa la sede per dare una risposta, ma ciò che è rilevabile è il malcontento, già individuato e che sempre più già affiora.

Giordano Gamberini e Lino Salvini, i Grandi Maestri che succederanno, non hanno il carisma di un Cipollone o di un Lenzi, e neppure quella soavità mite di un Tron che valga a tenere uniti i Fratelli.

Nelle Logge si avverte che la conduzione è mutata, che è più diplomatica e politica che non esoterica. Molte cose sfuggono ai Fratelli, i quali, nonostante apparenti successi che sembrano dar fiato alle trombe giustinianee, soffrono sempre più intensamente un senso di malessere diffuso.

Uno di questi successi, quello auspicato veramente da tutti i massoni, sarebbe stato la vera riunificazione delle Famiglie. E questa fusione, tanto auspicata da entrambe le sponde, da un lato forse per calcolo, dall’altro con vero spirito massonico (16), viene annunciata ufficialmente da Lino Salvini il 20 Settembre 1972 con la clamorosa notizia che il riconoscimento richiesto alla Gran Loggia Madre d’Inghilterra, già fin dal 1862 dall’allora Gran Maestro Costantino Nigra, è finalmente concesso.

L’illusione dura poco, l’azione di Gamberini e di Salvini che gli è succeduto, si rivela presto una manovra tattica per presentare agli inglesi l’immagine di una Massoneria italiana unità anche se non lo è. Se ne accorgono i rigidi scozzesisti, ma soprattutto i massoni italiani. I gruppi di Piazza del Gesù, per lo più gruppi sparsi, che avevano aderito alla fusione, ben presto si rendono conto di essere stati fagocitati e non certo da “pares inter pares”, e quasi immediatamente si distaccano nuovamente dall’Obbedienza giustinianea che ormai non soddisfa neppure gli stessi giustinianei. E sono molte, assieme alle poche Logge di Piazza del Gesù che vi erano appena entrate, quelle che si distaccano. Antiche e gloriose Officine che raccolgono Fratelli prestigiosi. Le prime Logge di antica Obbedienza che si distaccano sono alcune tra le più autorevoli di Firenze, poi di Arezzo, di Trieste, Cosenza, la “Flauto Magico” di Verona, ed altre ancora come la “Fenice” e la “Hermes” di Roma.

Si riuniscono nella nuova “Federazione Italiana dei Liberi Muratori”. La pretesa fusione ha sortito l’effetto di generare nuove divisioni ed una nuova “Famiglia”.

Ma non è tanto la mancata fusione, quanto quel puzzo di torbido che si avverte nel Palazzo. E’ la famosa P2 che affiora, la Loggia segreta ma non tanto (se gli stessi Fratelli la scoprono e con violenza la bollano). Ma non tanto bollano la P2, quanto la Gran Maestranza che così l’ha voluta, se l’è vista sfuggire di mano, trasformarsi in un’altra anomala Massoneria. Siamo all’amara storia dei nostri giorni.

Sono numerose, fra gli atti raccolti dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, le lettere di alti dignitari massonici del Rito che pongono in guardia il Gran Maestro sui pericoli che quella Loggia rappresenta, e con giudizi aspri descrivono la figura di colui che ne è il Venerabile. Tali lettere, talune personali, altre ufficiali, erano rimaste senza riscontro.

La Loggia contestata, a furor di Logge, viene posta sotto giudizio e dichiarata sciolta. Ma le stesse autorità che ne decretano la scioglimento concedono brevetti in bianco all’”esautorato” Venerabile e presenziano alle iniziazioni, dando con ciò crisma di ufficialità alle medesime iniziazioni che in essa si susseguono.

Peccato: quanti Fratelli che sarebbero stati “preziosi acquisti” per la Famiglia sono andati perduti. Iniziati con un rito sommario in una camera d’albergo, oppure con rito regolare in una Loggia di una città che non è la loro, dove nessuno sa chi sia, che cosa faccia, dove abiti, e via di seguito, dove nessuno lo ha presentato, votato, accettato, ma giunti sono per un ordine del Gran Maestro, quando escono “massoni” nessuno dei pochi che ha giurato per lui “aiuto ed assistenza in ogni occasione” sa poi dove va a finire o putacaso se, mezz’ora dopo, finisce sotto il tram.

Ma torniamo ai Giustinianei che per questo torbido clima abbandonano la Famiglia… I Fratelli delle Logge, riunitisi nella Federazione, così giustificano il loro gesto e la loro posizione (17): “Siamo usciti da Palazzo Giustiniani non per confonderci con i modi di essere del gruppo imperante che trascina nella sua sfera i deboli, gli illusi, i sempre in buona fede. Eravamo stati nell’ambito dell’istitizione giustinianea delle peregrine Cassandre, ed alla fine stanchi e delusi abbiamo preferito abbandonare questi templi profanati da ogni sorta di attività contrarie alla morale istituzionale, per non condividerne le responsabilità… La Massoneria non è quella, la Massoneria è morale, è virtù, è saggezza, è ricerca della verità… La politica partitica con tutte le sue complicazioni di attuazione e di compromesso non interessa alla Libera Muratoria, e se ciò è avvenuto, come in effetti è avvenuto, non è responsabilità dell’Istituzione come principio di etica, ma di alcuni uomini che non si sono comportati secondo la regola iniziatica e si sono lasciati fagocitare da gruppi di scaltri avventurieri ambiziosi, amanti del potere e delle sue manifestazioni più deteriori”.

Parole roventi che denunciano quel malessere che da tempo covava e che, come anticipavamo, doveva necessariamente esplodere.

La massoneria inglese, il cui riconoscimento era stato tanto pietito, lo revoca, con un sesso comunicato, il 19 Febbraio 1982 (18).

Ma questa è storia dei giorni nostri. Non sta a noi emettere giudizi, ma ci è consentita però l’amara considerazione che il ciclone, che ha travolto con la P2 anche Palazzo Giustiniani, ha investito, con la furia taxiliana degli anni più bui, l’intera Massoneria italiana, colpito e ferito l’Istituzione nei suoi valori, riportandola indietro di decenni lungo la strada della faticosa conquista ottenuta in Italia. Alle leggi liberticide fasciste contro le società cosiddette “segrete”, è seguita la Legge nr. 17 del Gennaio 1982 che ricalca le precedenti, quasi identica nel testo. La Massoneria che di volta in volta, secondo i regimi, è stata definita “anticlericale” e da qui le scomuniche, poi “antifascista”, da cui il confino e le leggi speciali, diventa ad un tratto “antidemocratica”, un pericolo per la democrazia senza che alcuno dei soloni legiferanti avverta la stridente contraddizione, senza che alcuno ricordi che la democrazia, tanto invocata a parole, è nata proprio nelle Logge.

La Costituzione democratica citata per eccellenza è quella americana: il suo testo è stato redatto nella Loggia di Giorgio Washington e da questo Maestro Venerabile è stata recato poi al popolo che lo ha approvato e fatto suo, e che ancora lo osserva e se ne fa geloso custode, né si vergogna di ostentare, anzi ne va fiero, sulla sua moneta, il dollaro, l’immagine della piramide con i trentadue gradini sormontata dal delta che racchiude l’Occhio (19). I più alti e significativi simboli massonici.

In Italia, invece, si può sparare a zero sulla Massoneria; tutte le nefandezze tornano ad esserle addebitate. La stampa purtroppo non cerca la verità, ma si adegua al conformismo e si compiace delle invenzioni o insinuazioni che soddisfino il potente di turno.

Lasciamo queste amarezze e per concludere la nostra cronistoria sul Palazzo, il cui crollo morale ha travolto tanti Fratelli, dobbiamo aggiungere che al Gran Maestro Salvini, medico fiorentino, morto nel mezzo della bufera, è succeduto, in tanto sfascio, il generale Emilio Battelli. Ha potuto fare ben poco. Con ciò che gli rimaneva ha preparato le elezioni del nuovo Gran Maestro. E questi è oggi Armando Corona, eletto, come si detto, con i voti di 289 sui circa 500 Venerabili che erano rimasti nella Famiglia. Si era presentato come un uomo di parte: era infatti esponente di un partito. Nella terna per le sue elezioni gli altri candidati rappresentavano altrettante correnti partitiche. Sembrava quasi che dal Palazzo, per quietare il clamore sollevato, ci si mostrava ossequienti ad ogni corrente.

Vi era in lizza Giulio Mazzon, indubbia eminente figura di Fratello, che però i giornali presentavano come caro amico del presidente Pertini, rappresentante in seno alla Famiglia, la Resistenza. Mazzon ebbe 61 voti, ma sembrava almeno dai resoconti giornalistici – mai la stampa ha dedicato tanto piombo (la similitudine non è solo figurata) alla Massoneria – di assistere ad una delle consuete lottizzazioni, come ad esempio per la spartizione delle poltrone della RAI o la conquista della presidenza di un ente.

Ha prevalso il sardo Corona, il quale appena insediato ha nobilmente dichiarato: “Da questo momento cesso di essere uomo di parte e di partito, per diventare il Gran Maestro”.

Il suo impegno è arduo e fraternamente gli si augura di assolverlo così da ridare credito allo sfasciato Palazzo che ripetendo vecchi errori, in parte gli stessi del 1908, quando ci si illudeva che la contingente forza politica prevalesse su quella eterna della vera ricerca esoterica, ha portato tanti danni, non alla Massoneria la cui luce non si può offuscare, ma all’immagine della Massoneria.

Già nubi si addensano sul Palazzo: il Sovrano Gran Commendatore Fausto Bruni ha staccato il Rito dall’Ordine e si adopera per fondare un Ordine nuovo. Non ci riguarda. Le beghe continuano.

Prima di concludere, nella bufera che ancora impazza e nella quale tanti diguazzano, conviene spendere una parola per chiarire il concetto della Loggia Segreta, che tanto scandalo ha sollevato e per la quale sui massoni si sono abbattute nuove “leggi speciali” dello Stato prima, e di varie Regioni poi. Contro queste leggi, una sola voce si è levata alla Camera, quella dell’on. Belluscio (20) che non ha esitato a dichiararsi massone.

L’on. Belluscio chiarisce, per chi ha afferrato la sua “apostrofe” alla Camera, il concetto di Logge Segrete, termine improprio che va corretto in “riservate” o “coperte”. Si sa che tanti Fratelli non le accettano, erroneamente ritenendo che venga snaturato uno dei cardini del trinomio massonico, l’Eguaglianza. Ma non è così. Nei paesi, come l’Italia, purtroppo, dove sono tanti gli astiosi e tenaci avversari della Massoneria, soprattutto per i principi che essa predica, occorrerebbe un copritore con la spada in pugno, pronto e vigile non per ogni Loggia, ma per ogni Fratello.

Magari si ottenesse – e questo è vero compito massonico – quel regime di libertà che vige altrove e che ci fa conoscere episodi come il seguente:

Raccontano i biografi del grande presidente degli Usa Theodore Roosvelt (1885-1919) che una sera a cena chiede al suo segretario Root se è da tempo che non frequenta una Loggia. “E’ parecchio”, gli risponde Root, “Si può rimediare – replica prontamente Roosveltvenite questa sera nella mia Officina. Vi è alla sua testa un eccellente Venerabile: è il giardiniere del mio vicino”.

Non ovunque si può respirare un clima così idilliaco. Ma è quello che i massoni sognano, quando i tempi e le situazioni cancelleranno ovunque l’esigenza di Logge coperte. Logge – si è visto – che possono, se non ispirate al vero spirito massonico, degenerare.

L’appunto su Roosvelt, il grande presidente degli Stati Uniti, onorato di porsi all’ordine al tocco del maglietto di un modesto giardiniere, molto ci insegna sulla Massoneria e spiega perché iniziando questa trattazione si è partiti dalla statua della Libertà del fratello francese Bartholdi. Con l’augurio che la Massoneria italiana, superata la crisi del Palazzo, trovi quella via che altre massonerie hanno raggiunto e percorso.

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