La Corruzione

Etimologicamente, la Treccani, la definisce come l’opera di chi induce al male. Non a caso il termine è originariamente riferito alla sfera medica-scientifica, indicando il deterioramento del cadavere. Per traslato, comprenderà anche (e soprattutto) la degenerazione spirituale e morale, la depravazione ed il totale abbandono della dignità e dell’onestà.

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“Poco importa che voi possiate dirvi puri: quando anche poteste, isolandovi, rimanervi tali, se avete a due passi la corruzione e non cercate di combatterla, tradite i vostri doveri.” (G. Mazzini)

Il concetto di corruzione, nei secoli, non ha avuto mai una definizione univoca, statica od omologata. In verità, il concetto è intrinsecamente connesso alla natura umana. Non appartiene al mondo animale, giacché implica una scelta di opportunità scientificamente meditata e, soprattutto, presuppone l’esistenza di un sistema normativo di riferimento, che delinei i confini del vivere societario.

Gli atti di corruzione -siano essi di carattere materiale o spirituale- sono collegati all’aspettativa di ottenere un beneficio extra, che può essere di carattere economico, politico, professionale, etc… e tendono ad essere compiuti in modo discreto o in segreto, proprio perché si cerca di nascondere un atto illecito.

La corruzione è un fenomeno ben noto e praticato già nell’antichità, anche se l’apprezzamento positivo o negativo di un fenomeno sociale cambia nel tempo e nello spazio e con il mutare dei valori della comunità di riferimento. In Europa si deve arrivare alle codificazione Napoleonica e quindi agli ordinamenti giuridici ad essa ispirati per vedere introdotte delle sanzioni concrete e severe a livello nazionale, dirette a colpire sia l’atto di chi corrompe, sia l’atto del soggetto passivo, il corrotto. A partire dall’Ottocento, quindi, si è iniziato a sentire il bisogno di affrontare il problema della corruzione sul piano giuridico e con strumenti normativi che si sono migliorati e raffinati nel tempo e con l’aumentare della complessità del fenomeno, il quale, sempre più, si intreccia con altre discipline, con altre fattispecie di reati e che, con l’aumentare dei rapporti economici e politici tra gli stati, diventa sempre più globale.

Etimologicamente, la Treccani, la definisce come l’opera di chi induce al male. Non a caso il termine è originariamente riferito alla sfera medica-scientifica, indicando il deterioramento del cadavere. Per traslato, comprenderà anche (e soprattutto) la degenerazione spirituale e morale, la depravazione ed il totale abbandono della dignità e dell’onestà.

l fenomeno della corruzione, intrinsecamente, porta con sé un concetto di bidirezionalità. Il corrotto, accettando somme di denaro, vantaggi personali o manipolazioni morali, presto diverrà corruttore ed offrirà vantaggi per ottenere ulteriori favori. Per questo motivo, il codice penale, prevede la punizione per entrambi i soggetti: quello attivo e quello passivo. In buona sostanza, la corruzione non è altro che un “virus”, si viene infettati beneficiandone. Basta una sola volta…e da quel momento si comincia ad infettare gli altri.

Ma come nasce questo fenomeno? Ritengo che, la corruzione, possa essere considerata l’emanazione di altri fenomeni, quali il narcisismo, l’avidità o la consapevole sfiducia per i propri mezzi nell’ottenere un quid superfluo, immeritato o per ottenere spiritualmente l’ammirazione altrui. Giungo a tale riflessione, osservando che, il fenomeno della corruzione, non appartiene, solitamente, al ceto medio basso.

Sarebbe facile ipotizzare che, quest’ultimo, non avendo disponibilità economiche o culturali, manchi di “moneta di scambio”. Ritengo invece che, non si tratti di assenza di “mezzi”, bensì di un ego più equilibrato e scevro da narcisismo, avidità od arrivismo. Ma non esiste solo la corruzione materiale. La corruzione spirituale e dei costumi è, oggigiorno, indubbiamente la meno evidente ma la più pericolosa. Non è visibile e porta con sé un pericolo maggiore: LA MUTAZIONE DEI COSTUMI.

Come ogni cattiva usanza, nella ripetizione trova la propria forza e rende “normali” atteggiamenti e pensieri originariamente sbagliati. La società, con la scusa del proprio continuo adattamento, tende ad accettare sempre più alcuni errati modus cogitandi rendendoli “accettabili” e codificandoli. Un paese potrebbe valutare la propria corruzione, dal numero di norme che lo regolano. Maggiore è la corruzione e maggiore saranno le leggi di quel Paese.

Come anticipato però, il fenomeno della corruzione nasce con l’uomo.

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Riporto un evento che reputo degno di riflessione: “LA VERGINE DELLE ROCCE”, opera di Leonardo da Vinci, datato 1483-1486. Olio su legno, poi trasportato su tela e commissionato il 25 aprile 1483 da Bartolomeo Scorione, priore della Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione. Questi, sottoscrisse un dettagliato contratto con l’artista, prevedendone i costi ma, sopratutto, l’esatto contenuto teso ad esaltare la figura della confraternita e del Papato a discapito dei reali valori religiosi e morali. Leonardo, durante la lavorazione, si rese conto che i costi non potevano più essere contenuti nel preventivato contratto. Arbitrariamente dunque apportò delle modifiche, ed invece di dipingere, come richiesto, Dio padre, i profeti e gli angeli “alla foggia greca”, optò piuttosto per il leggendario incontro tra i piccoli Gesù e Giovanni, narrato nella “Vita di Giovanni secondo Serapione”.

Detta opera, fu considerata blasfema ed eretica e non fu accettata. Semplicemente non esaltava il potere temporale riportandosi esclusivamente a valori spirituali. Ma cosa successe veramente? sembra che, il dipinto fu realizzato come richiesto dal priore ma, stante i costi resisi necessari in corso d’opera, Leonardo chiese una somma aggiuntiva che gli fu rifiutata e l’autore trattenne l’opera nel proprio laboratorio.

Solo diversi anni più tardi, Leonardo portò a termine l’opera, mediando tra la versione originaria e quella commissionata. Si prese però l’ardire di inserire, nel dipinto, nascosto tra il fogliame, un cane al guinzaglio esattamente sopra la figura di Giovanni Battista. Per i maggiori studiosi contemporanei, tale immagine iconografica, altro non è che la denuncia della corruzione morale del Papato che prediligeva il potere temporale a quello spirituale. Il cane rappresenta l’obbedienza imposta, o se si vuole corrotta, così come il guinzaglio veniva usato dai feudatari per evitare che i cani, durante le cacce medioevali, mangiassero le prede.

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Lo stesso Orwell ne “La fattoria degli animali” (1945), porta in scena il fenomeno della corruzione. Gli animali, stanchi dello sfruttamento dell’uomo, si ribellano al padrone e instaurano un nuovo principio sociale:“da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni. La finalità era quella di vivere in pace, senza lo sfruttamento di nessuno, ad opera di nessuno. Ma anche in questo caso, nonostante le finalità lodevoli, nonostante la lotta comune di tutti gli animali per rincorrere il medesimo fine, arriva un momento in cui, la tentazione e desiderio di potere, portano alla corruzione degli ideali. I maiali pongono in essere una vera rivoluzione, finalizzata ad ottenere il controllo della fattoria e diventando sempre più simili agli uomini. Lo stesso leader dei maiali, alla fine del romanzo, assomiglierà all’uomo anche nell’aspetto.

La corruzione dei costumi, dunque, non sarà altro che l’esternazione della corruzione interiore dell’anima, portandola all’autosabotaggio della libertà. Creare leggi per essere liberi e uguali, in un mondo ordinato e civile, ha aumentato il desiderio del singolo di essere meno uguale degli altri e di poter controllare la libertà altrui…di fatto negandone il concetto.

Ho detto.

A:. Mis:.

14 Marzo 2018 e.v.


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