Orazio Antinori il fratello che esplorò la regione africana dei Grandi Laghi e fondò la Società Geografica Italiana.

Massone, come tale spirito inquieto, nato a Perugia il 28 Ottobre 1811 da una nobile famiglia, nota per le sue cantine vinicole di grande qualità, Alessandro Antinori è stato natutalista, geografo, esploratore (fondatore fra l’altro della Società Geografica Italiana), ma anche carbonaro, combattente contro gli austriaci in Veneto, dove fu anche ferito in battaglia, mazziniano partecipò alla rivolta che portò Pio IX alla fuga da Roma, dove venne a sua volta eletto deputato della Repubblica Romana del 1849, costretto a suo volta all’esilio, come tanti altri patrioti, quando questa cadde sotto il fuoco delle truppe francesi giunte in soccorso del Pontefice.

Orazio Antinori

Iniziò qui una nuova fase della sua vita, altrettanto avventurosa. Quella delle esplorazioni, sempre alla ricerca di reperti naturali rari (passione che in gioventù gli aveva trasmesso a Roma l’ornitologo ed amico Carlo Luciano Buonaparte, nipote di Napoleone), passando da Malta alla Grecia, da qui in Turchia, Siria, Egitto fino a Karthum, città che divenne il nodo principale dei suoi viaggi alla scoperta dell’Africa nord orientale. Con il lucchese Carlo Piaggia, risalì nel 1860 il Nilo Bianco fino alla confluenza con il Bahr el-Ghazal, dove il suo gruppo fu bloccato da piogge e febbre e costretto a rientrare a Khartum.

Da qui, nel 1861, essendo stata finalmente proclamata l’unità d’Italia, tornò a casa insieme alle sue preziose collezioni naturalistiche ed etnografiche, che vendette o donò ai musei di tutta la penisola.

Il rientro in Patria combaciò con la strenua ripresa dedlla sua attività massonica. Nella sua città, Perugia, divenne Maestro Venerabile dell’Officina La Fermezza. Dal 1862 al 1867 si trasferì a Torino dove gli venne affidata la guida della Loggia Stella d’Italia.

Nel 1864 venne anche eletto membro della Costituente del Grande Oriente d’Italia, ed in quella veste fece parte della delegazione che portò a Garibaldi, nella sua isola di Caprera, la nomina a Gran Maestro dell’Ordine.

Dalle lettere di quel periodo emerge anche il suo impegno per la nascita e la crescita nella sua Perugia del Rito Scozzese Antico ed Accettato nel quale raggiunse il 32° grado.

Nel 1867 fu tra i fondatori della Società Geografica Italiana in quel di Firenze.. Fu scelto anche per rappresentare l’Italia all’inaugurazione del Canale di Suez e fu proprio mentre si trovava in Egitto (febbraio 1870), che ebbe l’incarico di dirigere una missione di soccorso per una colonia italiana situata nella regione dei Bogos (Eritrea), con l’ausilio del naturalista Odoardo Beccari e del geologo Arturo Issel. (a:. mu:.).

.(Quanto segue è tratto dal sito del GOI – ndr) Ma dovette attendere il 1876 prima di poter organizzare la sua piu’ importante spedizione in Africa, per altro finanziata anche con una raccolta di fondi della loggia Roma Risorta di Messina, coronando così il sogno della sua vita. Era marzo quando si imbarcò a Napoli diretto verso l’Abissinia, attuale Etiopia, per esplorare il bacino dei Grandi Laghi Equatoriali. Con lui l’ingegnere Giovanni Chiarini e il preparatore Lorenzo Landini, conosciuto in gioventù a Roma a casa del nipote di Napoleone. Il capitano Sebastiano Martini Bernardi attendeva il gruppo ad Aden. La carovana di Antinori raggiunse Liccè, dove si trovava Menelik, re dello Scioa, solo in agosto dopo tre mesi di un impervio viaggio. “Entrando in città – raccontò lo scienziato all’amico Giacomo Doria – fummo salutati da varî colpi di artiglieria e da una salva ben nutrita di moschetteria”.

Antinori rimase letteralmente affascinato dal monarca africano, con cui strinse una salda amicizia. Menelik, che era attratto dagli usi, dalla cultura e dalle tecnologie occidentali gli mise a disposizione un terreno di 95 ettari a Let-Marefià, per costruirvi una grande stazione geografica, destinata poi a diventare il primo “Centro Studi Naturalistici” italiano fondato non su territorio nazionale. Un luogo che amò moltissimo e dove si spense alla mezzanotte del 26 agosto 1882, dopo essersi ammalato di ritorno da una spedizione al Lago Zuai. La sua tomba fu eretta secondo l’uso abissino in forma dì capanna all’ombra di un grande sicomoro nella bellissima valle dell’ Emmemeret, ai bordi della foresta di “Wef Washa”, “Grotta degli uccelli”, che si trova in fondo ad un antico cratere. “Meglio cento volte la tenda del beduino, meglio il dorso del cammello, meglio la continua lotta e la sublime incertezza dell’indomani… io voglio morire in Africa, libero come la Natura”, del resto era sempre stato il suo desiderio. La Società Geografica Italiana gli ha conferito, nel 1882, la Medaglia d’Oro alla memoria.

La Mareflà (Etiopia) , l’estrema dimora di Orazio Antinori

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