Paneuropa e Immigrazione

Immigrazione

L’immigrazione mette a nudo molti nervi scoperti di noi occidentali, e, come si vede, anche e soprattutto di noi massoni. Non sopportando di “vedere” e avere coscienza di tante stragi del mare lungo le rotte di questo esodo di massa dalle guerre e dalla miseria, gli europei puntano a trasferire quei drammatici naufragi dalle onde del Mediterraneo alle dune del deserto libico, per l’appunto lontano dagli sguardi e dalle coscienze

Tavola del fr. A:. Mu:.

 Dopo la famigerata Notte dei Cristalli – ed  i giorni di violenza che seguirono (dal 7 al 13 Novembre del 1938), in cui fu consumato il primo pogrom nazista contro gli ebrei (con circa 15mila vittime suicidi compresi, migliaia di case e negozi razziati e distrutti, e la prima deportazione di 30mila ebrei a Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen) – Goering, Himmler e Hitler convennero di aver finalmente raggiunto l’obiettivo di instillare nel popolo tedesco un irriducibile odio antisemita che da allora in poi avrebbe coperto e giustificato la cosiddetta “soluzione finale” che portò all’eliminazione di quasi 6 milioni di ebrei (ma anche di 2-3 milioni di prigionieri russi, 5mila zingari, 1 milione e mezzo di dissidenti politici, e, si stima, 200mila massoni…), ma, alla luce delle reazioni di sdegno della stampa estera ed anche delle perplessità emotive di vari settori della stessa popolazione tedesca, ritennero più opportuno che da quel momento in poi la soppressione fisica degli ebrei dovesse essere compiuta in modo più “discreto” ma non meno cruento, in ogni caso lontano dai cittadini tedeschi che preferivano “non vedere”…Fu così che iniziarono tristemente a fumare a tutto spiano i camini dei lagher in zone più isolate e lontane come Auschwiz in territorio polacco, Sobibor e Treblinka nell’attuale repubblica Ceka.

In circostanze diverse, lo ammetto, ma con non poche analogie psicologiche di massa, la stessa cosa sta forse avvenendo ai giorni nostri, quando i popoli europei, compreso quello italiano, spaventati dal crescente fenomeno dell’immigrazione dall’Africa e dal Medioriente (apparentemente molto meno dalla pur rilevante immigrazione dalla Cina, dai Balcani e dall’Est Europeo), vorrebbero arginarlo impedendo gli sbarchi di tanti disperati sulle proprie coste, ma non sopportando di “vedere” e avere coscienza di tante stragi del mare lungo le rotte di questo esodo di massa dalle guerre e dalla miseria, puntano a trasferire quei drammatici naufragi dalle onde del Mediterraneo alle dune del deserto libico, per l’appunto lontano dagli sguardi e dalle coscienze.

E’ dunque questa la soluzione europea del “fenomeno immigrazione”? Cos’è che ci fa tanta paura e che non vorremmo vedere? E’ forse la diversità di colori della pelle, di abitudini, di religione a metterci in crisi?

E se fosse invece l’intrinseca debolezza del nostro sistema a spaventarci ancora di più: il fatto che il nostro stile di vita non sia così attraente e positivo da rendere spontaneamente desiderabile di integrarsi in esso, come lo è stato in passato il “sogno americano” per i tanti europei, e fra questi i tantissimi italiani, che negli ultimi duecento anni hanno attraversato l’Oceano per stabilirsi in quello che non a caso era ed è definito il “Nuovo Mondo”.

Ciò che sembra atterrirci è il fatto che molti rifugiati nelle nazioni europee risultino refrattari ad accettare ed adottare il nostro stile di vita, e si ostinino a conservare i loro usi e credenze (soprattutto religiose) in modo talvolta sfidante, nei casi più estremi anche violento e terroristico.

Il problema è che il terrorismo si può certamente combattere e limitare, raffigurandolo come fattore e nemico esterno, ma è certamente molto più difficile combattere i nostri “vuoti” interni di valori, cambiare ciò che fa apparire (agli altri, ma spesso anche a noi stessi) ingiusta, incompleta, diseguale la nostra stessa civiltà.

Ci sembra più facile modificare la mentalità altrui (soprattutto tramite, si spera, un’educazione scolastica di tipo occidentale), che emancipare e migliorare il nostro sistema; piuttosto che credere fino in fondo e rivitalizzare i nostri principi fondamentali. Perché in questo caso lo sforzo maggiore toccherebbe inevitabilmente a noi, solo e soprattutto a noi.

Praticamente prima di chiedere agli immigrati di integrarsi nel nostro stile di vita, dovremmo chiedere a noi stessi di integrarci con nuovo slancio negli stessi principi e negli ideali che hanno creato quello stesso stile di vita occidentale.

A questo punto noi massoni, che di quei principi e di quegli ideali dovremmo essere tuttora portatori sani, siamo interpellati ed interrogati in prima persona.

Perché abbiamo lasciato che si affievolissero tanto? Perché consentiamo che il patrimonio delle conquiste laiche, che dovrebbero contraddistinguere il primato più coinvolgente e inclusivo dell’Occidente, appaia così svalutato e inflazionato da lasciare spazio, come distinguo essenziale fra noi e gli “altri”, principalmente al fronte religioso, con tutte le incognite ed i rischi che ne derivano (ricordiamoci che gli uomini si sono sterminati a vicenda più di ogni altra cosa in guerre di religione).

Cosa ci manca per far valere (anzi rivalere) l’amore per principi come Libertà, Fratellanza, Uguaglianza, per rinvigorire la passione per la laicità dello stato, l’unica formula di convivenza che può garantire davvero giustizia e pari dignità ad ogni uomo e donna, al di là di ogni razza e di ogni credo religioso?

Ci manca il numero? Ci manca la “forza” del numero per far valere la forza dei nostri principi, che pure con lacrime e non poco sangue siamo riusciti ad affermare, almeno nel corso di questi ultimi tre secoli, appena compiuti di massoneria moderna… o ci mancano l’energia ed il coraggio per rimboccarci ancora le maniche e batterci nuovamente per questi ideali?

Quello che è certo è che ora, almeno in Italia, sembra mancarci, come massoni, ogni forma di potere o di ascendente per poterlo fare.

Il nostro numero è in crescita (24mila sono gli attuali iscritti al Grande Oriente, circa 800 le nostre logge) ma la nostra voce si è molto assottigliata nelle scuole e nell’università (è un dato di fatto), e si è praticamente annullata in politica.

Qui dovremmo impegnarci tutti molto di più, non tanto e non certo in senso carrierista e partitico, quanto per far valere i nostri ideali di fondo, secondo le inclinazioni politiche individuali di ciascuno di noi.

Insomma un po’ di missionarismo laico, da parte di tutti noi, secondo le potenzialità di ciascuno, sembrerebbe oggi più che mai necessario (per non finire domani in un tunnel politico/confessionale come sta accadendo ad esempio nella Turchia di oggi. Potere e religione sono due fattori da tenere sempre prudenzialmente separati ed il più possibile lontani l’uno dall’altra. Lo insegna la storia con ripetute lezioni, in questo senso… è un impegno civico, un dovere di vigilanza che spetta a tutti noi).

E qui nasce una contraddizione, o, quanto meno, si mette in luce un nostro limite gravoso. Da sempre la Massoneria ha fornito uomini “dalla schiena dritta” alla causa pubblica, alla politica, ma da alcuni decenni (dall’artefatto scandalo P2 in poi) questa sua funzione è stata praticamente immunizzata.

Determinanti in questo senso sono le varie forme di incompatibilità che apparati dello stato e partiti politici italiani sono riusciti ad introdurre nei rispettivi ordinamenti e regolamenti.

E’ quasi oltraggioso (verso la memoria e la storia) che questo avvenga anche e soprattutto da parte dei partiti della sinistra italiana che devono in gran parte la loro stessa nascita proprio alla massoneria (l’originario Partito Socialista, da cui è sono scaturiti il PCI e tutte le sue successive gemmazioni e trasformazioni, è bene ricordarlo, ha tenuto il proprio congresso fondativo nella parte pubblica di una Casa Massonica genovese).

Ma in virtù di quale principio ad un massone, in quanto tale, ma soprattutto in quanto cittadino, deve essere interdetta l’attività all’interno di un partito politico o di dare il proprio contributo professionale ed intellettuale ad un ente pubblico?

Perché non accade altrettanto per un membro dell’Opus Dei o di qualsiasi altra simile confraternita?

La massoneria di oggi è certamente colpevole di accettare questo stato di cose senza reagire, senza battersi adeguatamente a livello nazionale ed europeo perché simili discriminazioni abbiano termine, e perchè il patrimonio ideale e valoriale della massoneria possa essere così rimesso in gioco attraverso i suoi uomini più propensi all’impegno politico.

Talvolta la stessa Massoneria ha pagato la sua stesso coerenza ed il suo disinteresse al potere personale dei singoli con clamorose autoesclusioni, come quella di Ugo Lenzi, Gran Maestro del GOI, ed allo stesso tempo figura esemplare e di primo piano del Socialismo italiano, che nel 1914 allorchè il congresso socialista di Ancona decretò l’incompatibilità dei suoi membri con l’appartenenza alla Libera Muratoria, non ebbe dubbi a rimettere ogni carica politica e partitica (ed aveva allora ruoli di vertice) per rimanere fedele alla sua identità massonica. E non se ne pentì mai. Poco prima di morire, nel 1953, scriveva convinto “La Massoneria non è una congregazione di contemplativi, ma una legione di spiriti forti!”. Magari potesse esserlo ancora oggi, mentre al contrario tanti fratelli si vedono tuttora costretti ad “assonnarsi” per non compromettere il proprio impegno politico, soprattutto quando questo li porta ad assumere ruoli di una certa responsabilità, evidentemente per i propri meriti e solo per quelli, dal momento che l’appartenenza alla massoneria per loro, contrariamente a quanto si crede (o meglio a quanto viene fatto credere all’opinione pubblica) è evidentemente ed essenzialmente un ostacolo. E’ giusto che questo accada?

L’immigrazione, insomma, mette a nudo molti nervi scoperti di noi occidentali, e, come si vede, anche e soprattutto di noi massoni.

In non pochi casi crea veri e propri corto-circuiti fra i nostri principi ed il nostro vivere quotidiano. Come tutti siamo impauriti dall’escalation di violenza, dal terrorismo di matrice islamica, dalle evidenti problematiche di convivenza.

E’ facile, come si diceva prima, essere tentati di attribuire l’origine di queste paure all’altro, al diverso da noi, all’immigrato, all’islamico.

Più difficile accorgersi che l’incapacità del nostro Stato di essere più giusto, più solidale, più inclusivo, senza ruberie, senza sfruttamento e corruzione d’ogni genere, dipende proprio dai difetti del nostro stesso sistema e dalla nostra indolenza nel pretendere che la politica faccia fino in fondo il proprio dovere, prima di tutto avendo una chiara visione del futuro, per non trattare il fenomeno come un’eterna emergenza che da tempo dovrebbe invece essere ben normalizzata.

Noi massoni, fino a prova contraria, dovremmo essere gli alfieri primari dell’Universalità dei Diritti (e, va da sé, anche dei Doveri) dell’intera umanità, senza alcuna barriera di razza, religione, sesso.

L’immigrazione così massiccia ci pone in realtà di fronte ad un dilemma concettuale.

Già molti anni fa, nell’immediato primo dopoguerra, agli albori del sogno di un’Europa Unita, c’è stato chi con preveggente lucidità aveva fin da allora previsto la possibilità che la stessa Europa diventasse un faro, ed il rifugio, di tante popolazioni esterne ad essa, che proprio qui, nel caro Vecchio Continente, avrebbero cercato pace e libertà.

Era la visione “Paneuropea” di Coudenhove Kalergi, aristocratico austro-ungarico, considerato molto vicino all’idealità massonica (e per questo, considerato al nostro pari, un fautore del complotto pluto-giudaico-massonico per lo scardinamento del Vecchio Ordine degli stati nazionali attraverso la globalizzazione e la diffusione del meticciato etnico tramite, appunto, una massiccia immigrazione, per produrre l’avvento di un Nuovo Ordine Mondiale gestito da una ristretta elite di Illuminati).

Già nel 1922 Kalergi aveva parlato per primo di Unione Politica Europea, e nel secondo dopoguerra fu fra i principali ispiratori di molti di quegli uomini  politici  che ricordiamo tuttora come padri nobili della stessa Unione Europea (fu ad esempio intimo amico di Robert Schuman). Lo stesso Kalergi fu il primo a proporre l’adozione dell’Inno alla Gioia di Schiller sulla musica della Nona Sinfonia di Beethoven come inno ufficiale dell’Europa, e questo già dal 1929.

Paneuropa per Kalergi significava soprattutto il superamento delle nazioni e dei nazionalismi per creare un unico popolo europeo, e questo anche e soprattutto attraverso un rimpasto etnico di tutte le sue comunità, sospinto anche da un’immigrazione allogena di massa (che prevedeva fin da allora, dagli Anni Venti-Trenta) che si sarebbe sicuramente verificata per gli evidenti squilibri geo-politici, e soprattutto economici, fra i continenti progrediti e quelli più arretrati e più sfruttati.

Insomma mischiare sangue, religioni, costumi, avrebbe creato la vera Universalità del popolo europeo: un meticciato veramente pluriculturale, plurireligioso, intrinsecamente più tollerante, intrinsecamente meno propenso alla guerra.

Sappiamo che dal 1920 ad oggi le cose non sono proprio andate così. Oggi in Europa, come negli Usa, vivono milioni di uomini e donne di razze e religioni differenti, ma il principio (o meglio la speranza) di una vera Universalità delle genti, tanto cara alla Massoneria, sembra ben lontana non solo dall’essersi realizzata, ma anche dal potersi realizzare. Tanto da farci pensare che proprio il principio stesso dell’Universalità dei Diritti Umani sia il problema e non la sua soluzione. Forse l’unica Universalità praticabile è quella di ciascuno a casa sua!).

E’ proprio così per noi massoni d’oggi? Cosa ci suggeriscono i nostri istinti ed i nostri principi? Si conciliano o sono in contrasto fra di loro?

C’è poi un’ultima domanda, più diretta e provocatoria: quanto e cosa siamo disposti, come massoni, a mettere in gioco, di noi stessi e delle nostre risorse, per i nostri ideali.

Sappiamo bene che senza la forza delle idee, ma anche senza quella dei “mezzi” (i cosiddetti “metalli”), è molto difficile entrare nel gioco. Qualche volta, al tintinnio leggero di piccole monetine, di spiccioli, nel Tronco della Vedova, si ha quasi l’impressione che anche la più banale beneficenza possa essere un problema di effettiva e concreta “generosità” (tante altre volte, poi, questa supposizione è stata grazie al Grande Architetto fortemente e fortunatamente smentita). Credo che dovremmo comunque interrogarci anche su questo.

E’ vero che la Massoneria non deve trattare né di politica né di religione, lo impongono i suoi stessi statuti, ma è anche vero che ogni massone giura di battersi per il Bene dell’Umanità, quanto meno non dovrebbe mai essere un apatico ignavo.

Vale a questo punto, anche per concludere, ricordare una famosa poesia del pastore Martin Niemmoler (spesso, non si sa perché, erroneamente attribuita a Brecht) sull’ignavia e l’apatia degli intellettuali tedeschi che non reagirono ai prodromi del nazismo, come se la cosa non li riguardasse: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

Forse qualcuno comincerà fra poco a venire a prendere gli islamici, e diremo “era ora”, lasciando fare… e quando poi qualcuno verrà a prendere i massoni (ammesso che non accada prima ancora della caccia all’islamico) chi protesterà per noi?

A:. Mu:.

 

10 Ottobre 2017 e.v.

 


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