20 Settembre 1870: la Breccia di Porta Pia

Si è combattuto anche per un bambino bolognese

inserito il 20 06 2011, nella categoria Fatti e personaggi, Storia

Ci sono strade e piazze intitolate a questo giorno fatidico per la storia d’Italia, è il giorno della famosa breccia di Porta Pia, il giorno in cui le truppe del regno sabaudo conquistano la Roma papale e pongono fine al regno temporale di Pio IX. In campo ci sono 50 mila soldati italiani, cinque divisioni agli ordini del generale Cadorna, contro 11 mila difensori papalini agli ordini di Hermann Kanzler capo supremo dell’esercito pontificio. Quest’ultimo conta sulla solidità delle mura capitoline della riva destra del Tevere, dalla parte del Gianicolo e del Vaticano, solidità che era già stata sperimentata paradossalmente dai patrioti italiani di Mazzini e Garibaldi quando 21 anni prima, al tempo della Repubblica Romana, nel 1849, 10mila insorti avevano tenuto testa per due mesi a 30 mila soldati francesi molto meglio armati ed addestrati. Ma Cadorna lo ricorda bene, e decide di attaccare dalla riva sinistra. Sarà lì che si aprirà (a suon di cannonate, oltre 300) la famosa breccia di Porta Pia, sarà da lì che i bersaglieri entreranno di corsa. Ma prima dell’assalto finale il “cattolico” Cadorna aveva dovuto prendere un singole provvedimento per aggirare l’estrema arma difensiva escogitata dal Papa, ovvero la scomunica decretata per chi avesse per primo comandato di sparare. E così l’incarico di scandire l’ordine del fuoco fu affidato ad un ufficiale non cattolico, meno impressionabile se non del tutto indifferente alla minaccia di scomunica, ed in questo caso si trattò del giovane capitano d’artiglieria, ebreo, Giacomo Segre; fu lui a far sparare la prima cannonata contro le mura vaticane.

Il primo soldato a violare il ciglio della breccia fu invece un bersagliere del 12° battaglione, Federico Cocito. Era stato però l’esercito pontificio ad aprire per primo il fuoco a Villa Patrizi, facendo anche la prima vittima della battaglia, un povero caporale d’artiglieria italiano, Michele Plazzoli, centrato in piena fronte.  I mercenari pontifici, contravvenendo all’ordine del Papa, resistettero con molta più violenza del previsto. Alla fine furono loro a fare più morti degli italiani. Per avere la meglio sui papalini ci vollero, pare, ben 888 colpi (di cannone e fucileria).

Mentre avviene tutto questo Papa Pio IX sta celebrando una messa davanti ai rappresentanti del corpo diplomatico. Fino all’ultimo il pontefice spererà nell’intervento di qualche potenza cattolica europea, ma questo non avverrà anche perché le stesse potenze cattoliche sono già impegnate a farsi la guerra l’una l’altra, ed era proprio su questo che Cavour ed il re Vittorio Emanuele avevano contato. Così già alle 10 del mattino è lo stesso Papa ad ordinare di innalzare la bandiera bianca sulla cupola di San Pietro.

 

UN BAMBINO BOLOGNESE CHE HA FATTO LA STORIA

 

Fin qui la Storia con la “esse” maiuscola, ma c’è anche una storia con la “esse” minuscola che merita di essere ricordata, anche perché probabilmente ha avuto una certa importanza nel determinare le vicende con la maiuscola. E’ la storia di un bambino bolognese, Edgardo Mortara: a Porta Pia si è combattuto anche per lui.
Edgardo era stato sottratto con la forza dagli sgherri pontifici dalla sua famiglia ebraica, a Bologna, nel 1858, quando aveva solo sei anni, e portato a Roma per essere consegnato ai religiosi della Casa dei Catecumeni che fin dal 1540 avevano il compito di convertire ebrei e mussulmani. Ma perché strappare con tanta violenza un bambino, e solo quello fra otto figli di un’agiata famiglia ebraica bolognese, provocando sdegno e proteste ufficiali in tutta Europa? Perché la Chiesa aveva scoperto che uno dei figli dei coniugi Mortara era stato battezzato a loro insaputa da una donna di servizio cattolica, tale Anna Morisi, per “scongiurare” una grave malattia del piccolo che aveva in effetti rischiato di morire. Essendo diventato cattolico, quel bambino, secondo le autorità ecclesiastiche, non poteva più essere educato e cresciuto da genitori ebrei.
Il caso ebbe una vasta risonanza internazionale. Si mossero per primi i potenti banchieri ebrei Rothschild, con i quali il Vaticano era indebitato, chiedendo che il bambino fosse restituito alla madre “che era quasi impazzita in seguito all’accaduto”. Poi scese in campo la stampa liberale di tutta Europa denunciando le leggi medievali ancora in vigore nello Stato Pontificio. Pressioni erano giunte al Papa anche da parte di Cavour tramite il conte della Minerva. L’imperatore francese Napoleone III aveva incaricato il proprio ambasciatore presso la Santa Sede di comunicare al Papa che la restituzione del piccolo Edgardo Mortara ai suoi familiari di Bologna era un “suo personale desiderio”. Ma la risposta di Pio IX era stata sempre no. Suscitando probabilmente un certo risentimento in Napoleone, risentimento non estraneo all’avvallo internazionale, più o meno tacito, che la Francia ed altri stati europei diedero poi all’occupazione sabauda dello Stato Pontificio. Così si può dire che un bambino bolognese di 6 anni – al quale pare che lo stesso Pio IX si fosse affezionato e lo trattasse come un figlio – ha contribuito a fare la Storia, quella con la “esse” maiuscola.
Fra i combattenti italiani di Porta Pia c’era anche un giovane ufficiale bolognese, Riccardo Mortara, 25 anni, fratello maggiore di quel bambino “rapito” dai papalini dodici anni prima. Invano, dopo la presa della città, si aggirerà per Roma, fra gli istituti religiosi: dal suo giovane fratellino, nessuna traccia!

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Articolo tratto da www.telesanterno.com, rubrica “Calendario: Quando oggi era ieri”

Per saperne di più leggi anche:

Spielberg girerà un film sul bimbo bolognese “rapito” da Pio IX

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1 Comment for this entry

  • RAFFAELLO BIAGIOTTI

    Buongiorno a chi mi legge, ho letto attentamente perché appartengo al G.O.I. da diversi anni e sono stato iniziato alla Rispettabile Loggia XX SETTEMBRE n. 604 Or:. di Montepulciano (SI), quindi volevo congratularmi per quello che avete scritto sono riflessioni oneste e veritiere.
    In questo momento più di sempre Noi Massoni dobbiamo stare attenti, perché troppe volte ci rammentano per fatti negativi, sia sui giornali quanto alla televisione. Parlano in generale di MASSONERIA, come una pecora nera, ma invece se ci sono soggetti malavitosi, facciano nomi e cognomi, altrimenti sono beceri.
    Grazie e buon lavoro, un TFA
    Raffaello

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