GNOSTICISMO: LA RIBELLIONE INIZIATICA AL DIO CRUDELE DELL’ANTICO TESTAMENTO

Gli Gnostici, miriade di piccole comunità iniziate, celebravano, ognuna in termini autonomi e diversi, il culto di un valore trascendente, la Gnosis, decretata superiore a qualsiasi fede. Le loro radici affondavano negli antichi misteri greci ed egiziani. Si opposero all’interpretazione più ortodossa della Genesi e della Bibbia in generale. Cercarono una sintesi con la nuova religione cristiana, riconoscendo in Gesù un iniziato ed un loro maestro. Rivalutarono la dimensione femminile del Sacro e della Divinità. Propugnavano una vita ascetica, astenendosi dal sesso e dalla procreazione, ma riconoscevano anche il valore segreto ed esoterico degli antichi riti orgiastici. I loro pensatori “segnarono” in modo rivoluzionario i primi due secoli dell’era cristiana, per poi soccombere ai Dogmi ed al Canone imposti dalla Chiesa di Roma, trasformandosi così da seguaci della Fede più originale in “eretici” perseguitati.

inserito il 16 05 2011, nella categoria Femminino, Filosofia, Gnosi, Religione, Storia, Tavole dei Fratelli

Tavola del fr:. G:. S:.

La Grande Enciclopedia Universale — European Book — Milano 1982, definisce lo Gnosticismo: “Termine con cui si designa complessivamente un gruppo di sette e di scrittori spirituali, fioriti in epoca ellenistico-romana nel II e III Sec. E.V. (inizio del cristianesimo), in modo particolare nell’ambiente alessandrino”.

Dopo una breve trattazione dell’argomento, l’autore, però, conclude: ”Sembra invece molto più probabile che esso (lo Gnosticismo) sia sorto indipendentemente dal Cristianesimo in Egitto, in Siria ed in Mesopotamia, riprendendo e sviluppando in seguito, con il volgere degli armi, alcune dottrine misteriche del Giudaismo tardivo e arai superato”.

L’Enciclopedia di Filosofia – Garzanti 1981, definisce lo Gnosticismo:  “Tendenza religiosa di tipo sincretistico che ebbe grande diffusione agli inizi del Cristianesimo (in particolare nel Sec. II), ma le cui origini e complesse diramazioni sono tuttora discusse e non sufficientemente chiarite”.  “E’ ormai opinione generale che lo Gnosticismo non costituisca una degenerazione interna del Cristianesimo, ma che rinvii a elementi preesistenti, derivati da varie religioni misteriche, dalle correnti magico-astrologiche dell’Oriente, dall’ermetismo, dalla “qabbalah” e dal giudaismo alessandrino, dalle filosofie ellenistiche”.

A questo punto, spinto dalle due definizioni e relative ammissioni conclusionali dello Gnosticismo sopra riportate, per chiarire a me stesso le origini e la portata di questo movimento religioso che “non costituisce una degenerazione del Cristianesimo” perché è sorto prima dell’avvento di Cristo, movimento derivato dal confronto di tutte le religioni del mondo civile durante gli ultimi secoli prima della nostra era, ho ritenuto opportuno esaminare, appunto, gli ultimi secoli prima dell’era cristiana. Per far ciò mi sono avvalso delle seguenti opere:  Gnosticismo e Cristianesimo Primitivo di Robert M. Grant della Soc. Editrice il Mulino 1976;  Gnosticismo e Iniziazione di George R.S.Mead, Edizione Bastogi 1982;  Storia della Filosofia Occulta di Alexandrian, Edizione Mondadori 1984; ed ecco, conseguentemente,quanto ho potuto mettere insieme per me e per voi tutti, Fratelli carissimi.

Esaminando la natura del mondo religioso,  specialmente nei tre secoli precedenti l’avvento di Cristo,troviamo tre correnti principali: la greca; l’egiziana; l’ebraica.

Le radici dei Misteri ellenici

Se rivolgiamo lo sguardo alla Grecia, i più antichi elementi della tradizione religiosa dell’Ellade li troviamo nei frammenti arcaici dei poemi Orfici, successivamente tradotti in lingua greca del tempo (prima del sesto secolo) e collezionati principalmente per opera di Onomacrito. Caratteristica principale della tradizione Orfica sono l’ispirazione, la profezia e gli oracoli.  Ma la struttura mistica e mitologica di quei poemi o canti (87), il loro carattere profetico, non riuscirono a prendere il sopravvento nella religione nazionale a causa principalmente della nascente intellettualità del paese che si andava affermando con tanto vigore con Omero ed Esiodo. L’Orfismo pur influenzando notevolmente la spiritualità greca (Pitagora; Platone), restò ai margini della vita del paese.

La differenza principale fra l’Orfismo e la religione pubblica greca sta nella concezione dei rapporti fra uomo e Dio. Per l’Orfismo la anima umana è di origine e natura divina, il corpo ne è la tomba; la vita è una condizione impura da cui l’anima, attraverso una serie di reincarnazioni (Metempsicosi di Pitagora), deve liberarsi per tornare alla sua origine.

Inoltre, accanto ai culti pubblici (di Poseidone, di Efeso o Vulcano, di Zeus, di Pallade Atena dea della Sapienza, di Dionisio…) e alle tradizioni popolari, esistevano, anche, organizzazioni segrete di religione, nascoste nelle istituzioni dei Misteri, di tradizione ancora oggi difficile da rintracciare, i quali erano considerati con la maggiore riverenza possibile e custoditi con la più grande segretezza; la minima violazione del giuramento era punita con la morte. In queste istituzioni, si trovano i mezzi di una più intima partecipazione al culto e di una più profonda istruzione dei dogmi, poichè era possibile, attraverso un processo graduale di sviluppo nelle cose religiose, conoscere segreti o misteri, nei quali era possibile essere iniziati.

Fondate da uomini di sapienza che insegnavano non solo le arti, ma istruivano sulla natura degli dei, dell’anima umana, del mondo invisibile e come il mondo fosse venuto all’esistenza, le istituzioni misteriche erano di ogni sorta e qualità, dalle più nobili e pure alle più degradate; in esse troviamo la parte migliore della religione e la peggiore superstizione dell’umanità.

La parte del Mistero nella religione era l’iniziazione ad un culto ed a una dottrina più elevati. Lode altissima viene tributata ai Misteri dai sommi pensatori della Grecia, i quali ci dicono che i Misteri purificavano la natura e che, non solo inducevano gli uomini a vivere una vita più nobile qui sulla terra, ma li rendevano capaci di dipartirsi da essa con migliori speranze per il futuro.

Ai tempi di Platone esistono istituzioni di Misteri che possono essere classificati come politici, privati e filosofici.
I Misteri politici — o Misteri di Stato — erano i famosi Eleusini, con le loro sontuose pompe esterne ed i loro splendidi riti interni. In questo periodo quasi tutti i cittadini ragguardevoli di Atene erano iniziati.

I Misteri privati, non riconosciuti dallo Stato, il cui numero crebbe in seguito enormemente perchè tra questi venne incluso ogni varietà di culto dei Misteri Orientali, sono conosciuti sotto i nomi di Thiasi, Erani, Orgeones.

Nelle comunità private si trovavano naturalmente molti elementi che non potevano trarre alcun nutrimento spirituale dalla religione di Stato. Tra queste istituzioni private vi erano comunità di rigidi asceti, uomini e donne, che si dedicavano completamente ad una vita santa; tali individui erano generalmente conosciuti sotto il nome di Orficì, vivevano la “vita orfica”.

Le comunità orfiche sembrano essere state il rifugio di quelli che aspiravano alla vita religiosa, e tra esse troviamo le scuole pitagoriche. Pitagora non stabilì niente di assolutamente nuovo in Grecia allorquando fondò la sua famosa scuola di Crotone. Egli sviluppò qualcosa che già esisteva, e quando la sua scuola originaria fu dispersa ed i suoi membri furono obbligati a fuggire, essi cercarono rifugio tra gli Orfici. Così le scuole pitagoriche scompaiono nelle comunità Orfiche.
E’ nella tradizione pitagorica che si trovano i segni dei Misteri filosofici.

Si dice che Pitagora fosse stato iniziato nei Misteri Egiziani, Caldei, Orfici ed Eleusini. Al tempo stesso egli fu uno dei principali fondatori della filosofia greca e si dedicò alla parte migliore di queste tradizioni misteriche.

Le indicazioni sulla natura dei veri Misteri le troviamo nelle tradizioni Orfiche e Pitagoriche e non nei Misteri politici Eleusini, o negli elementi disordinati dei culti orientali.

L’Egitto e il culto della Conoscenza

L’Egitto, centro di una delle più antiche civiltà, raggiunse il massimo splendore nel periodo noto come Medio Regno (2050 – 1580 a.C.). La storia dell’Egitto faraonico, iniziato nel 3200 a.C. si concluse nel 332 a.C. con la conquista di Alessandro Magno, quando si aperse alla civiltà greca ed Alessandria divenne il centro della cultura ellenica. Quando nel 30 a.C. entrò a far parte dell’Impero Romano d’Oriente, l’Egitto rimase nella sfera d’influenza greca sino al VII Sec. d.C.

L’Egitto fin dai tempi dei primissimi Tolomei aveva dato la sua sapienza alla Grecia. E’ ritenuto che Plutarco, nel suo trattato sui Misteri d’Iside, avesse ricevuto la maggior parte delle sue informazioni da Manetone, sacerdote e scrittore egiziano.

Nella tradizione egizia troviamo ogni sorta di fusioni, di dottrine, di sincretismi e di mescolanze, non solo nel culto popolare esterno, ma anche nelle tradizioni interne.

Gli sforzi più segreti dei mistici erano consacrati alla “Nascita di Oro”, adombramento del più grande di tutti i Misteri, cioè la nascita spirituale dell’uomo, donde l’uomo diviene Dio ed il figlio del Padre.

Prima dell’era volgare vi erano in Egitto numerose comunità di mistici ed asceti, votati alla vita santa ed alla Scienza Sacra. L’Egitto si mantenne sempre uno dei paesi più religiosi di tutto il mondo e nondimeno il desiderio della sapienza era sempre possente in molti, nel paese.

Questi amatori di sapienza vengono chiamati da Filone con il nome di Terapeuti, sia perché professavano un’arte di risanare superiore a quella generalmente in uso, giacchè oltre i corpi risanavano anche le anime, sia perché erano servi di Dio.

L’origine Zoroastriana dell’Ebraismo

L’iniziatore della religione ebraica è Abramo. La Bibbia insegna che Dio elesse questo Patriarca affinchè comandasse ai suoi figli e ai discendenti di “obbedire alla voce di Dio praticando la virtù”.

Gli ebraici si appropriarono le tradizioni della grande razza Semita e delle nazioni Caldea e Babilonese, adoperandole per la glorificazione delle proprie origini e della propria storia, nella strana convinzione che esse tutte si applicassero a loro come “popolo eletto” di Dio.

La elaborata dottrina di purezza, sulla quale tanto insisteva la tradizione persiana di Zoroastro, fu avidamente adottata dai sacerdoti ebraici. L’attesa del riscatto dell’uomo da parte di un Salvatore, idea che gli Ebrei presero dallo Zoroastrianesimo durante l’esilio babilonese, fu da loro adattata ai particolari bisogni della loro razza, ed alla convinzione sempre che Israele, inteso come popolo, fosse l’eletto da Dio.

Questa aspettativa fu, per lungo tempo, di natura materiale: essi aspettavano il Re che li rendesse liberi, soggiogando le nazioni del mondo, allorchè sarebbe venuto a regnare per mille anni in Gerusalemme. Tutto ciò doveva compiersi per diretto intervento di Johweh (Jeova), il loro Dio.

Per quattrocento anni, sino alla distruzione di Gerusalemme per opera di Tito (70 d.C.) si assiste allo spettacolo della più strenua lotta per la libertà, poichè gli Ebrei furono sempre disillusi nelle loro speranze e dovettero sottomettersi prima alla Grecia e poi a Roma.

Se nel genio greco fu concentrato lo sforzo per la Libertà intellettuale, nella nazione ebraica fu concentrato lo sforzo per la Libertà individuale; nell’Impero Romano, dopo la distruzione di Gerusalemme, il Giudaismo divenne il centro di tutti i dissensi e di tutte le idee rivoluzionarie.

Tra le scuole mistiche allora esistenti troviamo quelle di Chassidim e quelle che Giuseppe Ebreo chiama degli ESSENI, nelle quali si annoverano i più puri e i più dotti tra gli Israeliti, i “Rabbini del Mezzodì” che vivevano in ritiro e appartati. Queste scuole e comunità sembrano, da un lato, risalire all’austera disciplina fisica delle Scuole dei Profeti, e dall’altro, essere state in contatto con le idee Spirituali della disciplina della sapienza babilonese.

Il crogiolo Alessandrino

Esaminate sommariamente le correnti principali del mondo religioso prima dei tre secoli precedenti l’era cristiana, vediamo ora cosa è successo ad Alessandria, se è vero che qui ebbe origine lo Gnosticismo.

Allorquando Alessandro il Grande nel 331 a.C. tracciò le primitive mura di Alessandria, divise questa città in quattro grandi quartieri mediante due grandi vie principali perpendicolari tra loro: il quartiere a nord-est venne abitato dai Greci, quello a nord-ovest dagli Egiziani, quello a sud-est dagli Ebrei ed il quarto da migliaia di negri venuti dall’Africa,specialmente Etiopi e da altra gente venuta dall’Oriente.

Alessandria, quindi,aveva una popolazìone mista ed eterogenea, e rappresentava il luogo d’incontro dell’Europa, dell’Asia. e dell’Africa.

Quando Alessandro, senza eredi, alla sua morte, divise il suo impero fra i suoi generali, il ricco reame d’Egitto toccò in sorte a Tolomeo I, detto Sotero, il Salvatore. Questi, ritenendo la cultura greca come il più potente fattore di civilizzazione del mondo conosciuto, e ritenendo i metodi greci come i più illuminati, decise non solo di formare una piccola Grecia in Egitto, ma altresì di fare della sua corte di Alessandria, l’asilo si tutta la sapienza del mondo greco.

Infiammato da questa nobile ambizione, Tolomeo fondò un Museo o Università, dedicandolo alle arti ed alle scienze, e fondò una biblioteca, il Bruchion.

Sotto i Tolomei il raccogliere libri divenne addirittura una mania. Tolomeo Sotero mandò lettere a tutti i sovrani regnanti richiedendo loro tutte le opere esistenti nei loro paesi; Tolomeo Il dette commissione ad ogni capitano di nave di portargli manoscritti che egli pagava munificamente. Il commercio dei manoscritti si estese per tutta la Grecia, essendone Rodi ed Atene i mercati principali.

Così Alessandria venne in possesso dei più antichi manoscritti di Omero, di Esiodo e dei poeti Ciclici, di Platone e di Aristotele, d’Eschilo, di Sofocle, di Euripide e di altri molti tesori.

Inoltre, un gran numero di traduttori erano impiegati a tradurre in lingua greca i libri delle altre nazioni. Si reputa che i libri (rotoli o papiri) raccolti ammontassero a circa un milione, custoditi nel Bruchion, posto nel quartiere greco, non più sufficiente, e nel Serapeum, ubicato nel quartiere egizio, sede delle scuole pagane.

Alessandria divenne, quindi, un centro culturale di primordine, dove le scuole mistiche e le comunità di discendenza Greca, Egizia, Ebraica ed Orientale vennero a contatto le une con le altre, scuole mistiche e comunità che in questo contatto, dettero e ricevettero.

In Alessandria, sino dalla sua fondazione, gli Ebrei erano stati elemento importante nella vita della città. Benché la traduzione delle scritture ebraiche fosse iniziata nel regno di Tolomeo Il Filadelfo, con la cosidetta “Vulgata dei Settanta”, non sembra aver attirato l’attenzione dei Greci eruditi. In quel tempo le idee ebraiche in Alessandria erano limitate agli Ebrei, settari ed intolleranti. Più tardi le scuole ebraiche d’Alessandria furono tanto stimate in tutto l’Oriente, che i Rabbini d’Alessandria erano conosciuti come la “Luce di
Israele” e continuarono ad essere per diversi secoli il centro del pensiero e della cultura ebraica.

Fu in queste scuole che gli Ebrei perfezionarono le loro teorie religiose ed elaborarono quello che avevano spigolato in fatto di tradizioni “cabbalistiche” dai Caldei e dai Babilonesi. Inoltre, molti dei dottori ebraici studiarono il pensiero e la letteratura dei greci; alcuni di essi scrissero in greco e fu principalmente per il tramite delle loro opere che il mondo greco venne a conoscenza del pensiero ebraico.

Gli scrittori ebraici che scrissero in greco sono riconosciuti come Ellenisti. Filone (25/45 a.C.) il più rinomato degli Ellenisti, era grande ammiratore di Platone e la sua opera mette in evidenza molte similitudini tra il pensiero religioso rabbinico e la filosofia greca.

Giuseppe Ebreo (37-100 d.C.) famoso storico, scrisse in greco e così fece conoscere la sua nazione a tutto il mondo greco-romano.

Alessandria, quindi, divenne il crogiolo in cui le idee filosofiche d’ogni specie vennero fuse, ma altresì la filosofia religiosa e la teosofia d’ogni specie vi furono versate, e dalla materia gettata in questo bollente crogiolo, vennero formati molti strani sistemi e alcune cose eccellentissime.

La Religione e tutti i problemi delle anima umana, tenuti sempre in grande considerazione dalla sapienza degli Egizi, dei Babilonesi, dei Caldei ed i riflessi di questa sapienza in alcuni Dottori Ebraici, ma trascurati da molte persone colte affascinate dal pensiero greco limitato ad Omero e ad Aristotele, ebbero la preminenza su tutta la cultura.

Alessandria da città unicamente letteraria, ora diviene una città amante della Sapienza.
Sorse, quindi, una nuova religione adatta ai bisogni degli Alessandrini.
Tutto quanto era stato tenuto nascosto e segreto per tanti secoli viene analizzato e discusso; vi sarà dell’eclettismo ossia una selezione ed una sintesi; vi sarà del sincretismo ed una mescolanza degli elementi più eterogenei, in una specie di strano lavoro di mosaico; vi sarà dell’analogetica, ossia paragoni e corrispondenze per riconciliare l’irreconciliabile, per sintetizzare altresì la scienza, la filosofia e la religione, per creare una teosofia universale.

Una nuova religione “exoterica”

Vennero portati a conoscenza, per tutti gli uomini, una parte dei sacri Misteri e dei segreti insegnamenti dei pochi. Gli aderenti della nuova religione professavano di palesare apertamente “ogni cosa”.

Molti credettero che la religione avesse rivelato tutto il rivelabile; la Luce appa1iva loro tanto fulgida che per forza la credettero venuta direttamente dal Dio di tutti gli dei, o piuttosto dal Dio unico poiché essi non volevano più dei.

Molti avevano incominciato ad usare senza discernimento le forze psichiche e spirituali liberate dai Misteri e molti, per un certo tempo, impazzirono.

Tutto questo si è potuto verificare perchè mentre gli Stati erano politicamente dipendenti dall’autorità dei Cesari, le istituzioni religiose di questi Stati, dalle quali dipendevano la loro vita sociale e la loro esistenza nazionale, erano lasciate in assoluta libertà.
Grandissimo fu, quindi, il movimento popolare che trasformò la coscienza religiosa generale del mondo antico.

Sorsero,conseguentemente, diverse scuole o sette religiose di tipo sincretistico, dette Gnostiche (gnosis  = conoscenza) che diedero vita allo Gnosticismo. Questo insieme dottrinario, tutt’altro che coerente e compatto, come sopra detto, ha poi trovato nel Cristianesimo e nella figura salvifica di Gesù il suo naturale punto di approdo.

Gli Gnostici, miriade di piccole comunità iniziate, celebrano, ognuna in termini autonomi e diversi, il culto di un valore trascendente, la Gnosis, decretata superiore alla fede

I gruppi gnostici ebbero si credenze e riti molto diversi fra loro, ma condivisero sempre un’unica, identica motivazione ideologica e numerosi postulati fondamentali. Il terribile e drammatico quesito cui tutti cercarono costantemente di dare una risposta era: “Se esiste un Dio, perchè nell’Universo esiste il Male?”.

Per una divinità suprema dovrebbe infatti essere altrettanto facile creare un mondo perfetto, invece di questo mondo ovunque e costantemente travagliato da ingiustizie, disordini sociali e delitti.

Gli Gnostici contestarono l’Antico Testamento, rifiutando di ammettere che un Dio potesse essere tanto vendicativo e crudele e ne trassero questa conclusione: ”esistono due Dei, un Dio cattivo, il Dio degli Ebrei (e dei cristiani), che ha creato un mondo atroce e ingiusto ed un Dio buono,”lo Straniero”, remoto, inaccessibile, che non si preoccupa in nessun modo delle vicende umane, alle quali non accorda il minimo interesse”.

Gli Gnostici,quindi,rimproveravano ai fedeli del Giudaismo, e poi del Cristianesimo, di accettare passivamente un falso Dio antropomorfo, colui che aveva dichiarato a Isaia di essere il “creatore del male” mentre loro, grazie alla gnosi, si innalzavano fino al Dio straniero, fonte di tutte le conoscenze possibili, scoprendo,i n un’unica intuizione, l’origine e la fine di tutto l’universo.

Come precisa chiaramente Henri-Charles Puech, riassumendo tre testi gnostici: “avere la Gnosi significa sapere che cosa siamo, da dove veniamo e dove andiamo, che cosa ci può salvare, quale è la nostra nascita e quale la nostra rinascita”.

Una seconda domanda, non meno essenziale della prima, caratterizzò l’evoluzione del pensiero gnostico: “Perchè, sulla terra esistono tante religioni, invece di un’unica fede?”.

“Quale scegliere e in base a quale criterio preferirla alle altre? Come stabilire chi ha torto o ragione, fra il pagano, l’Ebreo o il Cristiano, fra chi è sicuro della metempsicosi e chi attende il Giudizio Universale?”

Una risposta troppo immediata a queste domande drammatiche e problematiche trasforma l’individuo in un ateo che rifiuta globalmente tutte le religioni proprio per le loro divergenze, o in un fanatico che si chiude rigidamente nella propria fede evitando accuratamente di analizzare le altre, per timore che questa venga intaccata.

Lo Gnostico, invece usa la Gnosi come un filtro attraverso il quale setaccia e analizza le filosofie e le religioni, per trattenere il meglio di ognuna. Elabora così una religione intellettuale, basata su una rigorosa cultura invece di una religione rivelata che giustifica i propri postulati inverosimili e assurdi, facendo ricorso a visioni, estasi, allucinazioni auditive.

Fra gli Gnostici molto rari furono i visionari: Valentino, cui il Verbo apparve sotto le sembianze di un neonato, Marco lo Gnostico che vide, in cielo, la Verità come un’immensa donna nuda, con lettere dell’alfabeto tatuate sul corpo, sono eccezioni.

Gli Gnostici, infatti, detestavano i Profeti della Bibbia, che ritenevano tutti ispirati dal Dio cattivo (ragione che spiega chiaramente perchè essi preannunciassero quasi sempre catastrofi).

Questo atteggiamento potrebbe essere discutibile se gli Gnostici si fossero impadroniti, dalle fonti più diverse, di nozioni contraddittorie e le avessero collegate in maniera casuale:  in realtà essi, come è stato detto prima, fondono e ricreano completamente le idee che assimilano.

Jacques Matter afferma: “Lo Gnøsticismo non si limita certo a combinare diversi elementi o a plagiarli: modifica profondamente e creativamente ogni concetto tratto da altre religioni e Filosofie”.

I seguaci di Prodico (di Ceo, sofista del V Sec. a.C.) consideravano testi sacri le Apocalissi di Zoroastro, mentre altre comunità facevano riferimento a nuove visioni di episodi biblici, come il Vangelo di Eva, il Vangelo secondo Tommaso, il Vangelo apocrifo di Giovanni, e molti altri.

Ma questa ricchezza di apporti e di suggestioni non si identifica con una forma di eclettismo acritico, in quanto era sottoposto a un costante tentativo di sintesi e di elaborazione.

Lo “scheletro” dei Vangeli

Nelle sue origini popolari il Cristianesimo si era completamente mescolato alla tradizione religiosa popolare degli Ebrei, tradizione aliena da ogni filosofia o misticismo cabalistico (La qabbalah, dottrina mistica e segreta degli Israeliti, tratta dal verbo ebraico kabal – ricevere, trasmettere; trasmissione, attraverso le diverse epoche, di tutta la conoscenza che Adamo possedeva, prima della Caduta).

Fu la scuola Alessandrina di filosofia cristiana, della quale i dottori più famosi furono Clemente ed Origene, che pose le prime fondamenta della teologia cristiana generale e quella scuola doveva la sua evoluzione ai suoi contatti con il pensiero greco.

Nulla sappiamo della vera storia del Cristianesimo della prima metà del secolo primo. La raccolta canonica fu una selezione fatta da un ammasso di tradizioni e leggende. Solo nella seconda metà del secondo secolo sorge l’idea di un canone del Nuovo Testamento, idea che viene gradatamente sviluppata dalla Chiesa romana e dai Padri Occidentali.

I primi teologi Alessandrini, tra cui Clemente, ignorano ancora un canone preciso.

Seguendo le tracce dei primissimi apologisti, tra i quali Giustino, che difendevano uno speciale modo di intendere il Cristianesimo, e adoperando questo Canone in evoluzione come unica prova di ortodossia, IRENEO, TERTULLIANO ed IPPOLITO, spalleggiati dalla Chiesa di Roma, pongono le basi del “Cattolicismo”, ed incominciano ad elevare i primi strati di quell’enorme edificio del dogma, che, anche oggi, è ritenuto come il solo autentico aspetto della Chiesa di Cristo.

Il modo di intendere le origini cristiane, che in seguito divenne la tradizione ortodossa, si basava principalmente su documenti evangelici, probabilmente composti durante il regno di Adriano (117-138).

Lo scheletro di tre di questi Evangeli fu, in tutta probabilità, una collezione di Detti ed una narrazione di Atti, sotto forma di una vita ideale, abbozzo composto da uno degli Apostoli di una delle comunità interne e destinato alla pubblica circolazione.

Intorno a questo nucleo, i compilatori dei tre documenti intesserono altra materia, scelta da un vasto ammasso di tradizioni,leggende e miti.

Lo scrittore del quarto documento (Evangelo) era, per natura, un mistico che ornò il suo racconto di una bellezza di concezione e di una grazia di sentimento che rispecchiano la più alta ispirazione.

Al tempo stesso la scelta canonica, fortunatamente, ci conservò documenti di ben più alto valore storico; le Epistole di Paolo.

Nelle Epistole di Paolo abbiamo le più antiche memorie storiche del Cristianesimo (metà del I Sec.). Esse formano il vero punto di partenza per qualunque seria ricerca storica delle origini. Nel leggere queste epistole è quasi impossibile persuadersi che Paolo conoscesse le asserzioni della posteriore narrazione storicizzata dei quattro Evangeli canonici; tutte le sue concezioni ispirano un’atmosfera totalmente diversa.

Invece di predicare il Gesù degli Evangeli storicizzati, Paolo predica la dottrina del Cristo Mistico. Non solo sembra ignorare gli Atti, ma anche i Detti, in tutte le forme da noi conosciute; tuttavia troviamo le sue Epistole ricolme di concetti e termini tecnici, che non hanno spiegazione nelle tradizioni del Cristianesimo generale, ma che sono fondamentali nei trasmettitori della Gnosi.

Il quadro che ci presentano le epistole di Paolo, sullo stato delle cose alla metà del primo secolo, è quello di un propagandista indipendente che ha la propria illuminazione interna e che si trova a contatto con le idee delle scuole interiori da un lato, e con le varie specie di comunità esterne dall’altro.

Le comunità esterne, tra le quali lavorava Paolo, erano le Sinagoghe degli Ebrei ortodossi. Sinagoghe delle comunità esterne degli Esseni, le quali comunità avevano ricevuto qualche tradizione degli insegnamenti pubblici di Gesù, comprendendoli bene o male, a seconda del caso.

La missione di Paolo fu di abbattere l’esclusivismo ebraico e di sgomberare la via alla gentilizzazione del Cristianesimo: il Cristianesimo era un tenore di vita e non un dogma.

Oltre alla tendenza gentilizzatrice – infrangere i ceppi della circoncisione – in Paolo vi era anche la tendenza ad una vera universalizzazione del Cristianesimo. Quest’ultimo tentativo forma appunto la grande ispirazione dei migliori sforzi gnostici.

L’Uomo-Gesù e gli Ebioniti

Gli EBIONITI, chiamati così originariamente, perchè erano poveri e successivamente con l’aggiunta “poveri d’intelletto” o “nelle loro idee su Cristo” dagli Ortodossi, perchè molti fraintesero grossolanamente
l’insegnamento pubblico di Gesù, furono i primi seguaci esterni di Gesù, e l’Ebionismo conservò la tradizione dei primi convertiti dall’insegnamento pubblico. Le comunità ebionite possedevano una raccolta
di Detti pubblici e su di essi basavano la loro vita.

Fu con questi originari seguaci dell’insegnamento pubblico di Gesù che Paolo venne a contesa nei suoi sforzi per gentilizzare il Cristianesimo. Gli Ebioniti consideravano Gesù, il loro capo come saggio, un profeta, un Giona, anzi perfino un Salomone; di più egli era una manifestazione del Messia, dell’Uno che doveva venire, ma che ancora non era apparso come Messia, ciò doveva avvenire solo al suo secondo avvento.

Nella sua nascita come Gesù, egli era semplicemente un profeta. Essi perciò attendevano la venuta del Messia, quale era stata letteralmente profetizzata dai loro Antichi (Antica Legge). Egli doveva venire come un Re, ed allora tutte le nazioni verrebbero assoggettate alla potenza del Popolo Eletto. Gesù era un uomo, nato come tutti gli altri uomini, figlio carnale di Giuseppe e Maria. Fu solo al suo battesimo, nel suo trentesimo anno di età, che lo Spirito discese sopra di Lui, ed Egli divenne profeta. E’ vero che Gesù era “Cristo”, ma lo sarebbero del pari tutti quelli che avrebbero adempiuto la Legge.

Così essi,naturalmente,ripudiarono Paolo e tutte le sue dottrine; Paolo per loro era un impostore, un’apostata delle Legge,e persino negarono che fosse ebreo.

La dottrina d’amore degli Esseni

Basandosi sugli Evangeli, molti hanno supposto che Gesù sia stato membro della comunità degli Esseni e che abbia avuto profonda conoscenza delle dottrine e della disciplina delle comunità essene.

Secoli avanti l’era cristiana le comunità degli Esseni o Sanatori dimoravano sulle rive del Mar Morto. Ai giorni di Filone e di Giuseppe Ebreo, gli Esseni tenevano in gran riverenza Mosè e la Legge. Essi credevano in Dio creatore, nell’immortalità dell’anima e in un futuro stato di retribuzione.

Trovando impossibile l’osservare tutte le minuziose regole delle leggi di purezza nella vita ordinaria, essi avevano adottato una vita di comunismo ascetico. Loro caratteristica principale era la dottrina d’amore – amore di Dio, amore della virtù, amore del genere umano – ed il modo pratico di osservare i loro precetti suscitava l’ammirazione generale.

La loro stretta osservanza della disciplina purificatoria li costrinse a divenire una comunità che si sosteneva in maniera autonoma ed indipendente. Tutti esercitavano un lavoro necessario ai loro bisogni e così evitavano in tutti i modi il contatto di quelli che non osservavano le stesse regole.

L’essenismo fu una forma esagerata del fariseismo che si proponeva, per gli adepti, di giungere un grado di santità tale da essere capaci di compiere cure miracolose (di qui l’appellativo Sanatori), di profetizzare e di risuscitare i morti.

I Sanatori rifiutavano di prendere parte alcuna ai sacrifici di sangue, inerenti al culto del tempo, e ricusavano di credere alla risurrezione del corpo fisico, che i Farisei ritenevano dottrina cardinale.

Nella disciplina degli ESSENI ed in quella dei TERAPEUTI dell’Egitto e delle scuole ORFICHE e PITAGORICHE vi sono straordinarie somiglianze.

Filone distingue gli Esseni dai Terapeuti, dicendo che i primi erano dediti alla vita “pratica”, mentre i secondi proseguivano verso i più alti stadi della vita “contemplativa”, dedicandosi ad ancora più alti problemi di religione e di filosofia.

E’ in questa direzione che troveremo ciò che vi ha di meglio nello Gnosticismo.
Per quanto è stato fin qui riportato,quindi,la Gnosi fu pre-cristiana.
Il Cristo ne illuminò la tradizione e, per mezzo del suo insegnamento pubblico, dischiuse effettivamente a tutti ciò che prima era stato tenuto “segreto fin dalla creazione del mondo” – o, per dire con maggiore precisione – i gradi intermedi dei MISTERI.

Gran parte di quello che era stato prima riservato soltanto ai “degni”, fu reso pubblico e di proprietà comune.

Anche la propaganda di Paolo diede l’inizio alla publicizzazione. Gli Gnostici pretendevano che vi fossero due linee di tradizione: i detti pubblici e gli insegnamenti interni; questi ultimi trattavano di cose che la gente del mondo non poteva comprendere.

Sul principio tennero questa seconda parte dei loro insegnamenti esclusivamente per loro stessi, e solo gradatamente ne palesarono una piccola parte, serbando il resto nella più stretta segretezza, poichè sapevano che non poteva essere compreso.

Il primo pensiero “Femminista”

L’ambizione degli Gnostici di unire indissolubilmente, in un’unica religione filosofica, il paganesimo e il Cristianesimo creò loro acerrimi nemici da parte di entrambi. Plotino (203 – 269) in un discorso ad alcuni discepoli, che erano affascinati dalle idee della Gnosi, li ammonì: ”Si tratta di invenzioni di individui che non si ricollegano affatto all’antica cultura ellenica”. E con indignazione sottolineò:  “Ammettono nel mondo intellegibile generazioni e corruzioni di ogni genere; aborrono l’universo sensibile; considerano come peccato l’unione dell’anima con il corpo; si permettono di criticare colui che governa il nostro universo”.

Scuole gnostiche sorsero ovunque nel mondo: in Egitto, in Siria, in Asia Minore, in Spagna (Agapeti e Priscillianisti), in Italia (Valentiniani a Milano), in Gallia (Marcosiani a Lione).

Eugène de Faye divide gli Gnostici in quattro categorie in base alla natura specifica della loro dottrina: gli “gnostici antibiblici”;  gli “Adepti della Madre”; gli “gnostici licenziosi” e gli “gnostici della leggenda”.

SIMONE MAGO, contemporaneo di Cristo, è lo gnostico più leggendario. Definito da Ireneo “padre di tutti gli eretici”, egli professava in realtà una dottrina che non poteva essere considerata un’eresia, in quanto Simone non professava il dogma cristiano, ma si ispirava ad Empedocle (la nascita e la morte delle cose si spiegano con l’aggregarsi e il disgregarsi di quattro elementi fondamentali, che sono le quattro eterne radici di tutte le cose: acqua, aria, terra e fuoco.

Questi quattro elementi sono dominati da due forze opposte: l’amore o amicizia che tende a unirli, l’odio o contesa che tende a disunirli. L’amore e l’odio si avvicendano nell’universo e tale avvicendamento determina le fasi del ciclo cosmico. Quando domina l’amore, si ha lo sfero nel quale tutti gli elementi sono perfettamente unificati. Quando domina l’odio,si ha il caos nel quale tutti gli elementi sono in completa discordia tra loro.

Empedocle difende la trasmigrazione delle anime con tutte le conseguenze morali che ne derivano, con varie affinità ai magi della Persia.

Originario di Gitta, un villaggio della Samaria, Simone Mago studiò ad Alessandria e, tornato in patria, condusse una vita di filosofo itinerante in Palestina e in Fenicia. Si creò ben presto una fama leggendaria grazie ai suoi discorsi in cui si proclamava “la Grande Potenza di Dio” e ai prodigi che compiva per dimostrarlo.

Il suo insegnamento, esposto in un libro intitolato “La Grande Rivelazione”, considerava il fuoco come “la radice di tutto”, il fuoco sovraceleste, assolutamente diverso dal fuoco visibile terrestre, che egli paragonava a un albero gigantesco il cui frutto sarebbe l’anima umana.

Da questo fuoco il Cosmo ha ricevuto sei principii, nati a coppie, che gli hanno permesso di evolversi e realizzarsi: Spirito e Pensiero; Voce e Nome; Ragione e Riflessione. “Tutti questi principii dipendono da una settima potenza: “Colui che sta ritto in piedi, che è stato ritto in piedi e che sarà ritto in piedi” (l’Immutabile).

Simone è egli stesso “Colui che sta ritto in piedi”, il Dio straniero che, come primo atto, creò
il Grande Pensiero, l’Ennòia, destinata a essere la Madre Universale.

L’Intelligenza Suprema generò, con Dio, gli angeli e questi costruirono il mondo, ma si disputarono così violentemente il potere che essa fu costretta a scendere nelle regioni inferiori per ricostituire l’ordine. Gli angeli, ignorando chi fosse, sì innamorarono di lei e la trattennero prigioniera sulla terra; non potendo risalire in cielo, ella, nel corso dei secoli, si incarnò successivamente, in vari corpi di donne. Lo Spirito di Dio (ossia Simone) decise di scendere fra gli uomini per cercare l’Ennòia perduta che trovò reincarnata in una prostituta, di nome Elena, in un bordello di Tiro.

Il culto di Elena costituisce la parte sublime della Gnosi simoniana. Simone ha avuto l’idea, originale e senza precedenti, di identificare il Primo Pensiero di Dio con un principio femminile (in contrasto con il Dio della Genesi che crea innanzitutto l’universo e l’uomo) e di mostrare come questo principio fosse finito in un bordello fenicio (mentre Atena, scaturita dalla mente di Giove era rimasta una vergine incontaminata), mostrando un’audacia incredibile ed inconcepibile sia nei confronti dei cristiani che dei pagani.

Simone è,in tal senso,il fondatore del Femminismo rivoluzionario e della teologia erotica della Gnosi. Lucien Cerfeaux (La gnose simonienne — 1925) giustificò il successo di questa dottrina in Samaria con l’identificazione di Elena con la luna: “Il popolo univa tutte le divinità fondendole in un unico dio, il Sole e concentrava nella Luna tutti i culti destinati alle varie dee”.

Poichè Cristo aveva avuto dodici apostoli, Simone aveva trenta discepoli,quasi volesse contrapporsi, in quanto uomo-dio lunare, all’uomo-dio solare. Leggeva in pubblico brani dell’Antico Testamento, per dimostrare che il Dio a cui si riferiva era creatore di opere imperfette. Nella sua disputa, durata tre giorni a Cesarea, con San Pietro, egli sostenne che “Adamo era stato creato cieco”, riferendosi al passo della Genesi in cui si dice che dopo che Adamo ed Eva ebbero mangiato il frutto proibito, ”i loro occhi si aprirono ed essi videro” unicamente che erano nudi. Mentre l’Apostolo attribuiva a questa espressione un significato metaforico, Simone confutò che in questo caso “era lo spirito di Adamo che era cieco”.

Simone Mago fu quindi considerato l’antesignano dei liberi pensatori del suo tempo e furono considerati suoi seguaci il filosofo stoico Atenodoro, il grammatico Apione, famoso per il suo antisemitismo, e l’astrologo Anubione.

Ippolito di Roma riferisce che gli gnostici identificavano Simone con il Dio straniero, sceso momentaneamente sulla terra: ”Egli ha in tal modo assunto sembianze umane, pur non essendo un uomo, ha sofferto in Giudea una morte solo apparente, si è rivelato agli Ebrei come Figlio, ai Samaritani come Padre e alle altre genti come Spirito Santo”.

La fine di Simone Mago si perde nel mito stesso costruito dai suoi avversari. Negli Atti degli Apostoli si narra che profondamente colpito dai miracoli del diacono Filippo, egli chiese di essere battezzato per potere egli stesso acquisire il dono di conferire lo Spirito Santo e che, non riuscendo ad ottenerlo, cercò di comperarlo; che successivamente si recò a Roma, si alzò in volo davanti al popolo adunato, ma che San Pietro, raccoltosi in preghiera, lo fece precipitare al suolo, dove morì. Ippolito sostiene, invece, che egli si fosse fatto seppellire vivo, in una fossa, affermando che sarebbe risuscitato dopo tre giorni, ma che il miracolo non gli riuscì.

La Gnosi simoniana si perpetuò con alcune modifiche. Uno dei suoi seguaci, MENANDRO, fondò una scuola, presentandosi come un Inviato della Grande Potenza di Dio; consacrava i suoi adepti con un battesimo d’acqua e di fuoco che li avrebbe resi immortali ed invulnerabili a ogni sorta di maleficio.

Un’altro, invece, SATORNILLO, impose al suo gruppo di seguaci un simonismo austero, escludendo il culto di Elena e vietando il matrimonio e la procreazione, considerati atti diabolici.

Secondo la sua dottrina, l’universo era stato creato da sette angeli (uno di questi era il Dio dell’Antico Testamento), che plasmarono poi l’uomo ispirandosi ad una visione luminosa apparsa in cielo; furono però incapaci di fare in modo che stesse ritto, quindi l’uomo strisciava come un verme.

Il Dio straniero, allora, provando pietà per questa creatura così maldestramente creata a sua immagine, le infuse una “scintilla di vita”, che consentisse all’uomo di sollevarsi e camminare: questa “scintilla di vita”, al momento della morte, risale alla sua fonte divina. Nella dottrina di Satornillo il Cristo sostituiva l’Ennòia e scendeva infatti sulla terra per salvare gli uomini buoni dai malvagi.

CERINTO, altro capo di una scuola vicina a quella di Satornillo, precisò la distinzione, caratteristica della Gnosi, fra Gesù e Cristo: Gesù era un uomo particolarmente giusto e saggio, cui si unì, nell’età adulta, Cristo, una delle intelligenze del Dio straniero.

Anche i Doceti credevano unicamente alla persona umana di Gesù: il corpo di Cristo sarebbe stato solo apparente, non reale. (Cristo sarebbe stato realmente il figlio di Dio nel suo aspetto divino, ma, nella sua umanità, lo sarebbe stato solo per adozione, cioè considerava Gesù semplicemente come figlio adottivo di Dio).

Mentre gli Gnostici del I sec., Simone Mago e i suoi discepoli erano permeati di filosofia greca, quelli del Il Sec. furono molto più vicini al Cristianesimo che, affermandosi ed elaborando la sua apologetica, assumeva il carattere di una religione assolutamente innovatrice.

Gli gnostici si mescolarono, quindi, con i cristiani per polemizzare con loro sull’Antico Testamento e sui Vangeli di cui alteravano i testi per sostenere i loro dogmi.

Gnostici quali gli Adaniti (nel loro culto vollero simboleggiare con la nudità lo stato dell’innocenza paradisiaca) che si ricollegavano ai Figli di Adamo, i Cainiti a Caino, i Setiati a Set, terzo figlio di Adamo, pretendevano di possedere, per tradizione orale, l’insegnamento segreto di Gesù, affidato, dopo la resurrezione, a Maria Maddalena o ad altri.

In tal modo essi intendevano presentarsi come gli unici depositari autentici della conoscenza del Cristianesimo e volevano opporre la vera Gnosi alla religione dei Padri della Chiesa.

Questi due movimenti religiosi,che si possono considerare in un certo modo paralleli, avevano alcuni riti assolutamente identici: il battesimo, che gli gnostici celebravano con alcune varianti (somministrandolo tre volte nel corso della vita e battezzando anche i defunti); l’epiclesi, preghiera liturgica che invocava la discesa dello Spirito Santo sull’acqua battesimale, sul vino, sul pane, sull’olio o su qualsiasi altro elemento usato in un sacramento; la cena, che nello gnosticismo non era però eucaristica; l’estrema unzione.

Ma gli Gnostici si valevano anche di esorcismi, di incantesimi, di filtri, di talismani e di pratiche di magia sessuale. Arricchivano e affinavano la tradizione degli antichi Misteri, infondendvi una nuova, diversa metafisica.

Il primo maestro della Gnosì, nel Sec. II, fu BASILIDE, un siriano stabilitosi ad Alessandria dove insegnò fino alla morte (135).

Autore di una grande opèra esegetica in 24 libri, Exegetica, che commentava i Vangèli, Basilide affermava di non apportare alcuna innovazione e sosteneva di limitarsi a esporre il cristianesimo esoterico, tratto dalle testimonianze confidenziali di Mattia e di Glaucia, un interprete di Pietro.

In realtà egli introdusse nella sua dottrina, molto originale e assolutamente personale, idee della cultura persiana. Basilide definiva Dio “Colui che non esisté”, per dimostrare come la Causa prima sfugga sia alla ragione che all’immaginazione: “Vi e stato un tempo in cui nulla esisteva… Questo nulla non era una delle cose esistenti, ma, per esprimermi senza artificio e in assoluta chiarezza, non esisteva assolutamente nulla”.

In questo vuoto così totale da essere inconcepibile, innominabile, si verificò l’inizio di Tutto: “Colui che non è, privo di pensiero, di sentimento, di volontà, senza un progetto stabilito, privo di qualsiasi emozione, volle creare il mondo. Uso il termine volle semplicemente per farmi capire, perchè, in realtà non ci fu né volontà, né pensiero, né sentimento. E il mondo di cui sto parlando non ha nulla a che vedere con il mondo che è stato creato più tardi con la sua grandezza, le sue conflittualità e lacerazioni: ma con il germe, l’embrione del mondo”.

Questo sperma, precisa Basilide, costituiva una panspermia, un seme univèrsale, sintési di tutti i semi in grado di generare gli esseri e le cose nella loro varietà e diversità: “Il Dio che non è, ha quindi tratto il mondo da ciò che non è, deponendo e mettendovi come base e fondamento un germe unico che conteneva in se stesso tutti i germi del mondo”.

Dallo sperma cosmico proveniente da entità inesistenti nacque “una tripla Filialità” composta da una parte sottile, lieve che si innalza nuovamente verso il Dio che non esiste, da una parte opaca che, con lo aiuto dello Spirito Santo, che le serve da ala, si leva in alto (s’arresta a mezza via e costituisce il firmamento) e da una parte impura che rimane nel seme universale.

Dalla parte più lieve si sprigionò l’Arconte (Governatore) che, ignorando che vi fosse un Dio a lui superiore, creò il firmamento, gli astri, gli esseri celesti: Basilide lo chiama il “Capo dell’universo”.

Poi un secondo Arconte, inferiore al primo, si sprigionò dalla parte impura e usò la panspermia  per creare la terra e i suoi abitanti.

Basilide in realtà divide l’universo in due categorie fondamentali: la prima è definita Cosmo (il mondo), la seconda Ipercosmo (ciò che è sopra il mondo); e alla barriera che separa il cosmo dall’ipercosmo dà il nome di Mente (Noùs).

Quando la redenzione del mondo inferiore si è rese necessaria, il Noùs si riunì a Gesù-Kaulakau (termine che significa speranza alla speranza) attraverso il battesimo del Giordano. Jacques Matter afferma:”Questa idea costituisce una delle innovazioni più singolari dello gnosticismo e non ha alcun precedente nel mondo antico”.

Vari frammenti di  C1emente rivelano il profondo pessimismo che animava Basilide nella considerazione del male universale e la sua coscienza della radicale peccaminosità dell’anima umana: ogni uomo ha intrinseca disposizione al peccato, cui la mancanza di occasione può impedire di tradursi in atto, ma che nondimeno assoggetta l’uomo alla colpa e al male e lo rende bisognoso di espiazione.

Egli insegnava ai suoi discepoli a “non odiare né desiderare nulla”, voleva farne degli Eletti “stranieri in questo mondo”.

Il Dio Buono ed il Dio Cattivo

Il contemporaneo MARCIONE, nato a Ponto (Sinope) intorno all’85, figlio di un pagano convertito al cristianesimo e divenuto vescovo di Sinope (Mar Nero), fu educato secondo i principii cristiani; ben presto, però, ne criticò il culto e strinse una relazione con una vergine che aveva prestato voto di castità. Questi due fatti gli valsero la scomunica del padre. Profondamente deluso dalle risposte che sacerdoti e vescovi davano ai suoi profondi dubbi, frequentò lo gnostico Cerdone ed ebbe rapporti con altri gnostici: elaborò quindi una sua, personale e originale dogmatica,che gli valse una seconda scomunica.

Marcione fondò allora con i suoi discepoli un movimento che affermò essere l’autentico cristianesimo; i Marcioniti costruirono chiese in Italia, in Egitto,in Palestina, in Siria, ebbero vescovi e si rivelarono rivali particolarmente pericolosi per il clero romano fino al IV secolo.

Con Marcione, la Chiesa cristiana delle origini conobbe il primo movimento scismatico di grande portata, paragonabile a quello di Lutero.  Marcione rimane, comunque, un perfetto rappresentante della Gnosi, di cui espresse con particolare intensità la convinzione fondamentale della esistenza di un Dio buono sconosciuto e di un Dio cattivo che si è rivelato nella creazione del mondo.  Sostenne le sue tesi con un’esegesi assolutamente letterale dei testi biblici ed evangelici, la più rigorosa e dotta del suo tempo.

Citando l’Epistola ai Galati, in cui San Paolo contrappone i Vangeli alla legge mosaica, Marcione rimproverava al cristianesimo di non essersi affrancato dal giudaismo e di sottomettersi ciecamente al canone dell’Antico Testamento, invece di elaborarne uno proprio e autonomo, fondato sui Vangeli.

Sostenne che questi erano profondamente alterati da interpolazioni giudaiche che era assolutamente necessario eliminare per poter apprezzare nel giusto valore la missione di Gesù: li sottopose a un’attenta revisione, riconoscendo come autentico solo l’Evangelo secondo San Luca e correggendo gli altri in base alle sue tesi.

Il dualismo di Marcione non si esaurisce nella lotta tra Bene e Male: la concezione gnostica non è così semplicistica. L’antagonismo reale e insanabile è fra un Dio di Giustizia, odioso per le sue crudeltà nei confronti del genere umano, e un Dio di Bontà, superiore al primo. Nelle sue Antitesi, Marcione dimostrò, con numerosi esempi, che questo Dio di Bontà annunciato dai Vangeli non poteva assolutamente identificarsi con il Dio Giudice e Guerriero dell’Antico Testamento.

Negò tutte le profezie messianiche relative all’avvento di Cristo, che egli considerava come un rivoluzionario pacifico che il Dio Buono aveva inviato generosamente agli uomini, senza preannunciarlo, per liberarli dal dominio del Dio Giudice.

Mentre gli attacchi di Marcione si sarebbero rivelati positivi per il cristianesimo, come sostiene Leisegang: ”A lui risale l’idea di aggiungere al Vecchio Testamento una nuova Sacra Scrittura. Marcione è il primo ad aver contrapposto alla Legge e ai Profeti i Vangeli e le Epistole: idea che adottata dalla Chiesa,si è concretizzata nel Nuovo Testamento”.

Marcione, superati gli errori di gioventù, divenne un moralista intransigente: battezzava solo coloro che avessero prestato giuramento di non sposarsi, o agli sposi che giurassero di rinunciare irrevocabilmente all’atto sessuale; per conquistare la salvezza i Marcioniti si astenevano anche dal cibarsi di carne e da ogni spettacolo.

La Teoria delle Sizigie

Nello stesso periodo, VALENTINO, un egiziano che studiò ed insegnò ad Alessandria fino al 135 e poi insegnò a Roma fino al 160, elaborò una teoria straordinariamente suggestiva, creando, nell’ambito della Gnosi, una corrente assolutamente nuova.  Valentino introdusse nella cosmogonia gnostica i concetti di Pleròma, di Eoni, di Sophia e la Teoria delle Sizigie, fusione sincretistica di tradizioni giudaico-cristiane con il neoplatonismo, la gnosi Sethiana.

Prima dell’inizio esisteva unicamente il Propàtor  (pre-padre; anteriore al padre) detto anche Bythos (l’Abisso), principio maschile, che era in uno stato di assoluta quiete insieme a Sigè (il Silenzio), componente femminile.

In un atto d’amore, per emanazione, il Propàtor proiettò fuori di sè Noùs (Intelletto), il primo degli Eoni e subito dopo Alètheia (la Verità), un Eone femminile, che formò con Noùs la prima sizigia (coppia), dalla cui unione vengono generati Lògos e Zoé (Pensiero-parola e Vita) e da questi A’nthropos e Ekklèsia (Uomo e Chiesa).

Queste due sizigie avendo come origine comune l’Intelletto e la Verità, emisero l’una una serie di dieci Eoni, l’altra una serie di dodici. Il complesso di questi Eoni costituisce il Pleròma (o Pienezza), il complesso di tutte le potenze dell’Essere supremo, sintesi delle intelligenze concentrate in lui, che egli accetta di esteriorizzare.

Sophia, l’ultima nata degli Eoni, desolata di essere così lontana dal Propàtor, è sopraffatta dal desiderio ossessivo di vederlo e di congiungersi a lui. Questo desiderio insoddisfatto (concupiscenza) fa sì che ella (Sophia = Sapienza) generi, da sola, senza il concorso di Thèletos (volontario; Eone maschile della relativa ultima sizigia), una figlia degenere, informe,che cade nel caos. La sofferenza di Sophia è così atroce che il Pleroma ne è profondamente turbato. Il Propàtor emette quindi un nuovo Eone, Hòros (il Termine), che impedisce a Sophia di cadere anch’essa fuori dal mondo divino; Lògos e Zoè emettono una sizìgia, Christòs e Pnèuma (Cristo e lo Spirito Santo) destinata a soccorrere l’infelice (insegnare l’amore e il rispetto del supremo Abisso).

Quando l’armonia fu ristabilita nel Pleròma, tutti gli Eoni decisero di dar vita, in onore del Prepàtor, a un nuovo Eone: “Gesù, il frutto comune del Pleròma”.

Cristo e lo Spirito Santo lo inviarono sulla Terra per salvare la Sophìa del mondo inferiore, la figlia informe della Sophia del mondo superiore. Questo mito religioso ci rivela quindi una Sapienza divina, che cadde in preda a un’angoscia profonda perché osò l’impossibile, accostarsi al Propàtor più di quanto l’Intelletto consenta (“E’un delitto voler conoscere ciò che il Nous non rivela” sosteneva Valentino) e una Saggezza terrestre, che era informe Lino a che Gesù venne a plasmare a somiglianza dell’altra.

L’antropologia di Valentino si colloca su una linea di dualistica contrapposizione fra materia e spirito. Egli peraltro afferma che la salvezza rimane inaccessibile a gran parte dell’umanità.
La Gnosj di Valentino si diffuse in varie scuole fondate dai suoi discepoli: Secondo, Eraclone, Tolomeo, Marco lo Gnostico.

Iliaci, Psichici e Pneumatici

BARDESANE, nato nel 165 in Armenia, amico ed alleato dei cristiani che difese dalle persecuzioni, combattè inizialmente i Marcioniti, sedotto dalla Gnosi, fondò la seconda scuola gnostica di Siria.

Egli elaborò un sistema che faceva coesistere il “Dio Straniero” e la “Materia Eterna”; compose oltre centocinquanta inni gnostici di una tale bellezza che venivano cantati anche nelle chiese cristiane.

Dopo la Gnosi valentiniana la credenza nei tre principi fondamentali della natura umana divenne comune a tutti i gruppi vari. L’uomo, in base a tale dottrina, era composto da un corpo, da un’anima e da uno spirito, ossia da un principio ilico (o rnateriale), da un principio psichico e da un principio spirituale.

Il pneuma o spirito, elemento divino fatto d’aria e di luce, superiore all’anima, aveva la consistenza di un soffio. Poichè uno di questi principii tende sempre a predominare sugli altri, gli gnostici suddividevano gli individui in tre categorie: gli ilici, immersi e schiavi della materia, per i quali la salvezza è impossibile; gli psichici, migliori dei precedenti, ma ancora così ignoranti che hanno bisogno di “miracoli” per giustificare le loro credenze e di “opere buone” per meritare la salvezza; i pneumatici,infine, che, attraverso la Gnosi, sono in grado di distinguere intuitivamente il vero dal falso e il cui pneuma rimane sempre incorruttibile e immortale, qualunque azione compiano.

Le tre vite di Ermete

A fianco della Gnosi valentiniana che fondeva elementi del Cristianesimo, della filosofia greca e di varie religioni orientali, ne esisteva un’altra che derivava esclusivamente dalla cultura ellenistica: il suo maestro era ERMETE TRISMEGISTO (tre volte massimo).

Vissuto per tre volte in Egitto, nel corso della sua terza esistenza, si era ricordato delle due precedenti, acquisendo così una triplice sapienza.

Autori arabi, esasperando questa tesi, sostennero che il primo Ermete, inventore dell’astronomia, fosse vissuto prima del Diluvio; il secondo, fondatore di Babele, sarebbe stato medico e filosofo; il terzo,esperto in alchimia, custodiva in segreto i suoi tesori a Kamtar, la mitica città dei maghi, sperduta nel deserto.

Ermete Trismegisto fu identificato con il dio egiziano Toth, scriba degli dei e depositario della sapienza divina che in tempi antichissimi avrebbe appunto rivelato negli scritti attribuitigli. L’opera di questa antichissima figura, accreditata da autorità quali Cicerone, Lattanzio, Agostino, sarebbe consistita nello insegnare agli Egiziani l’uso della scrittura e delle leggi e nel rivelare nei suoi scritti l’originaria sapienza divina.

Nell’epoca dello Gnosticismo, una confraternita segreta di cui non si conoscono né il luogo d’origine e né uno solo dei suoi membri, ha redatto, sotto il nome di Ermete Trismegisto, fra il II ed il  IV Sec., una serie di opere che, rivelate nel 1463 da Marsilio Ficino a Firenze, diffusero il mito ermetico fino ai nostri giorni. Gli scnitti, in greco, attribuiti a Erinete Trismegisto sono divisi in tre gruppi:

  • il Corpus Hermeticun, raccolta di diciassette trattati o frammenti in cui Ermete insegna la sua filosofia al figlio Tat, ad Asclepio o al Re Aimnone (Re dei Re);
  • il Discorso Perfetto di cui è rimasta solo la versione latina;
  • l’Asclepio e alcuni estratti dell’Antologia di Stobeo.

A questi saranno aggiunti, in epoche successive, numerose opere in arabo, attribuite a Ermete Tnismegisto come il Libro d’Ostathas che espone la teoria del macrocosmo e del microcosmo, o la Lettera alla Regina
Amtunasia
, sulla Grande Opera.

Questi libri di Ermete Tnismegisto, composti da diversi e vari autori anonimi, non presentano naturalmente una dottrina unitaria e alcuni non hanno alcun riferimento con il pensiero e il sistema gnostico.

Il più caratteristico e singolare è il Poimandres (Il Pastore di uomini) che fa parte del Corpus Hermeticum e corrisponde perfettamente alla definizione del Festugière:  “La Gnosi ermetica consiste nella conoscenza di Dio, in quanto ineffabile, ipercosmico, non suscettibile di essere conosciuto attraverso i soli mezzi razionali, e nella conoscenza di se stessi, in quanto generati da Dio”.

Ermete Trismegisto racconta che Poimandres, il vero Dio, gli è apparso per rivelargli le origini del Cosmo e il destino dell’anima.  All’inizio, questo essere di pura luce regnava in solitudine, sopra un’oscurità avvolta in spirali: “Il Noùs-Dio, essendo maschio e femmina, ed esistendo in quanto vita e luce, procreò con una parola un secondo Noùs-Demiurgo che, essendo Dio del fuoco e del soffio vitale, plasmò sette governatori che avvolsero nei loro cerchi il mondo sensibile: il loro dominio si chiama Destino”.

I sette Governatori o Arconti sono gli spiriti che dominano le sette sfere planetarie ed esercitano, d’intesa e in armonia, un’influenza sull’universo.

Esistono sette cieli, delimitati dalle posizioni dei pianeti, per cui la Terra è situata al centro di sette fasce concentriche; l’ottavo cielo, o cielo delle stelle fisse, quello delle stelle più lontane,è  l’ultimo, al di là del quale risiede la Divinità suprema (Tutti gli Gnostici hanno condiviso la credenza in questa  Ogdoade,  serie di otto cieli, o ottavo cielo che comprendeva Otto principii divini).

Nell’ambito della Gnosi, il settimo Arconte, quello del pianeta Saturno, è il capo degli altri e il Demiurgo, viene identificato con il Dio del Vecchio Testamento. Ermete Trismegisto modifica questo punto, sostenendo che il Demiurgo è il Sole, circondato da tutti i cori dei demoni planetari.

Poimandres spiega poi a Ermete come è nato l’uomo primordiale nella più alta regione del cielo: l’Essere di Luce lo generò a sua immagine, androgino come lui. L’uomo primordiale non è quindi una creazione del Demiurgo, ma suo fratello. Tutti rimasero affascinati dalla sua bellezza, dal Dio-Propàtor agli Arconti: “Gli Arconti si innamorarono di lui, tanto che ognuno lo volle rendere partecipe della sua particolare sfera di potere”. L’uomo primordiale, chinatosi sul mondo inferiore, vide la sua immagine riflessa nell’acqua e si vide così bello che discese per contemplarsi meglio: così, caduto nella trappola della materia, rimase avvolto in una forma peritura, effimera: “Perciò unico fra tutti gli esseri che vivono sulla terra, l’uomo ha una doppia natura, mortale, in quanto dotato di un corpo, immortale in quanto Uomo essenziale”.

La Natura, innamorata di lui, lo abbracciò e partorì, dopo la loro unione, dei giganti androgeni che costituiscono la razza umana dell’epoca preistorica; successivamente i corpi di questi giganti assunsero la diversa natura di maschi e femmine.

La parte finale del Poimandres tratta l’ascensione dell’anima dopo la morte, condivisa da tutti gli gnostici, ma unicamente delle anime dei giusti che grazie alla Gnosi raggiungono la beatitudine.

Quando un uomo muore, lascia alla natura la sua forma, il suo io passivo, tutti gli elementi irascibili e concupiscibili che erano in lui, mentre le “energie” che animavano i suoi sensi fisici, legati al corpo, si volatilizzano.

In tal modo alleggerita, la sua anima spicca il volo verso l’alto per un viaggio cosmico che si svolge in otto fasi: nel primo cielo, governato dall’Arconte della Luna, si spoglia del suo potere di accrescersi e ridursi; nel secondo cielo, abbandona la sua capacità di astuzie ed intrighi; nel terzo si libera del desiderio; nel quarto perde la facoltà di comandare e le ambizioni inevitabilmente implicite; nel quinto perde il suo potere di affermazione temeraria o empia; nel sesto la bramosia di ricchezze e la facoltà di conquistarle; nel settimo la. capacità di mentire.

Liberata da questi sette involucri della psiche, solo la parte più pura dell’uomo, il_pneuma, entra nell’ottavo cielo dove incontra altri esseri pneumatici che, cantando inni al Padre, aspettano di partire tutti uniti: “Allora, in ordine e armonia, essi si innalzano verso il Padre, si abbandonano completamente alle Potenze e, divenuti Potenze essi stessi, entrano in Dio. Poichè questa è la fine sublime di coloro che possiedono la conoscenza: divenire Dio”.

L’Asclepio dice che le anime giudicate malvagie sono gettate in balia del turbine delle tempeste, eternamente sconvolte da uragani. La traversata dei domini dei sette Arconti è irta di insidie e pericolosa. Perchè gli Arconti aprissero le loro porte sbarrate con catene, era necessario recitare una formula particolare e specifica a ognuno di loro, formula che veniva insegnata nel corso dell’iniziazione.

Il sacerdote gnostico, quando somministrava l’estrema unzione a un morente, gli ricordava,sussurrandogliele all’orecchio, le sette formule da dire agli Arcontì. Se uno di questi rifiutava il passaggio, l’anima. e il pneuma in essa contenuto ritornavano sulla terra per reincarnarsi in un’altro corpo. Si operava in tal modo una sorta di conciliazione tra la dottrina iranica della metenmpsicosi e la soteriologia cristiana che prometteva la vita eterna.

Ermete giustifica i peccati determinati, a suo avviso, dall’influenza dei trentasei Decani, intelligenze astrali dello Zodiaco che danno vita ai demoni che imprimono impulso a ogni astro. Questi demoni, in costante
attività, sono buoni o cattivi, talvolta costituiti da una eterogenea mescolanza di bene e di male: “Essi cercano di riplasmare le nostre anime in funzione del loro interesse ed incitarle ad agire in funzione dei loro obiettivi; sono insediati nei nostri muscoli e nel nostro midollo, nelle vene, nelle arterie, nel cervello stesso e penetrano fino nelle viscere. Poichè ogniqualvolta uno di noi nasce ed è animato, viene immediatamente affidato ai demoni che governano nel preciso istante della nascita”. Ma,non appena, grazie alla Gnosi, l’uomo riceve nell’anima un raggio della Luce divina,”i demoni sono ridotti all’impotenza”.

Tutta la Gnosi, in base al suo fatalismo astrologico, crede che l’uomo non sia responsabile del proprio destino.
“Ermete Trismegisto tre volte incarnato” sembrava il personaggio privilegiato, quasi predestinato a fornire un “segreto dell’immortalità”, ma l’ermetismo non implicava cerimonie particolari, né purificazioni:
gli unici misteri riconosciuti erano i “misteri del verbo”.

Nel suo Discorso Segreto sulla Montagna, Ermete Trisrnegisto descrive i dodici vizi che incatenano l’anima, e le dieci “potenze” che permettono di liberarsene (la prima è la “conoscenza della gioia”), facendo quindi dipendere la salvezza unicamente alla padronanza di se stessi.

Festugière afferma:”La religione del Dio cosmico non ha mai implicato alcuna forma di culto. Non ha mai avuto esigenza di templi né di immagini. O meglio, suo unico tempio era l’universo; sue immagini, gli astri del cielo”. Per questo motivo le “conventicole ermetiche” sono probabilmente passate inosservate: nessun rito, infatti, le metteva in alcun modo in evidenza.

Altri gruppi gnostici, però, possedevano “segreti d’immortalità”, indicavano i gesti da compiere, 1e invocazioni da pronunciare per accedere, nell’aldilà, al “Tesoro di Luce”. Ne consegue che la Gnosi ha spesso ricorso a parole misteriose, a segni emblematici, a numeri, in funzione del loro potere magico; e che sia riuscita a infondere ai suoi seguaci una fiducia così profonda che essi si consideravano “perfetti”, in confronto agli ilici e agli psichici che non possedevano il sapere della Gnosi.

Il Femminino Gnostico

Una delle caratteristiche più originali e suggestive della Gnosi fu la straordinaria importanza che attribuì all’elemento femminile sia nello ambito della metafisica che nella sfera della morale. Per la maggior parte degli Gnostici, infatti, lo Spirito Santo si identifica con una donna immateriale, sorella e sposa di Cristo; l’anima è simile a una fanciulla imprigionata nel corpo dell’uomo.

 L’elemento che impregnò tutta la Gnosi della sua femminilità fu Sophia, figura astratta, che rappresentava la Sapienza, un Eone impalpabile ed astratto, ma il fascino e la suggestione che emanava erano tali che fu trasformata in una sorta di Iside cristianizzata.

Ogni gruppo gnostico aveva una sua versione particolare delle vicissitudini drammatiche di questo Eone e distingueva la Sophia celeste dalla Sophia terrestre, che veniva chiamata ora Sophia Achamoth (saggezza), ora Sophia Proùnicos (lasciva) in quanto il suo desiderio di attingere alla Luce Suprema veniva identificato con il desiderio sessuale.

Uno scritto copto, la Pistis Sophia, esprime suggestivamente questa credenza sotto forma di un romanzo religioso in cui Gesù racconta come egli discese sulla terra per soccorrere Sophia.

Facendo parte delle “ventiquattro emanazioni del Grande Invisibile” ella occupava “il tredicesimo Eone, sua sede specifica nelle sfere Superiori”. Quando Sophia fu sopraffatta dal desiderio di raggiungere la luce del Padre, i dodici Eoni inferiori a lei erano invidiosi ed adirati per il fatto che ella pretendesse di avvicinarsi più di loro al Dio Supremo, e il Tridynanamos, detto anche l’Arrogante, creò un mostro luminoso che inviò sulla terra per attrarre Sophia. Vedendo splendere, in basso, questa splendida luce ella scese, credendola quella del Padre e il mostro si scagliò su di lei: “Questa grande Potenza di luce con testa di leone ingoiò tutte le Potenze di luce che erano in Sophia”. Privata del suo splendore, Sophia indirizzò al Padre una serie di “pentimenti”, inni di supplica; al nono, Gesù scese a soccorrerla, respinse il mostro luminoso e trasse da se stesso una “Virtù di Luce” di cui vestì e incoronò Sophia, che ristabilì quindi nel tredicesimo Eone.

Per altri gruppi gnostici, il personaggio di Sophia scompare dietro quello di Barbèlon, la Prima Potenza femminile generata da Dio, madre di Ialdabaoth, che regna sul settimo cielo. Barbèlon odia suo figlio perchè le ha sottratto la “sua rugiada di luce” per animare il mondo che ha creato: per compensare tale perdita ella tenta incessantemente di sedurre con voluttà gli altri Arconti, per carpire il loro seme di luce.

La Cosrnogonia gnostica è così ricca, suggestiva e varia che il Libro di Baruch, testo sacro degli Ofiti (gnostici avversi al demiurgo dell’Antico Testamento, adoravano il serpente del peccato originale) ha per eroina un’altra donna cosmica, Eden, che è all’origine dell’universo.

Il mito narra che vi sono tre principii ingenerati del Tutto, due maschili, il Buono e Elohim, e uno femminile, Eden (che ha un doppio spirito e un doppio corpo, di fanciulla nella parte superiore e di serpente in quella inferiore). Elohim si innamorò di Eden e dalla loro unione nacquero dodici angeli maschili devoti al Padre e dodici angeli femminili devoti alla Madre; questi angeli crearono Adamo ed Eva cui Elohim infuse il pneuma, Eden, l’anima.

Elohim, però, si innalzò in cielo con i suoi dodici angeli e decise di rimanere accanto al Buono, nella pura luce. Eden, sconvolta e irata per l’abbandono, inviò i suoi dodici angeli femminili a compiere incessantemente ed eternamente il giro del mondo per diffondere sconvolgimento e conflitti: il suo primo angelo, Babel, provoca i drammi passionali e la separazione dei coniugi. Eden vuole punire Elohim provocando tormenti allo spirito che egli ha infuso negli uomini: ed egli, che desidera salvare lo spirito, la ostacola facendo intervenire il suo terzo angelo, Baruch. Questo mito, che giustifica la presenza del male nel mondo con una ripicca amorosa della Terra-Madre abbandonata, è un’altro esempio della naturalezza con cui la gnosi riusciva a fondere paganesimo e cristianesimo.

Gli gnostici sono filosofi che si pongono in una situazione costantemente conflittuale nei confronti della Bibbia; hanno inventato personaggi ed episodi per completarla o contestarla. Una di queste invenzioni fu la moglie di Noè, che chiamarono Nona. Nel Libro di Nonia, citato da Epifanio, Nonia si oppone alla costruzione dell’Arca di Noè, appiccandovi il fuoco per tre volte, in quanto si rifiuta di permettere che la creazione del Dio cattivo si perpetui: vuole obbedire solo al Dio buono e a Barbèlon, che sono assolutamente indifferenti a questa creazione.

Gli gnostici accettarono anche di onorare le profetesse, mentre non attribuivano alcun credito ai profeti e sostenevano anzi che lo spirito profetico era stato definitivamente decapitato con Giovanni Battista.

Donne iniziate e iniziatrici

APELLE, i1 marcionita che aveva abbandonato Roma per trasferirsi ad Alessandria, modificò la sua filosofia sotto l’influsso di una vergine illuminata, Philumena, e ne trascrisse le rivelazioni in un libro.

MARCO lo Gnostico, che iniziò il suo apostolato in Palestina intorno al 180, si recò in Gallia e fondò un culto che si basava sulla Chanis (la Grazia), ispirazione divina che egli trasmetteva ai suoi adepti nel corso di cerimonie suggestive. Dopo avere introdotto il “germe della Luce” nella donna che veniva ìniziata, le dichiarava: “Vedi, la Grazia è discesa in te. Apri la bocca e profetizza”.

Il fermminismo degli gnostici fece sì che alcune donne fossero a capo di varie scuole, fenomeno che non si veificava in nessun altro ambiente culturale o religioso. Il culto persiano di Mitra, praticato pubblicamente a Roma, fin dall’impero di Traiano, comportava sette gradi di iniziazione per gli uomini, mentre le donne ne erano assolutamente escluse.

Il cristianesimo primitivo rivalutò la condizione delle vedove, che trasformò in diaconesse, che avevano il compito di curare i poveri, ma non prese mai in considerazione la possibilità di farne delle predicatrici o insegnanti.

Nell’ambito culturale della gnosi, invece, vi furono delle iniziatrici quali: Marcellina che,intorno al 161 era a capo del gruppo dei carpocraziani (Carpocrate, gnostico di Cefalonia che esaltava la comunanza dei sessi), non esita a professare e diffondere una filosofia che osa concedersi libertà sessuali e religiose; AGAPE’ che avrebbe fondato un gruppo, a Barcellona intorno al 375, di agapete, nubili attempate o vedove che seguivano gli asceti cristiani nelle loro peregrinazioni, in qualità di benevole serventi.

Il Dizionario delle Eresie di Migne afferma che Agapè corruppe e traviò molte donne dotate di nobili qualìtà, in Spagna, e che queste, le Agapete,s educevano i giovani “insegnando loro che non esisteva nulla di impuro per le coscenze pure”. Agapè fu considerata iniziatrice di Priscilliano che convertì allo gnosticisrno due vescovi spagnoli e, con il loro appoggio, divenne egli stesso vescovo di Avila.

Il culto del Serpente

Esistono altri due aspetti dello gnosticìsmo che dimostrano chiaramente con quanta creatività questa dottrina abbia costantemente cercato di unire e armonizzare paganesimo e cristianesimo: il culto del serpente (attributo dato agli dei dai pagani; Clemente Alessandrino:  Simbolo fallico del serpente nei misteri di Sabazio – (dio dell’orzo venerato in Tracia e in Frigia =  affine al culto di Bacco) – durante i quali gli iniziati del culto di Demetra e di Kore – (Persefone, sovrana degli inferi e regina dei morti. Era figlia di Demetra e di Zeus) – subivano il contatto con questo rettile per rappresentare l’unione di Zeus con la sua stessa figlia.

Giustino rimprovera ai pagani:”Noi chiamiamo il capo dei demoni, serpente, satana e diavolo” e il ricorso a riti orgiastici.

Si tratta, in realtà, di due componenti del culto tributato a Dionisio, in Grecia, ma ben lungi dal farne un’imitazione, gli gnostici vi contrapposero un complesso mitico e rituale che superava, per intensità e suggestione, il mito originario.

Gli gnostici si trovarono, quindi, fra i Cristiani, che facevano del serpente il sinonimo di diavolo o satana e gli Egiziani, i Greci e i Persiani che lo consideravano una divinità decisamente benevola.

In Egitto, il serpente (cobra) effigiato sul copricapo del Faraone, garantiva il suo potere di assoluto dominio sui nemici e, durante il Basso Impero, l’immagine dell’Universo era rappresentata da un cerchio che aveva come diametro orizzontale un serpente stellato, l’Agathodàimon (o demone buono), l’Anima del mondo.

Gli gnostici conciliarono le due tendenze contrastanti, adottando un simbolo ambivalente, il serpente Ouròboros (che si morde la coda), che esprime ora le tenebre, ora il Tempo infinito; che indica e sottolinea, comunque, il limite circolare del mondo umano.

L’amuleto più diffuso fra gli gnostici era una pietra sulla quale, all’interno del cerchio formato dal serpente Ouròboros, erano incise parole magiche. I primi alchimisti greci, che erano gnostici, consderavano l’Ouròboros come l’emblema della dissoluzione della materia. Il serpente, comunque, svolgeva una funzione essenziale nell’ambito di tutti i gruppi che si definivano gnostici.

I PERATI onoravano il “serpente universale”, i1 cui simbolo era il serpente di bronzo che Mosè innalzò nel deserto; credevano inoltre che tutto, nel mondo, fosse sottoposto all’influenza della costellazione del Serpente. Il serpente universale si rivelava, talvolta, con sembianze umane: dice Ippolito: “Secondo loro, l’universo è costituito dal Padre, dal Figlio e dalla Materia. Ognuno di questi tre principii possiede, dentro di sé, delle potenze infinite. Fra la Materia e il Padre sta il Figlio, il Verbo, il Serpente, in costante movimento verso il Padre immobile e la Materia che vive”.

Gli OFITI avevano elaborato un diagramma dell’universo, formato da cerchi concentrici, di cui due, all’esterno,indicavano il regno divino aldilà del cielo delle stelle fisse; sotto, un cerchio giallo circoscritto da un cerchio blu, delimitava il regno intermedio,s ede dei dodici angeli di Elohini; al centro, il regno terrestre era circoscritto dal serpente Leviathan, avvolto in sette cerchi che raffigurano il movimento dei pianeti intorno alla Terra.

I NAASSENI consideravano il serpente come una forza cosmica, identificata con Noùs, che infonde anche alle pietre il desiderio di possedere un’anima. Essi imperniavano il loro sistema sull’uomo primordiale androgino, Adamas. Ippolito afferma: “La conoscenza dell’uomo, sostenevano, è l’inizio della perfezione; la conoscenza di Dio ne è il perfetto compimento”.

Il loro libro sacro era il Vàngelo secondo gli Egiziani. Devoti ai misteri della Grande Madre del culto di Attis, erano asceti che proibivano i rapporti sessuali, bevevano persino la cicuta per diventare impotenti.

Tuttavia,invece di biasimare il pansessualismo della religione pagana,i  Naasseni davano un’interpretazione mistica delle due statue di uomini nudi, con il membro in erezione, che si trovavano nel tempio di Samotracia: vedevano infatti nei due falli una rappresentazione del serpente dell’anima che si innalza verso il cielo.

Grazie a una così ampia comprensione dei simboli fallici del paganesimo, gli gnostici giunsero a difendere le orge pagane tanto aspramente riprovate dai Cristiani.

Orge sacrificali

Clemente Alessandrino nel Protreptico, con puntigliosa dovizia di particolari ha denunciato le orge del culto di Afrodite durante le quali venivano consegnati all’iniziato un grano di sale e un fallo; quelle del culto di Cibele, in cui i partecipanti assistevano alla castrazione rituale dei sacerdoti.

Le orge antiche non erano certamente feste allegre o piccanti, ma cerimonie cariche di un’autentica drammaticità, celebrate in onore della natura e per favorire l’avvicendamento del ciclo delle stagioni.

Le Baccanti del culto di Dionisio dovevano mantenersi rigorosamente caste e sottoporsi a digiuno per partecipare ai baccanali: il rito essenziale e culminante – quando avevano raggiunto lo stato di delirio sacro, succhiando foglie di edera, abbandonandosi ad alte grida e a danze sfrenate – era costituito dall’uccisione di un capretto la cui carne veniva mangiata cruda.

Durante i Grandi Misteri di Eleusi celebrati in autunno, nei pressi di Atene, gli epopti (iniziati di secondo grado, superiori ai mistai, iniziati del primo grado, ammessi unicamente ai Piccoli Misteri) aspettavano in silenzio, nei sotterranei del santuario, immersi nella più assoita oscurità, che lo ierofante e la sacerdotessa di Demetra si abbandonassero a un coito che simbolizzava quello di Zeus con la Dea-Madre; infine, lo ierofante, dopo aver fatto riaccendere le torce, mostrava agli epopti una spiga di grano, segno manifesto che il raccolto dell’anno successivo sarebbe stato favorito da questa cerimonia erotica. Il coito rappresentava “l’unione del Padre e della Madre del grano per la procreazione della messe futura”.

L’orgia antica si rivela, in realtà, una riunione religiosa attorno a un sacrificio sessuale (reale o simulato) che era la forma attenuata del primitivo sacrificio umano, con l’ingestione di una bevanda che consentiva la comunione del dio e dei fedeli (kykeon, birra d’orzo, a Eleusi; l’haoma, pianta sacra, nel culto di Mitra).

Questo genere di liturgia è stato ammesso da alcuni gnostici, che lo hanno però spogliato del suo carattere pagano. Le orge rituali citate talvolta dai tèsti gnostici non erano affatto in conflitto con i principii rigorosamente austeri di tutti coloro che, dai Marcioniti ai Naasseni, proibivano tutti i piaceri sessuali. La stessa mentalità ascetica ispirava due atteggiamenti antitetici: l’astinenza o il libertinaggio, che corrispondevano al sentimento che Ermete Trismegisto esprime a suo figlio: “Se prima non riesci a odiare il tuo corpo, figlio mio, non puoi amare te stesso”.

L’odio per il corpo, questa prigione cui l’anima è condannata a rimanere incatenata fino alla morte, può rivelarsi e concretizzarsi altrettanto efficacemente trascinandolo agli eccessi più perversi sia rifiutandogli la soddisfazione che esige. Le motivazioni con cui gli orgiasti dèlla Gnosi giustificano i loro atti provano chiaramente che non si trattava certo di gaudenti alla ricerca di gozzoviglie.

I NICOLAITI si richiamavano alla leggenda del diacono Nicola che, poichè gli apostoli gli rimproveravano l’eccessivo attaccamento alla moglie e la sua gelosia, la offrì spontaneamente a un’altro, per dimostrare che egli era profondamente legato a Dio.

In questo gruppo, quindi, un uomo testimonia il suo disprezzo per la carne incitando la sua donna a unirsi a un compagno occasionale: questa forma di prostituzione che non aveva alcun fine di lucro né di piacere acquistava un significato metafisico.

I CARPOCRAZIANI ritenevano che gli Arconti del Destino costringessero l’anima a reincarnarsi fino a che avesse sperimentato, fino in fondo, tutte le passioni, anche deteriori, della materia; quindi, si potevano evitare successive reincarnazioni pagando l’intero scotto in una sola vita, cercando di essere coinvolti nel maggior numero di prove passionali.

I BARBELOGNOSTICI, con i loro atti sessuali, intendevano aiutare la Madre Universale, BARBELON (Eone femminile), a raccogliere il seme di tutti i corpi, seme che serviva per produrre l’energia vitale che diffondeva nell’universo.

I CAINITI ritenevano che la vera famiglia di Sophia fosse composta da tutti coloro che, nel Vecchio Testamento, si erano opposti a Jehovah: onoravano quindi Caino, Cam, Esaù, gli abitanti di Sodoma e di Gomorra, che consideravano vittime perseguitate dal Giudaismo.

Seguivano il Vangelo di Giuda, in cui egli rivelava di aver tradito il Salvatore in quanto sapeva che l’impero di IALDABAOTH (ultimo dei sette Arconti) sarebbe stato annientato dalla sua morte. I Cainiti si abbandonavano quindi a tutti quegli atti che venivano proibiti dal Decalogo, per dimostrare esplicitamente che non obbedivano alle leggi di Mosè.

La regola generale, condivisa da tutti gli gnostici, era il rifiuto alla procreazione; alcuni per esaltare questo scopo, esaltavano la continenza, l’abolizione del matrimonio; altri, che si abbandonavano, invece, con trasporto ai rapporti sessuali, li rendevano infecondi sia usando mezzi contraccettivi che ricorrendo all’aborto.

Erano convinti che il Demiurgo avesse detto:”Crescete e moltiplicatevi” per perpetuare l’infelicità e il dolore dell’umanità sulla terra e che fosse necessario interrompere la catena dell’evoluzione, ricondurre definitivamente le anime verso l’ottavo cielo, astenendosi dal procreare.

L’orgia rituale era quindi una sorta di rappresentazione ostentatamente provocatoria che permetteva di concretizzare collettivamente questo rifiuto. Epifanio, vescovo di Costanza, nel suo Panarion, scri1to intorno al 370, narra: “A 17 anni, giunto ad Alessandria, aveva frequentato la setta di gnostici, detta Barbeliti o Barbelognostici, che si riconoscevano fra loro dandosi la mano e solleticandosi reciprocamente il palmo con il dito. Gli diedero da leggere il Vangelo di Filippo,l ’Ascensione di Isaia, l’Apocalisse di Adamo, mentre alcune donne ebbero l’incarico di iniziarlo”.

Seppe così che si riunivano a coppie, molto numerosi, per consumare banchetti in cui abusavano di carni e di vino. Alla fine del pasto, l’uomo diceva alla moglie:”Alzati e compi l’atto di carità con il fratello”. Ed egli stesso, mentre la moglie si dava ad un convitato, faceva l’amore con una delle donne che lo circondavano: tutti si comportavano alla stessa maniera e l’orgia diventava collettiva.

Dopo l’ebbrezza dell’orgasmo, l’uomo e la donna raccoglievano lo sperma nelle loro mani, lo tendevano verso il cielo, con gli occhi rivolti in alto e dicevano al Padre del Tutto: “Noi ti offriamo questo dono, il Corpo di Cristo”. Poi lo mangiavano,e quando la donna era in fase mestruale, ne bevevano il sangue, pregando e chiamando Dio a testimone: era il loro modo di celebrare il rito della comunione. Usavano tutte le precauzioni per evitare di procreare e se una delle loro compagne rimaneva incinta, la facevano abortire, pestavano poi il feto in un mortaio,mescolandovi olio ed aromi: ciascuno poi si accostava e prendeva con le dita la sua parte di mistura,che ingeriva. Dopo aver compiuto questo atto,in uno stato di esaltazione, glorificava Dio con una preghiera.

Le fonti e i testi

Consideriamo ora i documenti diretti ed indiretti dello Gnosticismo. I documenti diretti sono i pochi trattati gnostici che ci sono pervenuti per mezzo della traduzione copta; quelli indiretti ci sono pervenuti dai Padri della Chiesa cattolica ortodossa, cioè dai più violenti oppositori della Gnosi, principali campioni delPortodossia, e sono le apologie.

Documenti diretti in lingua copta delle opere originali greco-gnostiche:

—     Il Codice di ASKEW, esistente nel Museo Britannico di Londra. Trattato scritto su pergamena in lettere greche maiuscole, nel dialetto dell’Alto Egitto, in forma di libro e consta di 346 pagine, copia di un’originale traduzione dal greco, contiene: la Pistis Sophia che tratta della passione e redenzione di Sofia e gli estratti da I Libri del Salvatore che trattano di Gesù e dei suoi discepoli, del Maestro che promette di dar loro i misteri di tutte le gnosi (attribuiti a Valentino);

—     Il Codice di BRUCE,esistente nella Bodleian Library di Oxford. Scritto su papiro in caratteri greci corsivi, nel dialetto dell’Alto Egitto, consta di 78 fogli in forma di libro (due manoscritti distinti): Il Primo e Secondo Libro di Jeu (Il Libro del Gran Logos secondo il Mistero). Si ritiene che siano anteriori alla Pistis Sophia e trattano di visioni apocalittiche elaborate da uno scrittore di grande dottrina e di vasta cultura, imbevuto dello spirito greco, munito di una perfetta conoscenza della filosofia greca, pieno della dottrina delle idee platoniche e d’accordo con Platone sull’origine del male, aderente alla gnosi basilidiana;

—     Il Codice di AKHMIM, esistente nel Museo Egizio di Berlino. L’opera non completa, originariamente conteneva 71 pagine di cui 6 sono adesso mancanti, scritta su papiro, ogni pagina consta da 18 a 22 linee, risale probabilmente al V Secolo e contiene tre trattati distinti: l’Evangelo di Maria (o l’apocryphon di Giovanni) che risale all’anno 180 e che nell’orignale greco da cui fu fatta la traduzione copta era anteriore ad Ireneo; la Sapienza di Gesù Cristo (Valentino ?); gli Atti di Pietro.

Documenti indiretti:

—     Il grande “magazzino generale dello gnosticismo” è la Confutazione di IRENEO (135/140 – 200), scritta a Lione nelle Gallie, lontano dalla vera scena d’azione, nella penultima decade del secondo secolo circa;

—      GIUSTINO Martire che (dal 199 al 203) apologìsta, confuta che le memorie degli Apostoli non fossero identiche ai nostri quattro Vangeli canonici;

—      CLEMENTE d’Alessandria che (dal 190 al 203) tentò di costruire un completo sistema d’insegnamento cristiano;

—      TERTULLIANO di Cartagine, intollerante, che (dal 200 al 220) scrisse contro le eresìe, copiando per la maggior parte da Ireneo;

—      IPPOLITO (170/175 – 235), vescovo di Porto, alla foce del Tevere, scrisse contro le eresie;

—      ORIGENE, grande Padre alessandrino (dal 225 al 250) scrisse una confutazione contro un certo Celso, filosofo, il primo oppositore del Cristianesimo.

La rimozione dei Vangeli gnostici

Anteriormente e contemporaneamente ai Vangeli canonici esistevano molte altre narrazioni che pretendevano ricordare gli Atti ed i Detti degli Apostoli e dei Discepoli del Signore.

Questi Atti, per la maggior parte, provennero in origine dai circoli ora chiamati eretici, ma furono in seguito rimodellati dagli editori ortodossi.

Nel. secondo secolo vi era una larga diffusione di tali narrazioni religiose, che formavano il mezzo principale della propaganda gnostica pubblica.

I Padri della Chiesa falsarono e coprirono di ridicolo gli insegnamenti interni dello Gnosticismo. A questi violenti attacchi gli Gnostici non diedero alcuna risposta, probabilmente perchè, da un lato erano legati dai loro giuramenti di segretezza, e dall’altro perchè perchè sapevano bene che le dottrine della vita interna non potevano essere stabilite mediante la discussione.

Queste narrazioni formavano l’anello di congiunzione tra la Chiesa generale e gli insegnamenti interni dello gnosticismo e non potevano venire soppressi per mezzo del ridicolo.

Conveniva adoperare altro metodo. Come dice Lipsius:  “I vescovi ed i maestri cattolici,per arrestare questo torrente di scritti gnostici e distruggere l’influenza tra i fedeli, non seppero far di meglio che adottare audacemente i racconti più popolari tolti dai libri degli eretici e, dopo averne accuratamente eliminato il veleno della falsa dottrina, rimetterli, in questa forma purificata, nelle mani del popolo”.

La più antica raccolta di questi Atti gnostici si fa risalire ad un certo LEUCIO CARINO il quale, si dice, era stato discepolo di Giovanni, intorno all’anno 150. Comunque sia, gli Atti Leuciani erano una raccolta de]. secondo secolo, poichè Clemente Alessandrino lì conosceva e probabilmente furono raccolti proprio ad Alessandria.

Altra raccota di Atti gnostici venne fatta da un certo LINO che probabilmente visse a Roma.

Dagli Atti di Tommaso o Giuda Tommaso: il frammento più importante è il bellissimo Inno all’Anima, composto robabilmente da Bardaisan; la traduzione della bellissima Ode a Sofia (Lo sposo di Sophia, o Spirito Santo; la Santa Colomba è Sofia o Anima del Mondo).

Dagli Atti di Giovanni: frammento di un monologo, posto in bocca a Giovanni, che ci conserva una interessantissima tradizione della vita occulta di Gesù: dopo la sua morte, il Cristo ritornò ed insegnò ai suoi seguaci nelle comunità interne. Egli tornò nella sola maniera in cui poteva ritornare, in un corpo “psichico” o “spirituale”; questo corpo poteva essere reso visibile a volontà, poteva anche essere tangibile, ma in confronto al corpo fisico ordinario era un corpo “illusorio”(docetico).

Si riscontra qui la tradizione diretta di un fatto interno che condusse in seguito alla distinzione dottrinale tra Gesù e Cristo nella cristianità gnostica: il Cristo era il Maestro; Gesù era l’uomo per mezzo del quale Egli insegnò durante il tempo del ministerio.

Dagli Atti di Giovanni viene provato che il “Mistero della Croce”, la crocifissione mistica, aveva presso gli gnostici un significato diverso dalla narrazione storica letterale e ci fa trovare la tradizione delle scuole interne riguardo al gran mistero della iniziazione chiamato la Croce.

La Croce è apparentemente composta di tre membri, un braccio destro, uno sinistro e uno inferiore, come il tao egizio.

Probabilmente il corpo del candidato veniva legato su di essa, e, nella trance, l’anima di lui ascendeva il monte dell’iniziazione, l”altezza” interna. Quivi egli incontra il Maestro, ma ne ode solo la voce; ancora non può vederlo qual è, poichè tutte le sue membra non sono ancora radunate insieme, l’Osiride perfetto non è ancora formato in lui, ma lo sarà allorchè perverrà ad uno stadio più alto, allorchè sarà unificato col Cristo. Erano queste esperienze interne dell’anima che formavano la vita e la forza della Gnosi, esperienze in cui i complessi sistemi che la “lingua carnale” tentava di enunciare con tanta fatica, ricevevano illuminazione e luce.

Dagli Atti di Andrea: discorso indirizzato alla Croce. Per gli Gnostici la Croce era simbolo dei processi cosmici ed altresì la crocifissione lo era dell’anima nella materia e della sua rigenerazione.

Dai viaggi di Pietro: narrazione dei suoi viaggi.

La fine del sogno gnostico

Lo gnosticismo, in quanto fenomeno storico, ha avuto fine nel V Sec., quando il trionfo del Cristianesimo sul paganesimo, sotto gli imperatori cristiani successivi a Costantino, abolì, sia pure temporaneamente, il sogno di una Gnosi che conciliasse, fondendole, le religioni antiche con la nuova religione.

Harnak osservava che gli gnostici sono stati i primi teologi cristiani, almeno nel senso che essi hanno posto alcuni problemi che altri hanno risolto in modi diversi: in realtà,lo sviluppo della teologia cristiana nel. secondo secolo è stato largamente debitore dei maestri .gnostici.

Ireneo dipendeva dal pensiero cristologico del valentiniano Tolomeo (il Vangelo della Verità di Valentino proponeva una reinterpretazione della dottrina cristiana; in gran parte tratta del significato della redenzione, spesso reintepretando passi del Nuovo Testamento). Talvolta gli gnostici hanno espresso la dottrina ortodossa, o taluni suoi aspetti, in modo più soddisfacente dei loro contemporanei ortodossi. Negli scritti di Clemente e di Origene non è difficile trovare tracce di dipendenza dagli scritti valentiniani.

Il trionfo dell’ortodossia cristiana significò il trionfo del mondo creato sugli Eoni, della esperienza collettiva sulla libertà individuale, della storia sulla libera immaginazione creativa, dell’obbiettività sulla soggettività.

La libertà creatrice dell’immaginazione religiosa fu costretta, in modo più completo, al servizio dell’istituzione, dalla necessità di una certa uniformità, senza la quale, certo, la Chiesa non avrebbe potuto sopravvivere.

L’origine delle eresie

Nel IV Sec, ha inizio la vera storia delle eresie, fratture profonde all’interno di una Chiesa onnipotente.

In tal senso, i precursori non erano stati gli gnostici, ma i seguaci di ARIO. Durante il Concilio di Nicea, nel 325, diciassette vescovi sostennero l’affermazione di Ario che negava la consustanzialità della seconda persona della Trinità, attribuendo al Padre e al Figlio due differenti sostanze: il Cristo, nella sua natura divina, non è simile al Padre, ma è il. più nobile degli esseri da lui creati e che, anche quale uomo, sarebbe rimasto suscettibile di uno sviluppo etico, cioè essere semidivino tra Dio e il mondo.

Lo spirito della Gnosi, al contrario, non concepì mai l’idea di scatenare una guerra fratricida nell’ambito della stessa religione, o fra religioni diverse, ma piuttosto di comprenderle tutte, e di definire un’unica Tradizione che le armonizzasse.

Il primo movimento ideologico erede della Gnosi, il manicheismo, le fu contemporaneo e le sopravvisse molto a lungo,XI Sec.

MANI, nato a Babilonia intorno al 216, iniziò la sua predicazione nel 242 a Ctesifonte, in Mesopotamia. Fu crocifisso intorno al 275 nella Persia sud-occidentale, per istigazione dei magi persiani, gelosi del successo ottenuto dalla sua religione.

Mani, quando sentì il suo “richiamo divino”, nel 241 (quando lo Spirito vivente gli apparve per rivelargli la “dottrina delle tre Ere” che spiegava l’inizio, l’evoluzione e la fine del mondo), egli si considerò il successore di Zoroastro, di Budda e di Gesù, l’unico in grado di conciliare e di armonizzare i diversi dogmi.

Mentre tutti gli gnostici ammettevano tre principi: il Dio straniero, il Demiurgo creatore del mondo e il. Cosmocrator che regnava sui demoni, Mani ne riconosceva solo due: la Luce e le Tenebri, anteriori all’esistenza del cielo e della terra.

Il Padre della Grandezza risiede nel Paese di Luce, mentre “il re delle Tenebre risiede nella sua terra tenebrosa”. Il Padre della Grandezza combattè il re delle Tenebre con l’aiuto dell’Uomo primordiale che fu inghiottito dalle tenebre. Per salvarlo, il Padre della Grandezza evocò una nuova forza: lo Spirito vivente, i cui cinque figli crearono l’universo perchè costituisse un bastione che separasse il Paese di Luce dal regno delle Tenebre; ma per costruirlo utilizzarono come materiali i corpi dei demoni catturati; il cielo e la terra furono quindi formati dalla carne dei demoni incatenati, gli astri dalle particelle luminose che essi avevano ingoiato, inghiottendo l’Uomo primordiale, e che furono costretti a rigurgitare.

Il Messaggero, che risiede nel sole con dodici vergini che rappresentano le dodici virtù, ebbe il compito di regolare i movimenti cosmici. Quando l’Uomo primordiale fu finalmente strappato alle tenebre, vi lasciò una parte della sua luce che i demoni catturarono per donarla al figlio del re delle Tenebre che, unitosi con la moglie, generò Adamo ed Eva in cui racchiuse tutta la luce che possedeva.

La razza umana è nata quindi dal principe delle Tenebre, che desiderava trattenere prigioniera sulla terra la sostanza splendente perduta dall’Uomo primordiale.

Nel manicheismo il mondo intero è cattivo: uomini, animali, piante, luoghi sono stati creati con la materia tenebrosa sia dal Principe delle tenebre stesso che dai suoi arconti.

L’unica speranza di salvezza consiste nell’udire il richiamo del Messaggero della Luce. Non esistono buoni, esistono solo dei destinati o eletti.

I Manichei avevano due classi di iniziati: gli Eletti che si imponevano rigide prove e conducevano una vita monacale e gli Uditori o Soldati che potevano sposarsi e possedere beni materiali.

A differenza dello Gnosticismo,che si proponeva unicamente di creare una ristretta cerchia di iniziati e non cercava affatto di fare del proselitismo nè di rendere pubblica la propria dottrina, i missionari del rnanichéismo, fra cui alcune donne, si spingevano nei luoghi più remòti per diffondere e insegnare la loro religione.

Il tempo finale del Cosmo

Per concludere la tavola propostami e sintetizzare quanto fin quì ho esposto, attingendo a piene mani nei testi elencati all’inizio della tavola stessa, ora, possiamo senz’altro affermare che lo Gnosticismo è la tendenza religiosa di tipo sincretistico, determinata da un gruppo di sette e di scrittori spirituali, che ebbe origine in epoca ellenistica (Sec.III a.C.) specialmente nell’ambiente alessandrino ed ebbe grande diffusione agli inizi del Cristianesimo, in particolare nel Sec. II d.C.; esso, quindi, non costituisce una degenerazione interna del Cristianesimo in quanto le sue origini risalgono a ben tre secoli prima dell’avvento di Cristo.

Certamente, però, questo insieme dottrinario, tutt’altro che coerente e compatto, facente capo a diverse importanti scuole, ha poi trovato nel Cristianesimo e nella figura salvifica di Gesù il suo naturale punto di approdo.

Da quanto è stato precedentemente esposto delle diverse importanti scuole, possiamo distinguere una Gnosi volgare (di cui i più notevoli rappresentanti sono Simon Mago, Manandro e Carpocrate) divisa anche in numerosissime sette che, non richiamandosi ad alcun caposcuola, vengono dette in generale degli Ofiti, dei Perati, dei Naasseni, dei Nicolaiti ,dei Barbeliti, dei Cainiti, in cui prevalgono le pratiche magiche e gli elementi astrologici iranic-babilonesi; ed una Gnosi dotta che ha il suo centro principale ad Alessandria ed è rappresentata da figure in cui è notevole l’impegno speculativo (Basilide, Valentino e Marcione).

In particolare,Valentino e Marcione, che agirono anche a Roma con grande successo come capi di una vasta comunità ed esegéti originali del Nuovo Testamento, suscitarono i timori di Tertulliano e di altri Padri della Chiesa.

Dottrina comune a tutte queste scuole è quella della Gnosi, cioè della conoscenza concessa dal Rivelatore celeste, intesa come illuminazione, ai soli piccoli gruppi di eletti e iniziati. Questa conoscenza costituisce il. fondamento e la maggiore garanzia per la salvezza eterna. Per essa e non per la fede, il singolo soggetto sarà salvo.

Comune a tutti quanti i sistemi gnostìci è il fondamentale dualismo spirito e materia; anima e corpo; tra la perfezione di Dio ed il mondo della pura materia che è stato creato da un essere divino e superiore ormai decaduto, essere che viene variamente chiamato Eone, Arconte, Cosmocrator, Demiurgo,ecc.  In soccorso dell’uomo ormai decaduto, che è prigioniero di questo rnondo, scende un essere divino e rivelatore, identificato con Cristo, il quale pur restando sempre straniero nel mondo, poichè il Rivelatore non si incarna, illumina l’uomo divenuto nel frattempo cieco e lo libera definitivamente dalla sua congenita ignoranza.

Tale luce non è data a tutti quanti gli uomini, bensì solo agli eletti capaci e preparati ad accogliere la Gnosi

L’uomo eletto o gnostico si trova in tal modo al di sopra di tutte le leggi morali, che erano state formulate da un Demiurgo (Vecchio Testamento) divenuto inferiore. Pertanto, accanto alla pratica di un ascetismo severo, negli ambienti gnostici si nota quindi, anche il rifiuto di ogni legge morale (considerata indifferente e inferiore alla Gnosi), donde una totale libertà di godimento, ìn particolare dei piaceri sessuali.

Il movimento gnostico, nell’ambito del Cristianesimo, veniva considerato un insieme di eresie perchè negava l’Incarnazione e poneva una distinzione netta fra fede comune e la Gnosi riservata a pochissimi eletti.

Le dottrine gnostiche di maggiore impegno speculativo fanno largo uso del concetto neoplatonico di emanazione. Da Dio, Essere infinito, Eone perfetto o anche Abisso, procedono vari eoni inferiori che .formano tutti insieme il Pleroma, o pienezza del divino. Di qui deriva, per degenerazione, il mondo materiale, ordinato da un inferiore Demiurgo.

L’uomo, la cui anima contiene una scintilla della luce divina, si trova a sua volta perduto nel corpo. Per la sua salvezza, Dio invia un’altro eone, Gesù il Salvatore, la cui incarnazione e morte sono da intendersi come puramente simboliche. Gli iniziati, illuminati dalla conoscenza recata da Gesù, potranno allora salvarsi, risalendo dopo la morte al Pleroma con un viaggio a ritroso cui corrisponde un progressivo abbandono degli aspetti materiali e corporei.

Secondo Valentino,gli eoni sono trenta e formano insieme il Pleroma, o pienezza di Dio; essi procedono per emanazione dalla divinità, in coppie, dette sizigie, disposte secondo una gerarchia decrescente che giunge fino alla materia.

L’eone Cristo apre all’uomo la possibilità della conoscenza (gnosi) di Dio, inaugurando il tempo finale del cosmo.

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