Oggi la nostra società si caratterizza per la paura della morte, che in nessuna società che ci ha preceduto ha mai avuto nella stessa misura, al giorno d’oggi sembra sia indecente morire.

I greci avevano preso sul serio la morte tanto che, persino i 2 termini con cui chiamavano l’uomo, Anthropos (ciò che è altro rispetto alla creatura vivente) e Aner (maschio adulto civilizzato), non venivano quasi mai utilizzati: essi usavano il termine Brotos che significa colui che è destinato a morire oppure lo chiamavano Thanatos ciò il mortale, l’uomo è mortale.

La morte dell’individuo è l’ordine della Natura, quindi chiamare l’uomo mortale significa consegnarlo al destino del tristo mietitore.

L’uomo per vivere ha bisogno di dare un senso alla propria esistenza e quante persone oggi si disperano chiedendosi che senso ha la propria vita?

La morte è il collasso di questo senso e qui inizia il tragico, cioè io ho bisogno di quella cosa che perderò con la morte e quindi la mia costruzione di senso implode con la morte stessa.

Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine? NO, perché ciascuno di noi, anche il più scettico, in fondo al proprio cuore verifica il pensiero del vecchio Spinoza il quale diceva

“SENTIMUS EXPERIMURQUE NOS AETERNOS ESSE, SENTIAMO E SPERIMENTIAMO DI ESSERE ETERNI.

Allora il senso e lo scopo della vita ritengo vada ricercato nell’ Eudaimonia, la buona riuscita del proprio demone, intesa come approfondimento e raggiungimento della propria specifica virtù; perché si è nati? cosa ci spinge a diventare architetto? Ingegnere? medico o pittore? piuttosto che altro? scoprire il proprio demone significa realizzare in vita la propria ARETE’.

Ma tale ricerca all’ AUTOREALIZZAZIONE è un lavoro gravoso, perché la si può ottenere solamente nell’approdo della consapevolezza del sé, come il monito pronunciato dall’oracolo di Delfi (e scolpito nel tempio di Apollo) “conosci te stesso”, ma con l’avvertenza di non dover mai oltrepassare la misura.

La giusta misura è ciò che consente di scolpire il timpano di un tempio e, se si realizza questa alchimia, la vita vissuta non sarà inutile.

Da questo personale convincimento comprendo che la vita è utile e che ci è stata donata per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse tutta messa a frutto, ma quando si perde nella dissipazione, nell’inerzia, preda di una avidità insaziabile, abbruttita nell’ozio, orientata solamente da una smodata ambizione di guadagno, logorata in una involontaria schiavitù al potere, priva di una bussola e di idee, quando la nostra vita non si spende per nulla di buono costretti dall’ultima necessità, ci accorgiamo che è passata senza averne avvertito il passare.

Contro tali possibili deviazioni la Massoneria deve vigilare attentamente ed esercitare l’autorità morale che le è propria per il perfezionamento materiale, morale e spirituale dell’uomo.

La difficoltà di percorrere incessantemente una vita utile, è efficacemente rappresentata dall’enorme contrasto richiamato da Nietzsche tra l’Apollineo e il Dionisiaco: bellezza e armonia costituiscono il senso del nostro “essere al mondo”, una moneta con la faccia di Apollo da un lato e di Dioniso dall’altra.

Vista sagittalmente questa moneta rappresenta la via sottile alla vita utile e, qualora prevalesse la parte dionisiaca, nessuno meglio di Sileno interrogato da Re Mida, rappresentazione dell’eccesso e del potere smodato, alla domanda: qual’ è la cosa migliore che posso raggiungere invita?

Rispose: “STIRPE MISERABILE ED EFFIMERA, FIGLIO DEL CASO E DELLA PENA NON COSTRINGERMI A DIRE COSE CHE PER TE È MEGLIO NON SAPERE, IL MEGLIO PER TE È ASSOLUTAMENTE IRRAGIUNGIBILE, MEGLIO PER TE NON ESSER NATO E ORA CHE SEI NATO LA COSA CHE TI POSSO AUGURARE È DI MORIRE PRESTO “

Ho detto.

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