IL MONOLITE DI KUBRICK

Ricorrono quest’anno i cinquant’anni dall’uscita del capolavoro di Stanley Kubrick “2001 Odissea nello Spazio”, tratto dal romanzo di Arthur C. Clarke. Il monolite nero che accompagna l’evoluzione umana dalla condizione scimmiesca della preistoria allo “star child” della futura razza spaziale è senz’altro l’enigma più inquietante del film. Il regista dichiarò: “Siete liberi di speculare sul significato filosofico e allegorico. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio".

inserito il 17 10 2018, nella categoria Cinema, Simbolismo, Tavole dei Fratelli

monolite

Tavola del fr:. A:. C:.

“L’oggetto davanti al quale si trovava in posa l’uomo con la tuta spaziale era una lastra verticale di materiale nerissimo, alta circa tre metri e larga un metro e mezzo, perfettamente simmetrica e con spigoli geometrici, era cosi nera da dare l’impressione che assorbisse la luce dalla quale veniva illuminata; non estisteva assolutamente nessun particolare superficiale.”

Stanley Kubrick girò 2001 Odissea nello Spazio nel 1968 e quest’anno ricorrono i cinquant’anni dall’uscita di questo straordinario film tratto da un romanzo di Arthur C.Clarke.

Fin dall’inizio, 2001: Odissea nello Spazio trasmette un senso di mistero. Nella colonna sonora del film, la prima a levarsi è una lunga nota dell’organo e dei contrabbassi, che pare voler descrivere la serenità imperturbata del cosmo seguita da un semplice motivo in do maggiore delle trombe, che annuncia l’arrivo di qualcosa che non conosciamo, e dal martellare dei timpani accompagnato dagli archi. Tre volte le trombe ripetono il loro motivo, ma infine sono cancellate da un perentorio colpo di piatti che, solo, colma di echi tutto lo spazio. Il brano musicale così carico di aspettative è il primo movimento di “Così parlo Zarathustra, poema sinfonico (o meglio Ottimismo sinfonico in forma fin-de-siecle dedicato al XX secolo)di Richard Strauss, scritto nel 1896. Lo stesso Strauss intitolò questo primo movimento “dell’Enigma dell’Universo”; di solito si ritiene che descriva il sorgere del sole, allorchè l’astro, al pari di quell’immenso colpo di piatti, spazza via bruscamente tutti i turbamenti della notte.

Analogamente, dall’enigma dell’universo, ossia dall’esistenza dell’uomo, posto come voleva un altro Zarathustra, quello di Nietzsche tra la scimmia e il superuomo, prende le mosse anche il romanzo dello stesso Arthur C. Clarke basato sul soggetto originale, che presenta nelle prime pagine il mistero dell’origine dell’umanità.

Dopo tre minuti di nero e i successivi folgoranti titoli di testa, Kubrick ci trasporta agli albori dell’umanità, presentandoci la vita quotidiana di un gruppo di scimmie. L’esistenza di questi esseri primitivi viene sconvolta dalla prima apparizione di quello che probabilmente è il più grande enigma del film: un inquietante Monolite nero che si staglia apparentemente senza motivo sul terreno. Dopo questa misteriosa comparsa, il corso della storia dell’umanità cambia per sempre. Alcune scimmie cominciano infatti a utilizzare le ossa di animali morti come un primitivo oggetto contundente, che porta al gruppo significativi vantaggi durante la caccia ma anche un’arma con cui i membri possono lottare e uccidersi a vicenda per la supremazia.

2001-space-odyssey-noir-poster-manev-670x274

Nel momento stesso della sua nascita, la civiltà umana comincia ad autodistruggersi, mettendo al centro del suo percorso evolutivo la violenza e la prevaricazione del prossimo. Kubrick compie a questo punto uno dei salti temporali più audaci e spettacolari della storia del cinema, trasfigurando un osso scagliato in aria in una navicella che viaggia nello spazio milioni di anni dopo, che introdurrà la seconda parte della pellicola. Il Monolite nero ha così accompagnato, condizionato e sorvegliato per la prima volta il cammino dell’umanità. La seconda parte  del film mostra il livello di progresso raggiunto dall’umanità nel futuro 1999: le persone si muovono nello Spazio in maniera relativamente comoda, sopperendo in maniera accettabile alle limitazioni dovute all’assenza di gravità e di ossigeno. Kubrick mette in scena un’altra scena straordinaria, esaltando i movimenti lenti e circolari delle astronavi con i valzer di Strauss e componendo così una sorta di danza spaziale che non ha eguali nella storia del cinema. Meravigliosa la scelta di realizzare delle astronavi con una forma che ricorda quella degli spermatozoi, creando così un parallelismo fra la procreazione degli esseri umani e la progressiva colonizzazione spaziale.

Il film prosegue con una prolungata assenza di dialoghi del viaggio spaziale e viene interrotta nel momento in cui facciamo la conoscenza del presidente del Comitato Nazionale per l’Astronautica Heywood R. Floyd, che si deve recare su una base lunare dove è stato rinvenuto un Monolite  del tutto simile a quello che abbiamo già visto in precedenza, con cui condivide anche la datazione storica. Dall’enigmatico oggetto scaturisce un forte segnale radio che punta dritto verso Giove. Il Monolite  ha così nuovamente indicato al genere umano il pianeta nel quale dovrà affrontare il suo prossimo salto evolutivo. La terza parte si svolge diciotto mesi dopo quella precedente, ovvero nel 2001 che dà il titolo al film. Conosciamo qui l’equipaggio dell’astronave Discovery One, composto da tre astronauti in ibernazione, due pienamente operativi (David Bowman e Frank Poole) e l’ultimo ritrovato in fatto di intelligenza artificiale HAL 9000, un calcolatore delegato a gestire la missione scientifica e a fornire supporto tecnico e logistico agli esseri umani. L’elaboratore è l’indiscusso protagonista di questa frazione della pellicola: creato volutamente con modi di fare e toni della voce del tutto simili a quelli delle persone, ma condizionato dalla rigidità delle macchine e dalla superbia dei suoi creatori, incapaci di ammettere possibilità di errore.

A differenza dei membri dell’equipaggio, HAL 9000 è a conoscenza del reale scopo della missione, ovvero recarsi su Giove e indagare sull’origine del Monolite e sulla possibile presenza di creature extraterresti. Il conflitto fra uomini e macchine deflagra dopo la segnalazione da parte dell’elaboratore di un’avaria a bordo, che si rivela inesatta e mina alla radice la presunta incapacità di sbagliare di HAL. Bowman e Poole perdono progressivamente fiducia nel calcolatore e cominciano a pianificare una sua disattivazione. Pur essendo una semplice macchina, HAL 9000 è guidato dallo stesso istinto di conservazione degli umani, che lo porta a uccidere Poole e i tre astronauti ibernati, mancando per poco la soppressione di Bowman. Il film diventa ora un viaggio cosmico e sensoriale. In un’orgia di colori, forme e suoni non meglio definiti, Bowman raggiunge a folle velocità Giove, nelle cui vicinanze è visibile  di nuovo il Monolite. Nell’ultima strepitosa parte del film, le parole cedono il passo alle immagini, Il viaggio dell’astronauta è guidato da invisibili creature aliene, probabilmente talmente più avanzate dell’uomo da non aver bisogno di una propria manifestazione fisica, le cui azioni non possono completamente essere percepite e comprese dagli uomini. Gli extraterrestri guidano poi Bowman in una stanza dall’arredamento ottocentesco a lui familiare, dove hanno luogo gli ultimi criptici minuti della pellicola.

finale

In questo stanza le regole a noi conosciute del tempo e dello spazio non hanno più valore. Bowman vede contemporaneamente se stesso giovane e anziano in un’ideale culla creata per lui dagli extraterrestri. Anche in un posto così ovattato e apparentemente impeccabile si annidano gli errori e le imperfezioni, simboleggiate da un bicchiere andato in frantumi dopo essere stato maldestramente fatto cadere da Bowman. L’astronauta si ritrova così morente in un letto, innanzi di nuovo  al  Monolite  che lo guida nella sua prossima forma: un gigantesco feto cosmico, una sorta di bambino delle stelle che si avvicina alla Terra con una nuova consapevolezza.

Kubrick dopo aver girato il film dichiarò:”Siete liberi di speculare sul significato filosofico e allegorico di 2001: Odissea nello spazio. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio”.

La domanda è: in che maniera veniamo toccati a livello inconscio dalla volontà di evolverci? Quale è la scintilla che ci spinge ad andare oltre? Esiste  un attimo in cui ci dobbiamo fermare per ascoltare quello che ci dice la nostra coscienza, il viaggio è il tempo in cui decidiamo di evolverci verso qualcosa di migliore, una sorte di principio o di secondo inizio verso una seconda nascita. Verrebbe da credere che Kubrick volesse rappresentare con il Monolite una sorte di iniziazione che gli esseri viventi conducono, scolpendo la pietra, quindi lavorando su se stessi forgiando il vecchio io profano per estrarre la saggezza, la sapienza iniziatica: il Sè. Il lavoro che dobbiamo condurre su noi stessi quindi è per sgrezzare la Pietra, migliorandoci affinchè si contribuisca al progresso dell’umanità.

Il Monolite è  l’anello di congiuzione che scandisce il tempo, una sorta di primo mattone che accompagna l’essere umano nel suo viaggio evolutivo fino alla fine della sua esistenza; rappresenta una sorte di guida interiore che conduce l’uomo a migliorarsi per il bene di tutti. La scena finale ci indica  la fine ma anche un nuovo inizio, l’inizio di un uomo migliore.

2001-3

Ho detto

A:. C:.

 

17 Ottobre 2018 e.v.

.

.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Lasciaci un commento

Cerchi qualcosa?

Utilizza il campo sottostante per cercare nel sito:

Hai cercato qualcosa che non hai trovato? Contattaci e richiedici l'informazione che cerchi!

Link

Ti raccomandiamo di visitare questi siti web