MASSONERIA E IMMIGRAZIONE

Un fenomeno, quello dell’arrivo di masse disperate dall’Africa e Medioriente, che mette alla prova la tenuta dei principi massonici di uguaglianza e tolleranza, principi che dovrebbero essere conclamati e universali, ma talvolta s’infrangono nei disagi e nelle paure individuali. Analisi e prospettive, fra vicende del passato e visioni del futuro.

inserito il 09 11 2017, nella categoria Società, Tavole dei Fratelli

Immigrazione 1

Tavola del fr:. A:. Mu:.

I principi ed i valori della Massoneria sono per definizione Universali ed universalmente ritenuti validi per tutti gli uomini e le donne del mondo, senza distinzioni di razza e religione.

La Massoneria con le proprie enunciazioni di Libertà-Fraternità ed Uguaglianza ha sempre sfidato, ad ogni latitudine, ingiustizie e assolutismi politici ed economici, oscurantismi e dogmatismi religiosi.

Ma cosa pensare quando questi stessi principi sembrano sfidare intimamente ed individualmente noi massoni moderni in questa parte del “vecchio” continente?

Eh sì, perché gli istinti massonici innati di Uguaglianza e Tolleranza sono messi decisamente alla prova – alla prova dei fatti e delle singole coscienze di ogni massone europeo, ed italiano in particolare – di fronte al fenomeno della massiccia immigrazione africana, mediorientale ed asiatica che sta riversandosi sulle nostre spiagge e nelle nostre città.

Inutile negare che molti degli stessi massoni, di noi massoni, non riescono ad evitare di sentirsi a disagio di fronte ad interi quartieri delle proprie città che cambiano letteralmente colore di pelle, usi, costumi, credenze dei propri abitanti.

L’immigrazione, che per altro riempie vuoti lasciati anche dal crollo demografico della nostra società, sta assumendo dimensioni tali da imporre a tutti noi una pressante alternativa fra abbracciare un nuovo modo di vivere e pensare, o difendere più strenuamente il nostro vecchio modo di pensare e di vivere dalla diversità di altri modi di essere che sembrano rifiutare l’omologazione nel nostro sistema occidentale di valori.

Ed è forse proprio questa spesso manifesta, se non addirittura ostile, resistenza all’integrazione da parte di tanti immigrati (vedi ad esempio il fenomeno del terrorismo di matrice islamica), che ci sfida maggiormente.

Immigrazione 2

Ma vale la pena di esaminare più attentamente qual è la vera natura del disagio che proviamo nel sentirci sfidati in questo modo: non credo che un cittadino occidentale, un italiano e soprattutto un massone italiano, si senta particolarmente turbato dal diverso colore della pelle o da persone che si vestono in fogge diverse dalle nostre; non credo che sorgano particolari problemi nel convivere con persone che pregano ed hanno credenze religiose diverse dalle nostre (per noi Massoni, del resto, non è mai stato facile convivere anche con le varie declinazioni del Cristianesimo quando assumevano connotati più integralisti e dogmatici).

Forse è più difficile tollerare forme di giustizia, come la Sharia, che a noi paiono decisamente più arcaiche e inumane, oppure tollerare forme di rapporto Uomo-Donna che ci sembrano totalmente prive della necessaria parità di dignità e di diritti. Ma se anche così fosse, il tutto rientrerebbe nella storica battaglia per i diritti universali che da sempre la Massoneria è abituata a combattere. Non sarebbe altro, questa, che un altro capitolo della nostra eterna missione.

Io  credo invece che ciò che ci turba più profondamente, come occidentali e come massoni in particolare, sia un aspetto preciso di questa resistenza all’integrazione da parte di tanti immigrati (di quella parte, beninteso, che “sceglie” di non integrarsi, e non certo di quelli che non ne hanno nemmeno l’occasione per le precarie condizioni in cui sono costretti a vivere ai margini della nostra società). Intendo parlare di un motivo di tale rifiuto che percepiamo a livello subliminale: è cioè il fatto che in definitiva il nostro conclamato modello di vita occidentale – con tutto il suo sistema di valori, frutto come si diceva di una secolare emancipazione dall’oscurantismo politico e religioso –  non risulti spontaneamente attrattivo per queste persone.

Sicuramente ciò che le attrae sulle nostre sponde, a costo del rischio della vita in pericolosissime traversate marittime da un continente all’altro, è il presunto benessere di cui pensano di usufruire nel nostro paese; sicuramente un’altra molla fondamentale è la disperazione da cui fuggono, da paesi in cui il rischio di morire per guerre e carestie è almeno pari a quello di affrontare su un malsicuro gommone l’attraversata del Mediterraneo, subendo ogni tipo di abuso da parte della criminalità che gestisce queste rotte.

Resta il fatto che questa refrattarietà ad adottare in pieno i nostri valori ed il nostro stile di vita agisce su di noi come carta vetrata che urtica la nostra coscienza ed il nostro orgoglio più profondi.

Ricordiamo tutti quando eravamo noi italiani gli emigranti di turno, quando eravamo noi a varcare l’Oceano per sfuggire alla povertà del nostro paese, inseguendo il cosiddetto “sogno americano”, e ricordiamo anche come la maggior parte di questi disgraziati “sognatori” abbiano poi fatto di tutto per assimilare ed assimilarsi a quel modello di vita “made in Usa”.

Perché non avviene altrettanto con costoro, con questi uomini e queste donne che ci guardano con sospetto, magari nascondendo il loro sguardo dietro un burka?

Ed allora cominciamo a pensare che il nostro modello di vita occidentale potrebbe non essere così appetibile come ci appare. Pensandoci bene noi stessi avvertiamo le profonde ingiustizie e diseguaglianze che permangono nella nostra società, anche indipendentemente dalla presenza degli immigrati; noi stessi, massoni, non possiamo non essere consapevoli del fatto che i nostri principi, i nostri valori, l’affermazione dei nostri diritti e dei nostri doveri, non è ancora totalmente compiuta.

Noi stessi non possiamo nasconderci che immoralità, corruzione, superstizione, e purtroppo anche forme di ignoranza di ritorno che credevamo superate per sempre, sono ancora evidenti e ben presenti nella nostra vita quotidiana.

Immigrazione 3

Certo la società, grazie anche alle battaglie valoriali di tante generazioni di massoni (ed onestamente non solo di questi), ha fatto enormi progressi rispetto alle epoche più buie. Questi progressi ci hanno consentito di “parcheggiarci” in una lunga fase di riposo del guerriero.

Ma la presenza di tanti immigrati ci sta obbligando a prendere coscienza che questo “parcheggio” sta finendo, che fra un po’ saremo costretti, volenti o nolenti, a riprendere in mano le “armi” e batterci (si spera sempre e solo con le armi della dialettica e dell’impegno politico e sociale). Insomma ciò che l’immigrato risveglia in noi è soprattutto questa scomoda sensazione di fine della pace, di crisi, di inizio di un periodo difficile da vivere e da affrontare.

Contro chi o cosa dovremmo rivolgere le nostre “armi”? Contro l’immigrato per allontanarlo dai nostri confini e rispedirlo nei suoi inferni (magari investendo nostre risorse per trasformare questi inferni in qualcosa che assomigli almeno ad un purgatorio)? Oppure contro la nostra stessa e prolungata ignavia nel non portare a compimento le battaglie civili e politiche per rendere più laica, più giusta, più vivibile la nostra società?

Dovremmo combattere il sistema assinteziale con cui cerchiamo di dare risposte al problema immigrazione o la corruzione della nostra politica che lo rende sterile ed inefficace nel produrre reale integrazione?

Insomma noi massoni, nel segno della Tolleranza e dell’Uguaglianza che abbiamo giurato iniziaticamente di onorare e perseguire, quale battaglia dovremmo fare? Quale visione di una nuova Europa multietcnica dovremmo avere o progettare?  O dovremmo piuttosto virare verso una riedizione europea dell’apartheid o una “israelizzazione” della nostra sicurezza interna (Golda Maier, primo ministro israeliano nel 1969, sosteneva a questo riguardo di detestare i palestinesi proprio per quello che loro la costringevano a fargli subire)?

Stiamo attenti, molto attenti, come massoni, perché purtroppo in passato non sono mancati gravi errori anche da parte nostra.  Si pensi ad esempio ad un’altra epocale “immigrazione”, in questo caso forzata, dall’Africa verso l’Europa e soprattutto verso le Americhe. Alludo alla piaga dello schiavismo, prolungatasi fin quasi alle soglie del XX secolo.

Anche lo schiavismo ha mutato la cromia razziale e sociale del popolo americano, con una serie concatenata di problemi che hanno prodotto una sanguinosa guerra civile e che tuttora non appaiono completamente risolti.

Ebbene la massoneria non è stata putroppo la più sollecita a battersi contro questa piaga. Il risveglio delle coscienze è partito dai movimenti religiosi, ed in particolare dai Quaccheri, mentre purtroppo non va sottaciuto che le più “illustri” famiglie massoniche americane ed inglesi si arricchirono a lungo proprio con la tratta degli schiavi (ed il commercio dell’oppio). Per non dimenticare poi anche il contributo ideologico offerto dal massone Pike, grande riformatore del Rito Scozzese, al famigerato KKK.

KKK

E’ pur vero che poi, quando le coscienze si risvegliarono, i massoni non lesinarono sforzi morali e materiali per liberare gli schiavi e porre fine a questa palese ed atroce ingiustizia. Basti pensare al ruolo sofferto e cruciale del grande presidente americano, e massone, Abramo Lincoln, che ha pagato con la vita le sue scelte politiche e morali.

E non deve apparire troppo azzardato il parallelo fra lo schiavismo americano e l’attuale immigrazione afro-asiatica in Europa. Si tratta infatti in entrambi i casi di forme inumane di sfruttamento organizzato di masse di disperati. Con la differenza che il viaggio verso la schiavitù (oggi apparentemente “solo” economica) i nuovi immigrati devono addirittura pagarselo. Ed a caro prezzo.

Un viaggio aereo dalla Nigeria all’Italia costa in media 400-500 euro. Per lo stesso viaggio, in modo assai più aspro e pericoloso, attraversando deserti e mari, subendo sevizie e violenze d’ogni tipo, un poveraccio di quel paese deve pagare alla criminalità dieci volte tanto (5-6mila euro). Per poterlo fare vende ogni cosa, oppure s’indebita con la stessa criminalità (che esigerà poi i suoi servizi o quelli delle sue donne in altre forme). E se poi arrivato in Italia non riesce a pagare il debito, o peggio, viene respinto, non avrà altro destino che tornare nelle grinfie dei suo aguzzini nel paese natale, dei quali a quel punto si renderà schiavo nel vero senso della parola.

Ecco quindi il vero aspetto dell’immigrazione contro il quale l’intero mondo civile dovrebbe combattere, come ha fatto in una certa fase storica contro la schiavismo nei secoli scorsi.

C’è infine un’ulteriore e finale dilemma che si pone davanti alla nostra coscienza: considerando che l’attuale fuga di disperati dall’Africa e dal Medioriente appare inarrestabile (proprio per le condizioni economiche e di guerra nei paesi da cui provengono) e destinato quindi a prolungarsi nel tempo, la scelta che dovremmo fare, per forza, è quella di predisporci al cambiamento almeno parziale di noi stessi, per ibridizzarci nella nuova realtà multietnica dell’Europa, oppure combattere radicalmente questo cambiamento, ghettizzandoci gli uni contro gli altri?

Già fin dagli inizi del secolo scorso, un nobile austro-ungarico, Rudolph Kalergi (1984-1976), massone, figlio di un diplomatico austriaco e di una nobildonna giapponese discendente da una famiglia di samurai, ipotizzò per primo l’idea di un’Europa Unita, che battezzo Paneuropa, postulando che la chiave di volta di una nuova Euopa sarebbe stato il “meticciato” fra i popoli che l’abitavano. Un meticciato che avrebbe reso inutili i confini e le barriere etniche e politiche fra gli abitanti del continente. Sappiamo che le cose poi non sono andate proprio in questa direzione. Ma c’è da dire che l’idea di Kalergi non era del tutto priva di senso (lo stesso Kalergi il proprio contributo fattivo alla nascita dell’attuale unione europea l’ha comunque dato in altri modi, tramite la sua amicizia personale con alcuni dei padri nobili dell’Unione, fra cui il tedesco Schuman, ed essendo stato inoltre il primo – nel 1929 – ad indicare nell’Inno alla Gioia di Schiller sulla musica della IX Sinfonia di Beethoven  il futuro inno europeo).

Forse per accettare e comprendere davvero “l’altro”, e farsi comprendere da quest’ultimo, un certo meticciato, almeno mentale e culturale, noi cittadini del Vecchio Continente, noi massoni, dovremmo. credo, in qualche modo perseguirlo.

Per comprendere e risolvere i problemi di convivenza con queste nuove masse di uomini e donne d’altro colore e di altre religioni, dovremmo almeno cercare di conoscerli meglio, di studiarne i costumi ed i libri sacri e profani. Solo così potremmo intrecciare un dialogo in grado di produrre effettivi cambiamenti, in meglio, sia da parte nostra e certamente anche da parte loro.

Forse è l’unica speranza che ci rimane, prima della caduta nel baratro dell’uso della forza e della follia. Il mussulmano di oggi, come l’ebreo di ieri. I pogrom di domani, come quelli del secolo scorso (anzi, su questo è bene che facciamo molta attenzione, perché dai campi di sterminio nazisti non è ancora passato un secolo, ma solo settant’anni… ed in quei campi sono morti anche più di 200mila massoni, e perché prima o poi, quando si scatena la violenza razziale, politica o religiosa, i massoni finiscono sempre per andarci di mezzo. Semplicemente perché non potranno mai essere dalla parte dell’odio).

Ho detto

 A:. Mu:.

9 Novembre 2017 e:v.


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