LA “GRANDE MALATA”: UNO SCRITTO INEDITO DI PERICLE MARUZZI

Dall’archivio di un fratello della nostra Loggia è spuntata una lettera autografa di Pericle Maruzzi databile probabilmente negli Anni Sessanta. Un documento di indubbio valore e di attualità anche oggi, come analisi ed ammonimento nei confronti delle possibili derive della Massoneria. Pericle Maruzzi (14 Aprile 1887-11 Aprile 1966) è stato un grande massone ferrarese e soprattutto uno studioso di fama internazionale degli aspetti storici e simbolici della Libera Muratoria. Alcuni suoi testi – in particolare il famoso “Libro M” – sono considerati fondamentali per l’approfondimento dei rituali e delle allegorie massoniche.

inserito il 09 09 2014, nella categoria Storia, Tavole dei Fratelli

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Mio caro Fratello e Amico,

Ho letto con interesse le Sue osservazioni e lamenti sulla qualità del lavoro e del contegno nelle nostre Logge, lamentele in verità non nuove, perché già inutilmente dette e ridette decenni fa da quei pochi Fratelli che hanno studiato l’Istituzione da vari punti di vista, e che han fatto invano proposte per guarire la grande malata nel nostro Paese ed in altri Stati. Non furono ascoltati.

Il male ha radici profonde che da poco più di un secolo si sono sviluppate; nessun tentato rimedio è riuscito ad estirparle direttamente o indirettamente. Secondo me tutte le diagnosi erano errate: nessuno ha individuato o voluto individuare la causa prima del morbo e pertanto suggerire il necessario rimedio efficace.

Il male ha origine dalla falsa impostazione dell’opera compiuta e continuata da persone – rispettabili e oneste del resto .- che hanno creduto di poter erigere un edificio senza le necessarie cognizioni tecniche, senza porre solide fondamenta, ed impiegando invece, in luogo di pietre idonee, rottami o materiali di scarto.

Le vicissitudini della Muratoria italiana lo dimostrano. Quella attuale non ha nessun legame diretto con quella esistente nel nostro Paese nel Settecento (la quale era ben regolata e diretta) ed neppure con quella durante il dominio napoleonico. L’aristocratica ed apolitica Muratoria italiana del secolo XVIII, scomunicata dalla Chiesa, visse stentatamente negli Stati dell’Italia settentrionale e meridionale, tollerata dai governi finchè loro convenne e, a cominciare dal 1785, da loro proibita per timore:

Una Maconierre differente da quella settecentesca per spirito ed ordinamento interno, portata in Italia dagli eserciti francesi conquistatori, fu per quindici anni ligia ai governi della penisola e scomparve con essi lasciando un vago ricordo di sé.

Una terza Muratoria sorse nel Settentrione a metà dell’Ottocento.

Si cominciò nel 1859-60 a costituire Logge da parte di brave persone fatte Massoni in vari luoghi e tempi, ma che per cause diverse non avevano mai vissuto in Logge ben ordinate e regolarmente funzionanti; quei fratelli non avevano alcuna nozione teorica né pratica del Lavoro, né esatta notizia di una indispensabile, anche se minima, cognizione delle usanze, della mentalità nonché della storia interna delle Muratorie esistenti fuori d’Italia, cioè un’opinione errata su di esse, in cui militava una minoranza liberale della classe dirigente del loro paese, con la quale avevano comunanza di interessi fondamentali, e perché minoranza, limitata e talora quasi nulla influenza nella direzione politica estera dello Stato, influenza sulla quale quei fratelli italiani ritenevano seriamente di poter contare a proposito della nostra unità nazionale.

Con molta presunzione di un facile successo improvvisarono un sodalizio che chiamarono “Massoneria” e vi introdussero persone egregie, parecchie già militanti nelle cospirazioni patriottiche, e che di queste non avevano dimenticato i metodi e la mentalità, non tutte della medesima scuola politica, non avverse alla religione dominante ma decisamente antipapiste, uomini godenti pubblica buona reputazione e taluni valentissimi nella loro professione, costoro vennero fatti Massoni a vista e rapidamente organizzati in Logge senza che gli stessi incaricati di tali operazioni avessero mai posto piede in una sede di Liberi Muratori convenientemente attrezzata e regolata dalle norme generali della Istituzione, norme e leggi che vennero poi emanate in nome di un Alto Corpo auto costituito da pochi fratelli, i quali – come risulta da documenti tuttora esistenti – di Muratoria avevano poche, incerte ed anche errate cognizioni ed erano, come si è detto, ignari della vera vita della Muratoria in altri Paesi.

Né organizzati né organizzatori fecero regolare tirocinio e pertanto il Lavoro andò avanti come in un’associazione qualunque, e con tutti i guai della medesima.

All’Alto Corpo sorto a Torino nel 1860, cioè al “Grande Oriente Italiano” aderirono le sezioni della cavouriana Società Nazionale trasformate in Logge, procedimento subito copiato da gruppi liberali, democratici, “garibaldini”, mazziniani, libertari ed internazionalisti che nella nostra penisola raccoglievano qualche simpatia e gregari, ed avevano abili e solerti organizzatori, tanto che in breve tempo nelle Assemblee Generali a cui tutte le Logge italiane senza distinzione di origine furono convocate, le più quotate di quelle congreghe, ossia i loro delegati, raccolsero la maggioranza dei suffragi ed il torinese Grande Oriente Italiano si disfece.

La situazione generale mutò di poco col nuovo ente creato da una di quelle assemblee intitolato “Grande Oriente della Massoneria Italiana” (poi “Grande Oriente d’Italia”) in dissidio con una mezza dozzina di piccoli Alti Corpi che si proclamavano anch’essi regolari e legittimi con apparente o nullo fondamento, e che vennero successivamente assorbiti dal più forte per numero di Logge, trasferitosi da Firenze a Roma e riconosciuto gradualmente da alquante Grandi Logge estere escluse le anglo-sassoni ed altre.

Le accennate divisioni cessarono nel 1887 e sembrò allora che la Massoneria italiana fosse finalmente riunita in un solo Grande Oriente ed in un unico Supremo Consiglio per i gradi di Rito Scozzese Antico ed Accettato, entrambi sedenti in Roma.

L’unione era fatta ma si continuò a fare Massoni e non dei Liberi Muratori nel senso pieno e genuino di tale denominazione; tuttavia questa nuova era durò un ventennio, cioè fino a quando per i dissidi sui fini politici, sociali e religiosi che si volevano far adottare alla Massoneria Italiana, e le conseguenti polemiche nei Corpi di ogni Grado, furono tali da indurre una parte dei Fratelli favorevoli ad idee e programmi conservatori a staccarsi dal Grande Oriente e formare una nuova Fratellanza più ligia ai sistemi ed organizzazione del Rito Scozzese Ant. ed Acc. (1908).

Con il Grande Oriente sedente nel Palazzo Giustiniani a Roma rimasero i Fratelli militanti nei partiti democratici (radicale, repubblicano, socialista riformista – oggi socialdemocratico); in quella che a Roma ebbe la sua sede centrale a Piazza del Gesù entrarono liberali, agrari, industriali, commercianti, alcuni uomini politici ed altri borghesi, e durante la prima guerra mondiale, ed in seguito, anche ufficiali delle tre Armi, reduci dal conflitto, e fascisti di ogni età e condizione in numero rilevante.

E così a cominciare dagli Anni Venti vi erano in Italia due Massonerie ed alcune altre di vario sistema e con pochi aderenti.

Nel 1926 il governo fascista vietò ogni Massoneria ed ogni società segreta e privata, e pertanto le Logge di Palazzo Giustiniani, di cui la teppa fascista ne aveva distrutta la sede, vennero sciolte d’autorità o per decisione dei loro membri. Tuttavia alcune, specie nelle grandi città, continuarono a lavorare clandestinamente malgrado i pericoli cui si andava incontro; non pochi Fratelli furono perseguitati e imprigionati o confinati, e si deve aggiungere che fratelli isolati durante quegli anni si prodigarono nell’aiutare, proteggere e soccorrere ed anche liberare i loro fratelli in grande pericolo, e con non minor pericolo per se stessi, senza che, a liberazione avvenuta ed in seguito, abbiano mai vantato le loro azioni o permesso che vengano raccontate.

Anche nella Resistenza militarono Liberi Muratori e ve ne furono altresì fra le vittime delle repressioni nazi-fasciste.

Man mano che le città erano liberate le Logge locali si riaprirono e se ne costituirono anche delle nuove; sorsero anche vecchi e nuovi Alti Corpi che dopo polemiche sui giornali e con manifesti si conciliarono, per i tre Gradi in un’unica Grande Loggia Nazionale dei Liberi Muratori ed in un solo Supremo Consiglio per i Gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato. Alla prima venne aggiunta l’antica denominazione “Grande Oriente d’Italia”, cioè centro direttivo della Fratellanza nel nostro Paese.

Rinacquero dunque molte delle vecchie Logge (qualcuna ora centenaria) ma, non è piacevole notarlo, i superstiti fratelli anziani dimostrarono  subito che dagli avvenimenti cui f u coinvolta la Muratoria, nulla avevano appreso e nulla dimenticato dei metodi nefasti del passato; ci si preoccupò subito di far numero non riflettendo sul fatto che la potenza ed i mezzi son creati dall’azione saggia e ponderata, compiuta anche da pochi uomini  liberi e completamente formati, padroni di sé e dei propri pensieri, onesti e virtuosi, uniti da schietti sentimenti di stima ed amicizia; si ammisero invece persone che presto abbandonarono la Loggia perché non vi avevano trovato razioni mondane, oppure quella elevatezza intellettuale che deve sempre impregnare il Lavoro dei veri Liberi Muratori.

Ai pochi essenziali simboli ed alle allegorie che nelle Logge sono anche parlanti ammonimenti ai suoi membri, come in altri tempi, non si diede nessuna importanza ed incerte, errate ed anche pietose interpretazioni nelle istruzioni ai fratelli hanno portato al disordine attuale, ad un vicolo cieco dal quale non si sa come uscirne perché non si ha la volontà ed il coraggio di tornare alle vere origini del Sodalizio, di rifare le sue fondamenta su nuovo e più solido terreno con materiale selezionato, con saggezza e forza di decisione che sono il solo mezzo per salvare un Istituto utile e indispensabile al bene del Genere Umano, al servizio volontario del quale il nostro Sodalizio è stato unicamente creato, e trasmetterlo alle future generazioni.

Con questi sentimenti Le invio, caro Fratello ed Amico, i suoi cordiali saluti un “vecchio Muratore”.

Pericle Maruzzi

 

 


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