CON GIORDANO BRUNO VERSO IL PATIBOLO: CRONACA DI UN’INIZIAZIONE ALL’IMMORTALITA’

Un breve tragitto, poco più di mezzo miglio, che separa il luogo dove il condannato ha trascorso gli ultimi giorni, Tor di Nona, da quello dove hanno deciso di farlo morire, Campo de’ Fiori. Una sorta di viaggio iniziatico verso l’Eternità. O verso il Nulla. Lo seguiremo, dal Vitriol nell’oscura cella dell’Inquisizione all’estrema prova del Fuoco, come si segue nel tempio, con affetto e commozione, il viaggio iniziatico di un futuro Fratello.

inserito il 04 12 2013, nella categoria Apprendista, Giordano Bruno, Storia, Tavole dei Fratelli

Giordano_Bruno

Tavola (g.c.) del fr:. Carlo Lojacono

17 febbraio 1600, Giovedì. Il giorno è finalmente arrivato. Giorno atteso e temuto da tanto tempo; giorno tante volte vissuto con l’immaginazione; forse, talora, anche inconsciamente desiderato. Come liberazione da un incubo che dura ormai da otto anni.

Oggi un uomo dovrà morire. Condannato da altri uomini, in nome di leggi che ESSI hanno univocamente promulgato e che considerano crimine gravissimo quello che dovrebbe essere un Diritto di ogni Uomo: poter credere a ciò che pensa e non dover pensare per forza ciò che ESSI vogliono che egli creda. Per questo delitto un Uomo oggi verrà ucciso; e in un modo atroce: bruciato vivo.

Ma questa tavola non vuole parlare di quest’Uomo in quanto tale, né dell’istituzione che lo ha condannato, la Santa Inquisizione, in quanto tale.

L’Uomo che sta per morire per mano dei suoi simili è uno dei milioni di uomini uccisi dai loro simili lungo il dolente percorso dell’Umanità in nome della brama di potere, dell’egoismo, dell’avidità, da cui nasce la mala bestia dell’Intolleranza, che a sua volta trova puntello e sostegno nei fanatismo, nell’indifferenza, nella stupidità umana.

Oggi vedremo ardere un rogo: ma sarà come vedere le forche, le ghigliottine, le garrote, le fucilazioni, le foibe, i forni crematori; sarà come parlare delle deportazioni, delle purghe, dei “Lager” e dei “Gulag”, dei genocidi, delle pulizie etniche.

E ci imbatteremo in altre intolleranze, meno sanguinarie, ma non meno perniciose.

Ma soprattutto si parlerà di un tragitto. Un breve tragitto, poco più di mezzo miglio, che separa il luogo dove il condannato ha trascorso gli ultimi giorni, Tor di Nona, da quello dove hanno deciso di farlo morire, Campo de’ Fiori. E noi proveremo a seguirlo, passo dopo passo, in questo suo ultimo percorso, sorta di viaggio iniziatico verso l’Eternità. O verso il Nulla. Che, forse, è la stessa cosa. Lo seguiremo, così come si segue nel tempio, con affetto e commozione, il viaggio iniziatico di un futuro Fratello.

Ti chiameremo Filippo, chè questo è il nome che Ti diede Tua madre quando venisti al mondo. Un nome meno noto di quello che assumesti più tardi e con il quale sei passato alla Storia. Ci sarà così più facile identificare in Te ogni Fratello che soffre vicino a noi e invoca, forse in silenzio, quell’aiuto che non sempre siamo così pronti ad offrire.

Tor di Nona : il Carcere del Governatore Civile di Roma, il Carcere del braccio secolare della Chiesa. Una gran torre quadrata sul Tevere, di fronte a Castel Sant’Angeio. Nel Medio Evo serviva da magazzino per i cereali che arrivavano via fiume: Turris Annonae, la Torre dell’Annona, delle provviste: Tor di Nona. Nel ‘400 era divenuto il sinistro e temuto carcere per i criminali comuni. Oggi solo il tratto di Lungotevere tra i ponti Sant’Angelo e Umberto I ne ricorda, con il nome, l’ubicazione.

La piazza di Campo de’ Fiori, è invece rimasta, salvo qualche particolare, identica a come doveva essere ai Tuoi tempi: vociante e pittoresco luogo di ritrovo e di commerci, punto dl passaggio per i pellegrini che si recavano in San Pietro, con le viuzze adiacenti che alternavano alle botteghe artigiane (delle quali è rimasta traccia nei toponimi, Via de’Giubbonari, dei Baullari, dei Balestrari…), locande e osterie anche antichissime, alcune delle quali, sopravvissute alle vicende storiche consentono ancora oggi a chi le sappia scovare, di gustare la genuina cucina romana.

Ai Tuoi tempi, Campo de’ Fiori, adorna in un angolo dell’alto palo della tortura (venne rimosso solo ai primi dell’800), divideva con Piazza Navona e Piazza Giudia il sinistro privilegio di ospitare le esecuzioni capitali degli eretici. A edificazione e monito. Qui, sul rogo, avrà termine la Tua giornata terrena. Ed il Tuo viaggio iniziatico verso l’Oriente Eterno.

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E’ l’anno di grazia 1600. Anno di Giubileo eccezionale. Passaggio ad un nuovo secolo e fine di un’epoca. Quel Rinascimento, dei cui ideali Ti sei nutrito, ed al cui sogno di rinnovamento dell’umana convivenza hai dedicato Te stesso: quell’Umanesimo che era stato tentativo di riscatto dell’uomo, di rispetto per ogni credenza, di libertà di critica, di tolleranza.

Lorenzo Valla aveva insegnato a leggere i testi sacri con occhi sgombri da preoccupazioni dogmatiche; Marsilio Ficino sulla traccia del divino Platone aveva mostrato le occulte conispondenze di tutte le fedi nel LOGOS che tutto giustifica e tutto fonda; con lui, Giovanni Pico, il giovane signore di Mirandola, morto ahimè troppo presto!, aveva elaborato quegli studi ermetici che Tu poi avresti ripreso, portandoli ad inusitate altezze. E come non ricordare Erasrno da Rotterdam, Thomas Moore, Copemico e i Tuoi coetanei, Girolamo Cardano, Michel de Montaigne, Giambattista della Porta, Bernardino Telesio, Francesco Bacone.

Ma la Riforma di Lutero e di Calvino, che tante speranze aveva acceso, si era ben presto chiusa in un’aspra intolleranza uguale e contrapposta a quella della Controriforma cattolica.

Cinquant’anni fa, quando Tu nascevi, Paolo III Farnese, il cui Palazzo è attiguo a Campo dei Fiori, aveva dato il via al Concilio di Trento, legittimato la Compagnia di Gesù e conferito poteri illimitati alla nuova Santa Inquisizione.

Eri poco più che ventenne, quando, in quella Parigi dove qualche anno dopo Ti saresti rifugiato, fuggendo dall’Italia, si era consumata, in una notte d’agosto, l’orrenda strage che avrebbe reso tristemente e incolpevolmente famoso il nome di San Bartolomeo.

E’ l’alba di un brumoso giorno di febbraio. Ieri sera, dopo il tramonto, sono arrivati salmodianti i Confortatori della Confraternita di San Giovanni Decollato. Tutta la notte hai dovuto sentire le loro orazioni e, peggio, hai dovuto rifiutare i reiterati inviti al pentimento che Ti hanno rivolto a turno ben sette sacerdoti, chiamati apposta per la salvezza della Tua anima immortale! (Però avresti potuto accontentarli, come han fatto tanti altri prima di Te: almeno, prima di bruciarti Ti avrebbero, pietosamente, strangolato ….).

Dall’inferriata della cella, nella prima, incerta luce del giorno, se guardi oltre il fiume, riesci a scorgere, quasi a toccare le due grandi colonne della Cristianità: la Cupola di San Pietro e Castel Santangelo. Con la loro storia, diversa e parallela, rappresentano la Forza e la Stabilità del potere temporale, nei secoli passati e in quelli a venire. Là, in mezzo a quelle due Colonne, c’è il Carcere del Sant’Uffizio dove hai vissuto fino a otto giorni fa. Sette anni hai trascorso in quel carcere e, prima, dieci mesi in quello di Venezia, subendo infiniti, interminabili, estenuanti interrogatori, conoscendo la tortura, incontrando tanti altri infelici, alcuni dei quali già Ti hanno preceduto, nello stesso viaggio che Ti appresti a compiere. Forse riuscirà a cavarsela quel giovanottone calabrese di Stilo che hai incontrato anni fa, come si chiamava? Tommaso Campanella. Ma lo aspetta in ogni caso una pesante condanna.

GB carcere

In quel carcere è awenuta la Tua lunga, sofferta riflessione. VITRIOL! Hai scandagliato Te stesso; ad uno ad uno hai abbandonato i Tuoi metalli: l’orgoglio, l’insofferenza verso chi non condivideva le Tue idee, la protervia, la iattanza. Hai lasciato la paura della morte, che, ancora due mesi fa Ti aveva reso disposto ad abiurare le otto proposizioni eretiche compilate dal sottile, impenetrabile, ascetico Cardinal Bellarmino.
Ma anni prima avevi scritto: “LA LUCE DELLA FORZA FARÀ’ SI’ CHE TU NON ARDISCA, QUANDO E’ IL CASO DI TEMERE. STOLTI E FORSENNATI NON TEMONO, MENTRE QUANTO PIU’ UNO E’ SAGGIO E PRUDENTE, PIU’ DEVE PAVENTARE…. SE PERO’ FOSSERO IN PERICOLO L’ONORE, LA DIGNITA’ DI SE’, LA CURA DELLE LEGGI DIVINE E NATURALI, IVI NON TI SMUOVERAI, PER TERRORI DI MINACCIA DI MORTE!

E in conseguenza, hai compiuto l’atto più difficile e coraggioso (firmavi la Tua condanna a morte, in fin dei conti !) dando la risposta definitiva, irrevocabile. E il verbale del Tuo rifiuto è lì, nella sua semplicità, che il latino curiale del notaio nobilita, senza offuscame il vigore, ad affidare alla Storia la Tua coerenza: DIXIT QUOD NON DEBET NEC VULT RESIPISCERE, ET NON HABET MATERIAM RESIPISCENDI, ET NESCIT QUO DEBET RESIPISCI. (dice che non deve né vuole ravvedersi, che non ha nulla di cui ravvedersi e non sa in cosa dovrebbe ravvedersi).

Il Tuo testamento spirituale lo hai già affidato da anni al giudizio dei posteri e sfuggirà, in buona parte alla condanna al rogo cui anch’esso è stato sottoposto. Esso ha nome, anzi tanti nomi:

  • DE UMBRIS IDEARUM,
  • CANTUS CIRCAEUS,
  • DE LA CAUSA PRINCIPIO ET UNO,
  • DE L’INFINITO UNIVERSO ET MONDI,
  • LO SPACCIO DELLA BESTIA TRIONFANTE,
  • DE GLI EROICI FURORI,
  • LA CENA DELLE CENERI,

… solo per citare alcune fra le Tue opere (anch’esse condannate al rogo dall’Inquisizione – ndr).

GB SENTENZA

Otto giorni fa Ti hanno portato qui vicino, nel Palazzo del Cardinale Madruzzi dove Ti hanno letto la sentenza. Hai varcato il Tevere, quindi, (una sorta di prova dell’acqua!) e per l’ultima volta.

Qui, su questa sponda sinistra finiranno i Tuoi giorni. In ginocchio, davanti all’intero Tribunale del Santo Uffizio, (nove cardinali) hai ascoltato le parole fatidiche:

… “DICEMO
ILLUSTRISSIMI ET REVERENDISSIMI CARDINALI MADRUZZI, SANTORI DI SANTA SEVERINA, PINELLI,

….PRONUNTIAMO….
CARDINALI DEZA, BERNERIO, SASSI,

SENTENTIAMO ET DICHIARIAMO
CARDINALI BORGHESE, ARRIGONI, BELLARMINO,

TE HERETICO IMPENITENTE PERTINACE ET OSTINATO..,ET COME TALE TI
DEGRADIAMO DA TUTTI GLI ORDINI ECCLESIASTICI…ET TI SCACCIAMO DALLA
NOSTRA SANTA E IMMACULATA CHIESA DELLA CUI MISERICORDIA TI SEI RESO
INDEGNO; E TI RILASCIAMO ALLA CORTE Dl MONSIGNOR GOVERNATORE DI
ROMA, QUI PRESENTE, PER PUNIRTI DELLE DEBITE PENE, PREGANDOLO PERO’
CHE VOGLIA MITIGARE IL RIGORE DELLE LEGGI CIRCA LA PENA DELLA TUA
PERSONA CHE SIA SENZA PERICOLO DI MORTE O MUTILAZIONE Dl MEMBRO.” (verrai solo arso vivo ).

Sei rimasto indifferente all’ipocrisia del finale. Hai solo scandito con fierezza, guardando in faccia i Tuoi accusatori, le parole che un testimone oculare , non certo sospetto di simpatia nei Tuoi confronti, un ex luterano convertito Kaspar Schoppe ha tramandato ai posteri: “MAlORI FORSAN CUM TIMORE SENTENTIAM IN ME FERTIS QUAM EGO ACCIPIAMI” (“probabilmente avete più timore voi nel condannarmi di quanto ne abbia io nel sentire la sentenza!”).

In quel momento sei diventato semplicemente un condannato a morte. Sei stato trasferito qui, a Tor di Nona e l’istituzione che Ti ha condannato non ha più alcun motivo di interessarsi alla Tua sorte.

L’ora è giunta: si deve andare. Non Ti hanno bendato. Puoi vedere. E puoi ascoltare: ordini degli sbirri, preci e litanie dei confortatori, e, in istrada, gli insulti e il berciare della plebaglia, che già pregusta Io spettacolo. Non puoi più parlare, invece. Ti hanno applicato sulla bocca una sorta di museruola di cuoio con due legnetti che serrano la lingua. “Mordacchia”, si chiama e serve a impedirti di bestemmiare, e offendere cosi la purezza d’animo degli astanti. Perché, Io sai, il supplizio deve edificare: il regolamento del Collegio dei Gesuiti della vicina Piazza del Gesù proibisce agli allievi di assistere a spettacoli, feste, esecuzioni capitali: ma fa eccezione per quelle degli eretici. Perché educative…

Il corteo si avvia. E, improvvisamente, le voci, le litanie, la gazzarra si fanno, quasi per miracolo, più fioche alle orecchie del filosofo di Noia, che non le sente più.

E’ aria, solo aria, flatus vocis, Filippo. Hai superato anche la prova dell’aria, ed ora ascolta altre voci che parlano dentro di Te: è l’anima del mondo, quella che hai descritto nelle Tue opere, è la voce che proviene dalle pietre degli edifici di cui il Tuo percorso è disseminato …. Monumenti li chiamano, dal latino “monere”, perché dovrebbero ammonire, insegnare….

Imboccata la Via Papalis si costeggia il lato destro di Piazza Navona… A sinistra, ormai dietro di noi la piccola chiesa di Santa Maria dell’Anima, eretta per i pellegrini tedeschi e olandesi e Santa Maria della Pace, con l’affresco delle Sibille, di Raffaello (Ricordi il cartiglio nelle mani della Sibilla Persica, “Egli avrà il destino della Morte”, versetto del Tuo caro, saggio Ermete Trismegisto).

A destra ecco Santa Maria in Vallicella, la Chiesa Nuova; voluta da San Filippo Neri e consacrata solo l’anno scorso. Al di là della Piazza, indovini, più che vederla, la sagoma di un altro tempio: S.Maria ad Martyres l’han chiamata i Cristiani. Ma non l’hanno costruita loro. E i suoi antichi fabbricatori l’avevano chiamata Pantheon, perché dedicata a tutti gli Dei, con la maestosa cupola più ampia di quasi due braccia di quella di San Pietro, sotto la cui volta ciascuno avrebbe dovuto poter pregare in pace il suo Dio…

E al condannato vengono alla mente le parole dell’apologista cristiano Tertulliano, che del Pantheon era contemporaneo: “… è diritto umano e di natura che a ciascuno sia consentito di venerare ciò in cui crede. La religione non può essere nociva all’altro…” e Lattanzio aveva aggiunto: “si difende la religione morendo per essa, non uccidendo in suo nome!”. Difenderla con il sangue, i tormenti, il dolore, questo non sarà difenderla, ma sporcarla, oltraggiarla…”.

Ma a Piazza Navona c’è anche il convento domenicano di S.Maria sopra Minerva, dove, a 24 anni, lasciato quello di Napoli, perché già allora sospetto di eresia, Ti eri rifugiato qualche mese prima di lasciare l’Italia.

minerva

In quei giorni, 1576, li vicino, stavano lavorando alla costruzione di un’altra chiesa, San Luigi dei Francesi, voluta da Enrico di Navarra, che sarebbe poi divenuto re Enrico IV abiurando per due volte la fede ugonotta e solennemente e lietamente assolto da quel Clemente VIII che invece, per il Te, Nolano, e per molto meno, si era limitato a ratificare la sentenza di condanna , “servatis servandis…”.

E in quel febbraio del ‘600, sì, proprio mentre Tu vai a morire sul rogo, in quella chiesa, un artista lombardo trentenne, Michelangelo Merisi da Caravaggio sta glorificando con la sua arte la conversione del monarca di Francia, nella stupenda “Vocazione di Matteo”.

Piace a chi ha tracciato questa Tavola supporre che quel giovedì mattina, il Caravaggio, messi da parte i pennelli, abbia fatto i pochi passi che separano San Luigi de’ Francesi da Campo de’ Fiori, per andare ad assistere alla morte di un innocente e che sul suo viso si sia disegnata la stessa espressione di dolente pietà con la quale si è ritratto fra gli spettatori del “Martirio di San Matteo” l’altro suo capolavoro in quella chiesa. Conforta pensare che è probabile che ciò sia avvenuto.

Caravaggio_-_Martirio_di_San_Matteo

Il corteo è ora all’altezza dell’imponente palazzo della Cancelleria e fra poco piegherà a destra. Dritto avanti a sé il condannato intravede, la Chiesa del Gesù, voluta da Ignazio di Loyola. E pensa amaramente che il Pescatore di Galilea non avrebbe mai immaginato che per aumentare la Gloria del Suo Nome, cui il tempio è dedicato, i seguaci della Sua parola si sarebbero macchiati di queste atrocità….

Ma lì vicino c’è un altro monumento: un torso mutilo di età ellenistica, venuto alla luce cent’anni addietro, durante gli scavi delle fondamenta del palazzo del Cardinale Oliviero Carafa, il quale lo aveva posto su un piedistallo ad abbellire la facciata della sua nuova magione. “Menelao che soccorre Patroclo”, avevano sentenziato Michelangelo e il Vasari; ma il popolo, infischiandosene, lo chiama Pasquino.

Di tanto in tanto vi compaiono, affissi furtivamente, epigrammi feroci, come quello indirizzato a Papa Paolo IV Carafa, nipote dì Oliviero e già zelante Capo dell’Inquisizione ai tempi di Papa Farnese:Figli, meno giudizio e più Fede, comanna er Santo Uffizio / e ragionare poco,  / che contro la raggione ce sta or foco! / E la lingua ar suo posto / che a Paolo IV piace assai l’arosto!”.

O quell’altro, per Papa Pio V Ghislieri, San Pio V, che fra il ‘67 e il ‘76 ne aveva fatti bruciare, parecchi, fra cui gli umanisti Carnesecchi e Paleario: “Quasi che fosse Inverno / brucia Cristiani Pio come la legna / P’abbituasse ar foco de l’inferno!”

Ma il tempo incalza: dopo la svolta, ecco Campo de’ Fiori gremita, le fascine già pronte, la folla bramosa …. Sei all’ultima prova, quella del fuoco, Filippo: o Felipe : così Ti chiamava Tuo Padre, soldato del Re di Spagna, le rare volte che tornava a casa e Ti prendeva per mano, bambino, e Ti portava a passeggio con Tua Madre, nei boschi dì Monte Cicala, vicino a Nola …. Una lacrima solca la guancia del condannato, al ricordo, mentre la voce delle pietre di cui son fatti tutti i templi alla virtù , gli continua a parlare dentro e gli parla degli ideali a cui si sono ispirati gli artefici che li hanno costruiti, ma anche di sofferenze e dolore, di eroismi e abiezioni, di sopraffazioni, di crudeltà … e soprattutto della incommensurabile stupidità umana.

Tu, però, fra poco sarai libero, Nolano; anche se in questo momento, spogliato delle tue povere Vesti, vieni legato al palo, alto sulla catasta di legna, che tutti possano vedere il supplizio. Le fiamme iniziano a crepitare, la mano di un sacerdote avvicina al Tuo volto un Crocifisso e prima di voltar la faccia, sdegnoso, dall’altra parte, Ti viene forse da pensare” Anche Lui era nudo, anche Lui legato ad un legno…” . “E’ meglio che un Uomo solo muoia per il popolo ! “aveva detto Caifa nel Sinedrio, secondo l’Evangelo, e questo era bastato per condannare nei secoli , Caifa e il Sinedrio all’infamia, e quel popolo incolpevole al disprezzo, alla segregazione, alle persecuzioni.

I Tuoi carnefici, invece, saranno ricompensati, lo sai; vino greco e confetti sono previsti ad ogni esecuzione, un compenso in denaro al boia e ai suoi assistenti, nonché a coloro che spazzeranno dalla piazza le Tue ceneri, I costi sono pignolescamente registrati nei verbali della Confraternita e sono giunti fino a noi.

E quale sarà la ricompensa per i Tuoi Inquisitori, primo fra tutti il Cardinale di Santa Romana Chiesa Roberto Bellarmino?

Ma già le fiamme avvolgono il condannato, le trasparenze dell’aria vibrano, la folla ammutolisce … il fumo Ti entra in gola, irrita gli occhi, ma anche, pietoso, Ti stordisce. Sussulti delle povere carni martoriate, ancora un ultimo spasimo, sei libero, Nolano, Libero! Hai superato la prova del Fuoco!

Rogo

Ma ora, immaginiamo una dissolvenza cinematografica: le fiamme che hanno ormai carbonizzato i resti mortali del filosofo, si affievoliscono e si diradano, restituendoci la visione della piazza. La gente non è più la stessa: la folla, pittoresca e colorata c’è sempre, anche se le fogge degli abiti sono diverse. Al centro si erge un monumento a un frate incappucciato e, sotto, uomini in cilindro e redingote ascoltano il discorso ufficiale dell’Oratore.

Sono passati quasi tre secoli, è una calda mattina di giugno del 1889 e si inaugura il Monumento a quello che ormai è il “Martire del libero Pensiero”. La maggior parte di quegli uomini sono nostri Fratelli. Massone è lo scultore, Ettore Ferrari, destinato, di lì a tre lustri, a diventare Gran Maestro. Massone (anche se per il momento in sonno) è l’Oratore, il filosofo e deputato di Trani, Giovanni Bovio, Sua è la dedica in bronzo sul basamento: “A Bruno, il secolo da Lui divinato, qui, dove il rogo arse”.

Pochi giorni prima, a Parigi, è stato inaugurato un altro monumento, la Tour Eiffel, forse a più buon diritto emblematico di quel secolo che decenni più tardi Leo Longanesi definirà decimonano.

E in quella torrida mattinata di giugno, senza saperlo, e, indubbiamente in buona fede, quei Fratelli, con quella cerimonia e tutto il battage che l’ha preceduta, condannano ad una seconda morte il Filosofo di Nola, e con quel bronzeo frate incappucciato elevano un altro monumento all’Intolleranza.

Iinaugurazione monumento GB

Nella città che solo da pochi anni è la nuova Capitale del giovane Regno d’Italia, l’atmosfera è tesa. Dalla sera prima dell’inaugurazione del monumento, e per tutta la notte, gli ambasciatori stranieri accreditati presso la Santa Sede si sono alternati in visita al Pontefice, in una sorta di veglia d’armi, a tutela dell’incolumità fisica del Santo Padre.

Questo poco importa all’Oratore e ai suoi entusiasti ascoltatori. Poco importa che le Loro Maestà abbiano ricusato cortesemente, ma fermamente l’invito a partecipare, così come ha fatto il Governo. E anche il GOI ha mostrato un evidente imbarazzo e una palese riluttanza. Ma i fratelli applaudono freneticamente, quando l’Oratore arriva a paragonare l’importanza dell’avvenimento con l’Editto di Costantino del 313 d.C. che sanciva la nascita dell’Era Cristiana, quasi a dire che una Nuova Era Radiosa, in un’Italia Laica, Risorgimentale e, perché no? Massonica, aveva finalmente avuto inizio!

Le speranze e le aspettative che agitavano gli entusiasti petti in redingote e le accalorate teste in cilindro, in quel mattino di giugno, dovevano, andare deluse; la Libera Muratoria, è e deve (o dovrebbe) restare un ideale di vita, un modello etico per tutti gli Uomini liberi e di buoni costumi, entrati fra le Colonne per trovarvi una via per progredire nella conoscenza e nel perfezionamento di sé, amore per la tolleranza, pratica della fratellanza e della filantropia. Ma intanto il Nolano, arbitrariamente cooptato a vessillifero di un anticiericalismo intollerante, almeno quanto un certo clericalismo, diveniva senza colpa, per gli uni il Martire di un ideale di “Libero Pensiero”, da sfoderare a proposito e a sproposito in ogni occasione; per gli altri una sorta di genio malefico da esorcizzare, relegandolo nell’oblio, così come avevano tentato di fare, con una detenzione ed un processo interminabili (otto anni!) e con la condanna ai rogo delle sue opere, i suoi accusatori, con il chiaro intento di additare alla pubblica opinione l’eretico degno di morire bruciato, facendo dimenticare quello che l’uomo era stato e aveva rappresentato: il geniale Pensatore, capace di racchiudere in una “summa “, irripetibile, pur con tutti gli errori, la grandezza del pensiero del Rinascimento, la sua Tradizione filosofica ed ermetica, scientifica e magica a un tempo. Il Pensatore che con la sua energia speculativa era stato in grado di mettere a fuoco alcuni nodi fondamentali del pensiero moderno: il nesso fra finito e infinito, tra libertà e necessità, tra vicenda ciclica e costruzione umana, in una parola fra luci e ombre, colui che, secondo F.Yates, grande studiosa del Filosofo e del Rinascimento italiano, è riuscito, un secolo e mezzo prima del Fratello Mozart, a far risuonare nell’aria d’Inghilterra i temi del Flauto magico!.

Giovanni Bovio, il Filosofo di Trani, si spense nel 1903, Gli fu quindi in buona parte risparmiata la visione del dissolvimento degli ideali di quel secolo che il Nolano, secondo lui avrebbe “divinato’: Le pistolettate di Serajevo, e la guerra che ne seguì, ne segnarono il definitivo epilogo.

Ettore FerrariDiversa la sorte dello scultore Ettore Ferrari, divenuto Gran Maestro dal 1904 al 1918. Fu, tutto sommato, un ottimo G:. M:., anche se, purtroppo, cadde anch’egli in alcuni degli errori già commessi dall’Ordine, in Italia negli ultimi decenni del secolo precedente, come quello di volere ufficializzare la posizione interventista del GOI, nel ‘15.  Fece in tempo a vedere le Logge (e la sua stessa abitazione) devastate dalla teppaglia squadrista; dimostrò coraggio e dignità quando, Presidente in una Riunione del Rito, avendo i teppisti fatto nuovamente irruzione, disse con calma “Fratelli, la seduta continua”; seguì al confino, condividendone la sorte, le privazioni e le umiliazioni, il suo successore, Domizio Torrigiani. Passò all’Oriente Eterno nel 1929.

Quello fu anche l’anno in cui il Cardinale Bellarmino Roberto da Montepulciano riceveva, a tre secoli dalla sua morte, il meritato riconoscimento alla sua opera di Grande Inquisitore. Chi fra i Fratelli volesse consultare l’Enciclopedia Treccani, per saperne di più, prenda dallo scaffale il volume della “S”. Infatti quello della “B”, sotto la voce Bellarmino rimanda a “San Roberto Bellarmino”. Beatificato nel 1923, santificato e nominato Dottore della Chiesa nel ‘29, Regnante, in entrambi i casi, Papa Pio Xl.

Un’ultima nota di cronaca a conclusione di questo tragitto iniziatico da Tor di Nona a Campo de’ Fiori: nel 1944, in Roma, poche settimane prima dell’ingresso delle truppe Alleate, passava all’Oriente Etemo un altro nostro fratello, fucilato dai tedeschi a Forte Boccea e decorato di Medaglia d’Oro al V.M.

Non abbraccio il sacerdote, abbraccio mio fratello”. Pronunziate queste parole, e stretto al petto un giovane religioso che a stento riusciva a celare la commozione, l’Uomo si incamminò sereno verso la morte. Quell’Uomo si chiamava Giordano Bruno Ferrari. Questo era il nome che gli aveva dato suo padre, lo scultore e Gran Maestro Ettore Ferrari quando era venuto al mondo.

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Tavola gentilmente concessa dal fr:. Carlo Loiacono, scolpita nell’autunno del 1997 in occasione del Cinquantenario della sua R:. L:. Castrum Maiense, 216 all’Or.di Merano.

Successivamente pubblicata in “GIORDANO BRUNO, UOMO UNIVERSALE, MARTIRE DEL LIBERO PENSIERO. Atti del Convegno Internazionale, Roma 18 marzo 1999” a cura di Giovanni Bartolini, Hiram Saggi, Ed.Erasmo 2000”, con due prefazioni, una del G.M. in carica G.Raffi e una del “past” V.Gaito. Il volume contiene una quindicina di lavori, fra cui un “Intervento della Gran Loggia Unita di Germania”, relazioni delle Gran Logge d’Austria e del Venezuela, varie Tavole di Fratelli italiani”.

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Per approfondire leggi anche:

GIORDANO BRUNO: L’ULTIMA NOTTE

LA SCELTA DI GIORDANO BRUNO

GIORDANO BRUNO, IL MAGO

Resoconto – ISPIRO’ ANCHE SHAKESPEARE LO SPIRITO INQUIETO DI GIORDANO BRUNO

Relazione – GIORDANO BRUNO, FILOSOFO ERMETICO NELLA TRADIZIONE INIZIATICA OCCIDENTALE

Storia del monumento a Giordano Bruno

 

 


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