Capitolo VI: PAURA DELLA MASSONERIA
inserito il 20 06 2011, nella categoria Palazzo Giustiniani, Storia
Ma vi è di più. Una ricostruzione della storia massonica, con il riconoscimento dell’oro che in essa vi splende ed anche dell’inevitabile opacità di qualche strato di stagno che in essa ha potuto allignare, è sempre stata contrastata.
Ne è sufficiente la riprova che in nessun testo scolastico italiano, del passato o del presente, viene mai precisato, verità storica incontestabile, che i Mille partiti da Quarto con Garibaldi per Marsala, per fare l’Unità d’Italia, erano mille massoni, e che l’impresa fu finanziata dai Fratelli, anzi massimamente da quelli inglesi. Nessuno osa dirlo. E’ solo un esempio, sui tanti che si potrebbero citare.
La “Breccia di Porta Pia” non è mai stata perdonata.
A differenza delle altre massonerie mondiali, quella italiana geograficamente posta nel cuore del regime temporale che, con impeto determinante ha contribuito ad abbattere, si è trovata a dover subire più duramente la reazione clericale, sottile e costante.
A differenza delle altre massonerie ha subito inoltre la persecuzione di una dittatura. Non vi è totalitarismo, bianco, nero, rosso, giallo, verde (in quest’ultimo caso si può far richiamo al fanatismo islamico), che tolleri la Massoneria. Chi predica o proclama il dogma, qualunque esso sia, non può incontrarsi con chi si ispira al libero pensiero. Non è questione di fede o di religione: è questione di principio.
Orbene, la Massoneria italiana, in prima linea, si è dovuta scontrare con due nemici del libero pensiero, l’assolutismo clericale e il totalitarismo politico.
Vediamo il primo, che dura da più di due secoli, talvolta violento, talvolta attenuato, sempre pronto a riaffiorare quando sembra sopito, con attacchi subdoli ma decisi, portati dal “braccio secolare”. Gli attacchi sono indirizzati a tutta la Massoneria, ma chi ne subisce l’impatto diretto e sempre più gravoso è la Massoneria italiana.
Basta partire dalla scomuniche (1). La prima fu comminata da Clemente XII nel 1738 con l’enciclica “In eminenti apostulatus specula”. In difesa dei principi di fede minacciati come predica il testo papale? No: per arginare il diffondersi del protestantesimo dall’Inghilterra, dove forti e fiorenti erano le Logge e si temeva che queste potessero esserne il veicolo per il positivismo. Già in Italia nel 1733 era stata eretta una Officina a Firenze ed altre si stavano fondando nella Penisola. L’applicazione pratica dell’enciclica si in Italia, nel territori soggetti al Papa, con l’editto del Cardinal Cirrao (1739) che condanna “le conventicole dei liberi muratori sospette di occulta eresia, pericolose alla pubblica quiete (?) ed alla sicurezza dello Stato Ecclesiastico” e proibisce a qualunque persona “di aggregarsi alle suddette società sotto pena della morte e confiscazione dei beni da incorrersi irremissibilmente senza speranza di grazia”. Altre pene, nell’editto, sono serbate per gli amici dei massoni, ai complici, locatari di appartamenti, e vanno da 1.000 scudi d’oro di multa (centinaia di milioni odierni) alla demolizione della casa “senza ammettersi scuse di sorta alcuna”.
A quei tempi la Chiesa faceva sul serio, per cui essere indicato come un massone significava sentirsi gridare dietro “Dalli all’untore!”.
La Massoneria, pur in questo difficile clima, pervaso da un’ignoranza dominante, alla quale solo il pulpito faceva istruzione, si è comunque diffusa. Naturalmente tutelandosi con cauta riservatezza. Non ha propagandato il protestantesimo come Papa Clemente temeva, ma operato esotericamente per il miglioramento dei singoli come è suo specifico impegno.
Ed ecco che la scomunica viene ribadita nell’”Humanum genus” di Leone XIII nel 1884. Una scomunica o la si toglie o non è il caso di ribadirla. E’ sanzione che resta valida finchè non è abrogata. A parte questo, il rinnovo è motivato da regioni teologiche? Le vere ragione sono ancora una volta altre che non pare azzardato definire “paura della massoneria”.
La Breccia di Porta Pia è avvenimento di appena 14 anni prima, il potere temporale è caduto e primo sindaco di Roma, della nuova Italia, è un massone, per giunta il Gran Maestro Ernesto Nathan, perdippiù ebreo.
Per un Pontefice romano è troppo. Ed inoltre egli vede alle cariche dello Stato, delle pubbliche amministrazioni, candidarsi altri massoni, in prevalenza della sinistra. Se la prima scomunica intendeva arginare i protestanti, questa, che ha un fine politico, mira a dare una mano alle forze ed alle candidature clericali che si contrappongono ai socialisti.
Un anatema dai pulpiti guadagna sempre qualche seggio.
Del resto lo si è visto anche nel più vicino ’48, quando il neoclericalismo ha trionfato grazie anche a processioni mariane, immagini di madonne che lacrimavano, state di santi che si muovevano, frati “volanti” mobilitati a comiziare le piazze.
Poi, finalmente, la scomunica, sanzione anacronistica, è stata abrogata dall’attuale pontefice, più in linea con i tempi ma non meno ortodosso.
Con buona pace di molte mogli di Fratelli, essere massoni non significa più essere “eretici”, ma soltanto commettere un peccato. De peccati, si sa, si fa facile ammenda in confessione (3).
Più di due secoli di scomunica, in Italia, paese radicalmente cattolico, hanno comunque pesato. Si tratta di due secoli e mezzo di pressione psicologica, alimentata con tutti i mezzi più subdoli, con le menzogne più sfacciate e più sottili.
Non importa siano menzogne; ciò che conta è ingenerare il sospetto perché qualsiasi accusa rivolta alla Massoneria ed ai massoni, divenga credibile, possibile, vera.
E’ stata appena emanata l’enciclica di Leone XIII che l’anno dopo esce in Francia ed ottiene un subitaneo, straordinario, successo, con immediate traduzioni e diffusioni in altri paesi, un libro che si intitola “Misteri della Libera Muratoria”, a firma di un certo Leo Taxil (4).
E’ lo pseudonimo del giornalista francese Gabriel Fogand Pagès, scribacchino della peggior risma. Ex allievo dei Gesuiti aveva iniziato a creare una certa notorietà a Parigi scrivendo libri in cui faceva sfoggio del più pacchiano anticlericalismo: “Gli amori di Pio IX”, “Le amanti del Papa”… Querele e multe gli avevano mangiato i proventi, per cui, assumendo nuovo nome, ricordando di essere stato introdotto in massoneria (5), mutò bersaglio. Per vendicarsi di essere stato espulso se la prese con la Massoneria. Alla prima opera ne seguirono altre che gli portarono soldi e successo. La gente, incoraggiata dai pulpiti, beveva i suoi scritti dove si narravano le atrocità della “setta” segreta che aveva a suo Gran Maestro, occulto, presente però nei Concistori, lo stesso Lucifero. I riti erano satanici, intessuti di sacrifici umani, le agapi cannibalesche, poiché la portata d’obbligo era la tenera carne dei bambini. Le riunioni orgiastiche fatte nell’adorazione dei demoni. Inverosimili panzane e letture morbose che i preti incoraggiavano, nonostante gli argomenti scabrosi, specie per le signorine.
Questi libri ne generarono altri e le loro tesi trovavano sanzione ecclesiastica: ne parla benevolmente “L’Osservatore Romano”, il gesuita Leon Maurin pubblica, con più dotto linguaggio, il volume “La Massoneria sinagoga di Satana”, con il quale da un colpo anche agli ebrei.
Ma Taxil, ricco, forse inebriato dal successo che ormai dura da dodici anni, ha in serbo l’ultima buffonata. Invitato il 19 Aprile 1897 a parlare alla Società Geografica di Parigi, con noncuranza esordisce: “Non impermalitevi, miei reverendi padri, nell’apprendere…” che solo per sete di guadagno si era inventato tutto. Una ritrattazione ufficiale, ampia, completa, esauriente e circostanziata.
L’imbarazzo è enorme e per nasconderlo si preferisce il silenzio. Poche voci osano esprimere pubblica indignazione (6); la Chiesa facendo finta di niente dimenticò di rettificare lasciando che le falsità continuassero a divulgarsi; i libri continuarono a circolare.
E’ in quel periodo che fra i massoni si coniò l’espressione “caccia alla streghe”. Il taxilismo che tanto danno ha arrecato all’Istituzione non è morto, e così come ieri si poteva, senza prove, ma certi di essere creduti, tacciare un massone di qualsiasi infamia, oggi lo si può accusare di tentare golpe, di sfasciare banche (incredibile: con la complicità del Vaticano), di collusione con la mafia, ecc.
Brevemente per dimostrare come la menzogna e l’insinuazione (il taxilismo insomma) siano l’arma sfoderata contro la Massoneria, diremo che il Gran Maestro Adriano Lemmi fu negli ultimi suoi anni amareggiato da una campagna calunniosa. Uomo di grande prestigio, credito e levatura morale, fu accusato di aver compiuto, 22enne, un furto a Marsiglia e si essere stato condannato da quel tribunale (7). I giornali diffusero l’accusa riportando addirittura l’estratto della sentenza dove si condannava per furto un Adriano Lemmi nato a Firenze. L’eco dell’accusa, da parte clericale, si propagò perfino in Parlamento. Il condannato era sì Adriano Lemmi, nato a Firenze; il Gran Maestro era nato lo stesso anno, ma a Livorno. Non si voleva credere all’omonimia “Il condannato era toscano, ed era facile che a Marsiglia si fosse scambiata Firenze per Livorno”, si replicava.
Anche se neppure gli altri dati anagrafici corrispondevano il Gran Maestro dovette faticare a spiegare che quel Lemmi non era lui, e mostrare testimonianze e documenti per dimostrare che a 22 anni non si trovava affatto a Marsiglia, ma a Costantinopoli. Era chiaro: ma intanto il dubbio era stato insinuato. Guai se il Gran Maestro fosse stato milanese e si fosse chiamato Brambilla o Colombo, o fosse stato di Chioggia e si fosse chiamato Boscolo come quasi tutti quei lagunari.
Il sistema comunque funziona e non è stato abbandonato: la rivista bolognese “Il Regno”, nel Novembre del ’59 pubblica un articolo (8) nel quale si afferma che De Gasperi è frenato nella sua azione di ricostruzione dell’Italia da mene massoniche tese a bloccare la democrazia.
E’ recente, in occasione della tragica morte del banchiere Calvi a Londra, il coro di stampa che sosteneva trattarsi di un’esecuzione secondo un misterioso rituale massonico. Il corpo era stato ritrovato sotto il ponte dei “Black Friars”, tradotto bambinescamente dei “Frati Neri”. Evidente l’allusione ai Massoni rivestiti di tuniche e cappucci neri. Questo è bastato, dimenticando la maggior parte dei giornali che in Inghilterra “black friars” significa “Domenicani”. Basta così per descrivere a quali subdole insidie i massoni italiani siano, da oltre due secoli, da una parte soggetti.
Dall’altra sono stati aggrediti spietatamente dal totalitarismo. Aggressione fisica, devastazione dei Templi, assassinii di dignitari massoni a Firenze, condanne e deportazioni. E infine leggi speciali contro l’Istituzione ed i suoi aderenti. Nei giorni che precedono questi tristi avvenimenti i massoni non hanno amici. I clericali no di certo; Antonio Gramsci nell’unico discorso parlamentare da lui pronunciato così afferma (9): “La Massoneria è la piccola merce che serve a far passare la merce reazionaria antiproletaria”; i fascisti preparano le loro squadracce.
In siffatto ambiente l’unica possibile difesa per i massoni italiani è la riservatezza. Non il segreto sul quale appuntano gli strali gli avversari, perché il segreto massonico è un fatto intimo, incomunicabile, che investe la sfera spirituale del singolo individuo.
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Nell’illustrazione: la Breccia di Porta Pia, mai perdonata alla Massoneria
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