QUANDO LA CHIESA “SVELA” LA MASSONERIA

inserito il 04 03 2013, nella categoria Oltre le colonne

Si è svolta nei giorni scorsi presso il teatro della parrocchia di Santo Spirito, in Ferrara, una partecipatissima conferenza (il teatro era pieno in ogni ordine di posto) di padre Paolo Siano sul “volto celato della Massoneria”.

Naturalmente si è trattato di uno “svelamento” in chiave strettamente cattolica, dall’andamento a dir la verità un po’ schizofrenico: da un lato il riconoscimento della bontà di certi principi umanitari e dell’azione filantropica della massoneria, dall’altra la riproposizione di antiche ed assurde accuse come quella di essere una setta satanica, dedita a rituali di morte, spingendosi fino a diffondere il sospetto che nelle logge massoniche si compiano sacrifici umani. Un’accusa fra il detto e non detto. “Si dice”, “forse”, “non vorrei mai che fosse vero”, ecc. ecc.

Padre Siano è giunto perfino a riabilitare il grande bugiardo del secolo scorso, il giornalista Leo Taxil che divenne beniamino della Chiesa per le sue accuse dall’interno delle logge (era un massone radiato dall’Ordine) di pratiche sataniche e orgiastiche, accuse tramutate in pamphlet che lo resero ricco, ma che lui stesso dopo qualche anno, in un rigurgito di coscienza, ammise di essersi totalmente inventato per motivi puramente venali, mettendo fortemente in imbarazzo i suoi fans e protettori cattolici…  Padre Siano ha insinuato il sospetto che quella ritrattazione fosse forzata o dovuta a non si sa quale minaccia (sono gli stessi massoni a giurare nei loro rituali di  tagliare la gola, cavare  gli occhi e gettare i corpi in mare di chiunque tradisce la consegna del segreto all’interno delle logge… almeno è quello che padre Siano ha lasciato intendere all’allibito pubblico parrocchiale di Santo Spirito).

Inevitabile quindi che al termine della serata fosse  ribadita la condanna cattolica dei massoni “sono in grave peccato mortale”, facendo capire che questa condizione rappresenta già un benevolo sconto di pena da parte della Chiesa che fino a poco tempo fa riteneva tutti i massoni inesorabilmente “scomunicati”.  Ora non più, ma l’appartenenza ad una loggia massonica basta ed avanza per inibire l’accesso ai sacramenti e garantirsi un posto sicuro all’inferno.

Quindi per Padre Siano – in barba a tutti i tentativi di dialogo tuttora in corso fra Massoneria e Chiesa – non ci può essere fra parrocchie e logge la benché minima compatibilità.

Le parole del padre francescano dell’Immacolata hanno colpito profondamente la platea, a dir il vero composta da una predominante di cattolici fin troppo integralisti, desiderosi che la Chiesa riprenda ancor più il proprio primato sulla società (“libera Chiesa in libero Stato” per loro è un motto troppo azzardato, da superare; meglio il dogma della democrazia; meglio l’autorità morale del papato che l’attuale casta politica corrotta… era questa l’aria che si respirava in quel teatro).

In un simile clima, inutile rispondere per le rime (ed i massoni presenti a quella serata si sono guardati bene dal farlo, rivelandosi alla fine solo al relatore, da cui hanno ricevuto un sorridente invito a pregare incessantemente la Madonna perché li redima).

Ma, anche per chi accetta i dogmi cattolici, ma almeno respinge quello dell’ignoranza, forse una replica più articolata e profonda, senza alcun intento di proselitismo o di contrattacco anticlericale, è necessaria e dovuta.

L’abbiamo affidata a Fratello Oratore della nostra rispettabile loggia Giordano Bruno, n. 852 all’Oriente di Ferrara, la loggia più numerosa di questa città.

Così scrive il fratello F:. C:.

Evidenziare gli elementi peculiari di un’ortodossia, nel suo aspetto più lato del termine, propri di una cultura o di una società, qualunque essa sia, da quella confessionale a quella laica, è un’operazione pericolosa e spesso dissimulante un ulteriore intento.

In sé presi, gli elementi di un’ortodossia, rappresentano, per chi non agisce in forza di spirito antropologico o di curiosità culturale pura, l’occasione per dare ascolto ad un arcano dell’umanità, quello dell’identità culturale, bastione di sopravvivenza di ogni “gruppo umano organizzato”

In buona sostanza la stigmatizzazione di un’ortodossia è il primo elemento su cui fondare il pensiero del “diverso”.

E in effetti a volere seguire questo naturale e arcano modo di procedere del nostro pensiero, è semplice liquidare come “diverso” colui il quale “prega”, “si lava tre volte al giorno”, “si mette un grembiule”, “ringrazia Dio prima di mangiare”, e così via, esclusivamente perché non appartiene al bagaglio culturale di chi osserva.

E’ la prova inconfutabile, così si mostra agli occhi di chi la vede per la prima volta, di una diversità, di una distanza incolmabile.

Inutile dilungarsi a ripercorrere storicamente le innumerevoli volte nelle quali l’umanità ha utilizzato tale procedimento dialettico con effetti simili a quelli tracciati; si sprecano i libelli, le campagne culturali, i movimenti d’identità e conservazione.

Vi ricordo che uno dei falsi storici più eclatanti è rappresentato dal “concetto di razza” fondato su un miscuglio di cultura, geografia, fisiognomica e chi più ne ha più ne metta.

Ciò che li ha accomunati tutti, secondo un piano logico programmatico che si ripete, sempre identico a se stesso, è un dato fattuale incontrovertibile: il movente è costituito da un sentimento di minaccia ad un’integrità culturale, accompagnato da una volontà tenace di conservazione di uno status quo: il fine è rimuovere la minaccia.

Per una cultura fortemente conservatrice, la percezione del pericolo per la propria integrità e la conseguente reazione è esponenziale alla sua presenza nel tessuto sociale e alla complessità della propria struttura.

A tale dato di fatto si aggiunga che la garanzia d’identità viene usualmente “delegata” dal gruppo culturale di appartenenza ad un’autorità che ha il compito di conservare lo spirito fondante di quel gruppo; un’autorità che viene riconosciuta dalla collettività come quella deputata a conservare i valori di appartenenza originari.

La congregazione per la fede e la dottrina ha il compito precipuo di vigilare sul corretto sviluppo della società dei fedeli.

Qui però si impone una prima riflessione: in astratto non v’è bisogno di conservare un valore fondante una religione rivelata se non attraverso la “custodia materiale degli atti che testimoniano la rivelazione” ovvero teoricamente, ma anche in pratica, sarebbe sufficiente vigilare acchè tali documenti siano sempre identici a se stessi; è il caso della Torà, della Bibbia, dei Veda, della Costituzione dell’Ordine.

Il compito richiesto e delegato all’autorità per la conservazione può spingersi però oltre; non più solo custodia ma anche fonte integrativa normativa dell’ortodossia; ciò risponde al fine di adattare al tempo che scorre un precetto di fatto sempre identico a se stesso.

La comunità dei cristiani cattolici è costruita in forma di monarchia elettiva e agisce nel mondo attraverso una struttura organizzativa i cui fondamenti e principi operativi sono il risultato di un’applicazione “storicizzata” ma pur sempre direttamente discendente, di precetti evangelici.

Si comprende bene quindi che accettare un’alterazione o peggio una “commistione “ tra principi significa doverne subire gli effetti sia da un punto di vista dell’unicità del dogma, sia da un punto di vista operativo pratico; accenno solo ad alcune delle problematiche più evidenti: il celibato sacerdotale, la fecondazione assistita, il divorzio, tutte forme di ortodossia-norma giuridica che rappresentano minaccia alla struttura secolare dell’istituzione.

Comprendiamo pertanto il timore di fondo che ha animato padre Siano alla sua animata e dettagliata esposizione sugli elementi culturali e storici della massoneria nel tentativo di  separare “ontologicamente” i due pensieri, le due culture.

Non sono condivisibili tuttavia le modalità e il fine ultimo che non è quello di evidenziare i tratti di due diversità culturali ma quello unico di separare, o meglio “diabolizzare” usando un termine molto caro alla chiesa, dividere in due le coscienze degli osservatori per portarli ad una decisione per l’uno o per l’altro.

E’ efficace sostenere, sul piano linguistico – sintattico, il principio di non contraddizione: “un massone non può essere un cattolico” e “un massone può essere un cattolico”, delle due è vera una sola.

Le proposizioni infatti secondo i precetto di Aristotele, non possono essere entrambe vere nel medesimo tempo e luogo; ma chi determina l’unicità di tempo e luogo è una circostanza rimessa alla volontà dell’autorità per la dottrina e la fede.

Quindi non è un elemento valido in assoluto ma semplicemente un ulteriore elemento culturale, morale e giuridico.

Qui sta l’errore, quello di pensare che si debba essere sempre identici a se stessi per il timore poi di perdersi, un pensiero che, almeno questo ci sia concesso, non appartiene allo spirito della massoneria, come bene evidenziato anche da padre  Siano.

F:.  C:.  

 

04.03.13


2 Comments for this entry

  • ANTONIO MORCIANO

    Carissimo F:.C:., sono antonio morciano (autore di CODICE MASSONICO e OLISMO MASSONICO) e sono un umile MASSONE! Ho seguito molto le conferenze di Padre Siano e le ho trovate stupide e fiabesche. La stupidità l’ho trovata insita nel suo saltellare di qua e di là senza un minimo di accurata educazione alla conoscenza del settore, vedi pregiudizio radicato nella fede dogmatica che noi massoni cerchiamo non di combattere, ma di mettere in luce al fine di lasciare il soggetto in grado di decidere liberamente. Soggetti come Siano, invece, vanno a letto e si alzano con il tarlo di indottrinare gli uomini alla guerra delle idee e dei pregiudizi facendoli, quest’ultimi, passare per verità di fede.
    Fratello mio lasciamo che misere anime come quelle di Siano facciano il loro “dovere” e noi “IL NOSTRO” il GADU valuterà. T:.F:.A:.

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