LA TOLLERANZA ED I SUOI SURROGATI
Troppo spesso si fraintende il reale valore della Tolleranza, scambiandola per mera “sopportazione” di idee e comportamenti diversi dai nostri. In realtà la vera Tolleranza non può essere un atteggiamento passivo, bensì una pratica attiva di ascolto, conoscenza e coinvolgimento. Come sostiene Ghandi, serve anche una genuina predisposizione interiore di benevolenza ed accettazione del prossimo. L’elaborazione del concetto di Tolleranza da Locke a Voltaire. Il paradigma della libertà religiosa.
inserito il 13 05 2011, nella categoria Esoterismo, Etica, Filosofia, Società, Tavole dei Fratelli
Tavola del fr:. M:. T:.
In questo inizio di Millennio segnato da rinnovati conflitti etnici,sociali religiosi e dall’insorgere di nuovi integralismi sia religiosi che economici, la tolleranza, in senso ampio, vuole essere garanzia delle libertà di pensiero, di parola, di opinione e di stampa, che sono le principali forme di libertà.
La Tolleranza intesa come ideale è teorizzata all’alba dell’illuminismo. Nel settecento Locke, filosofo inglese, scrisse la famosa “Lettera sulla Tolleranza”. Locke in questo suo scritto definisce in maniera pedissequa quali sono i ruoli del potere religioso e di quello civile nell’ambito di una tolleranza reciproca.
Voltaire, in pieno illuminismo, riprende questo concetto e scrive”Il Trattato sulla Tolleranza “. Ricordo che nel 1700 i tribunali religiosi erano attivi e ancora si giustiziava sotto l’accusa di eresia.
I primi a darci un esempio di tolleranza furono i Romani, che nel conquistare nuovi territori e nuovi popoli, ne accettavano e tolleravano i culti e le strutture sociali.
Costantino arrivò perfino a promulgare un editto nel quale si definiva l’accettazione di tutti i culti. Il Cristianesimo invece, nel suo anteporre la religione allo stato, ebbe inizialmente con l’impero un po’ di problemi.
Oggi parlare di tolleranza è molto di moda. Tutti invocano la tolleranza, le stesse Nazioni Unite hanno dedicato i116 novembre de11995 alla “giornata internazionale della tolleranza “.C’è da chiedersi a questo punto quale è il significato che possiamo dare alla parola “Tolleranza”.
Il Dizionario della lingua italiana della Treccani tra le accezioni di tolleranza riporta: “Atteggiamento teorico e pratico di chi, in fatto di religione, politica, etica, scienza, arte e letteratura, rispetta le convinzioni altrui, anche se profondamente diverse da quelle cui egli aderisce, e non ne impedisce la pratica estrinsecazione”.
Dal canto proprio il Dizionario di Filosofia di Abbagnano, definendo la tolleranza come norma o principio della libertà religiosa, recita:
“Si è ritenuto talora poco adatto designare questo principio ad un termine che significa ‘sopportazione’; in realtà la parola è stata l’emblema di quella libertà sin dalle prime lotte che essa è costata e attraverso le quali si è venuta affermando in forme che sono ancor oggi deboli e incomplete. Nessun altro termine potrebbe perciò sostituirla”.
Da qui si può evincere che il senso comune della tolleranza si esplica in un concetto di convivenza fra pensieri e comportamenti diversi sia nel campo religioso, scientifico, culturale, politico che di classe.
Personalmente mi viene da pensare che il limite fra tolleranza e intolleranza sia estremamente labile.
Accettare o peggio ancora sopportare vuol dire tollerare?
Lo stesso Voltaire, quando afferma: Io combatto a tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perchè tu possa esprimerla la tua idea liberamente” concepisce la tolleranza come un atteggiamento molto attivo contro ogni forma di fanatismo e di superstizione e la rilega al perdono delle reciproche follie ma in un certo qual modo chiude la porta al pensiero altrui (in realtà Voltaire non avrebbe mai né pronunciato né scritto quella famosa frase sulla tolleranza, si tratterebbe piuttosto di una semplificazione del suo pensiero ad opera di una sua biografa)..
Se si pensa quindi alla tolleranza come all’esplicazione di un comportamento collettivo di convivenza fra diversi pensieri, potremmo,in modo esaustivo, chiudere il discorso.
Ritengo invece che bisogna pensare alla tolleranza come ad un discorso intimo, che ognuno sviluppa personalmente ed interiormente. Da ragazzino sono stato educato al rispetto e alla benevolenza verso gli altri, di fronte poi ad un’incompatibilità di pensiero o di comportamento mi sono sempre rifugiato in un benevolo silenzio o in un discreto distacco. Tutto questo , se vogliamo, rientra nei canoni di “una buona educazione “ ma da qui alla tolleranza la strada è lunghissima.
Guenon nel suo scritto” il Demiurgo “ da questa definizione di tolleranza: il riconoscere all’errore gli stessi diritti della verità.
Se partiamo dal concetto di verità dove al di fuori dell’algebra, della geometria, della matematica tutto è opinabile e l’errore accomuna tutto e tutti, come direbbero i matematici, per la proprietà transitiva la tolleranza appartiene all’errore.
Partendo da questo presupposto Tollerare vuoi dire conoscere non giudicare benevolmente o tanto meno sopportare. La tolleranza appartiene alla ragione intesa come confronto.
Dobbiamo,a mio avviso, praticare la tolleranza quotidianamente, in un esercizio che ci deve coinvolgere. Dobbiamo crearci un percorso mentale d’ascolto e di riflessione su quanto gli altri affermano, senza partire da presupposti critici pur nella consapevolezza delle nostre idee, in definitiva dobbiamo cercare quanto di meglio esiste nel pensiero altrui e se saremo riusciti a creare un circolo fra noi e gli altri dove, come regola, non esistono pregiudizi, dove non c’è la ricerca della cosi detta “ultima parola “ allora andremo, attraverso un percorso infinito, verso la verità.
Se poi riusciremo a far ciò nel rispetto dell’armonia questo percorso pieno di ostacoli, insidiato dai dogmi dagli egocentrismi e dai pregiudizi e dalla mancanza di valori morali, potrà risultare più sereno e di più facile coinvolgimento.
Esistono due modi quindi di concepire la tolleranza ,uno relegato alla benevolenza o meglio ancora ad un amorevole sopportazione.
”Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà del nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza (Mohandas Karamchand Gandhi)”.
Il secondo modo alla mediazione, attraverso la Ragione, nell’intento di un percorso comune
Mi chiedo poi se l’intolleranza abbia un ruolo nel nostro svolgimento comportamentale.
Personalmente , se escludo il non rispetto delle leggi che l’uomo si è dato democraticamente,mi viene difficile pensare all’intolleranza.
Ma se riprendiamo la definizione di Guenon sulla tolleranza c’è da chiedersi quale deve essere l’atteggiamento verso le asserzioni di verità?Quale nei confronti di coloro che non ammettono il dubbio ? Vorrei lasciare a voi la risposta a questa amorevole domanda…
M:. T:.
1 Trackback or Pingback for this entry
Luglio 4th, 2011 on 22:04
[…] LA TOLLERANZA ED I SUOI SURROGATI […]