TRILOGIE NEL KARATE E TOPOLINO

Non c’è bisogno di ricordare che il numero 3 in Massoneria è un numero fondamentale, poiché è il numero della perfezione, ma così lo è anche nell’arte marziale del karate. Il Triangolo, ovvero il Delta dell’occhio divino, colui che vede tutto, viene richiamato anche nel karate, che in questo caso specifico si lega profondamente alla massoneria.

inserito il 21 05 2018, nella categoria Cinema, Esoterismo, Sport, Tavole dei Fratelli

topolino

Walt Disney e la sua appartenenza alla massoneria. Molte pagine sono state scritte, così come molte se non migliaia di notizie, prese e riprese dai Fratelli nelle loro tavole, sono state riportate, ma nessun documento ufficiale sembra essere mai stato ritrovato a supporto di questa tesi.

Disney potrebbe non essere mai stato realmente iniziato alla Massoneria. Di certo c’è solo che lo stesso Disney fu iniziato all’Ordine DeMolay, una istituzione paramassonica giovanile (di cui ha fatto parte anche il presidente Clinton – ndr).

La devozione dio Walter Elias Disney per il DeMolay è oltremodo evidente da questa sua celebre dichiarazione: “Mi sento molto obbligato e grato verso l’ordine DeMolay per la parte importante che ha avuto nella mia vita. I suoi precetti sono stati inestimabili nel prendere decisioni, nell’affrontare i dilemmi e le crisi. DeMolay è sinonimo di tutto ciò che è bene per la famiglia e per il nostro paese. Mi sento un privilegiato per aver fatto parte dell’ordine DeMolay” (da “Cartoon e Massoneria”, Ippolito Spadafora, Edizioni ETS, 2014, pag., 172).

Disney Massone

Ma veniamo al cartone animato Topolino, uno dei capolavori Disney, intriso, come tutti gli altri cartoni dello stesso Walter, di simboli esoterici e massonici, come quello sotto riportato:

ACHILLI 1

Topolino in questo fotogramma, insieme a Minni e Pluto, è chiaramente entrato in un tempio massonico, con le colonne ai lati sostenute da guanti bianchi, come quelli che porta lui stesso, ed il suo sguardo è rapito dal Grande Occhio e dall’unione delle dita (pollice e indice) che inquadrano come un delta l’occhio al centro.

Non è possibile quindi sottrarsi alla potenza dell’occhio racchiuso nel triangolo, ovvero, il simbolo della Trinità, dell’Occhio del Dio della Bibbia, quel triangolo equilatero che è il corrispondente geometrico del numero 3, che universalmente rappresenta la perfezione.

L’occhio divino, colui che vede tutto, viene richiamato anche nel karate, che in questo caso specifico si lega profondamente alla massoneria.

ACHILLI 2

Il “tract de union” è la Trilogia vista come un paradigna, ovvero: LA TRILOGIA, IL GRANDE OCCHIO, LA LUCE.

Quindi si può leggere con questa equazione:

TOPOLINO E LA LUCE = IL KARATE E LA LUCE.

Dalla tavola scolpita da un fratello mi rimase impresso questo passaggio: “Tre è il numero simbolico dell’Apprendista Libero Muratore. E’ il primo numero di armonia, di soluzione del conflitto dualistico, è la scoperta del vertice, il terzo termine che unifica dall’alto i due opposti ad un capo ed all’altro della retta sottostante”.

Non c’è bisogno di ricordare che il numero 3 in Massoneria è un numero fondamentale, poiché è il numero della perfezione, ma così lo è anche nell’arte marziale del karate.

Il Tre, il “SAN” in giapponese, rappresenta la sintesi, uno dei più importanti principi propugnati dalla Libera Muratoria: Libertà, Uguaglianza e Fratellanza.

Nel karate esso rappresenta l’unione di tre elementi:

“Mente (cuore), Tecnica e Corpo” = “Shin Gi Tai”.

L’unione della Mente, l’Abilità ed il Corpo compongono una “persona completa”. Queste tre qualità umane sono indicative dei tre elementi: il Cielo (rappresentato dalla Mente di una persona), la Terra (le Abilità di un individuo) e l’Uomo (identificato nel suo Corpo).

Ma andiamo oltre: quando parliamo di “imparare il karate”, di praticarlo e di viverlo come fa un maestro, non parliamo solo della tecnica, ma di un tutto che include la tecnica, il corpo e lo spirito, in un modo inseparabile.

Per progredire davvero, il karateka, cioè colui che pratica la “via della mano vuota”, lavorerà con regolarità, giorno dopo giorno, affinando allo stesso tempo la tecnica, il suo corpo ed il suo spirito.

Questo non significa che dovrà compiere esercizi puramente tecnici da un lato, e fare separatamente esercizi di mantenimento del corpo dall’altro, e lavorare ancora separatamente a livello mentale, ma, piuttosto, lavorare tutto quanto insieme.

Questo significa che: la Mente (Shin) si esprime attraverso il Corpo (Tai) con la Tecnica (Gi). E’ quindi lavorando instancabilmente che il karateka educherà sia il suo corpo che la sua mente.

Shin Gi Tai è l’unità tra mente, tecnica e corpo. Parliamo di unità perché non si può esistere senza questo insieme.

SHIN

Shin rappresenta lo spirito nel senso del pensiero che ci guida. Shin è il nostro cuore, il nostro desiderio, il nostro “perché”. Perché vogliamo raggiungere i nostri obiettivi. Shin rappresenta la nostra “intenzione”. E’ lui che da senso alla nostra pratica e ci consente di seguire una linea guida. E’ questa forza che ci spinge ad andare avanti nella vita, che ci da la volontà di dare il meglio di noi stessi.

Shin non è unico nel karate, ma è presente nella nostra vita di tutti i giorni. Lo Shin è tutto: è l’energia che ci fa vibrare, è la fiamma che brucia in ognuno di noi. Shin è la scintilla che fa fare il primo passo.

GI

“Gi” rappresenta la tecnica, ma nel senso di “via”. Non si tratta delle conoscenze tecniche che un allievo può aver raggiunto, sia esso neofita o praticante più evoluto, ma piuttosto del modo in cui esegue queste tecniche.

E’ l’unione della teoria con la pratica: “Gi è la realizzazione della tua intenzione (Shin)”.

Qualunque sia la tecnica che impari, la mente può apprendere velocemente la teoria, ma metterla in pratica è più complicato.

Una volta che la mente ha capito la teoria, la farà diventare un obiettivo, un’intenzione (Shin) che eseguirà la tecnica nel modo giusto.

Per ottenere la tecnica giusta, per la sua esecuzione perfetta, sarà necessario allenarsi ancora e ancora fino a quando il gesto diventa identico alla nostra intenzione. “Gi” rappresenta la padronanza della tecnica.
Se lo Shin è la scintilla che alimenta la nostra batteria, il Gi è il modo in cui guidiamo il nostro corpo (Tai) e se si mostra la perseveranza nell’allenamento, Gi permette all’intenzione (Shin) di unificarsi con la tecnica eseguita.

TAI

Tai rappresenta il Corpo, è il veicolo senza il quale nulla può esprimersi, né lo Shin né il Gi. E’ la forza trainante del gesto, ma lo è anche l’intera struttura. Praticare solo per fare non è abbastanza, ma bisogna essere pienamente presenti ed ascoltare il proprio corpo, in modo che l’intenzione e la via possano esprimersi pienamente.

Shin Gi Tai = un’insieme inseparabile.

Mente, tecnica e corpo nel karate si fondono, nella forma, in uno dei kata, detti “Sentei”, o Superiori, come:

KATA KANDU DAI = GUARDARE VERSO IL CIELO.

O se vogliamo interpretarlo come simbologia massonica:

L’OCCHIO DEL CIELO (come si vede in questa foto).

ACHILLI 3 (1)

 

Kandu Dai è, assieme a Bassai Dai, un gioiello dei kata dello stile Shotokan.

Il suo nome originario, Kushanku, deriva da Kung Siang Chun, suo creatore, membro cinese di una missione diplomatica in Giappone durante la dinastia Ming, esperto di boxe cinese.

Al maestro Gichin Fnakoshi, padre fondatore del karate tradizionale, piaceva molto veder eseguire questo kata di cui cambiò il nome in “Kanku Dai” per far sì che esso fosse accettato ovunque, cosa molto poco probabile durante il periodo di guerra fra Cina e Giappone.

“Kanku Dai” (in giapponese “grande visione del cielo”) prende questo nome dai primi movimenti del kata, dove le mani, dal basso, salgono verso l’alto, come fa il sole quando sorge. Attraverso i sessantacinque movimenti e le centododici tecniche di questo kata si dovrebbe riuscire a neutralizzare attacchi portati da ben otto direzioni.

Da questo kata, poi, il figlio del maestro Funakoshi, Yoshitaka, elaborò successivamente il Kanku Sho.

LA CABALA DEL NUMERO 3

NEL KATA KAKUDAI

 

Il kata Kanku Dai è composto da 65 movimenti, 111 tecniche e si sviluppa nelle 8 direzioni.

65 movimenti = 6+5 = 11 = 1+1 = 2

110 tecniche = 1+1+0 = 2

8 direzioni = 8

8+4 = 12 = 1+2 = totale 3, il numero perfetto. Per i giapponesi il 3 è simbolo dell’esoterismo.

TRE E OTTO: I NUMERI FORTUNATI
NEL KARATE

Il “3” è propizio per via dei tre tesori del Buddismo (Budda, i sutra e la vita monacale). Ricorre in vari detti e proverbi giapponesi con un significato di “evento positivo”, come ad esempio “samdome no shoujiki”, ovvero “La terza volta è quella buona”.

Per Confucio 3 sono i tipi di amici che è bene avere: onesti, sinceri e bene informati.

In giapponese si dice anche “tre teste ragionano meglio di una”.

Anche l’8 ha i suoi proverbi: ad esempio, li troviamo insieme in questa espressione “momo kuri sannen ka hachinen”, ovvero, “pesche e castagne richiedono 3 o 8 anni”, che si traduce con “le cose belle accadono, ma serve tempo”.

MA TORNIAMO A DISNEY…

“Biancaneve e i Sette Nani”, “La Bella Addormentata nel Bosco”, “Cenerentola”, “Dumbo” e “La Sirenetta”, solo per citare le fiabe animate più famose,. si svolgono attraverso un comune filo conduttore: la sconfitta del Male e l’affermazione dell’Amore.

Lo stesso dicasi nel karate: “il fine ultimo del karateka non è sconfiggere l’avversario, un karateka non attacca mai per primo”.

Un’intera tavola, a parte, meriterebbe anche il film-Disney “Mary Poppins” del 1964, film molto caro allo stesso Disney, tanto che, dopo anni dalla sua scomparsa. la casa di produzione che porta il suo nome girò il prequel “Saving Mr Banks”.

Di analogie massoniche in Mary Poppins, solo per dirne alcune, troviamo ben visibili le colonne che adornano l’ingresso della (sola) casa in cui arriva Mary con il vento dell’Est (Oriente); ci sono poi “la medicina di sapore diverso secondo i gusti dei bambini”, la “parola” Supercalifragilisticespiralidoso che introduce in un mondo diverso, l’iniziazione di Mr George Banks  che, con un preciso rituale e per mezzo della parola magica, “muore” come persona legata al solo valore del denaro per “rinascere” con nuovi valori: quello di “padre” di Jane e Michael, quello di marito, Winfred, e soprattutto quello di “Uomo”. Ecco un’altra trilogia Disney che ritorna nella famiglia come nel karate.

Il “maestro” incarna un’altra trilogia: l’”Insegnante”, il “Maestro di vita”, ma anche “Quello nato prima”.

E se vogliamo aggiungere un ulteriore significato al tempio di Topolino espresso nella prima figura: “anche per entrare in un Dojo si varca una porta che però, in questo caso, non ha colonne, ma un rituale, quello del Saluto”.

La parola magica in questo caso è la declinazione ad alta voce del DOJO KUN, la ricerca della perfezione attraverso lo studio e la pratica del Karate Tradizionale. SONO LE REGOLE DEL “LUOGO OVE SI CERCA LA VIA”, che in sintesi vediamo attraverso cinque regole d’oro:

1 – Hitotsu. Jinkaku Kansei ni Tsutomuru Koto = Prima di tutto cerca di migliorare il carattere.

2 – Hitotsu. Makoto no Michi o Mamoru Koto = Prima di tutto, cerca di percorrere la via della sincerità.

3 – Hitotsu. Doryoku no Seishin o Yashinau Koto = Prima di tutto, cerca di rafforzare la costanza dello spirito.

4 – Hitotsu. Reigi o Omonzuru Koto = Prima di tutto, cerca di imparare il rispetto universale.

5 -. Hitotsu. Kekki no Yu o Imashimuru Koto = Prima di tutto, cerca di acquistare l’autocontrollo.

La simbologia massonica nelle opere di Walt Disney è troppo vasta per essere esaurita in poche e modeste note, in poche riflessioni nate da un praticante che persevera nel seguire la “via” e, quindi, cercando di concludere questa tavola conviene limitarci a citare il tema di fondo della Massoneria “Il Miglioramento dell’Uomo”, che è anche il tema di un poema sinfonico di Modest Petrovic Musorgskij, ispirato da opere letterarie russe e leggende, in cui le immagini e la musica travolgente mostrano la vittoria delle forze del Bene, “simboleggiate dall’apparire della Luce”, che sconfiggono e cacciano le tenebre della notte, ovvero le forze del Male.

Per approfondire il “caso Topolino”, anche in termini dialettici, si potrebbe fare riferimento ad un articolo di Massimo Introvigne su Avvenire “Quando Topolino diventò Massone”, che può essere uno spunto per una prossima ulteriore riflessione.

 

Ho detto

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