Demonstrare invisibilia per visibilia
inserito il 07 06 2025, nella categoria Filosofia, Tavole dei Fratelli

Cari Fratelli, come tutte le tavole presentate in Loggia anche la presente non ha la pretesa di spiegare dando risposte, ma pone domande, forse anche scomode, che possono aprire nuovi orizzonti e analisi dal punto di vista simbolico e archetipo.
La percezione (lievito della conoscenza) e la conoscenza in Massoneria sono concetti centrali, intrecciati con simbolismo, esoterismo e una visione filosofica che mira alla crescita spirituale e intellettuale dell’individuo.
La Massoneria non si limita a una concezione puramente razionale o empirica della conoscenza, ma integra vari livelli di comprensione, da quello sensibile a quello intellettuale e spirituale.
I nostri lavori iniziano leggendo il passo del vangelo di Giovanni “ in principio era il verbo e il verbo era presso Dio e Dio era il verbo”, Logos e Dio si presentano come due ipostasi divine in rapporto di filiazione che vengono identificate con le due facoltà conoscitive dell’uomo : INTELLETTO e CONOSCENZA SENSIBILE la cui unione indissolubile nell’uomo è ribadita nella sacralità del tempio.
Per noi massoni INTELLETTO è inteso sia in senso assoluto, intelletto come Dio, sia come intelletto nell’uomo, la conoscenza si ha nell’intelletto-Dio, ma attraverso il proprio intelletto.
La filosofia ha da sempre cercato di comprendere le modalità attraverso cui gli esseri umani percepiscono e conoscono il mondo. Due delle posizioni più influenti riguardano ( Platone) un approccio innatista, e un approccio empirista (Locke e Hume). Queste prospettive si scontrano anche sulla questione del relativismo, infatti per i sofisti la conoscenza non è universale ma è relativa, alle esperienze, alla civiltà in cui viviamo e al percorso culturale di ogni persona.
Platone e l’Innatismo
Platone, nella sua teoria della conoscenza, propone l’innatismo, sostenendo che la vera conoscenza non deriva dai sensi, ma è preesistente nell’anima. Questa posizione è chiaramente espressa nella teoria delle idee o forme. Secondo Platone, la realtà sensibile è solo una copia imperfetta del mondo delle idee, che è immutabile e perfetto. L’anima che è immortale (sia per Platone che per Pitagora ricorda che a Settentrione vi sono i nomi), prima di incarnarsi nel corpo (processo e detto metempsicosi), contempla il mondo delle idee (detto iperuranio),questo viaggio dell’anima non è ne materiale, ne empirico ma una conoscenza intellettiva e spirituale, la conoscenza è un processo di ricordo detto anamnesi. Quindi la conoscenza è dentro di noi è innata, ma qualcuno deve arrivare a portare la luce, e per arrivare a questo servono buoni Maestri che con la maieutica conducano a ricordare bene e a guardarsi dentro.
Per Platone, la percezione sensibile è ingannevole e non può portare alla vera conoscenza, che deve essere universale e necessaria, la conoscenza delle idee è pertanto unica, immutabile e valida per tutti gli esseri razionali. La verità è oggettiva e non dipende dalle opinioni individuali o dalle percezioni sensoriali
Locke e l’Empirismo
John Locke, uno dei principali esponenti dell’empirismo gnoseologico, sostiene che la conoscenza deriva esclusivamente dall’esperienza sensoriale. Nella sua opera “Saggio sull’intelletto umano”, Locke respinge l’idea di idee innate e afferma che la mente umana alla nascita è una tabula rasa, una tavola vuota su cui l’esperienza incide e scrive. Per Locke, tutta la conoscenza deriva dalle impressioni sensoriali e dall’elaborazione che l’intelletto fa di queste impressioni.
Locke distingue tra idee semplici (impressioni in atto), che provengono direttamente dall’esperienza, e idee complesse, che sono il risultato della combinazione delle idee semplici. Questa visione introduce un elemento di soggettività nella conoscenza, poiché le percezioni possono variare da individuo a individuo. Tuttavia, Locke cerca di mantenere una certa universalità, affermando che, sebbene le percezioni siano soggettive, la natura delle cose può essere conosciuta attraverso un’analisi attenta e rigorosa dell’esperienza.
Seguendo il filone dell’empirismo ma esaminando la MENTE UMANA David Hume, propone un empirismo radicale o scettico e la sua analisi della mente umana, può essere vista come un precursore, anche se indiretto, della psicoanalisi.
Sebbene Hume non abbia mai sviluppato una teoria psicologica comparabile alla psicoanalisi di Sigmund Freud, alcune delle sue idee aprono effettivamente le porte a riflessioni che saranno poi fondamentali per la psicoanalisi. attraverso:
La centralità delle percezioni e delle emozioni
Hume distingue tra impressioni (percezioni in atto) e idee (quando la percezione in atto cessa rimane l’idea che è il ricordo dell’impressione, ma l’idea con il tempo si illanquidisce, sbiadisce), evidenziando il ruolo primario delle emozioni e delle esperienze sensoriali (pertanto è importante l’intensità con la quale facciamo impressione in atto) nel determinare il contenuto mentale. Questa attenzione alle emozioni come motori del comportamento umano anticipa, in qualche modo, il focus della psicoanalisi sui desideri inconsci e le pulsioni.
L’inconscio in Hume
Hume non parla esplicitamente di un inconscio come farà Freud, ma riconosce che gran parte delle nostre associazioni mentali e dei nostri giudizi avviene senza un controllo consapevole. Le sue osservazioni sull’abitudine e sull’associazione delle idee implicano che molte delle nostre reazioni sono automatiche e non deliberatamente pensate, aprendo così la strada a un’idea di processi mentali che avvengono al di fuori della coscienza piena.
Critica al “sé” unitario
Hume nega l’esistenza di un sé permanente e coerente, sostenendo che ciò che chiamiamo “io” è solo un fascio di percezioni in costante mutamento. Questo concetto può essere collegato alla psicoanalisi, in cui Freud frammenta il sé in diverse istanze psichiche: l’Es, l’Io e il Super-Io, suggerendo che l’unità del sé è un’illusione e che ci sono forze interne conflittuali.
La formazione delle credenze
Hume sostiene che le credenze si formano attraverso l’abitudine piuttosto che attraverso la ragione. Questo aspetto è simile all’idea freudiana che molti dei nostri pensieri e comportamenti siano influenzati da forze irrazionali o inconsce, piuttosto che da un pensiero razionale.
L’influenza delle passioni sulla ragione
Hume ribalta il rapporto tradizionale tra ragione e passione, sostenendo che “la ragione è, e deve solo essere, schiava delle passioni”. Questo sposta l’attenzione dal controllo razionale alla dominanza delle emozioni e delle passioni, un tema centrale anche nella psicoanalisi, dove le pulsioni inconsce spesso dominano il comportamento umano.
Sebbene Hume non abbia sviluppato un concetto di inconscio come Freud, le sue idee sul ruolo delle emozioni, sulla non unità del sé, e sul funzionamento automatico della mente offrono un terreno fertile per le future riflessioni psicologiche. La psicoanalisi può essere vista come un’evoluzione di queste intuizioni, portandole verso una teoria più complessa della mente e del comportamento umano, aprendo la porta alle neuroscienze
Nel contesto delle neuroscienze e della psicologia, la percezione è studiata come un processo attivo e dinamico. Gli esperimenti dimostrano che ciò che percepiamo è influenzato non solo dai dati sensoriali, ma anche dalle aspettative, dalle emozioni e dalla cultura. La teoria della “percezione predittiva” suggerisce che il cervello costruisce modelli del mondo basati sull’esperienza e utilizza queste previsioni per interpretare i segnali sensoriali in arrivo.
Questo approccio ha implicazioni profonde per la conoscenza: ciò che consideriamo “vero” potrebbe essere il risultato di una continua negoziazione tra i dati sensoriali e le nostre convinzioni pregresse. In un’epoca caratterizzata da informazioni in rapida evoluzione e da realtà virtuali, la distinzione tra percezione e conoscenza diventa ancora più sfumata.
La percezione e la conoscenza non sono entità separate, ma parti di un processo unitario attraverso il quale gli esseri umani interagiscono con il mondo. Se la percezione rappresenta la porta d’ingresso della nostra esperienza, la conoscenza è il risultato di un’elaborazione complessa che integra sensi, ragione e contesto intrecciate in un percorso che va dall’esteriore all’interiore, dal sensibile all’intellettuale e spirituale, dove la dialettica di interno ed esterno si fa sempre più sottile, rivelando un altro mondo o diverso possibile modo di abitare il nostro. Seguiamo persuasi quell’esigenza dialogica che, come un inesauribile setaccio mentale, dà luogo ad una incessante metamorfosi di nomi in concetti, di concetti in immagini, di immagini in conoscenza, conoscenza pronta a dissolversi nella contemplazione di una verità che nomi, concetti, immagini e conoscenza non hanno più. Attraverso simboli, rituali e progressioni di grado, noi massoni cerchiamo di sviluppare una percezione più acuta del mondo che ci avvicini alla verità ultima.
Una verità che, pur non essendo alla nostra portata ci compenetra, scuotendo le opinioni che puntellano la nostra vita interiore, cosa di cui diventiamo consapevoli solo quando una piccola scintilla di luce giunge improvvisamente a illuminare il nostro buio interiore (recessi), aprendo spazi che non sapevamo di contenere perché non sapevamo di esserne contenuti
Comprendere il legame tra questi due aspetti significa non solo indagare i meccanismi della mente umana, ma anche riflettere su ciò che significa conoscere la realtà in tutte le sue sfaccettature cercando di sviluppare una percezione più acuta del mondo.