Il Senso della “Vendetta Massonica”

Vendetta massonica

In Massoneria la vendetta si stinge degli aspetti più sanguigni e passionali. Viene inclusa nel percorso iniziatico, in difficile equilibrio fra gli scacchi bianchi e quelli neri della vita e della nostra umanità, ma si pretende che non sia d’impeto. Bensì che contempli una nostra responsabile presa di coscienza, che induca ad assumercene tutte le conseguenze.

Tavola del fr:. A:. Mu:. 30°

L’attuale arcivescovo di Ferrara, Mons. Negri, avrebbe dichiarato in un recente convegno tenutosi proprio nella città estense, di sapere per certo che i massoni uccidono o inducono al suicidio coloro che abbandonano le loro logge.

Un’affermazione così stentorea meriterebbe certamente il beneficio di qualche prova più concreta del sentito dire, ma diamo all’illustre prelato il beneficio di aver ricavato questa pervicace convinzione direttamente da un rituale massonico, che chiunque può trovare in internet o in uno degli innumerevoli libri che circolano sulla massoneria (altrochè società segreta!).

In effetti al momento dell’iniziazione in vari gradi (in particolare nel primo grado di Apprendista) al fratello libero muratore viene “promessa” solenne vendetta nel caso di suo spergiuro o tradimento della loggia. Una vendetta prospettata in termini decisamente guignoleschi (in taluni vecchi rituali, vedi ad esempio quello riportato da Salvatore Farina, al neofita, in caso di suo svelamento di ciò che ha appreso in loggia, viene prospettato di “aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il suo cadavere in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria ed infamia eterna”).

Ora ad una mente avvezza alle metafore esoteriche appare chiaro che si tratta di iperboli puramente simboliche, pensate e dette per rafforzare emotivamente un vincolo di segretezza (in un tempo passato) o meglio di riservatezza (oggi) puramente difensiva.

Non va infatti dimenticato che proprio in Italia, ed in particolare nello Stato Pontificio, essere denunciati come “fra-massoni” comportava pene severissime, dal carcere alla confisca della casa e di tutti i beni, fino al supplizio capitale.

Ad impiccare, squartare, decapitare i massoni ci pensava infatti Santa Romana Chiesa.

Dal 1739 (editto del Cardinale Cirrao contro “le conventicole di liberi muratori sospetti di occulta eresia”), praticamente fino alle soglie della breccia di Porta Pia (1870), essere scoperti Massoni nei territori soggetti al Papa poteva infatti costare la vita, senza alcuna possibilità di grazia, e per i propri amici e parenti, complici o anche semplicemente locatari di appartamenti destinati alle riunioni delle logge, la pena poteva consistere in una multa fino a mille scudi d’oro (l’equivalente di circa un milione di euro odierni).

Che nei rituali si introducesse qualche forte richiamo alla segretezza sui lavori di loggia, e soprattutto sull’identità dei propri fratelli e sui luoghi di riunione, pena un’implacabile vendetta in caso di violazione e soprattutto di delazione, non appare quindi poi così strano ed insensato.

Ma un conto è leggere tale “vendetta” con una chiave meramente profana, un conto è farlo in chiave esoterica.

Sarebbe come se qualche sprovveduto volesse definire “cannibali” i fedeli che partecipano alla Messa cattolica semplicemente perché durante l’eucarestia vengono invitati dal celebrante a “mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue”.

E’ chiaro, perfino ai massoni più refrattari all’incenso delle chiese cattoliche, che si tratta di un’espressione puramente simbolica.

Il fatto che non vengano interpretati allo stesso modo i rituali massonici da parte di certi cattolici si spiega semmai con la pressochè totale perdita di esoterismo da parte della Chiesa paolina (qualche residuo resiste semmai in quella giovannea) dove si tende ad imporre ai fedeli un Credo sempre più dogmatico e “fattuale”, con non pochi imbarazzi ed acrobazie esegetiche per spiegare ad esempio, fuor di metafora, concetti come l’Immacolata Concezione.

Ma lasciamo i Cattolici ai loro problemi. Torniamo al problema della “vendetta” massonica.

Abbiamo, spero definitivamente, stabilito il carattere totalmente metaforico e simbolico della vendetta promessa al massone che tradisce gli altri fratelli o i “segreti” della loggia (le virgolette sottintendono anche in questo caso un significato simbolico).

Così come costituiva un castigo simbolico, fors’anche una minaccia dello stesso tipo, la tomba, o meglio il cenotafio che veniva costruito davanti all’uscio di casa di chi rivelava anche il più piccolo particolare dei riti segreti svolti all’interno della scuola di Pitagora.

L’unico caso di presunta vendetta rituale, compiuta nello stesso ambito iniziatico pitagorico, sarebbe stata semmai l’uccisione di Ippaso di Metaponto per aver rivelato l’esistenza dei numeri irrazionali. Siamo nel ‘500 avanti Cristo, ed in realtà la sua morte sarebbe avvenuta più attendibilmente per  un naufragio.

Ma la nostra ricerca non tende a seguire le tracce della vendetta nella Storia. Storia che in realtà è gravida di nemesi fin dalle origini, cioè dalla protostoria della Tradizione che ha nutrito la millenaria spiritualità massonica. Basta pensare al ruolo centrale della nemesi, della vendetta, nei poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea, epopee iniziatiche per eccellenza.

A noi, in questa sede, preme stabilire il significato di “vendetta” come categoria dello spirito negli insegnamenti e nell’esperienza (simbolica, ripetiamo, simbolica) della massoneria.

E’ indubbio che questo concetto si affaccia più volte nei rituali e negli insegnamenti massonici, soprattutto in taluni gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato (in particolare il 9° ed il 10°, e per certi versi anche il 30°).

E soprattutto a noi, massoni del Duemila, che pure abbiamo assorbito da tempo nel nostro “sentiment iniziatico” il concetto del perdono cristiano (porgi l’altra guancia) e soprattutto le lezioni etiche di Cesare Beccaria (Dei Delitti e Delle Pene) e di Jeremy Bentham (il Panopticon), può sembrare stridente pensare ad una Libera Muratoria che ammette e codifica la vendetta e la pena di morte.

Eppure apparentemente è così. Apparentemente, appunto.

Come Maestri Massoni, giunti ai gradi scozzesi, dopo aver conosciuto l’acacia ed aver visto la tomba di Hiram, non possiamo però fermarci all’apparenza.

Ed allora pensiamo alla vendetta proprio attraverso la chiave esoterica e simbolica della leggenda più rappresentativa, anzi il vero e proprio mito fondante, della Massoneria: la leggenda dell’uccisione di Hiram, della Parola Perduta, delle conseguenze sulla costruzione del Tempio di Re Salomone, e sulla punizione dei responsabili del delitto.

I tre cattivi Compagni – che rappresentano altrettanti vizi capitali dell’umanità (Ignoranza, Ipocrisia, Ambizione) – vengono infatti tutti quanti catturati ed uccisi. Il primo per mano di un vendicatore solitario. Gli altri due attraverso un processo ed il susseguente atroce supplizio (esposti al sole, a morire di fame e di sete, in una lentissima agonia).

Il Re Salomone ed il Rito Scozzese non hanno dubbi che i tre assassini meritassero la morte. Eppure in entrambi i casi (la vendetta individuale, descritta nel 9° Grado) e quella rituale/collettiva (descritta nel 10° Grado) lo stesso Salomone interviene per mitigarne le conseguenze. Per restituire un senso di “equità” e di “misura” ad atti di giustizia “vindice” che appaiono di per sé crudeli.

Nel primo caso comprendendo e perdonando l’impulso umano del giovane cavaliere Johaben, Maestro Eletto dei Nove incaricati dallo stesso Re di catturare e condurre vivo in giudizio il primo assassino di Hiram. Al contrario Johaben impaziente di vendicare il suo maestro Hiram, anticipa gli altri cavalieri, raggiunge il reo in una grotta, lo trova dormiente e lo uccide nel sonno. Salomone si mostrerà comprensivo verso questo suo impulso umano e giovanile, ma lo rimprovererà per la sua vendetta che appare simile ad una benda posta sugli occhi del giusto. L’insegnamento del 9° Grado è infatti quello del controllo dei propri atti, della carità e della misura che deve dettare le decisioni in tema di giustizia. Ogni cosa a suo tempo. Nei modi e nei tempi giusti per fare giustizia. Ed è così che il significato della vendetta riacquista contorni più accettabili e comprensibili per la nostra morale massonica corrente.

Ancor più significativo, sotto questo profilo, l’insegnamento del 10° Grado (Illustre Eletto dei Quindici) nel quale si contempla la pena di morte. Anche in questo caso per completare la vendetta per l’uccisione a tradimento di Hiram (ed è importante sottolineare l’aspetto del “tradimento”, che è il principale elemento scatenante e motivante della vendetta): per il rituale le esecuzioni fatte dopo un regolare processo sono giuste, purchè eseguite senza eccessi. In un primo tempo infatti Salomone fa esporre gli altri due assassini di Hiram, catturati ai Quindici Maestri inviati sulle loro tracce, ad un’atroce e lunga agonia sotto il sole cocente, senz’acqua e senza cibo. Poi decide di alleviare le loro pene, e li fa decapitare. La Carità non può essere debolezza. La Massoneria ci chiede di amare la giustizia e di servirla con il cuore purificato dall’odio.

Ed ecco che la vendetta si stinge degli aspetti più sanguigni e passionali. La Massoneria la include nel proprio percorso, in difficile equilibrio fra gli scacchi bianchi e quelli neri della vita e della nostra umanità, ma pretende che non sia d’impeto (anche se ammette che possa accadere, come nella vicenda del 9° Grado). Bensì contempli una nostra responsabile presa di coscienza, che ci induca ad assumercene tutte le conseguenze.

La vendetta massonica è dunque la classica vendetta “fredda” (basti pensare alla leggenda del Conte di Montecristo raccontata dal massone Dumas; oppure alla leggenda del boia di Parigi che prima di calare la lama della ghigliottina sul collo del Re Luigi XVI, ultimo discendente di Filippo il Bello, gli avrebbe bisbigliato all’orecchio “Sono un Templare, questa è la vendetta del Gran Maestro De Molay”)

A mitigare ulteriormente il concetto etico di vendetta massonicamente intesa, intervengono poi anche gli insegnamenti di altri gradi scozzesi: il 12° Grado di Gran Maestro Architetto nel quale si apprende che mentre l’antica legge imponeva “Occhio per occhio, dente per dente”, la nuova dice: “Sii caritatevole, anche con i tuoi nemici “e “Amatevi gli uni con gli altri “; ed il 21° Grado di Noachita o Cavaliere Prussiano, nel quale si afferma che “Giustizia e vendetta hanno ragione anche sui potenti”.

Ma anche così, mitigata e filtrata il più possibile delle pulsioni negative e distruttive dell’animo umano (il fine della vendetta massonica dovrebbe essere sempre e comunque costruttivo, anzi più precisamente “ricostruttivo” di un equilibrio perduto), la compatibilità simbolica fra Vendetta (tenebra) e Massoneria (luce) non ci convince, non ci appaga.

Ci deve essere di più. Molto di più. E c’è!

Il racconto di queste “vendette”, all’apparenza fin troppo violente e truci, descrivono in realtà l’atavica riparazione del Male morale che riconosciamo essere parte di noi, come un difetto della Genesi (il vero senso della parola mancante), ed il tentativo della sua graduale soppressione.

Partendo dalla vendetta, applicata a propri simili, di cui condivide ma rigetta con il proprio sforzo di perpetuo perfezionamento interiore la capacità di errare, il Maestro massone, passando per i vari gradi (della Genesi tuttora in atto) apprenderà di volta in volta il valore della giustizia, della pace, della tolleranza, dell’amore fraterno, della sincerità, della fedeltà, della benevolenza, della carità. Tutto questo per allontanarsi dal Male primigenio. Ma per allontanarsi da esso bisogna prima riconoscerlo. Fors’anche sperimentarlo e quindi sopprimerlo. E la vendetta è l’azione morale che più si presta a questo scopo.

Certo da tutto quello che abbiamo detto finora sembra emergere una visione sacrale di tipo Dualistico. Ovvero la visione della Creazione e dell’Esistenza Umana come processo instabile della lotta fra il Bene ed il Male.

Ma la Massoneria, attraverso la leggenda di Hiram e della Parola Perduta, suggerisce anche un altro significato ancor più primigenio, ed ancor più profondo.

Se identifichiamo la “Costruzione del Tempio” con il processo della Genesi, cioè della Creazione, non possiamo non notare che l’assassinio di Hiram è paragonabile ad una tragedia cosmica che devia, altera, la Formazione del Mondo. Un errore ontologico s’insinua nella Creazione. E’ il Male che diventa una componente non più relativa, ma insita nella manifestazione della Vita. Impossibile eliminarlo, quanto meno aggirarlo, con mezzi semplicemente umani, profani. Occorre un riavvolgimento iniziatico della Genesi e della Tradizione, possibile solo con il ritrovamento della Parola Perduta.

Vendicarsi dell’Errore ed eliminare il Male: è questo che i Massoni tentano di fare dagli albori dell’umanità.

E non bisogna stupirsi se tentano di farlo attraverso la Libera Muratoria, per sua stessa definizione l’arte di costruire.

Perché è quest’arte che consente di replicare (e se possibile rettificare, completando la Grande Opera) la Genesi del Cosmo, o quanto meno del genere umano.

Non è un caso che tutte le più antiche civiltà siano sorte accanto a grandi fiumi e che tutte le loro religioni parlino di un Dio che crea l’uomo impastandolo nel fango: così ha fatto il Dio della Bibbia, così ha fatto l’egiziano Khnum, così ha creato l’umanità il sumero Dumuzi.

Quando l’uomo, poi, cominciò a costruire case, villaggi e città impastando a sua volta mattoni con il fango, e cuocendoli con il Fuoco, ritenne  di emulare il Divino, di appropriarsi di un privilegio creativo… per questo alle costruzioni umane ed agli architetti, fin dai tempi più antichi, sono stati attribuiti poteri straordinari. Dall’egiziano Imothep allo stesso Hiram. Per questo l’architettura conserva questo potentissimo simbolismo iniziatico, che l’ha evoluta nel tempo in “libera muratoria” e quindi nella “massoneria”.

Contrariamente ad altri culti, la Massoneria, che non è una religione, ma un antico deposito di sapienza e tradizione, ammette che nella creazione forse è stato compiuto un errore, forse si è verificato un incidente o vi è ancora qualcosa di incompiuto.

E’ un’ipotesi, non un’affermazione.

Ed è contro questo destino di incompiutezza, che da secoli e millenni la Massoneria perpetua, o cerca di perpetuare la propria Vendetta. Per scavare oscure prigioni al vizio, e per il bene dell’Umanità.

E’ una certezza.

A:. Mu:.


Cerchi qualcosa?

Utilizza il campo sottostante per cercare nel sito:

Hai cercato qualcosa che non hai trovato? Contattaci e richiedici l'informazione che cerchi!

Link

Ti raccomandiamo di visitare questi siti web