Radio days: fu un massone a scoprire e lanciare il Trio Lescano

Carlo Alberto Prato

Le tre famose “olandesine” che conquistarono il pubblico radiofonico degli anni Trenta e Quaranta ebbero un pigmalione che alternava la sua vita fra le colonne della sua loggia massonica e gli studi dell’EIAR, la radio di stato, che dopo la guerra sarebbe divenuta l’attuale RAI.

Senza Carlo Alberto Prato (nella foto), musicista, impresario, scopritore di talenti, non sarebbe mai esistito il Trio Lescano (“Tulipan”, “Luna pallida”, “Orchestra Sincopata”, “Cuore contro Cuore”, “Pippo non lo sa” i loro successi più popolari), né l’altrettanto famoso Duo Fasano, e tanti altri.

Le tre sorelle Leschan incrociarono Carlo Prato ad un provino, appena giunte in Italia dall’Olanda, nel 1935, per tentare la carriera di ballerine acrobate. Fu proprio Prato fin dall’inizio a scorgere in loro il potenziale di cantanti di successo, nonostante la loro relativa conoscenza della lingua italiana, che per la radio di allora rappresentava un handicap (politico) difficilmente sormontabile.

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Per mesi Carlo Prato fu il loro maestro di canto e di italiano, ed alla fine riuscì ad imporre le tre olandesine Alessandra, Giuditta e Caterinetta (che nel frattempo avevano italianizzato il loro cognome da Leschan in Lescano) sia in campo radiofonico che discografico.

Identico intuito Carlo Prato ebbe con le sorelle-gemelle Dina e Delfina Fasano, incontrate per caso quando avevano solo 17 anni davanti alla loro scuola. Dopo un primo provino disastroso alla radio, il maestro Prato insistette per istruirle a cantare in coppia, ed al successivo secondo provino ottennero l’applauso di famosi musicisti come Barzizza, Petralia e Angelini. Era nato il “Duo Fasano”.

Lo stesso Prato lavorò in seguito anche con il Quartetto Cetra agli inizi della loro carriera.

Carlo Prato non si dedicò solo all’effimera vita dello spettacolo: durante la guerra fu richiamato alle armi con il grado di caporal maggiore. Dopo l’8 Settembre, nonostante le sue giovanili simpatie per il fascismo, si rifiutò di prestare giuramento alla Repubblica di Salò, e questo gli costò l’internamento in un campo di prigionia tedesco.

Tornato in libertà nella primavera del ’45, minato nel fisico dalla prigionia, riprese la propria attività di  scopritore e cultore di nuovi talenti musicali, lanciando fra gli altri il Quartetto Stars ed i Radio Boys.

La morte lo raggiunse nel 1949, all’età di soli 40 anni, per un tumore alla vescica, senza dargli la soddisfazione di vivere il successo postumo della sua ultima canzone “Ciao Turin”, che divenne quasi un inno della città piemontese.

L’appartenenza di Carlo Prato alla massoneria emerse proprio in occasione dei funerali, quando fu palesato il suo grado di Cavaliere Kadosh del rito scozzese. Fece altrettanto scandalo fra i bempensanti la sua espressa volontà di essere cremato (le prime società che promuovevano la cremazione in Italia erano di indubbia ispirazione massonica), e così pure la decisione della famiglia di non assumere il lutto.

 


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