Massoneria e Giustizia

Il Giudizio Giusto, alias Giustizia, è figlia del tempo e della prospettiva che gli diamo, è figlia del punto di vista che assumiamo in quel preciso istante: cosa fare per evitare che sia solo figlia della Vendetta. Istintivamente reagiamo, a volte anche violentemente, a situazioni in cui percepiamo che una delle parti in lotta sia debole ed indifesa, in cui, in altre parole, manchi l’equilibrio e l’armonia.

giustizia bilancia

 Tavola del fr:. D:. Z:.

 E’ con gioia che ho raccolto l’invito del Potentissimo di ritornare dopo tanti anni a scrivere una Tavola per introdurre un argomento di discussione in una tornata, tanto più che l’argomento auspicato riguarda direttamente il mio percorso massonico, intrecciato alla mia attività lavorativa profana.

E questo mi ha dato modo di riflettere anche su come il mio atteggiamento profano sia cambiato ed in che modo. Bene, per introdurre la discussione voglio partire da alcuni motti di uno dei Codici della Cavalleria:

Un Cavaliere è devoto al valore
il suo cuore conosce solo la virtù
la sua spada difende i bisognosi
la sua forza sostiene i deboli
le sue parole dicono solo verità
la sua ira si abbatte sui malvagi

Parole forse altisonanti, ma che a ben vedere hanno un profondo significato, anche esoterico: si fa riferimento al valore, alla verità ed alla virtù (principi irrinunciabili per un Massone), ma si parla anche della “spada” un simbolo certamente religioso, ma che va esaminato con una maggiore attenzione.

Ricordo, infatti, qualche anno fa, di avere fatto visita ad una località che definirei magica: la Cappella di Montesiepi, collocata a poche centinaia di metri dalla Abbazia di San Galgano. In questa Cappella, come è noto, accanto alla Tomba del Santo, vi è una spada conficcata nella roccia: si dice che da essa e dalla leggenda sulla vita del Santo sia nato il Ciclo Arturiano. Pur senza nessuna certezza al riguardo, rimane indubbio che essa rappresenti contemporaneamente un simbolo profano- guerriero, un’arma micidiale, un simbolo cristiano, la Croce di Cristo, ed un simbolo esoterico, l’Uomo.

In un solo luogo ed in un solo simbolo viene rappresentato l’exoterismo, il senso religioso e l’esoterismo.

Ne voglio, però, aggiungere un altro, conseguente alle leggende sorte sulla figura di Re Artù, sulla Tavola Rotonda e su Avalon, tutte vicende che ambiscono ad una società alla ricerca della Luce e della Giustizia fra le persone.

Dato per scontato il collegamento del Ciclo Arturiano alla Cavalleria Medievale, ne consegue come la figura del Cavaliere sia, a ben vedere, quella del garante del rispetto della Giustizia, intesa nel senso di equità. Giustizia che viene comunque sentita come necessaria per la serena e luminosa esistenza dell’Umanità.

E’ noto che la eterna lotta di Artù con Morgana è in sintesi la rappresentazione dell’eterna ed incessante lotta fra la Luce e le Tenebre, mentre il Cavaliere – fondato sul rispetto della virtù, dell’aiuto ai bisognosi ed alla lotta ai malvagi, con il tramite del simbolo della Spada – è l’artefice della difesa di questa Dea.

Per di più, si trova in un Codice Cavalleresco di antica data, sotto il nome di Giustizia, questa prescrizione: “Ricercate sempre la via del giusto, liberi da pregiudizi ed interessi personali. Riconoscete che la spada della giustizia può essere una cosa terribile, e quindi deve essere utilizzata con umanità e pietà. Se il giusto che state cercando è in accordo con quello degli altri, e lo perseguite senza piegarvi alla tentazione di trovarlo con furia, allora guadagnerete riconoscenza al di la dei limiti”.

E qui ritorna il collegamento stretto fra la Spada e la Giustizia, come elementi indissolubili, il primo, inteso nel suo significato esoterico di “Uomo”, è legato indissolubilmente a quello che chiamiamo comunemente “senso di giustizia”, perché senza questo legame non esisterebbe civiltà e sviluppo sociale.

Ora dobbiamo proseguire nel percorso iniziato e per farlo dobbiamo, però, fermarci un attimo e tornare con il nostro pensiero all’alba della nostra civiltà, alla prima richiesta che un membro di un piccolo villaggio preistorico ha fatto al suo capo-villaggio: “Ho subito un torto. Mi dai tutela? punisci il colpevole?”

E a questo punto il capo-villaggio ha iniziato ad arrovellarsi sul come aiutare il questuante, sapendo che doveva agire e dare indicazioni condivise dalla propria comunità, pena la perdita della propria posizione di potere, e subito si è posto un duplice ordine di soluzioni: era facile decidere favorendo l’appartenente alla propria comunità, se il torto veniva attribuito ad un estraneo alla stessa comunità. In questo caso a nessuno della comunità sarebbe interessato se il giudizio di colpevolezza e la sanzione conseguente fosse stata comminata ad un non appartenete alla comunità, anche indipendentemente dalla soluzione che si adottava.

Completamente differente era il caso in cui l’accusato fosse un membro della stessa comunità. Il capo si trovava ad affrontare la richiesta di vendetta della vittima, dovendo contemperare le ragioni sostenute dal gruppo che era rappresentato dal contendente.
Problema certamente difficile, se si pensa come sia stato indicata come una evoluzione di successo al problema la nota legge del “taglione”: occhio per occhio.

Ma poi vi è stata uno sviluppo dettato sia dalla analisi politico-filosofica del crimen, sia dalla comprensione che risultava difficile attribuire la responsabilità solamente ad uno dei contendenti, sia alla difficoltà di comprendere la verità, spesso dissimulata dagli stessi contendenti (pensate alla saggezza di Salomone quando risolse la contesa fra le due presunte madri) e il capo villaggio, diventato ora Re, doveva districarsi in casi sempre più difficili e che spesso occultavano, sotto la analisi fattuale, questioni di opportunità politica.

Si pensi ai tanti casi di ingiustizia che sono comminati da regnanti insavi o corrotti, anche perché la legittimazione del regnante è diventata tale che questi non ha più nulla da temere dal singolo membro della sua comunità, o da una singola famiglia. Ma la storia è anche costellata di reazioni violente dei singoli sudditi, che vengono comunque condannati, non solo dai tribunali, ma anche dalla opinione della maggioranza della comunità, perché quello che veniva preferito alla domanda di Giustizia è la reazione violenta, cioè una forzata negazione del torto subito, in buona sostanza è l’esegesi della nascita del conflitto. Ma il più grande flagello della storia, quello della violenza esercitata, nel nome di una Giustizia distorta, da chi si ritiene in diritto — in nome di una autoproclamata superiorità — di abusare, oltre ogni limite, perpetrando le peggiori atrocità, di esseri viventi indifesi, non è la cura, ma la patologia. E come ogni patologia va curata.
Ma come e da chi?

Per rispondere a questa domanda permettetimi di riportarVi quanto descritto nella premessa del Rituale per i Maestri Segreti: “Nel rituale del TV° Grado, la vicenda di Hiram è ancora di palpitante attualità: la morte dell’Architetto illustre ha sconvolto Salomone e lo ha costretto a sospendere, per breve periodo, la costruzione del Tempio, ma alla fine egli viene nella determinazione di affidare la direzione dei lavori al proprio intendente, Adhoniram, figlio di Abda. Costui era, prima della uccisione di Hiram, il capo degli operai inviati a tagliare il legname per il Tempio sul Monte Libano. Ad assisterlo nell’ardua impresa, Salomone crea un Collegio di Maestri, i quali vengono elevati al rango di Leviti. Il Collegio è composto di sette membri, compreso il Re ed Adhoniram. In tal modo i lavori per l’edificazione della Casa dell’Eterno riprendono forza e vigore”.

Come potete constatare ad una ingiustizia il Pot:.mo Re Salomone, nella Sua infinita saggezza, non risponde immediatamente con la vendetta, ma pensa prima al bene della collettività a far continuare la vita.
La prima risposta alla Giustizia ingiusta, al male, quindi, è il rafforzamento del bene: solo su questa base si può costruire la vita e proseguire nella infinita costruzione del Tempio.
La risposta del Maestro Segreto allora si ferma a questo, dopo lo sconcerto della scomparsa del Maestro, dopo l’ingiustizia subita si riorganizza, riprende il Lavoro:
questo è il ‘come” rispondere al male. Questo il primo passo alla lotta all’ingiustizia.

Ma il cammino è lungo ed articolato: ad un bivio si può, o si dovrà prendere la strada della Giustizia, ma a che prezzo?

San Giorgio

Pensate alla leggenda di San Giorgio: Si narra che in una città chiamata Selem, in Libia, vi fosse un grande stagno, tale da poter nascondere un Drago, che, avvicinandosi alla città, uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava. Gli abitanti per proteggersi, null’altro potevano fare se non offrirgli in sacrificio per placarlo due pecore al giorno. Ma queste iniziarono a scarseggiare e furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte. Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, la principessa Silene. Il re, terrorizzato, offrì il suo patrimonio a metà del regno, ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane si avviò verso lo stagno per essere offerta al Drago. Proprio in quel momento passò di lì il giovane cavaliere Giorgio, il quale, saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per evitarie la terribile morte. Poi disse alla principessa Silene di non aver timore e di avvolgere la sua cintura al collo del Drago; il quale prese a seguirla docilmente verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere il Drago avvicinarsi, ma Giorgio li tranquillizzò dicendo loro di non aver timore poiché «Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal Drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro». Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il Drago e lo fece portare fuori dalla città trascinato da quattro paia di buoi”.

Certo tutti siamo d’accordo che fosse ingiusto che il Drago si nutrisse di giovani (ma qualcosa doveva fare per vivere), e siamo felici dell’esito: l’esigente e nefasto Drago muore e con esso muore anche la necessità di dover portare uno dei propri figli a sacrificarsi per il bene della collettività. Si tratta di un prezzo elevatissimo e insopportabile.

La bella storia, però, ha anche una grave chiave di lettura: qualunque scelta, seppure giusta e condivisa, ha un prezzo, che esso sia la conversione, o la scomparsa del nostro nemico, comunque sappiamo che nulla sarà più come prima.

Si tratta quindi di una scelta, una scelta però che vediamo come equa, accettabile per la nostra morale del tempo, e anche, a volte, per il nostro senso etico, che comunque dipende dal punto di vista in cui ci si pone.

Se pensate effettivamente non si può infatti ritenere, in termini “panteistici”, che una scelta sia giusta, ed un’altra sbagliata, se una sia per il bene ed un’altra per il male. Certo è che dopo il giorno, ci deve essere la notte.

Allora il Giudizio Giusto, alias Giustizia, è figlia del tempo e della prospettiva che gli diamo, è figlia del punto di vista che assumiamo in quel preciso istante: cosa fare per evitare che sia solo figlia della Vendetta.

Certo è che noi istintivamente reagiamo, a volte anche violentemente, a situazioni in cui percepiamo che una delle parti in lotta sia debole ed indifesa, in cui, in altre parole, manchi l’equilibrio e l’armonia.

Se Vi ricordate quella lunga discussione che avevamo fatto su quella bella frase: “ciò che è inevitabile può essere anche spiritualmente intollerabile. Ciò che può essere giustificabile può essere atroce”, forse ha questa risposta: noi siamo disponibili ad accettare la sofferenza, ma deve essere giusta, cioè nell’ordine delle cose, in altre parole in equilibrio con il bene.

Ora Vi pongo una domanda importante: è giusto cercare di catturare i Compagni infedeli, condannarli e giustiziarli per quello che hanno fatto?

Questa Tavola è volutamente incompleta cari Fratelli, ma può essere proseguita negli altri Gradi di Perfezionamento: non si tema quella domanda che ho sentito porre in Tornata circa l’utilità dei nostri studi. Bisogna lavorare, perseverare e percorrere incessantemente la Via Iniziatica per avere risposte, perché le risposte ci sono, dobbiamo però guadagnarle.

 

Ho detto:

D:. Z:.  30°

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