SORELLA LUNA

Sono passati 50 anni, mezzo secolo, dal primo sbarco dell’uomo (e di un massone) sul nostro satellite. Tutto il mondo sta ricordando questo avvenimento, ma si continua a trascurare il contributo ideale e individuale dato dalla massoneria e da suoi singoli membri alla conquista dello spazio, in nome dell’intera umanità. In alcuni casi rivelando anche inaspettate professioni di fede in Dio, che la Chiesa non ha voluto o saputo cogliere. Resta da chiedersi se la profanazione umana della Luna abbia alterato o meno il suo simbolismo magico e sacrale?

inserito il 23 07 2019, nella categoria Astronomia, Mitologia, Religione, Scienza, Simbolismo, Tavole dei Fratelli

impronta lunare

Tavola del fr:. a:. mu:.

Mercury, Gemini, Apollo… sono i nomi dei progetti spaziali americani che hanno portato in progressione alla conquista della Luna,  vissuta cinquant’anni fa in diretta televisiva da oltre 600milioni di spettatori “terrestri” nella fatidica notte del 20 Luglio 1969, una indimenticabile Domenica (in Italia alle 22.17 l’ora precisa dell’allunaggio).

Tre progetti spaziali, tre diverse tipologie di voli spaziali, con tre diversi mezzi tecnologici: dalle piccole capsule Mercury, con un solo pilota a bordo, per i primi balzi orbitali (i primi tre passi da apprendisti nello spazio); alle più ampie capsule Gemini, predisposte per due astronauti, per voli di più lunga durata sempre attorno alla terra e per le prime passeggiate spaziali; ed infine la più complesse capsule Apollo dotate di Lem, l’appendice per l’allunaggio vero e proprio, con equipaggi di tre uomini per il definitivo approccio al nostro satellite.

In altre parole tre diverse iniziazioni allo spazio, tre gradi di perfezionamento, contraddistinti da nomi (Mercury, Gemini, Apollo) che sembrano avvallare l’ipotesi di chiare “assonanze” massoniche, quanto meno a livello di ispirazione simbolica, all’interno della Nasa.

Ed in effetti, anche se da molti ignorata, la Massoneria è stata ben presente e più partecipe di quanto si pensi nell’esplorazione spaziale americana e nella conquista della Luna.

buzz-aldrin-185368Fra le primissime orme lasciate dagli uomini sul suolo lunare c’è stata infatti anche quella di un Fratello, Edwin Aldrin, detto Buzz, appartenente alla Montclair Lodge n. 144 del New Jersey (passato poi alla loggia Clear Lake 1417 del Texas, che in suo onore cambiò il proprio nome in “Tranquillity Lodge”, dalla regione lunare in cui avvenne il primo sbarco sulla Luna).

Buzz Aldrin fu in realtà il secondo astronauta a scendere sul suolo lunare. Prima di lui, come è noto,  a discendere la scaletta del Lem, battezzato Aquila, ed ha fissare per primo la propria impronta umana sul suolo lunare era stato Neil Armstrong, il comandante della missione.

Si trattò a quanto pare di una precisa scelta “politica” della Nasa e del governo americano, che valutò preferibile che il primo uomo sulla Luna fosse un civile (Armostrong era infatti un pilota civile) piuttosto che un militare (Aldrin era stato un pilota da caccia impegnato in diversi combattimenti in Corea), per dare un’immagine ed un’eco il più possibile pacifica e universale all’impresa.

IL PRIMO PASSO E LA PRIMA… PIPI’ SULLA LUNA

In realtà Buzz Aldrin, decisamente più espansivo e comunicativo di Armstrong, personaggio molto più schivo e riservato, era stato per diverso tempo il principale candidato a scendere per primo sulla Luna, e pare che non abbia gradito il cambiamento della decisione in favore di Armstrong, ed anzi abbia tentato in vari modi di far cambiare questa scelta, ma alla fine dovette accettare con cameratismo la situazione.

Non mancò anzi di sfoderare una certa ironia sull’argomento, dichiarando nelle interviste successive che in realtà un primato lunare l’aveva comunque stabilito: quello di essere stato il primo uomo a fare… pipì sulla Luna. Gli “scappò” proprio mentre scendeva la scala del Lem, sedici minuti dopo Neil Armstrong.

Ma all’interno del Lem, dopo l’allunaggio e prima dell’uscita degli astronauti, ci furono altri episodi significativi che ebbero come protagonista lo stesso Buzz Aldrin, il primo massone sulla Luna: pochi lo sanno ma proprio il Fratello Aldrin, dopo la concitata fase dell’allunaggio, chiese ed ottenne da Houston una (breve) pausa di silenzio e meditazione, durante la quale estrasse dal suo piccolo zainetto personale due pacchetti che gli erano stati consegnati dal suo pastore presbiteriano, in uno di essi vi era una fialetta di vino, nell’altra un’ostia consacrata, e con quelle volle fare la comunione.

Poco dopo lo stesso Aldrin combinò invece un bel guaio, che riuscì comunque a rimediare in modo inaspettato: con un movimento brusco ruppe la levetta dell’interruttore che doveva accendere il motore di risalita del Lem. Senza questa levetta sarebbe stato pressoché impossibile lasciare la Luna. Dopo un momento di gelo lo stesso Buzz ebbe la presenza di spirito di tentare di infilare un pennarello al posto della levetta, rimedio che per fortuna dimostrò di poter funzionare al meglio (pare che poi lo stesso Aldrin l’abbia incorniciato a casa sua con la scritta “Il pennarello che mi ha fatto tornare sulla Terra”).

Armostrong e Aldrin, durante la loro passeggiata lunare, lasciarono sul satellite (oltre alle loro specifiche attrezzature scientifiche) vari oggetti simbolici che avevano portato con se: ovviamente una bandiera americana, una targa con i loro nomi ed un messaggio firmato dal presidente Nixon (“Veniamo in pace a nome di tutta l’umanità”), due medaglie sovietiche in ricordo degli scomparsi eroi spaziali russi  Gagarin e Komarov, un emblema dell’Apollo 1 in memoria dei tre astronauti americani periti nell’incendio della capsula durante una simulazione del lancio, una spilletta d’oro a forma di ramo d’ulivo identica a quelle che avrebbero poi donato alle proprie mogli, ed in più, da parte di Aldrin, anche le insegne della propria loggia e del Rito Scozzese Antico ed Accettato a quale apparteneva con il 33° e massimo Grado, reclamando inoltre per la Luna la giurisdizione massonica della Gran Loggia del Texas.


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Episodi a parte, resta l’indiscusso (e poco noto) spessore simbolico dell’apporto massonico alle imprese massoniche. Un apporto tanto concreto quanto suggestivo.

Buzz Aldrin non è stato infatti l’unico astronauta massone, né l’unico Fratello ad aver operato in quei fatidici anni della corsa spaziale all’interno della Nasa.

Furono massoni anche gli astronauti Gordon Cooper (che volle portare con sé su Gemini V il proprio anello del 33° Grado e la bandiera del Rito Scozzese), Dom F. Eisle, Walter M. Sherra, Thomas P. Stafford, Edgar D. Mitchel. Paul J. Weitz, e “Guz” Grisson, perito tragicamente nell’incendio del “Virgil 1” sulla rampa di lancio a Cape Kennedy.

IL SENSO RELIGIOSO DEI MASSONI DELLA NASA

Fu un eminente dirigente della Nasa anche il Fratello “Kenny” Samuel Kleinknecht, vice direttore della sezione Moduli di Comando, appartenente alla loggia Fairview 699 dell’Ohio.

In un suo articolo pubblicato sulla rivista “New Age Magazine” nel 1969, lo stesso Kleinknecht ci tenne a ribadire un concetto che, come massone, gli stava particolarmente a cuore: per lui la conquista dello spazio, ed il contributo massonico ad essa, era congiunto alla riscoperta di una fede inevitabile nell’”infinita paternità di Dio”, paternità nella quale l’umanità, nel momento in cui si eleva fra le stelle, può trovare la propria credenza unificatrice. Unità spirituale che la massoneria persegue ed ha sempre perseguito, nel nome del Grande Architetto dell’Universo, concetto che racchiude in sé qualunque professione di fede nel Dio di ogni religione della Terra.

Oltre alla comunione che Aldrin volle fare all’interno del Lem “Eagle” di Apollo 11, Kleinknecht nel citato articolo ha voluto ricordare anche le altre testimonianze di fede in Dio da parte di astronauti americani, alcuni dei quali appartenenti alla Libera Muratoria: fra queste la preghiera che Gordon Cooper volle recitare durante suo volo del 1963 (“Debbo prendere il tempo per una piccola preghiera per tutto il mondo, incluso me… dacci la tua guida ed il tuo alito… te lo chiediamo in nome tuo. Amen”), e la lettura della Genesi biblica da parte di Frank Borman durante la sua circumnavigazione della Luna nel Natale del 1968.

Testimonianze ribadite di credenza in Dio, che però né allora né oggi la Chiesa e più in generale l’opinione pubblica, quella italiana in particolare, non hanno minimamente considerato per rivedere almeno in parte il diffuso pregiudizio sul supposto sostanziale ateismo della Massoneria.

Un’occasione sprecata proprio nel momento in cui l’umanità si era avvicinata di più al cielo, e forse ci si sarebbe potuti finalmente allontanare da secoli di pregiudizi “terreni”.

Ciò che resta e si sta ora risvegliando dopo qualche decennio di “assonnamento” è la spinta ideale che l’esplorazione dello spazio ha dato e può ancora dare all’intera umanità.

Da tempo si parla infatti di ritorno sulla Luna per stabilirvi una base permanente (anche la Cina sta pensando allo sbarco di nuovi equipaggi umani sulla Luna), si parla anche di voli prima robotici poi umani su Marte, ed infine si sta sempre più intensificando la ricerca di “Nuove Terre”, di altri pianeti abitabili in altri sistemi solari ed in altre galassie.

Guardare alle stelle, piuttosto che contemplare a capo chino la punta delle proprie scarpe, ha sempre generato pulsioni e aspirazioni positive, il desiderio di penetrare il mistero del cosmo, la speranza di non essere soli e di poter prima o poi scoprire compagni di viaggio in altri pianeti, uno spirito di elevazione con cui affrontare e superare anche i problemi e le depressioni della vita contemporanea.

Guardare allo spazio (e pensare alla Terra vista dallo spazio… fragile, unica, senza confini) induce anche a superare le barriere e le differenze fra nazioni, perché è evidente che raggiungere altri pianeti richiederà lo sforzo congiunto di tutti gli stati e delle loro istituzioni, scientifiche, economiche, industriali, ma anche spirituali.

IL SIMBOLISMO DEI “NOMI” SPAZIALI

La chiave può ancora essere rappresentata dai simboli e dalle loro suggestioni, proprio come è avvenuto durante l’epopea spaziale che ha portato alla conquista della Luna.

Ed in questo la cultura massonica rappresenta un serbatoio formidabile di analogie simboliche.

Abbiamo ricordato prima i nomi dei progetti spaziali americani, dove la massoneria insegna la Fratellanza dell’Uomo sotto la paternità di Dio (come ricorda “Kenny” Samuel Kleinknecht).

I nomi sono importanti: per quanto riguarda le navicelle spaziali del progetto Mercurio, quella di Alan Shepard si chiamò “Libertà”, quella di Gus Grisson “Statua della Libertà”, quella di John Glenn “Amicizia”, quella di Gordon Cooper “Fede”.

Quanto alle navi del progetto Gemini, “Gemelli”, questo nome stava ad indicare la necessaria fratellanza fra i due piloti che le avrebbero dovute guidare.

Infine le astronavi del progetto “Apollo”, un nome scelto ispirandosi al dio greco della Luce e della Verità.

Le navi Apollo erano composte in realtà da due velivoli: quelli dell’Apollo 11 nel loro volo di andata e ritorno dalla Terra alla Luna vennero battezzati “Columbia” (la capsula madre) ed “Aquila” (il Lem per l’allunaggio). Columbia derivava da “Columbiad” il nome del cannone che sparò il proiettile con il suo equipaggio umano nel romanzo del massone Jules Verne “Dalla Terra alla Luna” scritto nel 1865; Aquila, il Lem, per ricordare l’uccello simbolo degli Stati Uniti.

TRE PASSAGGI MASSONICI

Tre progetti, tre serie di veicoli, tre tipologie progressive di voli spaziali: sembra la perfetta parafrasi di un cammino massonico, da Apprendista (i primi astronauti solitari della capsule Mercury, ristretti nell’orbita terrestre) a Compagno (i due piloti delle navicelle Gemini, inviati per primi oltre le colonne d’Ercole della tecnologia del tempo, per tentare manovre mai effettuate prima: il randevouz con un altro mezzo spaziale e le passeggiate extraveicolari), ed infine a Maestro (i tre astronauti dell’Apollo che “fecero l’impresa”).

Un ritmo ternario, un ritmo sacro, che corrisponde in pieno allo spirito massonico occidentale.

Tre è infatti il numero sacro delle logge. Tre è il numero che simboleggia l’Occidente, solare, inquieto, tendenzialmente squilibrato (come lo può essere una sedia o un tavolo con tre sole gambe), ed in base a questo squilibrio continuamente spinto al movimento, all’esplorazione, alla ricerca ed al progresso scientifico.

Mentre l’Oriente è generalmente rappresentato dal 4, numero pari, lunare, numero che simboleggia più stabilità, più equilibrio su se stessi ed in se stessi: in altre parola più ricerca interiore, meditazione, più introspezione. Non a caso il numero 4 prevale  nelle letterature indiane – vediche e brahamaniche – in cui, ad esempio, il “vac” (il logos) consta di quattro parti, e di altrettante “parusa” (l’essenza umana), eccetera.

“PROFANATO” IL SIMBOLISMO LUNARE?

Resta da stabilire a questo punto se le ripetute “profanazioni” umane (gli sbarchi degli equipaggi Apollo furono in tutto sei; dodici gli esseri terrestri che lasciarono le proprie impronte sul suolo basaltico del nostro satellite: il primo Neil Armostrong nel Luglio 1969, con l’Apollo 11; l’ultimo Eugene Cernan nel Dicembre 1972, con la missione Apollo 17), abbiano in qualche modo modificato, alterato, le valenze simboliche della Luna ed i loro atavici riflessi religiosi, filosofici, poetici e letterari sul genere umano.

Parrebbe di no, fatta salva una maggiore e più prosaica “confidenza” scientifica con la natura geologica del nostro satellite. In realtà basta guardare la Luna ed il cielo stellato in una qualsiasi notte per rendersi conto di quanto la sua luce riflessa affascini ancora la mente e la fantasia degli uomini.

L’archetipo della mistica lunare è profondamente radicato nella mente umana, fin dai tempi più arcaici. Anzi si può sostenere che sia stata proprio la Luna, l’astro della notte, ad aprire agli uomini primitivi il mondo dei sogni,  e quando l’uomo ha cominciato a sognare, ha cominciato ad elaborare concetti fondamentali come il Tempo, Dio, il destino finale che ci attende oltre la morte.

Qualcuno ha scritto che le notti dei nostri progenitori, spesso trascorse all’aperto sotto un cielo impossibile da ignorare, si sono sempre popolare di figure fantastiche (le configurazioni delle varie costellazioni assimilate a divinità, eroi, elementi mitici, animali straordinari ma anche attrezzi comuni…).

UN DURO LAVORO PER GLI ANTICHI ASTRONOMI

 E’ innegabile che l’osservazione della Luna, della sua ciclicità, del suo mutare, il suo morire e rinascere ogni 28 giorni, abbia da sempre profondamente colpito gli esseri umani.

Più ancora del Sole, che non cambia mai aspetto e che assume posizioni fisse e facilmente prevedibili durante il corso che la Terra compie attorno ad esso, la Luna si è sempre contraddistinta per la sua mutevolezza.

Il piano orbitale della Luna non è sostanzialmente fisso come quello del Sole, ma ruota attorno alla Terra, trascinando con sé, in un moto solidale, l’orbita della Luna e la Luna stessa. Il che significa che gli antichi astronomi del Neolitico (gli stessi che hanno eretto templi solari come Stonehenge) bastava un anno per studiare con sufficiente precisione il moto del Sole (fissandone con pali o con monoliti le varie posizioni), mentre per avere un quadro attendibile del moto lunare, con le sue continue  variazioni, era necessaria un’osservazione continua di 18,6 anni circa.

Stonehenge

In questo periodo ci si poteva accorgere che la Luna piena corrispondeva in termini invertiti ai Solstizi solari: per cui la Luna piena estiva sarebbe sorta dove era sorto sei mesi prima il Sole del Solstizio d’Inverno, mentre la Luna piena invernale sarebbe sorta dove era spuntato il Sole del Soltizio Estivo. Ma non proprio nello stesso punto: volta per volta un pochino più a destra, o un pochino più a sinistra.

Tutto questo ha accresciuto l’interesse ed il rispetto per l’Astro della Notte, attribuendogli influenze e poteri del tutto autonomi. Le popolazioni antiche si dividevano sostanzialmente in due tipi: quelle che adoravano il Sole e quelle che adoravano la Luna.

Ne derivavano insormontabili incongruenze fra le società, perfino le singole città, che adottavano calendari solari e quelle che adottavano calendari lunari, almeno fino al V Secolo a.C. quando l’astronomo ateniese Metone riuscì a stabilire un modello cronologico compensativo fra calendari solari e lunari, stabilendo a priori anni di 12 mesi ed anni di 13 mesi (nell’arco di un ciclo, come si è detto prima, di 19 anni; questo fu il periodo impegnato dall’astronomo per le sue osservazioni ed i suoi calcoli). Il metodo di Metone fu ritenuto così importante che i numeri del suo ciclo venivano riportati sulle pubbliche piazze delle città greche (ad Atene incise addirittura in oro sul Partenone).

Ma più ancora che scandire il susseguirsi dei giorni (o meglio delle notti) e dei mesi, il fascino e l’importanza della Luna consiste da sempre soprattutto nel suo simbolismo sacrale, e negli aspetti divini che le sono stati attribuiti fin dai primordi, notando il suo ascendente e le sue affinità con specifici fenomeni naturali, in primo luogo il suo rapporto con le acque (maree), con la vegetazione e con la fertilità (rilevando la coincidenza del ciclo lunare di 28 giorni con quella del ciclo mestruale delle donne).

In relazione a tutto questo è stato fatale e scontato che la Luna fosse raffigurata come un’importante divinità, e variamente declinata in molteplici mitologie umane.

LA DIMENSIONE SACRALE DELLA LUNA

La Luna, nel suo ciclo mensile, nasce, cresce, poi man mano annichilisce fino a sparire (morire) completamente per circa tre giorni, ed infine rinascere. “Al terzo giorno risorse…”, ricorda qualcosa, no?!?

Il “divenire”, nei suoi momenti eclatanti (nascita, pienezza, scomparsa e rinascita), è la caratteristica saliente della Luna, che sembra in questo modo dominare il divenire dell’Uomo (nascita, crescita, morte) e della Natura.

Questo ne ha fatto una dea della vegetazione e della fertilità, come l’egiziana Hator, Istar, o come l’iranica Anahita, eccetera.

Tutte le sue valenze cosmologiche, magiche o religiose si spiegano con la sua fisionomia particolare di astro “vivente”, inesauribile nella sua continua rigenerazione.

L’osservazione del suo diretto ascendente sulle acque e sulle maree ne ha fatto una specifica divinità acquatica, anche con poteri distruttivi, come quello di produrre diluvi universali, che si potevano verificare nei tre giorni di oscuramento e di “morte” della Luna. Una cataclisma che per le caratteristiche rigenerative della dea lunare non poteva mai essere definitivo e totale. In tutti i miti legati al Diluvio Universale si salva almeno un individuo, od un gruppo di individui, destinati ad essere i padri della nuova umanità. La vecchia umanità viene distrutta semplicemente perché logora ed esausta, destinata ad essere sostituita da una nuova umanità ed una nuova storia.

Queste connessioni legano strettamente la Luna all’alternanza della Vita e della Morte. Non a caso in molte religioni, dall’antica Europa alla Polinesia, la Luna era la destinazione finale dei morti. Li per gli indiani vanno a riposare le anime in attesa delle future reincarnazioni. In Europa il pitagorismo elaborò il concetto dell’empireo uranico sulla Luna. Lì vennero collocati i “Campi Elisi” dove riposavano gli eroi ed i Cesari. Per Plutarco le anime dei giusti si purificavano sulla Luna, mentre il loro corpo era restituito alla Terra, e la loro ragione, in forma di energia cosmica, al Sole.

CICLO LUNARE E CICLO MESTRUALE

La morte, insomma, sotto l’egida lunare, diventa un elemento di rigenerazione e ricomposizione materiale e spirituale della vita. Ciò in virtù soprattutto dello stretto legame fra la Luna e la fertilità della donna e della Natura. La Luna nuova ha sempre rappresentato nuove nascite e la grande forza germinativa della Luna stessa, tanto che le donne eschimesi, tuttora, evitano di guardare la Luna temendo di restare incinte solo per l’influsso della sua luce.

La conclamata corrispondenza fra ciclo mestruale e ciclo lunare (di 28 giorni) ha contribuito ad affermare la credenza che la Luna abbia una diretta influenza, per lo più benefica, sulla fertilità femminile. Attribuendole anche una capacità di inseminazione , assumendo per lo più la fattezza di serpente. Secondo una tradizione persiana la prima donna ebbe le mestruazioni appena fu sedotta dal serpente lunare. Taluni rabbini sostengono che le mestruazioni dipendono dalla relazione di Eva con il serpente nel Paradiso Terrestre. Molte divinità mediterranee sono raffigurate con serpenti nelle mani (Artemide, Ecate, Persefone, ecc.) o con capelli in forma di serpenti (Erinni, Gorgoni, ecc.).

La mitologia egizia si è incaricata anche di spiegare la durata del ciclo mestruale (28 giorni) e soprattutto il raggiungimento della fase più feconda della donna (a metà del ciclo, cioè dopo 14 giorni), identificandolo con la vicenda di Iside e Osiride.

Come noto Osiride fu ucciso e smembrato dal fratello Seth in 14 parti, sparse per il mondo. La sua sposa Iside ne recuperò i resti, appunto in 14 giorni, tutti meno uno, il fallo, che fu sostituito dalla dea con un fallo di legno, attraverso il quale concepì appunto, nel 14simo giorno, il figlio Horus.

Iside, come del resto la Madonna cristiana, è stata spesso raffigurata con una “falce” di Luna ai propri piedi. Quella “falce” non è altro che la rappresentazione della Luna nuova, altrimenti simboleggiata dalle corna di bovide che caratterizzavano appunto la antiche divinità della fecondità, e la Magna Mater primordiale. La stessa Iside è sovente dipinta o scolpita anche con un copricapo dotato di grandi corna.

Con questo atavico retaggio, il simbolismo lunare non è certo stato intaccato più di tanto dalla profanazione umana del satellite. Già da tempo l’umanità non identificava più la Luna con Iside o con altre divinità, ma tuttora ne avverte il fascino della sua vista e ne constata e rispetta l’ascendente su certi fenomeni naturali, come le maree, o regolando sulla sua ciclicità ad esempio l’imbottigliamento del vino, certe fasi della pesca, o certe lavorazioni agricole.

FANTASCIENZA E LETTERATURA DA ARCHIVIARE

Dove la conquista spaziale ha inciso di più, sulle valenze simboliche della Luna, è stato certamente sul piano letterario e poetico. Il raggiungimento della Luna, ad esempio, ha certamente cristallizzato un’intera stagione di racconti fantastici e fantascientifici.

Dopo Apollo 11 la Luna non è stata più futuro, ma semmai solo presente, tuttalpiù passato. La fantascienza dopo secoli trascorsi a vagheggiare incontri con seleniti, evoluti abitanti di una Luna utopica, ha dovuto forzatamente allargare il suo sguardo oltre la Luna, e spostare il mistero e l’avventura su mondi e galassie più lontane, lontane (per usare il refrain della celebre saga cinematografica di Star Wars).

Sono così entrati nel museo dei ricordi passati decine di libri e films di fantascienza, che avevano come soggetto i più inverosimili viaggi dell’uomo sulla Luna, a cominciare dalle più antiche e celebri esercitazioni letterarie di Luciano di Samostata nell’Atene del II Secolo d. C. o di Keplero, nel XVII Secolo, autore di un libello, “Il Sogno”, in cui si racconta un mirabolante viaggio sulla Luna sulla base delle nuove nozioni astronomiche di cui era portatore. Per non parlare poi dell’Ariosto che il secolo prima aveva mandato il cavaliere Astolfo sulla Luna, in sella al cavallo alato Ippogrifo, per recuperare il senno perduto di Orlando impazzito d’amore per la bella Angelica. Almeno fino al XVI secolo si riteneva infatti che tutte le cose perdute sulla terra, compreso l’intelletto degli uomini, finissero sulla Luna.

Nello scaffale polveroso dei classici sono inevitabilmente finiti anche i viaggi balistici sulla Luna di Jules Verne, massone anch’egli, di poche generazioni orsono (anno 1860 e dintorni).

I TERRAPIATTISTI ACCUSANO LA MASSONERIA

Se non si scriveranno più libri di fantascienza sulla Luna (anche se è appena uscito “Artemis” un testo che parla della creazione di una nuova base sul lato nascosto del satellite… mai dire mai), probabilmente si scriveranno ancora poesie, nonostante il pessimismo al riguardo espresso da due grandi poeti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo, che al tempo del primo sbarco dell’uomo sulla Luna, cinquant’anni fa, parlarono di “fine della magia”.

Quel che è certo che in rima o in prosa la Luna continuerà sicuramente a raccogliere i sospiri ed i gemiti notturni degli innamorati.

La Luna conquistata dall’uomo, continuerà di fatto a conquistarne a sua volta il cuore, la fantasia e lo spirito.

E la Massoneria che ha dato, come si è visto, un importante contributo ideale e pratico all’avventura spaziale che alla fine degli Anni Sessanta ci ha portato sulla Luna, non avrà e non ha nulla di cui rimproverarsi, tranne le solite dicerie complottistiche alimentate dalla solita ignoranza, come quella di tal Albino Galuppini, leader dei “terrapiattisti” italiani, che continua a dichiarare che lo sbarco sulla Luna non c’è mai stato, si è trattato di una diabolica finzione “organizzata (naturalmente!) dalla Massoneria per negare la veridicità della Bibbia e di Gesù”. No comment… non ne vale la pena.

Ho detto

A:. Mu:.

22 Luglio 2019

 

 

 

 

 

 


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