GIORDANO BRUNO E LA SUA EPOCA

All’epoca di Bruno molti filosofi ermetici venivano considerati e si consideravano “Maghi”. Egli non era uno scienziato come Galilei, non era un filosofo puro, era un filosofo mago ermetico che non hai mai rinunciato fino alla fine al suo ruolo di Mercurio Celeste. Collezionò varie scomuniche e fu espulso da molte Università: in questo rappresenta il prototipo del libero pensatore, non catalogabile, non inquadrabile, e lo si può considerare un proto-Libero Muratore.

inserito il 09 02 2018, nella categoria Giordano Bruno, Tavole dei Fratelli

Giordano Bruno monumento

Tavola del fr:. M:. C:. (g.c. Loggia Nicola Fabrizi 106 Or:. di Modena)

Il saio nero, il volto assorto, lo sguardo fisso verso il Vaticano, il libro stretto nella mano quasi a voler difendere in eterno la propria Opera: questa è l’immagine che noi posteri abbiamo di Giordano Bruno. Immagine immortalata nel bronzo dal fr:. Ettore Ferrari (poi eletto Gran Maestro) ed inaugurata tra grandi polemiche e disordini in piazza Campo de’ Fiori a Roma, nel 1889, segno che il giovane regno d’Italia non si poteva ancora considerare un paese laico.

Ricordo che all’epoca vigeva ancora il “Non expedit” di Pio IX, in cui veniva “suggerito” ai cattolici di non partecipare alla vita politica del neonato Regno d’Italia.

La domanda che nasce è perchè a distanza di secoli dall’omicidio di Bruno, dico omicidio volutamente, il solo evocare il suo nome scatena ancora contrasti accesi tra laici e clericali?

Semplice, Giordano Bruno è stato una delle vittime più eminenti della follia inquisitrice che ha sterminato decine di migliaia di innocenti in nome di una fantomatica e delirante difesa della vera fede.

Ritengo opportuno, se non indispensabile, mettere in evidenza alcuni eventi e personaggi che hanno influenzato enormemente il pensiero di Bruno e la sua eclettica personalità. Iniziamo dicendo che l’Europa era appena uscita dal Medioevo, la cultura ed il pensiero erano cristallizzati negli antichi fasti del passato, ad Aristotele e Tolomeo; questa sedimentazione culturale aveva creato la “Scolastica”, una filosofia statica, intrisa di dogmi religiosi; tutto era già stato scoperto, tutto era stato detto, e questo aveva frenato il progresso sia culturale che tecnologico dell’Europa intera.

Aristotele Tolomeo

Ma qualcosa si stava muovendo… in particolar modo a Firenze grazie ad una nuova classe politica, formata da mercanti, banchieri, uomini dinamici, dalla mente acuta, e fu proprio uno di essi, nel 1640, Cosimo de’ Medici, signore di Firenze, a venire in possesso attraverso un monaco, tal Leonardo da Pistoia, del leggendario “Corpus Hermeticum” attribuito ad Ermete Trismegisto, di cui già da alcuni decenni si narrava l’esistenza.

Marsilio Ficino, uno dei maggiori letterati al servizio dei Medici, sospese i lavori su Platone, per dedicarsi anima e corpo alla traduzione del Corpus.

Ficino nei suoi commenti, riteneva che nel Corpus, fosse presente una “prisca theologia”, ovvero un’antichissima dottrina, donata da Dio attraverso Ermete agli uomini, di cui si possono trovare riferimenti, in una sorte di ininterrotta catena sapienziale, nelle discipline esoteriche quali la Qabbalah, gli Oracoli Caldei, i trattati pitagorici, gli insegnamenti platonici ed altre tradizioni magiche ed astrologiche.

Non per niente Ficino animò un’accademia neoplatonica sita in Firenze, dove venivano studiati il pensiero di Platone e Plotino, visti nell’ottica di una “pia filosofia, cioè una sorta di divina rivelazione filosofica e religiosa che percorre un intero filone spirituale, da Platone fino al Cristianesimo”.

Vi fu dunque un ritorno al concetto di Anima Mundi, identificata con la Terza Persona della Trinità cristiana (lo Spirito Santo), quale principio vivificante e unificatore della molteplicità sensibile.

Importantissimi per la formazione bruniana, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, suo grande contemporaneo, ritenevano che nel Corpus fossero presenti abbondanti riferimenti al messaggio cristiano, il quale rappresentava il culmine di questa antica tradizione.

Quanto messo in evidenza in precedenza, unitamente a potenti protettori (i Medici) evitarono ai summenzionati letterati grossi problemi con l’Inquisizione.

Agrippa

Altro autore dell’epoca che influenzò il Nolano fu Cornelio Agrippa, alchimista ed esoterista tedesco vissuto a cavallo fra il ‘400 ed il ‘500. Egli nella sua principale opera “De Occulta Philosophia” definiva la magia come “la vera scienza, la filosofia più elevata e perfetta … il compimento di tutte le scienze naturali”.

Nel frammento che segue è condensato il pensiero di Agrippa: “I poteri occulti derivano alle cose dalle idee – platonicamente intese come forme pure ed eterne – che vengono infuse nelle cose dall’Anima del Mondo…”.

Ma Agrippa, al contrario di Ficino e Pico, andò oltre, ovvero non cercò di mascherare sotto una parvenza di Cristianesimo la sua opera; la sua era magia operativa ed anticipando la vita di Bruno dovette continuamente errare di paese in paese, sempre inseguito dalle scomuniche.

Per completare la breve storia dei pilastri della formazione di Bruno, intorno alla metà del Cinquecento iniziava a circolare in Europa l’opera di Nicolò Copernico (astutamente pubblicata postuma, per sottrarsi alle prevedibili persecuzioni) in cui venivano esposte le sue teorie eliocentriche, ovvero il Sole al centro dell’universo. Ovviamente immaginate le reazioni a questa teoria rivoluzionaria sia sul piano scientifico che soprattutto su quello religioso.

Bene. prendiamo atto che in tutte le opere di Bruno troveremo ampi richiami al Corpus, ai Commentari di Ficino, all’Occulta Filosofia di Agrippa, a Copernico, ai neoplatonici ed a tutti i vari autori ermetici della sua epoca. Quello che voglio mettere in evidenza è che all’epoca di Bruno molti filosofi ermetici venivano considerati e si consideravano “Maghi”.

Scusate il lungo preambolo, ma senza una contestualizzazione della sua epoca, il pensiero di Bruno e la sua vita non verrebbero compresi appieno.

Giordano Bruno cosmologia

Bruno nacque a Nola nel 1548. Sappiamo che fu formato da Giovanni Vincenzo del Colle da cui ereditò il suo metodo antifilologico, ovvero ciò che conta sono i concetti, non la forma e la lingua in cui vengono iscritti. Sicuramente Bruno entrò nei Domenicani intorno ai 15 anni, ma fin dall’inizio dimostrò che il suo interesse non era tanto la difesa della fede, ma gli studi che l’Ordine gli permetteva. Fatto sta che, già in giovane età, dimostrò ben presto il suo carattere anarchico, tanto che fu costretto alla fuga, a causa di un’accusa di eresia da parte di un confratello per una disputa riguardo la Trinità.

Dopo tante peripezie approdò a Ginevra, dove aderisce al Calvinismo, non per convinzione, ma per ottenere un posto come insegnante. Ed anche qui si verifica un episodio classico della vita di Bruno: accusa un insegnante di filosofia di essere un “pedante” ed incapace; arrestato e scomunicato sarà costretto a fuggire in Francia.

Dopo una breve pausa a Lione, Bruno approda a Parigi, dove insegna all’Università ed entra nelle grazie di Enrico III di Valois di cui divenne Accademico di Corte per la sua famosa arte mnemonica.

Fu qui a Parigi che Bruno dette alle stampe i suoi due primi libri, “Le Ombre delle Idee” e l’”Ars Memoriae” (L’Arte della Memoria), e l’opera in volgare intitolata “Il Candelaio”.

Bruno riteneva, ed in questo riprendeva i neoplatonici, che l’universo fosse un singolo ente, con un ordine preciso e tutto interconnesso. Le idee o gli archetipi immutabili sono la base di tutto e compongono la mente divina, ma poi esse vengono “adombrate” nel nostro mondo. Pertanto ogni ente è ombra di un’idea primordiale ed essendo la mente un piccolo universo, è necessario riconnettere ogni cosa alla sua origine, pertanto la memoria attraverso l’immaginazione è lo strumento per scindere  dalle ombre l’idea, e quindi un mezzo di ascesa spirituale. Chi risale alle idee divine, entra nelle mente divina creatrice dell’universo, ovvero, riflette in sé l’intero universo.

In queste concezioni troviamo il Bruno ermetico. Riflettiamo su questo passo della Tavola Smeraldina che già circolava nel tardo medioevo: “… ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare miracoli di una sola cosa. E poiché tutte le cose sono e provengono da una sola, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa unica mediante adattamento”.

Oppure prendiamo quest’altro passo del Corpus che esprime in modo meraviglioso quanto ho cercato di accennare; “Se non ti fai simile a Dio, non potrai capire Dio; perché il simile non è intelligibile se non al simile. Innalzati ad una grandezza al di là di ogni misura, con un balzo liberati del tuo corpo; sollevati al di sopra di ogni tempo, fatti Eternità: allora capirai Dio. Convinciti che niente ti è impossibile, pensati immortale e in grado di comprendere tutto, tutte le arti, tutte le scienze, la natura di ogni essere vivente. Sali più in alto della più alta altezza; discendi più in basso della più abissale profondità. Richiama in te tutte le sensazioni di ciò che è creato, del fuoco e dell’acqua, dell’umido e del secco, immaginando di essere dovunque, sulla terra, nel mare, nel cielo; di non essere ancora nato, poi di trovarti nel grembo materno, di essere quindi adolescente, vecchio, morto, al di là della morte. Se riesci ad abbracciare nel tuo pensiero tutte le cose insieme, tempi, spazi, qualità, quantità, potrai comprendere Dio” (Corpus Hermeticum XI).

Nel 1583 Bruno lascia Parigi, forse per il clima politico, forse per il desiderio di diffondere il suo pensiero, in ogni modo nell’estate di quello stesso anno lo troviamo ad Oxford come aspirante docente di quella prestigiosa università.

Ovviamente un carattere focoso come quello di Bruno si inimicò in breve gli altri docenti, soprattutto a causa delle sue posizioni copernicane ed antiaristoteliche.

Nonostante queste avversità il periodo inglese di Bruno fu molto fecondo dal punto di vista letterario, con la pubblicazione di molte opere: “La Cena delle Ceneri”, “De la Causa, Principio et Uno”, “Spaccio delle Besta Trionfante”, “De l’Infinito, Universo et Mundi”, “Cabala del Cavallo Pegaseo”, “De gli Eroici Furori”.

Nella “Cena delle Ceneri” si ipotizza, nel giorno delle ceneri, una cena fra vari personaggi simbolici e lo stesso Bruno, un po’ come il Simposio di Platone. Pubblicamente attacca la Bibbia considerandola scritta per “il volgo e la sciocca moltitudine” e mette alla berlina coloro che l’hanno sempre interpretata alla lettera.

Per quanto riguarda la materia, non esiste nascita e morte, la morte è solo la fine di un composto di particelle che si riunisce in un’altra forma per cui “molti et innumerabili individui vivono non solamente in noi, ma in tutte le cose composte”.

Anche qui troviamo un riferimento al Corpus“… Gli esseri viventi non muoiono, ma, essendo corpi composti, si dissolvono; e questa non è morte, ma la dissoluzione di un miscuglio. Se si dissolvono non è per andare incontro alla distruzione ma a un rinnovamento…”.

Attenzione, abbiamo qui l’anticipazione della legge della conservazione della massa, “nulla si crea e nulla si distrugge”, esposta solo nel 1774 dal chimico Lavoisier.

Nelle altre opere forse il concetto più interessante è quello degli Infiniti Mondi. Andando ben oltre l’osservazione diciamo scientifica di Copernico, l’arditezza speculativa di Bruno giunse a popolare questo Infinito di mondi innumerevoli ed in movimento nello spazio, infrangendo, possiamo dire in modo violento, quello che era il sistema medievale tolemaico.

Ma la vera novità sul concetto di Infinito, rispetto a quella di Cusano, già anticipato alla metà del Quattrocento, è un universo vitale e magico, ove i pianeti non sono gelidi astri, ma esseri animati. Ascoltiamo le sue parole: “L’Universo è infinito, e che quello consta d’una immensa eterea regione… ed altri corpi innumerevoli sono in questa eterea regione. come veggiamo essere la Terra… ove s’appoggino questi grandi animali…”.

Ma questo Infinito, infinitamente “espanso et popolato”, era pur sempre Uno, e ciò connotava la sua forte posizione ermetica. L’Unità del Tutto nell’Uno è una costante di Bruno. Alcuni dei passi più indicativi li troviamo nel “De Causa Principio et Uno” che appare come un vero e proprio inno ermetico: il sommo bene, il sommo appetibile, la somma perfezione, la somma beatitudine, consiste nell’unità che complica il tutto… “Laudati sieno gli dei, et magnificata da tutti i viventi la infinita, semplicissima e absolutissima causa, principio et uno”.

Galilei

Torno a ricordarlo, Bruno non era uno scienziato come Galilei, non era un filosofo puro, era un filosofo mago ermetico che non hai mai rinunciato fino alla fine al suo ruolo di Mercurio Celeste; le sue conclusioni non erano dettate dall’osservazione scientifica, ma dalle sue speculazioni, supportate dalla sua incrollabile fede negli antichi testi: questo deve essere chiaro o non comprendiamo nulla del Nolano.

Torniamo un attimo alla storia: nel 1585 Bruno rientra in Francia, dove soggiorna per circa un anno, ma a causa dell’ostilità delle autorità universitarie ed agli scontri religiosi in atto, viene indotto a partire alla volta della Germania. Qui, in Germania, si ipotizza, ripeto si ipotizza, che Bruno volesse fondare una sua setta, chiamata dei “Giordanisti”, attingendo adepti fra i luterani.

La Yates, nota biografa di Bruno, teorizza che questa setta potesse aver avuto contatti o aver addirittura contribuito alla nascita dei Rosa+Croce.

Putroppo anche in Germania, con l’avvento di un nuovo Duca cristiano, e quindi più conservatore, la situazione in breve non si rivela più favorevole per il Nolano che emigra verso Praga.

In questa città egli afferma di sé, in un’orazione, “spregiai, abbandonai, perdetti la patria, la casa, la facoltà, gli onori, e ogni altra cosa amabile, appetibile, desiderabile”. E quando parla del suo Paese si esprime in questo modo: “Esposto alla gola ed alla voracità del lupo romano, qui libero, lì costretto a culto superstizioso e insanissimo, qui esortato a riti riformati, lì morto per violenza di tiranni, qui vivo per l’amabilità e la giustizia di un ottimo principe”.

I pensieri, che dovrebbero essere liberi, “… sono invece in Italia e in Spagna conculcati dai piedi di vili preti, in Francia patiscono per la guerra civile rischi gravissimi”.

Risultato: una scomunica da parte della chiesa luterana, scomunica che gli permette di completare la collezione, avendo già sulle spalle quella cattolica e calvinista. Questo è un argomento che riprenderemo in seguito.

Da qui il ritorno in Germania, di preciso a Francoforte, dove riceve l’invito di un nobile veneziano, Mocenigo, che lo vorrebbe come insegnante di arte mnemonica; purtroppo per lui, Bruno acconsente a raggiungere Mocenigo a Venezia.

Molti si chiedono perché abbia accettato tale invito? I probabili motivi sono due: Bruno non si sentiva anti-cattolico, ma un riformatore, inoltre egli si definiva un messaggero che doveva compiere la sua missione di riforma a prescindere dalle conseguenze.

Fatto sta che una volta a Venezia, lo stesso Mocenigo denuncia Bruno all’Inquisizione con l’accusa di blasfemia e di tutte le eresie possibili, nonché di praticare magia.

Lo stesso giorno, il 23 Maggio 1592, Bruno fu arrestato e tradotto nelle carceri di Venezia. L’anno successivo viene trasferito a Roma.

Dopo anni di carcere e infiniti processi, tentativi di ritrattazione e probabili torture, Bruno viene condannato al rogo l’8 Febbraio 1600, e qui pronuncia una delle frasi più celebri, “Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza, che io nell’ascoltarla”.

Il 17 Febbraio dello stesso anno viene arso vivo in Campo de’ Fiori e le sue ceneri sparse nel Tevere.

Giordano-Bruno-Inaugurazione

Non voglio parlare del processo, perché non si può commentare e non si deve commentare un giudizio sulle opinioni con conseguenze letali sulla vita di un uomo. Non ha senso vedere e rivedere le accuse, le risposte, le difese, perché tale processo non dovrebbe esistere. Le opinioni si possono processare, si possono non condividere, si possono condannare. Per la Chiesa Bruno era un eretico, e questo è evidente, innegabile, ma per quanto abbia detto e pensato non si può uccidere un uomo, né allora, né oggi, né mai.

Che dire della figura di Bruno e dei maghi suoi contemporanei?

Per prima cosa egli non fu mai un superstizioso o un ciarlatano, egli aveva abbandonato l’ordinaria coscienza, creato nuovi mezzi di ricerca, ed attingendo nell’inconscio e sfruttando intuizioni non comuni aveva raggiunto straordinari livelli di spiritualità e conoscenza. Questa era la magia di Bruno.

Dobbiamo prendere atto che sono esistite ed esisteranno persone con doti fuori dal comune in svariate discipline; pensiamo a Leonardo, Bach, Einstein… per cui quello che a noi appare impossibile, per loro è una cosa naturale.

Voglio fare un esempio: pensiamo al matematico indiano Ramanuja, sconosciuto contabile, che asseriva di ricevere le sue formule matematiche rivoluzionarie dalla Dea Namagiri. Quelle formule erano assolutamente corrette ed i suoi trattati si trovano a lato di quelli di Newton.

Certo argomenti come questo per un uomo del XXI secolo sono indigesti, li ascoltiamo con sufficienza e diffidenza… Ormai oscilliamo attorno al dio morto, ma non quello “ucciso” dal Superuomo di Nietzche la cui mala-interpretazione ha commesso disastri, ma a quello morto per inedia, abbandono; lo spirito è morto tra il materiale e la solitudine.

Permettetemi di citare Guenon, un grande Iniziato: “La civiltà moderna… è la sola che si sia sviluppata in un senso puramente materiale… con un regresso intellettuale che esso è del tutto incapace di compensare”.

Gli ermetici come Bruno dicevano “che miracolo è l’uomo”, l’uomo come centro di tutto, perché ogni uomo è un universo, creatura unica ed univoca.

In questo mondo che globalizza ogni cosa, forse ascoltando questi vecchi giganti, dovremmo ricordare che la società – ed a più ampio spettro l’intera umanità – è composta da Luca, Mohamed, Kim, Pablo, John, e che ognuno di loro è un piccolo mondo, con i suoi sentimenti, le sue paure, il suo essere diversamente simile  ad altri uomini, e quindi “infiniti mondi ed universi”. Ma Bruno andava oltre tutti questi infiniti mondi, che, in realtà, componevano un’Unità…

Fermiamoci , respiriamo, congeliamo un attimo della nostra caotica esistenza, del nostro correre appresso al nulla, sopprimiamo le nostre vane ambizioni, e per pochi secondi ascoltiamoci, lasciamo che l’Uno parli, ed allora saremo per un istante Luca, Mohamed, Kim, Pablo, John… ed andando oltre sentiremo in noi tutta l’umanità e tutto l’universo.

Scusate se mi sono spinto troppo oltre,. ma questo è l’ermetismo di Bruno ed in una Loggia deve essere affrontato, a mio avviso, proprio in questo modo. Per le biografie classiche ci sono autori mille volte migliori di me.

Voglio infine riprendere l’argomento delle scomuniche collezionate da Bruno, nonché il fatto che fu espulso da molte università: in questo egli rappresenta il prototipo del libero pensatore, non catalogabile, non inquadrabile, ed in questo lo si può considerare un proto-Libero Muratore.

Per cui il Libero Muratore, spezzate le catene dei dogmi, incurante del disprezzo, percorre una sua Via, nonostante i moderni Inquisitori l’accusino, lo diffamino, solo perché grazie ai suoi Strumenti ed al suo Lavoro sa camminare fiero fra il Bianco ed il Nero, fra il Bene ed il Male, non con la folle pretesa di esserne al di sopra, ma con l’equilibrio di chi ne ha compreso l’essenza e la necessità. Ed in questo non ci sentiamo soli. Sentiamo Bruno e tanti altri grandi che ci hanno preceduto, che, come novelli Mercuri celesti, in armonia con l’Anima Mundi, incessantemente lavorano con noi alla costruzione del Tempio.

Ho detto

M:. C:.

R:.L:. Fabrizi 106 all’Or:. di Modena

 

Febbraio 2018 e.v.

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