I CONFINI DELLA RAGIONE

Il nostro viaggio è un po’ come quello degli Argonauti, un viaggio che naviga nell’ignoto, che ci conduce a calpestare terre sconosciute, ma a quale prezzo? Non darebbe più serenità vivere nei confini della Fede, senza Ragione? In altre parole, vale la pena attraversare le Colonne d’Ercole?

inserito il 20 12 2016, nella categoria Filosofia, Simbolismo, Tavole dei Fratelli

Tavola collettiva della R:. L:. Giordano Bruno

ragione

(Illustrazione federicobecchettiart)

Forse è nella natura stessa dell’Uomo quella di avere confini, nella vita che vede scorrere davanti a se, i confini delle sue azioni, i confini del suo pensiero.

Egli sogna di non avere limiti, di “essere fatto ad immagine e somiglianza di Dio”, ma la verità è che siamo essere “finiti”, confinati nel nostro fenomeno, corruttibili, come lo è il nostro corpo, magari con l’idea di condurre una vita che tende all’Infinito, ma che non lo raggiungerà mai.

E così, come l’Uomo, anche la Ragione ha confini, come il nostro corpo, anche il nostro pensiero non riesce ad andare oltre il tentativo di raggiungere la conoscenza della Verità.

E il nostro viaggio è un po’ come quello degli Argonauti, un viaggio che naviga nell’ignoto, che ci conduce a calpestare terre sconosciute, ma a quale prezzo? Non darebbe più serenità vivere nei confini della Fede, senza Ragione? In altre parole, vale la pena attraversare le Colonne d’Ercole?

(d:. z:. )

.

.

In sintesi, il mio intervento è rivolto agli Apprendisti, prendendo come spunto il tema del Viaggio. Viaggio che per loro è e deve essere l’inizio del percorso iniziatico tradizionale; cammino che sappiamo non facile e che deve essere affrontato con perseveranza e con lo studio (del simbolo, della Tradizione e così via).

(s:. man:.)

.

.

L’essere umano e il suo ragionamento sono senz’altro finiti, tuttavia è possibile allargare il cerchio del compasso e provare ad aumentarne sempre più il raggio. Supponendo di essere su un pavimento a scacchi, possiamo nitidamente distinguere il bianco dal nero, la demarcazione è netta; tuttavia man mano che allarghiamo il cerchio e la nostra percezione della conoscenza (ed anche della non-conoscenza) i confini del bianco e del nero diventano sempre più sfumati man mano che ci si allontana dal centro, finché non si fonderanno fino a creare un grigio omogeneo, rendendo impossibile la distinzione tra il bianco e il nero, entrando così nella sfera dell’incertezza.

Questa mia tesi è corroborata dal fatto che, più stretto è il cerchio, più sono distinguibili il bianco ed il nero: chi meno sa, meno dubbi si pone, ma noi iniziati sappiamo che deve sempre essere il dubbio a guidarci.

Un modo per aumentare la nostra conoscenza è l’esperienza: vedo il grigiore indistinto come il paradosso del Gatto di Schrodinger: secondo la fisica quantistica un gatto dentro una scatola è sia morto che vivo allo stesso tempo, e si potrà scoprire se il gatto è vivo o morto solamente aprendo la scatola.

Allo stesso modo la conoscenza si potrà allargare solamente tramite l’esperienza personale o condivisa e si potrà ampliare ancora il raggio; questo non significa che la zona grigia scomparirà, ma solamente che potremo distinguere più nettamente le zone bianche e nere e la zona grigia si sposterà più lontano.

Per la nostra natura umana finita e fallibile non potremo mai far scomparire la zona grigia, altrimenti avremo una conoscenza del tutto riservata solo ad entità superiori.

Mentre scrivevo ho iniziato a riflettere anche sul panteismo – dottrina secondo la quale la divinità è presente in tutte le cose (argomento che secondo me si relaziona bene con la tematica del n. 7 che ritengo rappresenti una divinità nascosta dentro ognuno di noi – ad esempio il saluto indiano namastè significa: saluto (mi inchino a) le qualità divine che sono in te); seguendo la dottrina panteistica è possibile che il piccolo pezzettino di divinità dentro ognuno di noi formi la divinità e quindi la conoscenza assoluta, se si prende la totalità delle cose. Divinità quindi che non sarebbe una e trina ma una e plurima.

(e:. d:.)

.

.

Il concetto di viaggio è sempre stato, per me, affascinante e denso di seduzioni.

Ogni volta che ho rinunciato a intraprendere un viaggio, vuoi per pigrizia, fisica o mentale, poi, a posteriori, mi sono sempre pentito.

Forse però si trattava in tutti i casi di percorsi nella terra della ragione, della logica, del conoscibile. Non lo so con chiarezza.

Può darsi che varcare le colonne d’Ercole invece sia quello che, sempre più frequentemente mi sta capitando con lo scorrere degli anni: i SOGNI, durante i quali emerge un altro me stesso che non finisce di stupirmi per l’incredibile arcobaleno di sconosciute  sfumature, da quelle paurose quando non terrificanti, a quelle decisamente piacevoli che sempre, comunque, lasciano  uno strascico di nuova ricchezza conoscitiva. Credo che occorra assecondare i sogni, ricordarne con gratitudine il loro evento.

Forse, dietro ogni grande, geniale intuizione umana, vi è un sogno, da cui tutto ha inizio.

(g:. p:.)

.

.

Gli interventi dei fratelli che mi hanno preceduto ed, ancor prima i ragionamenti favoriti dall’incisiva e stimolante introduzione all’argomento del F:. David, mi ha portato a rievocare un dipinto a me molto caro, oggetto del percorso da me portato all’esame di maturità.

Il dipinto è “Il sonno della ragione genera mostri”, del maestro Goya, dipinto dall’autore in un momento di sentita empatia nei confronti di quanto di terribile avvertiva verificarsi nel mondo a lui contemporaneo, travolto da guerre e carestie e conflitti sociali, con le più elementari negazioni dei diritti civili fondamentali.

Mi è venuto quindi come primo pensiero inerente alla discussione sin qui condotta tra le Colonne che il limite della ragione sia sì la più totale e completa irrazionalità, che è idonea però a generare qualcosa di mostruoso.

Il connotato offertoci da Goya è prettamente negativo; i mostri, derivanti dal superamento dei limiti della ragione, sono generati da una privazione stessa di umanità, che porta singoli e popoli ad aberrazioni quali stermini, torture, cancellazione dei diritti fondamentali di altri uomini e conseguenti carestie e sofferenze per i sopravvissuti; due secoli dopo, l’apice sarebbe stato raggiunto con la bomba atomica, i lager nazisti, le fosse ardeatine, le deportazioni russe ed i crimini del regime cinese. Ancora oggi purtroppo, la ragione dorme in molti Paesi del Medio Oriente, così come in tante “banlieu” dei Paesi più democratici, ricchi e civilizzati (e nei loro Parlamenti…).

Ampliando però il compasso della disamina, come suggerito dal F:. Simone, ritengo che la ragione sia tipica dell’uomo, e non di tutti gli altri esseri, che assumono condotte dettate puramente dall’istinto, non edulcorate (oppure trasfigurate) dalla ragione; e connaturata all’uomo è la tensione a spingersi sempre un passo oltre ai limiti contingenti che la ragione suggerirebbe di rispettare.

La ragione spingeva l’uomo a “temporizzare” la propria vita, plasmandola al ciclo del sole e delle tenebre, fino a quando un “irrazionale” non ha scosso due pietre una accanto all’altra generando il fuoco. La ragione spingeva l’uomo a vivere sugli alberi, perché sulla terra i predatori potevano facilmente avere la meglio su di lui; conquistata la terra con l’utilizzo da parte di un “irrazionale” di lance e frecce, la ragione ha suggerito all’uomo di non addentrarsi in mare, poiché ambiente di pesci e non di uomini; ma un “irrazionale” ha costruito la prima rudimentale imbarcazione e sconfitto le onde. Analogamente per il cielo e lo spazio oltre l’atmosfera terrestre, così come per il superamento dei pregiudizi e delle paure insite nel proprio animo.

Ecco quindi che superare le colonne d’Ercole è la motivazione, irrazionale, dalla quale deriva il progresso.

Proprio però seguendo tale ragionamento, mi sovviene alla mente la bellissima discussione fatta poche tornate fa tra queste colonne, approfondita poi in IV grado, sul progresso, e ricordo il mio intervento di allora.

Il progresso non è buono o cattivo, poggia anch’esso, come la ragione, sul pavimento a scacchi dell’animo umano.

Ciascuno di noi, M:. o profano, sceglie ogni giorno come progredire, esplorando i limiti della propria ragione e scegliendo di rispettarli od infrangerli; compito di noi MM:. è quindi quello di agevolare questa analisi e fornire all’Uomo un codice, etico, che consenta a ciascuno di veicolare l’impulso primordiale che ci rende uomini “irrazionali”, per superare i limiti della ragione nel perseguimento di un interesse comune, tenendo alla mente i principi universali che la nostra tradizione promuove, la solidarietà, la libertà intesa nel significato spiegato al profano durante il rituale di iniziazione, l’uguaglianza e la fratellanza, che partono dal necessario rispetto per il pensiero altrui e dall’amore per il prossimo, per la Natura e per la vita donataci dal G:.A:.D:.U:.

E, ne sono fermamente convinto, compito altrettanto fondamentale è quello di mostrare all’Uomo quelle colonne che non devono essere oltrepassate per non contravvenire a quei medesimi principi (e oggi sono ancora molte…).

(e:. c:.)

.

.

Ragione e Fede: potrebbero essere queste le colonne da oltrepassare. Per molto tempo hanno segnato angusti confini della condizione umana. L’una spesso contrapposta all’altra. Schopenauer non ha caso sosteneva che “O si crede, o si pensa”, ovvero “si ragiona”.

La contrapposizione fra Fede (Religione) e Ragione ha trovato il suo culmine nel secolo dei Lumi, quanto si è pensato che la razionalità scientifica dell’Uomo avrebbe potuto plasmare una nuova società libera dal retaggio delle superstizioni e della religione. Alla fine però lo stesso Uomo dei Lumi ha compiuto l’errore di assumere un atteggiamento fin troppo fideistico nei confronti della Ragione (trasformata in Dea Ragione con tanto di templi ad essa dedicati), riproducendo in pratica lo stesso meccanismo della Religione. Solo che l’esasperazione del concetto di razionalità, portato ad un livello di idealità sempre più pura ed estratta, ha finito per rendere la Ragione quasi più disumana della Religione stessa (ed infatti certi eccessi sanguinosi, vedi il “Terrore” di Robespierre, si spiegano proprio con la lucida follia di un’esasperata idea di purezza assoluta della “ragione rivoluzionaria”).

La Ragione ridotta a pura razionalità, a puro metro scientifico dell’etica umana, non ha liberato l’Uomo, anzi lo ha imprigionato ancora di più, negando la validità di ogni suo movente spirituale ed emotivo.

Solo rapportando la Ragione non più alla sola dimensione umana, ma alla Natura nella sua più estesa accezione (come Spinoza l’intendeva) si è ridata “umanità” alla sfera della razionalità. Ed è questa la strada che la Massoneria, credo, sta ancora oggi percorrendo.

(a:. mu:.)

.

.

 

Novembre 2016 e.v.


Lasciaci un commento

Cerchi qualcosa?

Utilizza il campo sottostante per cercare nel sito:

Hai cercato qualcosa che non hai trovato? Contattaci e richiedici l'informazione che cerchi!

Link

Ti raccomandiamo di visitare questi siti web