IL SILENZIO: RIFLESSIONI SUSSURRATE

inserito il 04 11 2014, nella categoria Apprendista, Esoterismo, Tavole dei Fratelli

SILENZIO 1

Tavola del fr:. E:. M:.

“La quinta cosa che si richiede si è silenzio, perocché a vita contemplativa s’appartiene udire il verbo interno, il quale non può udire chi  troppo si sparge di fuori” (Anonimo del XVI secolo)

Un anno di silenzio è la giusta condizione di chi intende percepire o penetrare il senso del proprio cammino che si pone quale ricerca assoluta del sé non solo per se stesso, ma in comunione con i fratelli le cui azioni, gesti, tavole, interventi sono da considerarsi quali esempi  e suggerimenti di vita, di sentire massonico. Nel silenzio che diviene osservazione, ascolto, impatto con il rito ho avuto modo di crescere, di incominciare a strutturare un’idea di universo e di universalità che, in fieri, nel corso del tempo ha assunto un minimo di profilo, di impalcatura che, un domani, potrà portare ad una sostanza sempre più piena di senso e di significato non solo finalistico, ma escatologico.

“Sovrumani silenzi” recita il poeta. E questa è la dimensione dell’infinito che diventa giusta metafora tra ciò che è e ciò che è in divenire. Fisico e metafisico, esistenziale e soprannaturale.

Il silenzio si connota e si sostanzia quale magnifica occasione di fare esperienza del sé tra il “già e il non ancora“. Entriamo, allora, nello specifico dell’analisi.

Il teologo Karl Ranher afferma che l’uomo, proprio per il fatto di esistere, cioè di essere, ha la dimensione esistenziale, ovvero, sensistica e materiale. Nel contempo, l’uomo, per la sua natura finita, ha, in sé, la dimensione soprannaturale che è comune a tutti, anche a coloro i quali asseriscono che la morte sia la fine di tutto.

E questo è incontrovertibile perché, nello stesso momento in cui si neghi che oltre la morte vi sia un’altra dimensione o qualcosa di altro rispetto alla morte stessa, ci si è posto, comunque, il problema, appunto, di ciò che vi sia o non vi sia dopo la fine della vita.

L’esistenziale – soprannaturale, quindi, è un dato di fatto, è una tensione che è insita in ogni uomo. Come, allora, fare questa esperienza, calarla ed estrinsecarla nella vita quotidiana o determinata?

silenzio 3

Il silenzio potrebbe essere una chiave di lettura, un comportamento didascalico e intimistico insieme, per porci in un atteggiamento di auto ascolto, di introspezione, di scavo che, in certi momenti, potrebbe assumere i tratti del solipsismo. Nel silenzio convivono l’attesa, la meditazione, la ricerca, azioni tutte nello stesso essere potenza in attesa di diventare atto.

Il silenzio, in sostanza, è un ritrovare se stessi, o un cercare se stessi, è un guardarsi dentro, è un entrare in contatto con il sé. L’uomo di oggi, al contrario, urla, aggredisce, assorda. E’ un uomo che non fa esperienza del silenzio, ma che, anzi, predilige il rumore, il chiasso che distolgono dalla riflessione, dalla contemplazione e immettono nella confusione e nel caos. Il Silenzio è una buona pratica che deve tendere al bello, a ciò che è puro, al sublime inteso come armonia dell’anima e delle cose.

Il silenzio dispone l’animo alla riflessione, alla meditazione. Il tutto non in senso nichilista o fine a se stesso, perché si finirebbe nell’auto esclusione, nella negazione dell’altro. Il silenzio di cui parlo è, altresì, generatore di ricerca, di studio, di uno stato d’animo che preluda all’ascesi o che debba tendere a fare esperienza del soprannaturale, di ciò che superi i confini del mondo sensibile e che metta in comunicazione, in relazione correlata, l’uomo con il creatore.

Il silenzio diventa, allora, terapeutico, catartico, gnoseologico. E’ suggestivo pensare al silenzio come a qualcosa di ermetico, di chiuso, ma che apre e dispone all’infinito o al non finito. L’esperienza del singolo che non si ferma e non sconfina nella solitudine, ma diviene intuizione, percezione del fine ultimo o, come direbbe qualcuno, della “causa in-causata“,del motore primo dell’universo.

Il silenzio è il fare esperienza dell’infinitamente piccolo che incontra l’infinitamente grande. Il silenzio è “abitare la possibilità“, è ciò che dà il senso a quanto è perché è in quanto tale. Il silenzio è il richiamo dell’essere alla propria origine, alla propria scaturigine ed ecco perché l’uomo deve nutrirsi di silenzio, deve alimentarsi del silenzio. Così facendo sostanzia il proprio essere e giustifica la propria natura umana avvicinandosi all’Ente, all’Architetto dell’Universo che altro non è che la somma e la summa di ogni singolo essere. L’io singolo deve farsi voce del plurale perché l’uno non può esistere e co-esistere senza l’altro. Individualità e collegialità, essere “io” ed essere “noi”, creatura e creatore, argomenti tutti che trovano la loro suprema ed estrema sintesi nel silenzio.

Il silenzio è assenza, ma presenza, è mancanza, ma, al contempo, pienezza. Riprende la stessa funzione che il segno della pausa ha nella partitura musicale. Come asseriva Gould, nelle pause, nelle giuste pause vi è tanta musica quanta nelle note che precedono e seguono la pausa stessa.

Il silenzio è prova di forza, di abnegazione, di dominio del sé nel senso che anche spinto e spronato dal desiderio di parlare astenersi dal farlo è indice di controllo, di esatta cognizione, di rinuncia all’espressione che, nei tratti più forti, assume la connotazione dell’ obbedienza e dell’umiltà. E’ il linguaggio dell’anima, è un meta linguaggio e attraverso il silenzio si stabilisce il dialogo con il fratello che è unito a noi in una catena fraterna, in una “social catena” come recita Leopardi.

Il silenzio, nel suo non essere ciò che è il suo contrario, può assumere le caratteristiche del suo contrario stesso: assenza – voce – presenza.

SILENZIO 2

Il silenzio è la soglia, è l’inizio che predispone alla preghiera, all’afflato, al pneuma, alla comunione con l’essere supremo, è sincronia e sinergia in cui l’anima accoglie in sé l’infinito, si fa tempio di  immensità in cui lasciarsi andare in una comunione totale,pànica. E’ incipit del cammino della saggezza, è la “grammatica” dell’anima. Diviene palestra, esercizio per arrivare a dominare le passioni, per giungere a quella che è la conditio assoluta del saggio, ovvero, l’atarassia, il dominio delle passioni. E’ fare esperienza dell’abbraccio, dell’orizzontalità (la terra) e della verticalità (il cielo), di ciò che entra, scava e trasforma facendoci vivere un modus novus di intendere ciò che siamo. La preghiera, allora, diventa anelito, brama, astrazione, pensiero mistico,anagogia e mistagogia, dimensione logica e alogica, deragliamento dei sensi che si apre ad accogliere la luce, l’energia, il fine ultimo che diventa epifàneia, evento, storia, quotidianità ed umanità. Il silenzio come preghiera è ciò che ci immette nella circolarità esistenziale tra immanenza e trascendenza, tra ciò che è già, l’uomo, e ciò che è la causa di tutto, il sommo essere.

Ho detto

E:. M:.

3 Novembre 2014 e. v. 

 

 

 

 

 


Lasciaci un commento

Cerchi qualcosa?

Utilizza il campo sottostante per cercare nel sito:

Hai cercato qualcosa che non hai trovato? Contattaci e richiedici l'informazione che cerchi!

Link

Ti raccomandiamo di visitare questi siti web