LA METAFORA DELLO SPECCHIO

Il termine specchio viene dal latino speculum a sua volta derivato dalla radice indoeuropea “spek” che significa guardare. E’ foneticamente simile al sanscrito pacyami (io vedo) al greco skep-(tomai), ed al gotico speha da cui l’italiano spia. "Specchio delle mie brame..." nella favola lo specchio magico invia alla Regina Nera la sua immagine speculare, Biancaneve, una Regina Bianca con cui non accetta di condividere il potere: è chiara l’opposizione fra plenilunio e novilunio. Nello specchio si cela anche la perifrasi del grado di Apprendista e di Compagno.

inserito il 18 03 2014, nella categoria Apprendista, Compagno d'Arte, Esoterismo, Simbolismo, Tavole dei Fratelli

SPECCHIO

“La mia forza sta nel non aver trovato risposta a niente”

(E.M. Cioran, Quaderni. 1957-1972) 

Tavola del fr:. A:.  S:.

Lo specchio ha sempre esercitato su di me un fascino particolare, un richiamo a mondi fantastici e surreali che immaginavo di attraversare, quando da bambino giocavo davanti all’enorme specchio situato nella camera da letto dei miei genitori.

E’ proprio da questo “piacevole” ricordo e da una disquisizione semantica sul termine specchio che ho pensato alla simbologia di questo, e di una sua lettura nei diversi gradi a me conosciuti e presenti in massoneria.

Sono partito da alcune considerazioni semiologiche: il termine specchio viene dal latino speculum a sua volta derivato da una radice indoeuropea “spek” che significa guardare, il nome è foneticamente simile al sanscrito pacyami (io vedo) al greco skep-(tomai), al gotico speha da cui l’italiano spia.

Il latino auspicium è quindi intimamente connesso all’azione di specchiare, così come lo spectaculum, ed è interessante notare la somiglianza fonetica tra speculum e specula.

Speculare, che in italiano ha un doppio senso (economico e filosofico), non è altro che l’esercizio di colui che è intento ad osservare con attenzione. Si tratta di una delle principali attività cui è chiamato l’Apprendista in loggia, poiché lo speculum non è il luogo dove si rispecchia l’immagine bensì l’oggetto che rispecchia un’azione attiva e non passiva come si potrebbe supporre.

Mi trovo nel grado di apprendista, seduto di fronte a me un’immagine perfettamente simmetrica e somigliante (abbiamo gli abiti del medesimo colore, la stessa postura), sembra un mio ritratto ed è risaputo che guardare un ritratto è mettersi in rapporto con l’altro, la frontalità è un apostrophe rivolta a chi guarda.

Nasce proprio qui il concetto che tenterò di esporre: ho immaginato il fratello di fronte come una immagine di me, un ritratto mimetico che produce una somiglianza che ha a che fare con l’illusione e l’inganno, come nel mito di Narciso, dove la sua immagine è riflessa dall’acqua calma di uno stagno.

E lo stagno se ci fermiamo a riflettere è un metallo… e proprio dei metalli ci dobbiamo simbolicamente spogliare, liberandoci dei pregiudizi e delle abitudini, di tutte le passioni e conoscenze, per affrontare con mente libera il nuovo percorso di apprendimento.

Il silenzio dell’apprendista è Narciso che si specchia e lo fa riflettere su quell’io (ancora metallico) incapace di aprirsi al riconoscere l’altro, quell’io incapace di accettare di conoscere e di amare l’altro, di avere bisogno dell’altro, per non dover riconoscere che la verità è nell’altro, che la conoscenza è nell’altro.

L’apprendista come Narciso potrebbe vivere a lungo in questa condizione, a patto di non conoscere se stesso.

Ma nel momento in cui rispecchia la sua immagine, questa viene simmetricamente invertita come un impronta sulla sabbia, scatta così il” sottile inganno” perchè nulla appare più simile a noi dell’immagine specchiata, mentre in realtà si tratta di un opposto e forse di un complemento.

Diventa, questa immagine,  il primo gradino dell’autocoscienza del “conosci te stesso” di Socrate e di una delle molteplici morti iniziatiche (l’immagine riflessa dallo stagno fa assumere, all’apprendista, la conoscenza di se attraverso l’altro).

Lo specchio accoglie, trasforma e restituisce,  così come l’apprendista nel suo silenzioso percorso diventa il raccoglitore delle immagini prodotte in loggia, portandole ad una continua riflessione, una riflessione accogliente.

Da tale ri-flessione inizia un nuovo percorso alla ricerca di sé,  proprio come Alice nel Paese delle Meraviglie intraprende un viaggio che le consentirà di scoprire “quanto è profonda la tana del Bianconiglio”, ovvero quanto sia illusoria la cosiddetta realtà in cui si è vissuti sino a quel momento.

Inizia cosi il processo di risveglio che molti cineasti hanno raffigurato con immagini di suggestivo effetto; tra queste quella che mi ha sempre colpìto è rappresentata dal protagonista che tocca uno specchio e ne viene letteralmente inghiottito, attraversando simbolicamente la barriera che separa il mondo illusorio da quello reale.

L’essere catapultato in mondi paralleli è a mio parere la condizione del Compagno, ci si trova in universi paralleli basati sul rovesciamento di prospettiva intrinseco nel mondo dello specchio, universi in cui concetti come giusto e sbagliato, morale e immorale, bene e male si scambiano come il bianco e nero del pavimento del tempio,  mostrando così la profonda ambivalenza della natura umana.

Lo specchio visto nel grado di Compagno è come una porta che si apre su mondi inesplorati, fantastici e magici, ma con l’attenzione e la consapevolezza che il mondo speculare non è necessariamente veritiero.
Questo mondo va rielaborato e invertito per assomigliare nuovamente al mondo che ci si è specchiato.

Come Alice nel Paese delle Meraviglie, il Compagno deve utilizzare questo mondo per specchiare non solo le contraddizioni della vita vista dall’altro lato della medaglia, ma anche quelle del proprio inconscio.
Ciò rappresenta un ingresso alla radice dell’albero della vita.
E qui mi viene in aiuto lo specchio forse più celebre di tutti, quello della regina malvagia della favola di Biancaneve, interpellato con le parole: “Specchio delle mie brame chi è la più bella del reame?”
Questo specchio invia alla Regina Nera la sua immagine speculare, Biancaneve, una Regina Bianca con cui non accetta di condividere il potere: è chiara l’opposizione fra plenilunio e novilunio.
La vera luce è nel novilunio.

Ma chi è che annuncia la luce? E’ la stella di Lucifero, colui che sotto le sembianze di un serpente indica a Eva la mela da cogliere.
E come nella fiaba appare una mela stregata.
L’antesignana di tutte le mele stregate è la mela di Eva, che come sappiamo dona la conoscenza del Bene e del Male ma anche il sonno e la separazione dall’intelletto senza speculazione, la separazione dell’anima dall’Uno.

Ora il cerchio sì chiude con Lucifero portatore di Luce ma anche di Ego, lo specchio portatore di verità, e la mela portatrice di sonno e di parzialità.

Specchiare se stessi equivale a conoscersi, consente uno scambio visibile con una parte non visibile, ma non meno reale e ciò induce un sentimento di reale paura.

Lo specchio rovescia il reale, o ciò che comunemente consideriamo tale, quindi sotto un profilo metafisico la manifestazione è l’immagine speculare e proiettata del Principio.

La nostra vera immagine potrebbe essere dunque quella nello specchio e non quella della fotografia o del ritratto che ai nostri giorni siamo portati a considerare come reale.

Tale punto di vista da significato all’ abitutine presente in molte teologie, di attribuire allo specchio il valore di anima, come riflesso della luce divina.

E quando ci stupiamo perché gli indiani d’America cambiavano l’oro con degli specchietti, dovremmo forse riflettere sul fatto che, per loro, quella strana virtù riflettente aveva un valore sacro.
Ho detto.
A.: S.:

17 Maro 2014 e:. v:.

 

 

 

 


1 Comment for this entry

  • Marina Piano

    La metafora dello specchio offre opportunità di “riflessione”, il percorso introspettivo è certamente un’occasione, mi piace pensare che l’uomo può riflettere anche attraverso l’altro che diventa specchio riflettente e occasione di vedere se stessi attraverso gli occhi degli altri, è un altro percorso di consapevolezza, progressivo certamente al percorso individuale, entrambi mi richiamano il viaggio nel labirinto: la conoscenza di sé attraverso il viaggio introspettivo, verso il centro del labirinto e la conoscenza di sé attraverso l’incontro dell’altro, dal centro all’uscita del labirinto, entrambi attraverso un dialogo costante con lo specchio, con l’atteggiamento accorto di chi è consapevole che lo specchio ha il rischio di riflettere anche ciò che scegliamo di vedere

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