IL COMPAGNO E PROMETEO

Viviamo mai come oggi, dalla rivoluzione industriale in poi, l’epoca di Prometeo. La capacità dell’essere umano di prefiggersi scopi e la predisposizione degli strumenti e i mezzi per la loro realizzazione è l’espressione della naturale razionalità del pensiero umano. Il Compagno d’Arte vive lo status di un “homo faber” che ha messo a frutto, da Apprendista, gli insegnamenti e ora utilizza gli strumenti di lavoro con padronanza.

inserito il 19 11 2013, nella categoria Compagno d'Arte, Tavole dei Fratelli

prometeo

Tavola del fr:. F:. C:.

Da bambino, mi insegnarono come costruire una fionda.

Rimasi affascinato da come un ramo che prima reggeva il peso inconsistente dei passeri e con le foglie faceva ombra ai loro nidi, poteva trasformarsi in un arma con effetti così irrimediabili.

Con un passaggio mentale: idea, azione, prassi o, meglio, idea  – scopo – predisposizione dei mezzi e ricerca tecnica, erano scomparsi improvvisamente  il ramo, le foglie, i passeri.

La comparsa di uno strumento aveva cambiato la mia realtà.

La decisa presenza nel grado di Compagno degli strumenti di lavoro e in particolare del regolo, strumento che consente di tracciare una linea retta, va colta non solo come necessità di imparare l’utilizzo degli strumenti destinati a realizzare i nostri scopi, ma è anche chiave di svolta che consente di spostarsi da un piano tecnico strumentale, quello del fare, ad un piano più elevato, l’agire, inteso come progettualità dell’azione.

Ecco che di pari modo,  la capacità tecnica di tracciare una linea retta, sul piano dell’azione progettuale assurge a regola etica, ovvero quella del corretto agire come regola generale posta a fondamento della prassi, del fare, del costruire dell’essere massoni operativi.

Ogni azione deve essere un’azione condotta secondo regole etiche e non esclusivamente determinare l’agire per il fare. (vedremo cosa si intende fare e cosa si intende agire).

L’incarico e la posizione del Compagno si caratterizza per una forte presenza di strumenti di lavoro chiamati a riconoscimento ed utilizzo e alla loro perfetta compenetrazione o meglio calcinazione, con le arti intellettuali.

Compagno d'arteIl Compagno vive quindi lo status di un “homo faber” che ha messo a frutto, da Apprendista, gli insegnamenti e ora utilizza gli strumenti di lavoro con padronanza.

Questa premessa ci consente di qualificare l’ambiente della camera di secondo grado come un ambiente prometeico.

Viviamo mai come oggi, dalla rivoluzione industriale in poi, l’epoca di Prometeo.

La capacità dell’essere umano di prefiggersi scopi e la predisposizione degli strumenti e i mezzi per la loro realizzazione è l’espressione della naturale razionalità del pensiero umano: per poter giungere all’altra sponda del fiume senza correre il rischio di annegare nei marosi, devo costruire un ponte. 

Il fiume è il flusso della realtà che scorre, è l’espressione della natura nel suo aspetto di “necessità” dell’accadere delle cose secondo l’ordine dell’universo.

Se prima dell’avvento di Prometeo, l’essere umano si ingraziava gli dei affinchè potesse attraversare incolume e salvo il fiume, con Prometeo, l’uomo conquista un affrancamento dal divino, ma un affrancamento pericoloso.

La tecnica consente, attraverso la riproduzione dei processi creativi della natura, di creare un vulnus alla legge naturale.

Questa rottura nella legge di natura crea l’illusione d’immortalità: nessun uomo annegherà più nell’attraversare il fiume.

Ciò che preoccupa non è la fondatezza o illusorietà del pensiero d’immortalità che la conquista tecnica suggerisce o fa intravedere all’uomo; ciò è un effetto positivo: a condizioni determinate il sogno di immortalità è sogno di civiltà che crea futuro possibile.

Eschilo Prometeo : “ho impedito agli uomini di prevedere la loro sorte mortale” . Coro: che tipo di farmaco hai scovato per questa malattia? Prometeo: “ho posto in loro cieche speranze…”.

Ciò che invece preoccupa o meglio deve essere elemento di riflessione è quando l’uomo riconosce nella tecnica ovvero nell’utilizzo degli strumenti non più il mezzo per la realizzazione di scopi dell’agire nel perseguimento del bene e il proprio miglioramento, ma il fine stesso del suo agire.

L’obiettivo dell’agire non è più il perseguire l’armonia della società seguendo un retto consiglio ma si concentra unicamente sulle tecniche per renderle sempre migliori e più vicine a svelare il segreto della natura; il fare per il fare dunque.

L’agire decide sempre quale orientamento dare al fare, che consiste nell’utilizzo delle tecniche per trasformare la materia o liberare la materia da impedimenti (costruire ponti curare da malattie).

Il risvolto negativo della tecnica consiste quindi nella capacità della tecnica stessa di incatenare l’uomo nell’illusione di renderlo libero: Prometeo compie un gesto di “autonomia” decide di sganciarsi dal buon uso della saggezza (Zeus) e si contrappone al “retto consiglio”.

La conseguenze è per un verso che l’etica e la politica, quale emanazione dell’etica nella gestione della società, del gruppo, diventano non più ispiratrici della tecnica ma ancelle della tecnica, quando non sono addirittura subordinate e la rincorrono per dare un contenuto etico alle scoperte e al progresso.

Platone molto chiaramente chiarisce che la politica consiste nel coordinamento delle tecniche e misura del loro esercizio in relazione a ciò che è conveniente e opportuno ovvero la realizzazione del Bene, manifestazione etica dell’idea che regola l’equilibrio del cosmo.

Dare un contenuto etico ad un progresso tecnico già acquisito significa cercare inutilmente di far sembrare buono e giusto ciò che non è nato con questa caratteristica: si innesca un meccanismo di rincorsa che vede l’etica e la politica sempre indietro.

La tecnica infatti fonda il suo progresso su dati scientifici in ogni momento destinati ad essere smentiti e sostituiti da nuovi dati più precisi e corrispondenti, la seconda, l’etica, si fonda su una riflessione umana della realtà e non cambia con la stessa celerità e facilità; cerca punti fermi laddove la tecnica cerca punti mobili per poter progredire.

Tutti infatti capiscono che l’obiettivo originario si è perduto, non è più costruire il ponte per impedire all’uomo di annegare ma  costruire ponti sempre più grandi e resistenti, a costo di sacrificare il bene comune per vincere la battaglia con la natura.

Il dono originario di Prometeo, dato nella convinzione che la natura sarebbe rimasta la dominante: Eschilo Prometeo “ la necessità (natura) è di gran lunga superiore alla tecnica” si è perduto.

E’ superfluo richiamare la vostra attenzione alle questioni etiche che oggi dominano la nostra quotidianità; la procreazione assistita, la ricerca sulle cellule staminali, la manipolazione genetica, l’accanimento terapeutico.

Tutte queste grandi conquiste ci trovano impreparati quando dobbiamo canalizzarle dentro a scopi sociali, ciò perché spesso è il frutto di una ricerca tecnica non finalizzata dall’inizio: lo stato non ha saputo offrire gli obiettivi e conseguentemente un contenitore etico ove riversare i risultati ottenuti, si è limitato a permettere o a fornire le risorse, in termini di mezzi, per avanzare la ricerca senza porsi la domanda circa cosa avrebbe fatto poi una volta ottenuti questi mezzi.

Peggio è stato laddove ha lasciato che gli umori di una collettività scegliesse gli obiettivi o esprimesse un giudizio etico sui risultati.

Bene dunque se ci viene dato un regolo per tracciare una linea retta non dobbiamo pensare che ci sia stato consegnato per tracciare linee sempre più precise.

Il rischio è di non vedere più nulla che si dondola sui rami degli alberi.

 

F:. C:.

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19 Nov. 2013 e.v.

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