IL CUBO E LA SFERA

I due solidi costituiscono la rappresentazione simbolica del lavoro massonico e delle sue finalità: il perfezionamento nella dimensione umana e sociale (il cubo) e l'elevazione spirituale (la sfera). Ma sono in gioco numerose altre valenze simboliche ed esoteriche. Nella compenetrazione mistica dell'una nell'altro si cela forse il segreto della Grande Opera, che in pochi riescono a compiere fino in fondo.

inserito il 27 06 2011, nella categoria Cabala, Esoterismo, Filosofia, Scienza, Simbolismo, Tavole dei Fratelli

Tavola congiunta dei fratelli F:. C:.  e  G:. V:., scolpita in occasione della tornata del soltizio d’estate (22 Giugno 2011), a cielo aperto ed a logge riunite all’Oriente di Ferrara, presso l’Oasi del fr:. S:. V:.

IL CUBO O DELL’IMMOBILITA’

(F:. C:.) Tre colpi di maglietto sulla pietra grezza rivelano quale è il compito quale è la prassi d’azione sulla pietra; sgrossare la sua immobilità per trasformarlo in qualcosa d’altro.

Lo scopo è dunque, almeno apparentemente, quello di ricavare dalla pietra grezza la forma cubica.

E’ tuttavia riduttivo limitare a tale attività di sgrossamento la processione degli eventi: ottenuto il cubo si scopre un nuovo utilizzo dello stesso, il fine ultimo di trasformazione della pietra grezza in cubo si risolve dunque in un nuovo scopo; l’utilizzo del cubo stesso.

Ottenuto il cubo si è di nuovo al punto di partenza; esso diventa la base su cui continuare a costruire, su cui poggiare sempre nuovi mattoni.

Trasformare dunque la materia e aggregare la materia; questo è l’obiettivo finale

Limitato al primo passaggio, il cubo diventa simbolo d’immobilità pericolosa, la staticità della materia inerte, una condizione esistenziale esiziale se non porta ad uno sviluppo del cubo stesso.

Diventa totem, concentrato di mistero imperscrutabile, impenetrabile per la sua semplicità inattaccabile, oggetto di culto.

Il cubo è dunque materia greve nel suo stadio intermedio.

E’ la materia greve, la materia cui l’apprendista parte per scolpire la sua immagine, il suo Universo.

Il cubo è punto di partenza e mai d’arrivo, è potenza inespressa, pericoloso carcere dello spirito.

Nel cubo di Escher l’osservatore è imbrigliato nel gioco che coinvolge il protagonista dell’immagine; così entrambi son stregati dall’osservazione e dalla ricerca dell’arcano che lo sveli.

Il cubo compare in Durer (La Melanconia), è coprotagonista della scena e rafforza il senso di immobilità dei corpi funestati dal nero morbo della malinconia.

Mai affrontare un cubo senza progettualità, finiremmo incarcerati nel suo interno, la gabbia, o persi a rincorrere le facce, come il soggetto dipinto da Escher.

Malinconici, sovrastati dalla inerte materia come in Durer, la pietra cubica è specchio ove si manifesta il fare dell’uomo.

E’ in buona sostanza la rappresentazione dell’uomo nella sua condizione intermedia, sospeso tra il cielo e la terra; si è staccato dalla terra differenziandosi, ma poggia ancora saldamente su di essa (a differenza della sfera il cubo è una promanazione della materia a livello intermedio).

Nell’esporre la sua teoria sulla materia, di suggestiva derivazione neoplatonica (la materia è carcere dell’anima) Michelangelo, a proposito dello scolpire, ci espone un principio vicino a quello massonico del lavorare la pietra: il “concetto” è già circoscritto nel blocco marmoreo, ma imprigionato nel “soverchio” della pietra.

La figura è intrappolata nel marmo, così come l’anima nella prigione del corpo; la scultura, come la vita, è un percorso di purificazione e di liberazione dai soffocanti condizionamenti della materia; leggiamo il sonetto

Tu desti al tempo ancor quest’alma viva

E ‘n questa spoglia ancor fragil’ e stanca

L’incarcerasti e con fiero destino.

La materia è il carcere in cui è imprigionata l’anima, un tempo libera, nel suo manifestarsi nel mondo del creato: occorre di nuovo liberarla dai condizionamenti della materia e restituirla ad una forma nuova e nel contempo originaria (stadio pre-creativo nella mente di dio)

Il cubo è il regno del fare, del costruire, calcolare, misurare.

La riflessione sul cubo, sulla sua essenza e finalità ci porta inevitabilmente e riflessioni di carattere etico sullo scopo della tecnica e delle sue finalità.

Posto che il cubo è il risultato di un’applicazione tecnica sulla materia grezza (intesa come utilizzo di uno strumento artificiale sulla materia, dell’intervento dell’uomo sulla materia per come essa si presenta a noi nel suo aspetto naturale) occorre prendere consapevolezza che il fine non è quello di applicare nel miglior modo la tecnica alla materia, intesa come sviluppo della tecnica al suo grado di massima perfezione, tanto da ottenere un cubo perfetto, quanto, piuttosto, quello di asservire la tecnica e di svilupparla per la realizzazione dei bisogni autentici dell’uomo.

E’ pernicioso dunque sviluppare la tecnica per dimostrare unicamente fino a che punto la stessa può imitare e superare la natura, intervenendo in un ambito fino a quel momento precluso all’uomo e appagandosi unicamente di abbattere sempre più frontiere ritenute impossibili da superare.

Si ripresenta a noi un antico conflitto, di origine prometeica: conflitto tra scienza e religione, tra natura e tecnica: la tecnica deve avere un limite o nessun limite può essere imposto alla tecnica?

Il timore implicito nell’atto donativo di Prometeo sta anche qui: del fuoco l’uomo saprà farne il giusto utilizzo, saprà come usarlo in maniera giusta?

Costruirà utensili per lavorare la pietra ma costruirà case dove abitare i propri figli preservandoli dal freddo e dalle bestie feroci o costruirà forti inespugnabili per dare guerra agli altri uomini?

Forgerà dal fuoco bisturi o lance, ponti per unire o cannoni per dividere?

Questa è la domanda implicita che il massone si deve porre nel momento in cui darà il “primo colpo” di maglietto alla sua pietra grezza.

***

A migliore completezza suggerisco alcuni percorsi culturali di lettura della figura del cubo.

Nelle più antiche scritture e nelle incisioni rupestri, il quadrato sta a significare l’idea di recinti, di casa, di paese, di campo.

Nell’architettura di vari popoli troviamo fin dai tempi remoti, edifici a pianta quadrata, soprattutto negli edifici di uso collettivo, religioso o di difesa; molti castelli avevano pianta quadrata. Un reticolo quadrato regola la pianificazione di molte città.

In quasi tutto il mondo i caratteri delle lettere dell’alfabeto sono strutturate su moduli quadrati. All’interno degli spazi cubici si trovano triangoli equilateri e tetraedri che sono in perfetta relazione col cubo che li contiene. 
Un esagono taglia in due parti uguali un cubo.
Un quadrato taglia in due parti uguali un tetraedro.
Un cubo snodato con i lati rigidi si trasforma in tetraedro. 
Un insieme di cubi dai lati rigidi ma dai giunti snodabili genera una delle forme fluttuanti nello spazio

Nell’architettura cristiana ll cubo rappresenta la base delle basiliche su cui poggia la cupola intesa come unione del cielo con la terra, del divino che si cala nell’umano, del trascendente che si manifesta nell’immanente, di Cristo che si fa uomo. Ho allegato alla tavola alcune piante disegnate da architetti famosi (nella fattispecie: uno schizzo di Leonardo Da Vinci per il progetto di una chiesa a pianta centrale e cinque cupole, e la pianta per la chiesa di San Giocani de’ Fiorentini elaborata da Michelangelo nel 1559).

Nella cultura ebraica Metatron  è il nome di un angelo del Giudaismo e sotto certi aspetti anche del Cristianesimo, in quanto esso viene descritto in alcuni testi non canonici per la Chiesa Cattolica, come il Libro di Enoch, il quale però è ritenuto canonico dalla Chiesa Cristiana Copta.

Nei primi scritti cabalistici è scritto che Metatron diede forma al cubo a partire dalla sua stessa anima.

L’idea è anche presente in alchimia, dove il cubo di Metatron viene indicato come un cerchio di contenimento o di creazione.

Nella cultura islamica che alle origini appare contaminarsi con quella giudaica ed entrambe come sappiamo di ispirazione egizia, contemplano numerose ipotesi sulla figura del cubo:

“Al quaeda” in arabo la Base

Al Kaba in Arabo è il cubo

La parola “la Kabala”, non nascondo in forza di una probabile forzatura semantica, tuttavia suggestiva, si tradurrebbe in arabo come la scienza del cubo.

Probabilmente per il ragionamento associativo concettuale che vuole lo studio dell’alfabeto ebraico come “base” per la creazione e spiegazione del creato e per rivelare il mistero delle forme complesse ritornando alle basi elementari del fenomeno di creazione; associazione ed unione attraverso combinazioni e permutazioni di elementi “basici” quindi forme geometriche primordiali quali il cubo.

Le ventidue lettere dell’Alef-Beit ebraico sono chiamate dal “Libro della Formazione”, le “pietre” (evanim), che il Divino Architetto ha usato per costruire la “casa” che è la creazione. Ogni lettera, lungi dall’essere una semplice convenzione umana sul come rappresentare un elemento fonetico del linguaggio, è in realtà uno degli agenti essenziali del processo creativo.

Da ultimo vi suggerisco  i Mandala (lett. cerchio); un disegno composto dall’associazione di diverse figure geometriche, le più usate delle quali sono il punto, il triangolo, il cerchio ed il quadrato. Queste figure rappresentano spesso solo una base su cui vengono poi aggiunti altri oggetti.

Il Mandala rappresenta secondo i buddhisti il processo secondo cui il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consente una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente.

F:. C:.

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L’ESOTERISMO DELLA SFERA

(G:. V:.) È inevitabile che un senso poco esaltante di incapacità, ci sorprenda al momento di prendere la penna per esprimere qualche pensiero su un tema qualunque.

Scrivere del simbolismo della sfera in realtà mi attrae molto: mi piace la forma della sfera, la sua morbida immagine mi richiama il soffice corpo di donna, una sfolgorante luna piena di agosto, una vela rigonfia del vento scirocco, quando timorose vibrazione di arpa scuotono le sartie d’acciaio e la prua crea un solco pronto a richiudersi a poppa.

La sfera è un simbolo talmente bello, che parlarne mi appare quasi sacrilego, la straordinaria “simulazione” del linguaggio umano non può esprimere nel suo totale fulgore l’armonia della sfera. Da dove vengono le sfere? Dove vanno? Chi le ha inventate? Perché le hanno inventate? Io credo che la vera e profonda manifestazione della Natura sia rappresentata molto spesso, forse sempre, da linee curve. Partire dal cerchio: quello solare, quello lunare, il gioco dell’acqua quando, cadendovi un sasso, si agita creando cerchi concentrici che si allontanano sino a rompersi in bianche spume sulle sponde della taciturna fontana.

Innumerevoli sono stati gli studi su questo solido geometrico, creato un giorno lontano dagli dei: partirono certo da un cerchio, che un perno non molto dopo trasformò in ruota, formidabile ed utilissimo strumento per l’uomo e per il suo lavoro, per le sue lotte, per le sue invenzioni, ancora oggi presenti negli artefatti umani che vanno dal carro alla bicicletta, dall’automobile, all’aerorazzo, dai dimenticati ingranaggi d’acciaio, ai tondi bottoni delle pulsantiere che regolano le energie delle nuove strutture digitali dominanti il nostro mondo terrestre.

L’esoterismo della sfera ci porta ad una analisi che veda nel compasso lo strumento generatore, all’inizio del ciclo. La capacità creativa del compasso riesce in un certo senso a giustificare la bellezza del cerchio prima e della sfera poi in una successione temporale che oggi ci sembra “scontata” in uno svolgersi rapido di tempo ma che potrebbe invece aver comportato qualche lungo decennio.

Le numerose ricerche che menti illuminate hanno esperito sulle motivazioni della nascita della sfera non hanno raggiunto risultati apprezzabili ma vi è un motivo che mi spinge a ritenere che il senso magico della sua apparizione sul palcoscenico del nostro pianeta e probabilmente nel creato derivi da un principio fondamentale della statica e dall’equilibrio dei sistemi: il principio del minimo lavoro. Questa costatazione, che appare nella sua “magia” profondamente “sacra”, vuol significare che, in natura, ogni manifestazione si avvale, per affermarsi, della strada meno faticosa: ecco quindi che possiamo evidenziare le seguenti precisazioni:

A)    Il cerchio è la superficie piana la quale a parità di area ha il perimetro “più corto”.

B)    La sfera è il simbolo tridimensionale che, a parità di volume, ha la superficie contenitrice di area totale più ridotta.

Ciò significa che, ad esempio, volendo eseguire delle “bolle di sapone” secondo il metodo noto ai bambini, otterremo solo e sempre delle sfere e mai altri tipi di solidi (cubo, cono, piramide, ecc.). Le tensioni superficiali che sono presenti nel velo di sapone della bolla danno una somma finale inferiore a quella ricavabile da qualsiasi altra forma solida.

Così il fulmine cadendo dalla nube verso terra o viceversa, balzando dalla terra verso la nuvola, non sarà di tipo rettilineo assoluto ma seguirà un percorso che sfrutterà, quasi sapendolo in anticipo, gli strati di atmosfera di “minor resistenza”.

Questo principio è la vera “base” sulla quale si sono sviluppati astri, pianeti, galassie, dove le forme rispondono tutte nello spazio tridimensionale, alle sfere ed in quello bidimensionale (piano) ai cerchi, alle ellissi ed a consimili configurazioni.

Invano R.Guenon si sbraccia scagliando i suoi anatemi contro l’abbandono dei principi tradizionale da parte della umanità (siamo nel 1910/1920) e parla e scrive di “materializzazione del pensiero” anzi di “solidificazione” del mondo adducendo a giustificazione della sua visione che la Scienza del suo tempo fa indietreggiare senza posa i confini del mondo conosciuto,  quando è vero esattamente il contrario; << mai – egli prosegue – questi confini sono stati così angusti come lo sono molte concezioni ammesse dalla futura scienza profana. >>

Affermazioni queste che confermano, se mai ve ne fosse bisogno, l’equilibrio presente nella nostra Istituzione Muratoria che invita a porre sempre la parola “DUBBIO” davanti ad ogni affermazione categorica.

Senza con questo  voler fare della Scienza il “Fine” per il quale su questo pianeta si è manifestata l’autocoscienza umana non vi è chi non veda come la stessa rappresenti lo strumento fondamentale per giustificare, seppur in maniera insufficiente, la esplosione della mente e della evoluzione culturale nella Società umana.

Pur lasciando il “CASO” fuori dalla tenzone (ovviamente sapendo che è una entità potente e da prendere con estrema cautela) potrebbe essere una “predizione” abbastanza coerente l’affermazione che veda i principi religiosi, il postulato di oggettività della natura, e la forza della Scienza, alleati per tentare di risolvere il grande mistero della esistenza della Consapevolezza (Io so di pensare) presente nel nostro universo.

È una caratteristica essenziale della sfera quella legata alla “immutabilità”: comunque essa ruoti, il suo aspetto esteriore ed interiore non cambia a differenza del cubo la cui caratteristica è l’immobilità (la sua base quadrata ne fa un solido molto equilibrato e di importante staticità).

Pur rispondendo gli astri alle forme fondamentali (cerchio e sfera) il loro moto è difforme e quasi mai si muovono su dimensioni circolari o sferiche. Loro caratteristica è il movimento su figure curvilinee (ellissi, parabole, iperboli, ecc.) solo forse eccezionalmente (dato l’enorme numero di stelle e galassie – si parla di miliardi di miliardi) regolari secondo il profilo classico.

La storia antica della sfera è ignota ma taluno parla (e forse sarebbe meglio tacere) che gli uomini primitivi fossero unisex, con strutture a palla e quindi orribili da vedersi con gli occhi odierni.

L’unisex fa “paura” quando le attuali strutture umane sembrano così ben congegnate da dare, forse solo esse, qualche breve istante di felicità e di abbandono totale al duro destino dell’Uomo.

Nello studio delle forme geometriche, piane o bidimensionali, il cubo rappresenta la terra in correlazione con il cielo, di cui la sfera è espressione dell’essenza: ecco quindi una caratteristica delimitazione delle due forme:

il cubo  à la Terra

            la sfera à il Cielo

Queste definizioni, dal carattere strettamente indicativo, richiamano alla attenzione gli strumenti idonei rispettivamente a tracciarli.

Come è ben noto essi sono la “squadra” per il Cubo ed il “compasso” per la Sfera.

E nel rincorrersi delle analogie, se non proprio delle equivalenze, che le considerazioni sopra riportate tendono a richiamare, balzano agli occhi la forma del Paradiso terrestre (circolare)(inizio del ciclo) e quella della Gerusalemme Celeste (corrispondente alla fine del ciclo) che è quadrata: il richiamo alla sezione orizzontale dall’ “Uovo del Mondo” cioè alla forma circolare consustanziale con la forma sferica universale e primordiale.

È opportuno notare che il cerchio cui si fa qui riferimento ha il proprio centro (che è quindi anche il cerchio della sfera) e quindi nel mondo supposto di forma essenzialmente sferica quale punto di partenza di quattro fiumi infernali:

1) lo Stige: fiume infernale che circonda gli inferi. La dea Teti, madre di Achille, vi immerse il figlio per renderlo immortale, tenendolo per un calcagno che non fu quindi bagnato dalle acque magiche e che costituì quindi il punto debole della invulnerabilità di Achille. Da questa leggenda è derivato il motto, per il punto debole di qualsiasi struttura, di chiamarla “il tallone di achille”.

2) il Cocito: fiume dell’Averno dalle acque melmose. Nell’inferno dantesco è un lago gelato del IX cerchio in cui sono puniti i traditori.

3) il Flegetonte: fiume infernale le cui acque confluiscono nell’Acheronte. Nell’inferno dantesco è un fiume bollente, color rosso-sangue dove sono puniti i violenti.

4) l’Acheronte: fiume dell’inferno che ha preso il nome dal mitico fiume infernale che potevano attraversare solo le anime dei defunti che avevano ricevuto sepoltura.

Ciò richiama la relazione fra il cerchio ed il quadrato e quindi ritorna l’Uovo del Mondo quale centro dell’Universo. A tal riguardo è necessario precisare, secondo Renè Guenon, che l’Uovo del Mondo è la figura non del Cosmo nel suo stato di completa manifestazione bensì va riferito a partire dal punto da cui prenderà inizio il suo sviluppo. Se tale sviluppo si intende come una espansione (e tale pare che sia ai tempi dell’attuale astrofisica) che si compie in tutte le direzioni a partire dal punto di inizio è evidente che questo punto coinciderà con il centro stesso.

L’Uovo del Mondo è quindi effettivamente centrale in rapporto al Cosmo (non essendo infinito il nostro universo deve avere un centro).

La figura biblica del Paradiso terrestre (che è anche il centro del mondo) può dunque essere considerata la sezione orizzontale di una forma ovoidale oppure sferica (quest’ultima rappresentando la forma primordiale estendendosi ugualmente in tutte le direzioni a partire dal centro). R.Guenon precisa anche, a proposito della forma sferica, che nella tradizione islamica la sfera di pura luce primordiale è anche il cuore del Mondo e l’intero Cosmo è vivificato dalle pulsazioni di questa sfera.

Intorno all’Uovo del Mondo e all’omphalos [parola greca il cui significato è esteso. Significa: ombelico ma anche in generale tutto ciò che è CENTRO ed in particolare il mezzo della ruota (quest’ultimo è il simbolo della ruota). Può avere anche il significato di centro spirituale. Ha spesso forma ovoidale] la simbologia configura spesso un serpente arrotolato.

L’uomo ha nei confronti del Cosmo, nel suo insieme, un ruolo “intermedio” paragonabile a quello che nell’essere vivente ha l’anima tra lo spirito ed il corpo: l’uomo è figlio del Cielo (senso dinamico o genetico) e della terra (senso statico). Analogamente la “sfera” può considerarsi l’elemento intermedio tra le terra (il cerchio) e l’universo (di cui la sfera può configurarsi come il Cielo).

Come, per quanto riguarda l’Uomo, la sua interpretazione tradizionale sia ternaria (spirito, anima e corpo) così per quanto attiene la sfera l’analogia ci riporta dal compasso (strumento generativo primordiale) al cerchio (derivazione primaria planimetrica) ed infine alla sfera (stazione finale tridimensionale).

Io Possiedo una piccola sfera di Cristallo, ha un lungo gambo sottile ed, al suo interno, un seme minuscolo, splendente, cristallo adatto per farti sognare, se lo fissi a lungo.

Magica sfera, perfetta nelle sue forme rese sacre da un universo dove ogni cosa è  soffice, arrotondata, in attesa di una carezza: nessuno spigolo, nessun angolo a costringerti a cambiar direzione, vai e cammini, cammini e ritorni sempre sopra i tuoi passi, su la sabbia dove le tue orme sono scomparse, disperse dal vento della vita, nel viaggio che è sempre un “ritorno” nell’abbraccio dello spazio e del tempo.

Vorrei dedicarti, sfera della mia vita, un inno di ammirazione e di amore, ma sosto invece in una pagina del bel saggio do Giuseppe Conte “Terre del Mito” di cui trascrivo il canto magico dei pescatori islandesi, anche se nel nostro caso, va riflessa per forza solo un’analogia:

Tu, re della luna

Tu re del sole

Tu re dei pianeti

Tu re delle stelle

Tu re del globo

Tu re dei cicli

Oh, il tuo vivo aspetto

Tu splendido raggio!

L’armonia delle sfere ci consente questa strana divagazione.

Ma il tempo, tiranno, ci riporta nel suo spazio ed alle sue relative dimensioni dove la totalità celeste – terrestre si manifesta stupendamente nelle coppie cubo-sfera; nella architettura invece la coppia si esprime generalmente sotto forma di un quadrilatero sormontato da una sfera o più frequentemente da una cupola( es. S.Pietro in Vaticano).

Vi è una arcana discesa di Dio che scorrendo dalla sfera al cubo rappresenta simbolicamente la “incarnazione”, laddove all’inverso esotericamente nel passaggio dal cubo alla sfera vi è un sacro ritorno dal “creato” all’increato (dalla Terra al Cielo), nella perfezione del ciclo compiuto.

Nel Timeo di Platone l’universo ha la forma di una sfera, dove essa può comprendere in se tutte le figure e quindi tutti gli esseri viventi; secondo il “Simposio” prima della divisione dei sessi l’Uomo originario era, come già accennato nelle premesse, di forma sferica; infatti ( vedi il Dizionario dei Simboli) di J.Chevalier l’androgino originario era concepito comunemente come “sferico” in quanto, al livello delle culture antiche, la sfera rappresentava la perfezione e la totalità e quale figura simmetrica per eccellenza era simbolo di ambivalenza (tale ipotesi è ancora presente in alcune popolazioni isolate australiane).

Ed ancora sembra opportuno ricordare che, secondo i profeti, da Dio emanano tre sfere che vanno a riempire i tre Cicli:

1)      la prima sfera (dell’Amore): rossa

2)      la seconda sfera (della Saggezza): azzurra

3)      la terza sfera (della Creazione): verde

Il profeta Al Ferabi (scienziato mussulmano di origine turca che fu detto “il secondo maestro” dopo Aristotele) tentò un sincretismo fra la filosofia aristotelica,  filoplatonista e Islam secondo la teoria delle “emanazioni” partendo dalla emanazione della sfera superiore e, proseguendo dal secondo intelletto che produce intelletto e sfera, giunge al nono intelletto che produce il decimo intelletto e la Luna (teoria centrale di Avicenna filosofo e medico mussulmano che produsse una enciclopedia in 5 libri contenente il “Canone di Medicina” tradotto in latino e testo per lungo tempo nelle università europee).

Forte impatto con la sfera ha la cupola che rappresenta universalmente la Volta Celeste. Nel suo complesso l’edificio a cupola, poggiante spesso su quattro pilastri, è la immagine stessa del mondo, che la mitologia cinese rappresenta come una “tartaruga” il cui guscio è rotondo al disopra e piatto al disotto. Questa immagine piuttosto rozza e primitiva fu molto utile ad una gentile ed anziana signora la quale ad un convegno di astrofisica di alcuni decenni fa rispose ad una diretta domanda rivoltale per sapere come concepiva il mondo << ma, carissimo professore, è molto semplice: il mondo si regge poggiando su un guscio di tartaruga! >> << E la tartaruga – proseguì l’interlocutore – come si comporterà? >> << Naturalmente appoggiandosi su un’altra tartaruga >> e così di seguito sino al calare del sipario.

Ma infondo la vita è una cosa troppo importante perché se ne possa parlare sul serio.

 G:. V:.

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