Capitolo VIII: IL FASCISMO, LA MASSONERIA SMEMBRATA

inserito il 20 06 2011, nella categoria Palazzo Giustiniani, Storia

 

Ernesto Nathan aveva già ricoperto quella prestigiosa dignità prima della scissione, dal Giugno del 1896 al febbraio del 1904.  Non trovandosi, come si è detto, una forte personalità per sostituire a Ferrari, durato in carica 17 anni, si è ricorsi al  “vecchio maestro della massoneria”, così come qualcuno con appropriata, ma non malevola immagine, lo ha chiamato.

In due anni, prima che nel 1919 lo sostituisca nell’alta dignità Domizio Torrigiani, darà un vigoroso impulso al Palazzo.

Crea un “Comitato dei reduci”, la cui gestione affiderà alle Logge Romane, per raccogliere i fratelli che tornano dalla guerra e sopperire alle loro esigenze.

Per fare questo occorrerà una burocrazia sollecita e disponibile, ed ecco che i suoi sforzi, in vero in buona parte premiati, mirano ad acquisire alla Massoneria la classe dei funzionari. In buona parte vi riesce, così da trarre la sensazione di una nuova potenza della Massoneria. Anticiperà in parte l’errore, sempre giustinianeo, degli anni recenti, perché cercherà una Massoneria più “operativa” nel profano, che “speculativa” come la vera Massoneria dovrebbe essere.

Chi vuole fare carriera bussa alla porta dei Templi: tanti prefetti e questori sono massoni, così come tanti direttori generali e capidivisione.

Questo triste fenomeno, che di Massoneria ha ben poco, fa sì che la somma dei piedilista delle famiglie massoniche raggiunge totali di decine di migliaia di unità. Ma sono fratelli? Si squaglieranno come neve al sole alle prime avvisaglie contrarie, e resteranno i veri Fratelli, quelli che hanno compreso cosa è l’autentica Massoneria.

Il fenomeno, comprensibilmente umano, si verifica tutt’oggi. Non è più il funzionario – ché il “funzionarismo”, pur ancora efficiente, è stato spento – ma è il partito, qualsiasi partito, grazie alla “lottizzazione”, che garantisce la carriera. Ed ecco l’amaro spettacolo odierno della corsa alla ricerca di una tessera, vuoi per avere una cattedra, vuoi per avere un posto di spazzino.

Abbandonando questa digressione e tornando alla Massoneria del primo dopoguerra, apparentemente potente, troviamo che essa deve fare i conti con il nascente fascismo. Un totalitarismo, già si è detto, non lascia spazi, né ideologici, e tantomeno di potere, anche il più spicciolo.

L’avanzante bufera fa esplodere le sue prime folgori nel 1923, quando, il 23 Febbraio, il Gran Consiglio del Fascismo sancisce l’incompatibilità fra l’iscrizione al PNF e l’appartenenza alle Logge, benchè in quel consesso numerosi fossero gli affiliati all’Ordine e la decisione fosse presa non senza contrasti (1).

La disposizione emanata dal partito crea disagio in molte federazioni dei fasci. Molti federali, come quello di Piacenza, Barbiellini Amidei, sono notoriamente iscritti alle Logge; molti nei fasci sono massoni: gli ex-interventisti, i nazionalisti, i reduci dall’impresa fiumana. Massoni dell’una e dell’altra sponda. Per la verità, meno i giustinianei.

E’ ancora una fase confusa e la Massoneria si illude di poter convivere con il nuovo regime. L’arroganza del totalitarismo dovrà ancora esplodere. Scriverà Ettore Ferrari, nel frattempo divenuto Sovrano Gran Commendatore, in una Balaustra (2) indirizzata a tutte le Camere Superiori del Rito (creato a Palazzo in contrapposizione al Rito di Piazza del Gesù): “Non serbiamo rancore al giovane partito (fascista – ndr), che nel tumulto dell’azione non ha forse ancora trovato l’agio delle tranquille meditazioni”. Belle parole e tanto ottimismo, così come si legge alla fine della Balaustra prima del suo triplice fraterno amplesso. “… Confido che chi dovesse – nelle presenti contingenze – allontanarsi da Noi, porterà nel fascismo il fervore delle aspirazioni civili ed umane cui fra Noi è stato educato, e mando il più affettuoso saluto a quanti, iscritti ai fasci, vollero in questi giorni confermarci la loro immutabile fedeltà alla Istituzione”. Si piega forse la schiena, ma ancora non ci si arrende. Forse si spera in un compromesso. Ma questo non è possibile. Altri eventi sopraggiungono: il mancato attentato a Mussolini di Tito Zaniboni, massone, il delitto Matteotti, che consentono al fascismo di imporsi come totalitarismo. E la Massoneria ne farà le spese. Si inventerà – quale monotona scusa – anche un tentativo di golpe (3), per giustificare l’assunzione del potere assoluto e varare una legge contro le “associazioni segrete”.

Il progetto di tale disposizione liberticida viene presentato alla Camera da Mussolini il 12 Gennaio 1925. L’approvazione non si fa attendere: vi saranno solo 2 astensioni su oltre 270 votanti.

Le legge (4) che non cita esplicitamente la Massoneria, di fatto ne decreta lo scioglimento, e se prima a questo fine avevano agito isolate squadracce con criminali azioni terroristiche, ora dal ministro degli interni Federzoni sono “legalmente” chiamati in questa azione anche i carabinieri e la polizia.

Le persecuzioni ed il terrorismo si accentuano; il loro crescendo è impressionante. La notte del Capodanno 1925 viene assaltata, perquisita e messa sossopra la casa di via D’Azeglio a Bologna dell’anziano avvocato Eugenio Iacchia, alto dignitario massonico. Con estremo garbo il venerando legale inviò un’inutile protesta al ministro degli interni Federzoni, capo della polizia “Quando nel 1899 l’antica monarchia austro-ungarica mi perseguitava per i miei sentimenti irredentisti – scrive – il comportamento delle autorità era incomparabilmente più mite di quello odierno dei miei stessi compatrioti”. Ma già precedentemente vi erano stati assalti e devastazioni a Prato, a Termoli, a Pistoia, dove, da quelle Logge erano stati asportati anche gli archivi poi bruciati nelle piazze.

Gli assalti erano in precedenza contro le sedi giustinianee e trovarono il culmine a Firenze la notte del 25 Settembre 1925 (5). L’assalto cominciò a casa dell’anziano Maestro Venerabile Napoleone Bandinelli. Fu trascinato a forza per le strade poiché lo si voleva condurre alla Casa del Fascio per ottenere da lui informazioni sull’organizzazione liberomuratoria in Toscana. In difesa del suo Venerabile accorse un fratello, suo vicino di casa, Giovanni Leporini, ma fu bloccato, seviziato e massacrato. Il suo cadavere fu trovato presso i cancelli del Mercato Centrale accanto a quello del suo Maestro. L’ex deputato Gaetano Pilati, mutilato di guerra, e l’avvocato Gustavo Consolo furono finiti a revolverate nei loro letti, ove le squadracce li avevano sorpresi.

Devastazioni dei Templi, con distruzione di archivi, si susseguono in tutt’Italia. Ovunque si verificano anche sparizioni di arredi e di preziosi cimeli.

La stessa sede di Palazzo Giustiniani non è esente da queste “perquisizioni” che spesso si risolvono in razzie. Dal palazzo, oltre ai carteggi (6), spariscono statuette di valore (7) e lo splendido gioello del Sovrano Gran Commendatore, insegna dell’alta dignità, formato da una crice di diamanti con al centro un “33” sormontato da una corona di smeraldi.

I massoni più autorevoli venivano intanto denunciati quali “nemici dello stato”, trascinati dinnanzi al Tribunale speciale e condannati per “attività sediziosa e sovversiva”. Lo stesso Gran Maestro Domizio Torrigiani viene condannato al confino nell’isola di Ponza.

Altri dignitari si sono rifugiati all’estero. Anche se Torrigiani dal confino, ed altri dignitari dall’estero, tentano di tenere unita l’ormai sparsa Famiglia, le Logge non possono più funzionare. I Templi sono chiusi, le clandestine riunioni massoniche rappresentano un rischio che promette la prigione.

Non vi è neppure bisogno di mettersi in “sonno”: presso chi, infatti, presso quale autorità massonica è possibile denunciare quella decisione di attesa che ad un fratello è consentita? Ma la Massoneria anche se ufficialmente cancellata – il Governo ha confiscato i reperibili beni massonici fra i quali Palazzo Giustiniani – non è spenta, e seppure costretta ad una apparentemente sterile vita cospirativa da vecchio retrobottega di farmacia, terrà sempre viva la fiamma ideale. Anche se anni peggiori, dopo il periodo persecutorio che va, nella sua fase acuta, dal ’23 al ’29, dovranno venire, quando in Germania verranno varate le leggi razziali che l’Italia, pur attenuandole, scimmiotterà.

Il totalitarismo tedesco ha già drasticamente cancellato dalla Germania la Massoneria (8), definendo i massoni “giudei dalle sembianze ariane”. In Italia, l’indefinibile nemico del fascismo diventa il “demo-iudo-masso-pluto… ecc.”. Ce n’è per tutti, ma in particolare per ebrei e massoni, accomunati. E quelli di loro che possono, specie se rivestenti la duplice veste, se ne vanno esuli. Dal ’36 fino all’inizio del secondo conflitto mondiale, questo esodo sarà intenso. Qualche esponente massonico tenterà perfino di dar vita ad un Grande Oriente d’Italia in esilio, come Arturo Labriola a Londra; altri a Parigi, altri in Sud America.

Alla caduta del fascismo, alla fine della guerra, si potranno contare sparse in vari paesi stranieri, su tutti i continenti, più di un centinaio di Logge italiane (9). Ma, se pure ne trarrà giovamento la fiamma massonica che non si spegne, la Massoneria italiana finirà per ritrovarsi da ciò maggior confusione: massoniche sì quelle Logge, ma di quale Obbedienza? Regolari, secondo la Costituzione dell’Ordine, o monadi sparse?

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