IL MALE E IL DOLORE NELLA TRADIZIONE GIUDAICO-CRISTIANA E GRECO-ELLENISTICA

Probabilmente la teoria del peccato originale non è mai stata in “mente dei”, ma solo teorizzata dagli uomini per un uso speculativo e coercitivo delle coscienze. Ciò comporta anche una svalutazione della vita terrena intesa come ”valle di lacrime” e di dolore che deve essere accolto come mezzo espiativo per raggiungere “nuovi cieli e nuove terre” promessi dai profeti. Differentemente la cultura greca non ama il dolore, perché ama la VITA e tutto quanto concorre al suo miglioramento e potenziamento.

inserito il 16 05 2011, nella categoria Filosofia, Religione, Tavole dei Fratelli

 

Tavola del fr:. N:. P:.

 

Dio disse ad Adamo:”La terra sarà maledetta per colpa tua. Essa ti produrrà spine e triboli . Col sudore di tua fronte mangerai il pane , finche tornerai alla terra da cui sei tratto, perché tu sei polvere e polvere tornerai”.

Genesi,3,17-18.

 

Tutto l’impianto della religione cristiana si basa sull’assunto del peccato originale: la colpa del capostipite ricade su tutta la progenie per l’eternità. Successivamente il figlio si fa padre per riscattare sulla croce il peccato di Adamo.

Oggi se si pensasse di far ricadere sui figli le colpe dei padri, si griderebbe alla peggiore delle tirannie, nella cultura morale e giuridica moderna, infatti, la responsabilità è personale e individuale. Solo nelle culture arcaiche la responsabilità è tribale, razziale e ricade sulla comunità, finche la memoria dura. E spesso dura a lungo. Dio appare così più vendicativo del più vendicativo degli uomini.

Non mi è difficile affermare che, per parte mia, forse la teoria del peccato originale non è mai stata in mente dei, ma solo teorizzata dagli uomini per un uso speculativo dello stesso.

Di fronte al dolore,alla sofferenza e al male in genere che in terra risulta difficile giustificare, l’uomo ha sempre pensato di essere decaduto da una condizione paradisiaca nella visione giudaico-cristiana,o da una condizione celeste dove l’anima viveva non imprigionate nei limiti della carne nella tradizione filosofica inaugurata con Platone.(anche si tratta in realtà di due posizioni diametralmente opposte, nella tradizione giudaico-cristiana il paradiso è un dono assoluto di Dio per l’essere umano, mentre nelle visione platonica si tratta di una conquista dell’Uomo).

Ma solo nelle tradizione giudaico-cristiana questa caduta, ipotizzata per giustificare il dolore e le pene,è unita ad una “colpa”che richiede una riparazione in vista della redenzione.

Il dolore è castigo e momento catartico, pena ed evento purificatore. Un necessario percorso nel doloroso cammino verso la salvezza. Il dolore-castigo è redenzione e salvezza.

In una tale prospettiva, il dolore non è pensato come elemento costitutivo dell’esistenza stessa dell’uomo, ma come colpa dell’esistenza e mezzo del suo riscatto.(Il male e il dolore compaiono solo dopo la caduta dal paradiso).

Per la cultura greca, al contrario, il dolore non è la conseguenza di una colpa, ma elemento costitutivo della stessa esistenza, immagine della caducità delle stessa vita, in cui non bisogna illudersi con speranze ultraterrene.

Accolta la caducità della vita,occorre poi viverla in tutta la sua espansione e in tutto il suo contrarsi(morte). Questa è la condizione dell’UOMO greco,e nessun mito o religione può modificarla. E’ quella greca una visione solo apparentemente pessimistica e di mera accettazione del destino ultimo dell’uomo, che al contrario tanto può fare  in questa vita.

Nel cristianesimo quindi la sofferenza è la conseguenza di una colpa che necessita di redenzione,

conseguentemente l’esistenza che si compie su questa terra è vissuta solo come un transito.

L’aspettativa del futuro (ultraterreno) lenisce il dolore. Chi oggi soffre domani sarà liberato dal dolore.

Il dolore non appartiene alla vita, ma è capitato alla vita terrena a seguito di una colpa, e quindi come qualcosa di assolutamente separato dalla vita stessa.

Ciò significa che la vera vita non è sulla terra, perché  la vera vita non conosce il dolore, la vita per cui siamo nati non è terrena.

Ciò comporta una svalutazione della vita terrena ”valle di lacrime”(individualismo) che , come dicono i profeti, trova la sua giustificazione nell’attesa di “nuovi cieli e nuove terre”.

Agostino,dottore della chiesa e oggetto di profondi studi da parte di J. Ratzinger dice:”in interiore homine habitat veritas”. Occorre che l’uomo cerchi solo al proprio interno la verità e la salvezza.

Ecco perché Max Weber afferma che il cristiano non è un buon cittadino. E se lo è, lo è solo per convenzione o educazione, ma non per VOLONTA’, in quanto altra è la vita per il credente.

Per gli stessi motivi,al contrario,il greco è un ottimo cittadino,a tal punto da affermare che il concetto di “cittadino” nasce ,guarda caso in Grecia. Leggi:”polis”.

Per questo, il dolore nella tradizione cristiana, non va solo sopportato ma anche amato.

Differentemente la cultura greca, non ama il dolore, perché ama la VITA e tutto quanto concorre al suo miglioramento e potenziamento. Non a caso la filosofia nasce in Grecia, perchè i greci amavano la vita.

Tuttavia, a differenza di noi moderni, occorre amare la vita con prudenza e moderazione, cioè con “misura”, perché senza misura ogni virtù decade e degenera.

La “virtù” per il greco come la “virtus” latina è la capacità di migliorare ogni condizione avversa che si presenti all’uomo, virtù e lotta sono elementi costitutivi dell’uomo greco e latino ante-cristo, è la capacità dell’uomo di imprimere una svolta positiva alla cattiva sorte, al male e al dolore.

Per il greco il dolore è elemento tragico dell’ineluttabilità della legge di natura, da cui nascono le forme non di rassegnazione, ma di resistenza al dolore, che sono il “sapere” che consente di evitare il male evitabile, e la “virtù”, che consente di limitare il dolore.

SAPERE; VIRTU’ E MISURA IN UNAPAROLA: FILOSOFIA.

A noi scegliere a quale visione appartenere: se a quella colpevolizzante del cristianesimo o a quella tragica ma estetica dei greci.

Questa visione leviga e fortifica quella pietra grezza che costituirà le fondamenta di tutta la nostra civiltà occidentale. L’uomo, e con esso la sua esistenza, per i greci non è un mezzo per raggiungere un’ALTRA vita, ma il FINE ULTIMO del contendere. Uomo come FINE e non come la fine.

L’uomo è il centro del tutto,e il tutto è oggetto di conoscenza per l’uomo.

Non a caso quindi la scienza come la filosofia, ossia l’amore per la conoscenza, nascono e si sviluppano nelle Grecia antica. La parola greca episteme , che noi oggi traduciamo volgarmente con scienza, vuol dire”ciò che sta in piedi da solo”. Troviamo in questo significato l’essenza della scienza moderna, che anticipa di qualche migliaio di anni Galileo come Copernico o Newton.

Quando il sommo poeta dice: ”fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtute e

conoscenza”, riprende l’idea antica del sapere filosofico greco.

Il filosofo, sin dai presocratici ragiona come se Dio non esistesse, ma non per negare la divinità, i greci non erano certo atei, ma per affermare che l’uomo occupa un posto, anzi il posto da protagonista, in questa terra.

Si afferma con qualche migliaio di anni di anticipo la laicità del sapere.

Tutti i filosofi grechi,a partire dai presocratici, trattarono il sapere ponendo l’uomo al centro del mondo (Platone come Aristotele), la filosofia è la scienza cosi come prima lo era stata la tragedia greca, cosi come prima  ancora lo fu il mito e l’oracolo, lo scienziato.

Un bel dì i greci “scoprirono” che l’uomo a differenza degli altri animali deve conferire alla propria esistenza un senso, e parallelamente consapevole della morte non può evitare quel destino tragico che costringe a realizzare un senso in vista della sua implosione.

Il cristianesimo cercò di portare l’umanità fuori da questa tragedia, promettendo una vita ultraterrena da guadagnarsi anche con il dolore concepito come conseguenza di una colpa e come caparra per l’aldilà.

Il tragico greco viene espulso dalla condizione umana e al suo posto subentra la speranza accompagnata dalla fede e il tutto viene custodito dallo sguardo accogliente di Dio.

E il male? Un giorno Giobbe chiese a Dio del perché dei mali che avevano afflitto la sua vita.

Ma Dio (YHWH,o Adonay) rispose a Giobbe con una domanda (dov’eri tu quando Io …..) in cui afferma la sua assoluta trascendenza, imperscrutabilità e onnipotenza, in ultima analisi l’incapacità dell’uomo di cogliere per intero il progetto divino.

Gran parte della “conoscenza” cristiana si fonda su atti di fede.

Per il cristianesimo il male non appartiene a Dio, ma al suo avversario “Satana” (è proprio Satana,con il permesso di Dio, nel libro di Giobbe a portare il male, la morte e la disperazione all’interno della famiglia di Giobbe, e Dio successivamente a restituire il tutto), e alle sue tentazioni a cui l’uomo può cedere, essendo libero di optare per l’ubbidienza o meno ai comandamenti.

Il male e il dolore che ne consegue non sono ,come per i greci, tratti costitutivi dell’essere uomo, ma effetti dell’uso della libertà umana.

La libertà, di cui l’uomo va fiero, e che lo distingue dall’animale, è anche il fondamento del male e del dolore, che non dipendono da Dio ma dal libero arbitrio umano.

Che il libero arbitrio sia una chimera, me ne sono fatto una ragione,infatti nessuno di noi è uguale all’altro sia per DNA, sia per costituzione fisica, sia per malattia cui si va incontro, sia per la determinante casualità ambientale.

Nessuno si scegli i genitori, il quartiere, la città, il continente ecc.

Sono troppe le varianti che incidono sulle nostre vite, alcuni fattori sono tipicamente umani e su questi possiamo intervenire, altri fattori sono naturali, biologici (e quindi esterni all’uomo) e su questi possiamo intervenire solo a lungo termine con il progresso scientifico migliorando la qualità della nostra vita. Ma non sceglieremo mai di nascere e non potremo mai scegliere di non morire.

Pur di salvare la bontà di Dio, il cristianesimo non esita ad aggiungere al dolore umano anche il peso della colpa (cornuti e bastonati). Per questo ho spesso dubitato che il cristianesimo sia la religione dell’amore, dell’amore per l’UOMO, tanto proclamato, ma teologicamente smentito.

Mentre non ho mai dubitato che Dio sia il Dio dell’amore sia  proclamato che affermato.

N:. P:.

Fonti :

internet, quotidiani,  “L’ellenismo” mondadori, autori vari, Galimberti.


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