SOGNO D’UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Solstizio deriva dal latino solstat: “il sole si ferma”. Questa ricorrenza astronomica sin da tempi antichissimi è pervasa da significati esoterici legati al trionfo del sole. Plinio, nei suoi scritti documentaristici, descrive gli antichi Druidi nell’atto della raccolta del vischio, pianta solstiziale d’eccellenza per i celti. In una notte magica come questa, tutto può succedere, mito, fiaba e quotidianità si mescolano tra loro; sogno e realtà si confondono fino a portarci alle soglie del teatro di Shakespeare.

inserito il 22 06 2018, nella categoria Astronomia, Esoterismo, Ritualità, Storia, Tavole dei Fratelli

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Tavola del fr:. G:. P:.

Cosa ci porta a essere riuniti dopo il crepuscolo, a volte in luoghi un po’ misteriosi, come “l’Oasi” di Ponte Rodoni, che tante volte, in passato, ha veicolato i nostri sensi a percepire tutti gli umori di una natura che sempre si è mostrata accogliente, materna e protettiva, in cui è dolce perdersi tra i sussurri di un mondo incantato di flora, fauna e di elementi ancestrali e primordiali: l’acqua, la terra, il fuoco, l’aria… e perché proprio durante questo particolare spazio temporale definito solstizio d’estate?

Per noi massoni questa è una data molto importante e attesa tutto l’anno in quanto, sin da tempi antichissimi, essa è pervasa da significati esoterici legati al trionfo del sole, che finalmente vince la sua ricorrente battaglia sulle tenebre ma che, allo stesso tempo, inizia il suo inesorabile declino testimoniato dal successivo, lento accorciarsi delle giornate.

Solstizio deriva dal latino solstat: “il sole si ferma” e pare quasi che indugi un po’ in questa posizione, prima di riprendere il suo cammino discendente. In questo momento dell’anno si sprigionano con particolare intensità forze cosmiche che permettono di acquisire con chiarezza il senso di tutti i grandi rituali della natura, dal germogliare di un seme fino alla ciclicità delle fasi lunari. E’, tra l’altro, la vittoria della LUCE, intesa come un insieme di virtù quali: creatività, intuizione, saggezza, amore, bellezza, attrazione magnetica, conoscenza.

Perfino la luna, che tradizionalmente rappresenta il mondo dell’inconscio, si armonizza con il sole, che invece rappresenta l’universo conosciuto, tingendosi simbolicamente di rosso, quasi a piegarsi amorevolmente a fronte di una momentanea supremazia. Gli anglosassoni hanno trovato a questo proposito l’azzeccato termine di: “strawberry moon”.

 E’ quindi il tempo di celebrare, con una duplice finalità: da un lato rendere grazie per l’abbondanza di linee energetiche che, solcando la superficie terrestre, traggono incremento dalla aumentata potenza solare; dall’altro la Libera Muratoria esplica così una delle sue funzioni più importanti, quella del “tramandare” e fare quindi in modo che le antiche tradizioni non si perdano in una modernità sempre più disattenta, distratta spesso dai colorati display dei media. Ecco pertanto emergere il profondo valore simbolico di bere qualche goccia di rugiada che si è depositata sui prati nel corso della notte, oppure bagnare mani e piedi in un torrente o in un lago, magari accendere un piccolo falò in un luogo isolato, danzarvi attorno e infine saltarlo di slancio: il fuoco e l’acqua rappresentano gli elementi purificatori per eccellenza, durante il solstizio d’estate.

Nel 1999 le autorità britanniche hanno finalmente acconsentito la ripresa degli antichi rituali druidici a Stonehenge, dopo una sospensione di 10 anni per motivi di ordine pubblico, e le persone accorrono a migliaia presso i megaliti della contea di Wiltshire, che, disposti in cerchio, rappresentano una sorta di calendario, oltre che un vero e proprio Tempio. Le antiche popolazioni di origine celtica, pare lo utilizzassero per capire i fenomeni astronomici legati al sole. L’asse principale di questo impianto è infatti orientato in modo che, nei giorni più lunghi dell’anno, l’astro sorga al di sopra della centrale Heel Stone, o “Pietra del Tallone”, illuminandola scenograficamente.

Anche il mondo vegetale ha un ruolo importante nei rituali della festa della luce: mazzetti di erbe aromatiche, posti sotto il cuscino, favoriscono i sogni divinatori. Timo, ruta, maggiorana, artemisia e iperico venivano, nelle leggende britanniche, raccolti e bruciati all’aperto nei bracieri, diffondendo nelle campagne fumi odorosi che propiziavano un generoso raccolto.

Lo stesso Plinio, nei suoi scritti documentaristici, descrive gli antichi Druidi nell’atto della raccolta del vischio, pianta solstiziale d’eccellenza per i celti. Questa operazione pare venisse eseguita con un falcetto d’oro, la cui simbologia è evidente: uno strumento di forma lunare e costituito da metallo solare, in straordinaria armonia. Del resto, quando i romani di Cesare invasero la Britannia, scoprirono che i popoli autoctoni adoravano divinità simili alle loro; un esempio eclatante è quello di Litha, la Dea sassone del grano, assolutamente sovrapponibile a Demetra e a Cerere. Particolarmente suggestiva, nella mitologia d’oltremanica, è la leggenda di John Barleycorn, lo spirito dell’orzo, che vive dalla semina fino al momento della sua morte ad opera della falce, per poi rinascere dal suo stesso seme: in questo ciclo il Dio muore, discende agli inferi dove si perpetua l’eterno V.I.T.R.I.O.L., incontrando la Dea della terra che lo soccorre e gli conferisce nuova vita.

Esiste inoltre uno stretto legame tra la massonica “festa della luce” e la cristiana “notte di S. Giovanni”, che ricorre tra il 23 e il 24 giugno. Perché i massoni amano così tanto Giovanni, colui che ha battezzato Gesù? Lo amano al punto da esordire con le sue parole “In principio era il verbo…” ogni volta che celebrano tornata nel Tempio. Il vangelo di Giovanni è molto diverso dagli altri tre: è senz’altro il più spirituale, ma soprattutto completa le altre testimonianze cercando di spiegare il senso di quanto è meravigliosamente accaduto durante la creazione e portando quindi per mano il lettore verso… la luce!

Giovanni altresì è l’unico evangelista che chiama Maria, non con il nome proprio, bensì con l’appellativo “la Madre”.

Tutte queste considerazioni ci portano alla conclusione che, in una notte magica come questa, tutto può succedere, mito, fiaba e quotidianità si mescolano tra loro; sogno e realtà si confondono fino a portarci alle soglie di un teatro. Si rappresenta stasera la commedia di Shakespeare di cui al titolo di questa tavola, dove tutto il racconto è ammantato dall’atmosfera del sogno, grazie alla presenza della magia, ai suoi personaggi fantastici, ma grazie pure alla sua ambientazione suggestiva nel bosco.

Riflettiamo quindi su questo teorema dell’amore, ma pure sul nonsenso della vita degli uomini, che si rincorrono e si affannano desiderandosi e innamorandosi in un gioco fatto di casualità di cui non sono padroni. Un gioco a volte divertente, a volte crudele, un girotondo fatto di specchi e scatole cinesi, di continui fraintendimenti, dove la magia spesso rompe le delicate dinamiche dei sentimenti, scambiando ruoli e amanti, tutto questo sotto gli occhi maliziosi delle fate, che si burlano degli uomini per soddisfare i propri capricci.

In questo turbinio di variazioni continue si sviluppano le vicende di un’arcana visione, imbastita magistralmente dal drammaturgo inglese su tre piani distinti, tre regni paralleli ma governati da leggi e linguaggi differenti: il mondo delle fate, dove regna la magia, il mondo degli umani, regolato dalle passioni che troppo spesso hanno il sopravvento sulla razionalità e, infine, teatro nel teatro, il mondo degli artigiani-attori che, grazie alla loro arte, tendono ad avvicinare e mettere in comunicazione gli altri due, facendosi portatori di un legame indissolubile tra la vita reale e quella ideale.

Una rappresentazione quindi, a volte alquanto cruda, sul dissidio continuo e inevitabile tra ragione e istinto, tra il bello e il bestiale, tra apollineo e dionisiaco, aspetti contrastanti che convivono da sempre nell’uomo. Le suggestioni all’interno dell’opera sono molteplici e vanno dalle fonti classiche delle metamorfosi ovidiane fino al patrimonio folkloristico tipico dei britanni.

Anche la conclusione della commedia è una piacevole sorpresa e riporta i toni del dramma verso una leggerezza inattesa, tanto che non trovo modo migliore per accomiatarmi da Voi, se non quello di riportare integralmente la conclusione di  Shakespeare: “Se noi ombre Vi abbiamo irritato, non prendetela a male, pensate piuttosto di aver dormito, e che questa sia una visione della fantasia… Noi, altro non Vi offrimmo che un sogno”

 Ho detto

g:.p:.

22 Giugno 2018 e.v.

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