SULL’UTERO IN AFFITTO

Una pratica che interroga e divide le coscienze. Non si tratta però di un fenomeno legato esclusivamente alla società contemporanea. Se ne parla anche nell’Antico Testamento ed è alla base dello stesso Cristianesimo. Ci si domanda se l’Etica e le Tradizioni massoniche possono offrire parametri per orientare il giudizio e la morale dei Liberi Muratori?

inserito il 21 04 2016, nella categoria Etica, Femminino, Scienza, Sessualità, Società, Tavole dei Fratelli

SaraHagar

Tavola del fr:. A:. Mu:.

Da quando alcune celebri copie gay (quelle del cantante britannico Elton John e del politico italiano Nichi Vendola) per soddisfare il proprio desiderio di paternità hanno fatto ricorso alla pratica dell’”Utero in Affitto”, ovvero della cosiddetta “Gravidanza Surrogata”, il fenomeno – per altro già largamente praticato anche da coppie eterosessuali che non riescono ad avere figli propri – è improvvisamente diventato l’argomento di infinite discussioni che stanno interrogando e dividendo le coscienze della società, e naturalmente anche quelle dei massoni.

Da qui l’idea di chiedere aiuto alla Tradizione, alla Storia, alla Ritualità ed all’Etica delle logge per cercare parametri e riferimenti morali utili ad orientare il giudizio dei Liberi Muratori sull’argomento. Fermo restando l’implicita premessa che in ogni caso si tratterà sempre di un problema di coscienza essenzialmente individuale. E che le affermazioni di questa tavola riguardano unicamente il massone che l’ha scolpita e non la Massoneria nel suo insieme istituzionale.

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Ti saluto, o piena di grazia. Il Signore è con te”, è proclamato così il più straordinario caso di “utero in affitto” della storia occidentale. Secondo il Vangelo di Luca (ma anche il Protovangelo di Giacomo, della metà del II Secolo), è l’Arcangelo Gabriele a rivolgersi con queste parole alla giovane Maria, una ragazzina secondo la tradizione fra i 14 ed i 17 anni, per annunciarle “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”.

Ora che si parli di “ombra” dell’Altissimo anziché di “luce”, fa già pensare che qualcosa di non perfettamente limpido nella stessa coscienza divina potesse esservi stato. In fondo il “dono” di questo concepimento miracoloso, la scelta stessa apparentemente arbitraria di questa povera ragazza, da un certo punto di vista potrebbero essere visti come una sorta di imposizione/prevaricazione. Avrebbe potuto Maria rifiutare quel uso del proprio corpo? Sappiamo che l’accettò con grazia.

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Sappiamo anche, che per salvaguardare la stessa Maria da un’imbarazzante spiegazione allo sposo, l’anziano carpentiere di nome Giuseppe, cui era promessa probabilmente fin dall’infanzia come si usava nella società ebraica del tempo, e soprattutto per evitare il suo ripudio per “adulterio”, lo stesso arcangelo Gabriele apparve in sogno anche a Giuseppe, rassicurandolo con queste parole (Vangelo di Matteo): “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”,

Giuseppe – che per quanto si sa era in effetti un buon uomo, e che per non compromettere la ragazza pare avesse già deciso di ripudiarla in segreto senza manifestarlo in pubblico – sappiamo che accettò anch’egli di buon grado la volontà del Signore e tenne con se Maria, come moglie a tutti gli effetti, adottandone il figlio come se fosse il proprio. Il resto è storia nota.

Per la Chiesa si trattò di un immacolato concepimento. Il catechismo cattolico vuole che Maria fosse vergine prima e dopo il parto di Gesù. Un concetto che ha dato vita nella storia ad infinite querelle teologiche fra gli stessi cristiani, e fra questi ed i protestanti, e soprattutto con il mondo laico e gnostico (l’imperatore Federico II, o per lui Pier delle Vigne, pare non avesse avuto remore a sostenere che fosse “follia credere che una vergine abbia partorito il Dio creatore della natura e di tutte le cose”). Querelle che la Santa Sede pretese di sigillare con la proclamazione di ben due dogmi: nel 1854 quello dell’Immacolata Concezione e di Maria priva del Peccato Originale; e quello dell’Assunzione, del 1950, per il quale Maria sarebbe ascesa in cielo come anima e corpo, partecipando anticipatamente della Resurrezione finale promessa a tutti i cristiani alla fine dei tempi.

Ma anche i dogmi non hanno impedito il propagarsi silenzioso di un gossip apocrifo, riportato dal filosofo greco del II secolo, Celso, il quale nel suo “Discorso Veritiero”, avvalla una storia ben diversa, secondo la quale il vero padre di Gesù sarebbe stato un legionario romano di nome Tiberio Giulio Abdes Pantera, originario di Sidone in Fenicia (dove sarebbe nato nel 22 a.C.) morto nella città renana di Bigium (nel 40 d.C.), dove in effetti nel 1859 venne scoperta la sua tomba durante alcuni scavi ferroviari.

Secondo Celso, che riprende fra l’altro fonti del Talmud, e che nel suo scritto si rivolge idealmente a Gesù, le cose sarebbero andate così “Di esser nato da una vergine, te lo sei inventato tu [Gesù]. Tu sei nato in un villaggio della Giudea da una donna del posto, una povera filatrice a giornata. Questa fu scacciata dal marito, di professione carpentiere, per comprovato adulterio. Ripudiata dal marito e ridotta a un ignominioso vagabondaggio, clandestinamente ti partorì da un soldato di nome Pantera. A causa della tua povertà, hai lavorato come salariato in Egitto, dove sei diventato esperto in taluni poteri, di cui vanno fieri gli Egiziani. Poi sei tornato, e insuperbito per questi poteri, proprio grazie ad essi ti sei proclamato figlio di Dio”.

Ora che questa potente confutazione della storia evangelica di Maria sia sempre rimasta sotterranea, senza mai essere utilizzata più sfacciatamente dalle polemiche pagane, atee o anticristiane, si spiega con il rispetto reverenziale tributato universalmente alla figura di Maria, in quanto Donna e Madre, sia da credenti che non credenti. Una figura che è difficile infangare. Una figura che è difficile non rispettare per il valore umano che essa esprime, ben prima di quello religioso (che può essere non da tutti condiviso).

Insomma una donna che ha accettato il proprio difficile destino. Che ha accettato di dare corso ad una nuova vita, indipendentemente dalle condizioni del concepimento: un evento divino? Un amore clandestino? O forse uno stupro? Per ciò che aveva in ventre pare non abbia fatto differenza. Maria ha accettato e vissuto con partecipazione ed amore quella gravidanza. E sappiamo che amò davvero quel figlio. Lo sappiamo da come lo pianse ai piedi della croce.

Tutto questo ci riporta quindi al problema morale da cui eravamo partiti: l’utero in affitto. E come ci dice l’esempio di Maria, che può essere considerata la sublimazione del Femminino, la soluzione del problema risiede principalmente nella psiche e nella sfera della donna e della maternità. L’uomo può essere un attore del problema, ma non certo l’attore principale che resta la donna.

Difficile quindi per un uomo – e quindi anche per un massone – ergersi a giudice morale del problema.

Ci troviamo di fronte all’imponderabile forza del rapporto fra la donna ed il feto, siamo di fronte al mistero dell’amore che può legare una donna ad un bambino concepito anche in condizioni traumatiche, ad esempio da uno “stupro di guerra”: è accaduto nel nostro dopoguerra a tante donne italiane che hanno comunque dato alla luce e amato figli avuti da militari alleati, è accaduto nella recente guerra dei Balcani, brutale esempio di pulizia etnica, dove tante donne stuprate da miliziani dell’etnia nemica, pur avendo avuto la possibilità di ricorrere all’aborto, hanno comunque voluto portare a termine la gravidanza. E’ una capacità di amore che sconfigge ogni pregiudizio ed ogni riserva morale.

Certo ci sono stati anche drammi. Ci sono state donne che sono impazzite e si sono uccise. Ci sono state donne che hanno abortito. Peggio ci sono state donne che hanno portato a termine la gravidanza, come per liberarsi da un peso, e che non sono mai state in grado di avere un rapporto empatico ed affettivo con il feto nel proprio grembo, né hanno poi saputo amare il figlio che avevano partorito. Un dramma doppio, per entrambi, per la madre e per il bambino.

Questi sono esattamente gli estremi esistenziali della questione dell’Utero in Affitto. Estremi che riguardano in primo luogo la madre surrogata, a pari livello il bimbo che deve venire alla luce, ed infine coloro che l’hanno “commissionato” e ne diventeranno genitori (gay o etero che siano).

Ma, ripeto, si ha la forte e nitida impressione che il nocciolo della vicenda sia essenzialmente femminile; che si trovi per definizione nel suo grembo più intimo e recondito, in quell’utero in cui tutto si compie.

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Qui più che mai, volendo trattare la questione all’interno di un’esperienza iniziatica come quella massonica, sarebbe necessario l’intervento ed il parere delle Sorelle di Ordini od Obbedienze femminili. Peccato non potersi (ancora) confrontare apertamente con loro.

Ma siamo qui, in una loggia maschile, ed è qui che dobbiamo confrontarci.

Riprendiamo quindi il filo della storia. La gravidanza di Maria non è l’unico caso di “utero in affitto” descritto dalla religione. Già nell’Antico Testamento vi sono diversi altri casi esemplari.

La Bibbia cita almeno due casi di sterilità femminile, quelli di Sara moglie di Abramo e di Rachele moglie di Giacobbe (nipote dello stesso Abramo). La prima offrirà al suo sposo la serva Hagar, la seconda farà la stessa cosa con la giovane serva Bilha. Entrambe le serve resteranno incinte, di Abramo e di Giacobbe, entrambe partiranno un figlio, di cui Sara e Rachele si proclameranno madri.

Significative le parole che Rachele rivolge a Giacobbe portandogli la serva nel talamo: “Unisciti a lei, che partorisca sulle mie ginocchia, e anche io possa avere figli (ibbanè) da lei” (Gen. 30:3).
E quando nascerà il frutto di questa relazione, sarà ancora Rachele ad esclamare: “Il Signore mi ha giudicato e ha anche ascoltato la mia voce e mi ha dato un figlio”.
L’Utero in Affitto, o meglio in questo caso la “Maternità Surrogata” avrebbe quindi avuto un avvallo divino.

Ma è la silenziosa e ubbidiente accondiscendenza delle due serve a colpirci ed interrogarci di più (anche se, a dir il vero, l’accondiscendenza di Hagar fu meno “silenziosa” del previsto, dal momento che nacquero forti contrasti con Sara, fino al punto di essere cacciata dalla casa di Abramo, per farvi poi ritorno, perdonata, al momento del parto).

C’è da dire che anche questo contrasto fra madre biologica e madre putativa, come pure la convivenza di Rachele e la serva incinta Bilha sotto lo stesso tetto, testimoniano quanto meno l’esistenza di un “rapporto” e di un “riconoscimento” umano fra queste donne ed i padri del “loro” bambino. Una convivenza ed una continuità di rapporto che ci sarà anche dopo i due parti. Entrambe le madri biologiche potranno infatti veder crescere da vicino il frutto del loro grembo, pur in una condizione di madre subalterna rispetto alle legittime consorti dei patriarchi, le loro “padrone” Sara e Rachele.

Ed è probabile che proprio l’esistenza di un rapporto (allora quanto meno “coabitativo”) anche dopo l’esaurimento della “pratica” surrogata, sia la chiave del rebus morale che solleva, anche al giorno d’oggi, l’utilizzo di un corpo altrui per soddisfare un proprio desiderio di genitorialità.

madri-surrogate-con-utero-in-affittoLa visione più squallida di questa procedura è certamente quella della madre indigente (che forse in questo contesto è più appropriato definire crudamente “fattrice”) di un paese del terzo o quarto mondo “comprata” per pochi euro o pochi dollari, inseminata artificialmente (e non è detto che il seme o l’embrione siano dei genitori putativi, potrebbe trattarsi di donatori esterni alla coppia, rendendo ancor più “fredda” e surreale l’intera vicenda), pasturata per nove mesi, fatta partorire, allontanata quasi subito dal bimbo, e quindi fatta sparire (nel senso: rimandata nel suo anonimato sociale, almeno fino alla prossima chiamata… una buona “fattrice”, sana, può certamente essere utilizzata più volte). Il bebè giungerà quindi in Europa, negli Usa, o in qualche altro paese ricco, per essere affidato ai suoi genitori-proprietari. E da qui comincerà un’altra storia, che si spera possa essere una storia d’amore meno squallida di quella che l’ha preceduta.

Ma c’è da sperare, per il bene di tutti, che un rapporto, almeno empatico se non d’amore, si sia verificato anche prima, nella fase fetale. E’ qui, nel rapporto “uterino” fra madre surrogata e la nuova vita che sta sbocciando, per procura, nel suo grembo, che si gioca la vera partita.

Possiamo probabilmente relativizzare la questione morale e sociale dello sfruttamento economico di donne povere (non sempre è così, ma lo sono la maggioranza dei casi) per i quali quel danaro è comunque la soluzione ad un problema di sopravvivenza. Almeno finchè si tratta di una scelta personale di ciascuna donna e non vi sono costrizioni schiavistiche.

Possiamo relativizzare il bilanciamento di sentimenti fra l’altruismo o l’interesse di chi offre il proprio grembo per una nuova vita che non gli apparterrà, e l’egoismo o la disperazione di chi non potendo avere figli propri ricorre a questa formula surrogata, consapevole di tutto ciò che vi è dietro.

Ma è impossibile tralasciare il problema di ciò che avverrà fra la madre surrogata ed il provvisorio inquilino del proprio grembo in affitto. Fra una donna ed il feto che sta maturando dentro di sé.

E’ qui che potrebbe innestarsi una devastante bomba a scoppio ritardato.

Sono tanti gli studi clinici che descrivono i futuri rischi psichici del bambino che si sviluppa nel cosiddetto “utero fryo”, utero freddo, ovvero nel grembo di una madre che rifiuta, più o meno consapevolmente, di avere comportamenti affettivi ovvero rapporti sensoriali e mentali con il feto.

A parlarci di queste conseguenze, di questi rischi per il nascituro, è un medico e fratello forlivese, Sergio Laghi, che ha dedicato ampi studi all’argomento, ne conosce quindi approfonditamente le implicazioni mediche e scientifiche, ed è in grado al tempo stesso di descriverne anche gli aspetti esistenziali e spirituali essendo dotato di una non comune sensibilità iniziatica, che sfiora spesso l’esprit poetico (è uno di quei massoni che quando li incontri ti fa comprendere il significato della parola “Maestro).

Cito testualmente un lavoro di Laghi dal titolo “Le Radici Prenatali dell’Angoscia Esistenziale” presentato ad un convegno dell’Università di Parma nel Marzo del 2008:
La comunicazione intrauterina con la madre (cosiddetto bonding prenatale) complesso e raffinato legame, può considerarsi insieme la causa e nel contempo l’effetto della strutturazione neurologica e mentale della personalità del nascituro: qui si costituisce il nucleo di quelle che sono la moderna psicologia e parapsicologia prenatali… Le emozioni positive vissute dalla madre consentono la messa in circolo di endorfine da parte del sistema limbico.  Le endorfine, ”gli ormoni della felicità”, oltre l’effetto euforizzante, sono capaci di favorire in generale la crescita del nascituro ed in particolare lo sviluppo del suo sistema immunitario”.

Al contrario una madre ansiosa e/o sottoposta a stimoli stressanti produce una grande quantità di “ormoni dello stress “ come il cortisolo e le catecolamine che notoriamente possono provocare tachicardia e agitazione psicomotoria….  Così il piccolo sa avvertirne l’angoscia, l’eventuale freddezza, il distacco, l’isolamento, il rifiuto, l’atteggiamento minaccioso…  Atteggiamenti interiori di rifiuto prolungato possono avere un effetto disastroso sulla psiche del nascituro potendo successivamente compromettere quel senso di autostima di cui ciascun essere umano necessita per potere affrontare le prove della vita… Un figlio non desiderato vive fin dall’inizio della sua vita la tremenda sensazione del rifiuto…

Altre volte (questo potrebbe essere il caso di talune gravidanze surrogate, accettate solo per soldi – ndr) si tratta di semplici gravidanze anempatiche in cui non si evidenziano eventi etiologici ben definiti come quelli sopra ricordati. Si tratta di semplice anaffettività materna, per cui durante tutta la gravidanza il bambino viene semplicemente “trasportato” senza ricevere alcun segnale di amore o di gioiosa accettazione. La mancanza all’inizio della vita dell’esperienza del contatto, della comunanza, della consonanza, del rispecchiamento, della sintonizzazione affettiva, in una parola del protoattaccamento,  depauperando il piccolo dal punto di vista affettivo e immaginativo ,  potrà incidere negativamente sulla strutturazione della sua futura personalità. Ne potrà risultare un individuo con scarso patrimonio simbolico, con incapacità di esprimere in immagini o in concetti ciò che sente, con impossibilità di trasferire sul piano mentale il nucleo di un eventuale trauma”.

Come evitare dunque una situazione simile in una gravidanza surrogata, in un caso di utero in affitto”?

La risposta sembrerebbe essere quella già insita nei racconti biblici: non far uscire la vicenda da un contorno generale di umanità, non circoscriverla in un mero rapporto freddo e mercenario, stabilire fra tutte le persone coinvolte una coesistenza, un “rapporto” consapevole, magari minimo, ma pur sempre un rapporto!.

Si tratta anche di assumere una qualche responsabilità umana nei confronti della madre surrogata, che dovrebbe o potrebbe diventare una sorta di parente acquisita, se si vuole alla lontana, ma pur sempre un riferimento vivente della propria genealogia familiare. Solo così quella donna potrebbe convivere e partecipare, più o meno da vicino più o meno da lontano (dipenderà dalle circostanze), alla crescita della vita che ha avuto in grembo per nove mesi. In caso contrario, se la prospettiva fosse di un distacco brusco e totale al momento del parto, ci sarebbero sempre forti rischi che lo stesso distacco emotivo possa avvenire ben prima durante la fase fetale con i rischi che il fratello Laghi ci ha descritto poc’anzi.

In molti casi questo legame (più o meno intenso, dipende dalle circostanze, dai caratteri e dalle sensibilità) fra madre surrogata e genitori “committenti” si stabilisce effettivamente. Statisticamente con meno frequenza fra le coppie eterosessuali, rispetto a quelle omosessuali, ma il motivo è evidente: nel caso “etero” il ricorso alla gravidanza surrogata rappresenta comunque l’evidenziazione di una “impotenza generativa” all’interno della coppia, ed anche dopo la nascita del piccolo si tende a rimuovere e cancellare ogni dolorosa traccia del problema; nel caso delle coppie omosessuali il ricorso ad una madre surrogata rappresenta invece una necessità più “naturale”, un’inevitabile estensione procreatrice della coppia stessa.

Anche nel caso dei gay, non sempre il riconoscimento (chiamiamolo “familistico”) della madre surrogata avviene. Ma quando questo si verifica, sia in coppie gay che coppie etero, ogni storia di utero in affitto si rischiara e si ripulisce dai meri risvolti “commerciali” e diviene un evento moralmente più accettabile, alla luce della nuova vita cui si è dato un futuro.

Non so se Elton John o Nichi Vendola hanno stabilito un simile rapporto con le madri che hanno messo al mondo i figli che loro hanno poi adottato, ma in questo periodo di intenso dibattito sui giornali è affiorata una storia che mi pare davvero esemplare.

E’ la storia di Tommaso Giartosio, scrittore e conduttore di Fahrenheit e Gianfranco Goretti, professore romano. Convivono da vent’anni. Hanno avuto due bambini, Lia e Andrea (che hanno ora 10 e 8 anni) con maternità surrogata in California. Sono fra i pochi bambini italiani nati in questo modo a sapere tutto della loro madre biologica: “I nostri figli – dicono i genitori – hanno un libro che racconta la loro storia, le foto delle ragazze che hanno dato gli ovociti per farli nascere, sanno a chi somiglia il loro naso o i loro occhi. E sanno anche che potranno conoscerle. In quelle pagine ci sono le immagini di Nancy, la donna che li ha partoriti e che fa parte della loro vita: è venuta a trovarli a Roma, hanno conosciuti i suoi ragazzi. Uno scambio continuo di affetti, perché nella nostra casa non ci sono segreti. I nostri bambini sanno, e secondo me tutti dovrebbero conoscere le loro origini biologiche, i donatori“. Nessuna legge in Italia, a tutt’oggi, regola comunque la questione.

utero

Il fatto è che di maternità assistita (ma anche di paternità assistita) e di madri surrogate, soprattutto nei paesi occidentali, in prospettiva ci sarà sempre più bisogno, dal momento che si sta verificando nella popolazione maschile un’inoppugnabile riduzione della quantità e qualità degli spermatozoi, in talune zone come la Francia (Parigi) quasi il 2% l’anno, in altre il 3,7%, fra il 1973 ed il 1992 si sarebbe passati da 90 a 60 milioni al millilitro. Le cause più probabili: alimentazione e inquinamento (nel caso limite di Parigi, la principale imputata pare sia la rete idrica della città).

E se accadesse ad un massone, o ad una Sorella, di dover ricorrere ad una pratica di utero in affitto?

Non so se questa tavola potrà aiutarli a risolvere od orientare le loro problematiche morali. L’unica assistenza “rìtuale” potrebbe venir loro dal Matrimonio e dal Battesimo massonici.

Il rituale del Matrimonio Massonico incoraggia i genitori a procreare ricordando loro che “i figli che nasceranno non vengono al mondo per la sola soddisfazione dei genitori… non dimentichiamo che per i figli l’umanità si rinnova continuamente…i figli saranno la dolce espressione dell’”io” di ciascuno di voi… il matrimonio è la rigenerazione della donna, e rigenerare la donna significa rigenerare la società”.

Nel Battesimo Massonico (detto anche Rito di Affiliazione degli Ulivelli) si dice invece: “Cari fanciulli, l’uomo nasce buono e puro; la ragione d’accordo con la sua natura, non ammette che nessun peccato originale possa essergli imputato… Cari figlioli l’Età dell’Oro del genere umano vi sta dinnanzi: essa consiste nel progresso e nella perfezione dell’ordine universale cui tendono i massoni dei due emisferi. Lavorate, istruitevi, praticate i vostri principi per concorrere a farci conseguire questo nobile scopo”.

Con queste parole qualsiasi “figlio”, nato in qualsiasi modo, conoscerà la forza di un’amorevole e retta società che sosterrà lui ed i suoi genitori. Divenuto uomo o donna saprà di essere venuto al mondo per un atto d’amore e con un preciso scopo: rendere migliore il mondo stesso.

E per questo varrà sempre la pena di nascere. In ogni modo.

Ho detto

A:. Mu:.

21 Aprile 2016 e.v.

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La foto della donna con il “pancione” a barre è tratta da lifegate.it

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3 Comments for this entry

  • Marina Piano

    Grazie caro A. Mu, ciò che scrivi fa riflettere sul significato dell’essere genitore, sulla responsabilità e la gioia, sul diritto-dovere alla genitorialita’. In questo periodo ho sentito tanto parlare di diritto alla genitorialita’, naturale o surrogata, comunque diritto ad essere genitore, mi piace capovolgere la prospettiva per comprendere e progredire e penso al diritto del bambino ad avere i genitori, coloro che garantiscono amore e protezione, valori che non distinguono colori e genere, ma arrivano profondamente dove c’è bisogno, rifletto con dolore, perchè credo profondamente nella trasmissione dell’amore e delle conoscenze archetipe fin dal concepimento, ma sospendo il giudizio sulle scelte di una genitorialita’ surrogata, mi auguro buon senso nel ricorso, il mio pensiero però corre veloce ai bimbi che sono già in questo mondo poco ospitale per loro,accolti in “famiglie surrogate” come le comunità, in attesa che qualche famiglie li voglia amare così come sono, il loro diritto non ha voce, non fa clamore, non fa notizia ma urla un dolore sommesso, come faranno quei bimbi a rendere il mondo migliore se nessuno glielo insegna? Sono li e attendono

  • F. C.

    Una Donna né abortisce né dà via il suo (suo: Legame psico-fisico indiscutibile: così Dio o la Luce o il grande Misterioso l’ha creato) Bimbo o Neonato (Creatura vivente appena nata. A parte, o includiamoceli, i discorsi attorno al Parto in sé: un vero Terremoto, sentito, vissuto, sperimentato, pure orchestrato dall’insindacabile Creatore, o Creatrice, di tutta la Creazione vivente), per suo Diletto. Le Circostanze esterne ed economiche la inducono e costringono, creando un gran Dolore all’una (la Donna e Madre e all’altro (il Neonato e Figlio): un gran Dolore psico-fisico. La Povertà che genera certe vendite è Schiavitù ed è pertanto completamente inutile cercare di nascondere dietro ad un dito parlando di Scelte personali: Povertà o Indigenza e Ricchezza o Opulenza sono co-create,artificialmente, dall’Essere umano (o dis-umano?), tramite quello Strumento artificiale chiamato Denaro tramite cui, artificialmente ed …arbitrariamente si stabilisce il Valore, o Non-valore (sigh), di Persone e Esseri viventi/senzienti, Cose/Oggetti e Servizi. La Trinità da seguire e a cui rivolgersi con assoluta Certezza e Fede è Verità-Bene-Bellezza, che significa ossequiare l’Opera del grande Misterioso, sapendo che essa è benefica per tutti e così, ciò che genera sul piano concreto è bello.Niente a che vedere con la Bellezza apparente ed abbacinante (illusoria) promossa Oggigiorno nelle e dalle nostre Società umane (o dis-umane?), cucinate in salsa Show-business e Mancanza di veri (cfr.: Verità) Valori ed orientate alla Falsità. La Genitorialità artificiosa fa parte di tale Falsità e anche credere che l’Indigenza che genera Disperazione non abbia nulla a che fare con lo Schiavismo e che ognuno di noi possa quindi lavarsene le mani (nessuno di noi sarebbe direttamente coinvolto in quelli) è falso. Le Discriminazioni a Livello sociale (socio-economico) son generate ed alimentate da noi, che viviamo in un Sistema, chiamato Uni-verso e dove Siam tutti interconnessi: che vogliamo genuinamente e veracemente rendercene conto o, …falsamente ed artificiosamente ignorarlo. Possa la Luce animarci e guidarci ovunque-sempre e sia Felicità e Bene dentro più Felicità e Forza fuori per tutti e tutte, ovunque-sempre.

  • Samantha

    Come argomento e’ piuttosto difficile.
    Se ne sente parlare durante i dibattiti televisivi o anche sui giornali ma, senza giungere ad una conclusione cioe’, se e’ un bene o un male usare l’utero di una donna, per soddisfare il bisogno egoistico di una coppia gay o etero che, non possono procreare naturalmente.
    Rifflettendoci bene, il bisogno di maternita’ o di paternita’ e’ sano e normale pero’, non sfruttando il corpo di una donna che, deve portare per nove mesi un feto , per poi, partorirlo e darlo ai genitori finti che, non sanno cosa vuol dire una gravidanza.
    In questo caso il terzo incomodo come lo definisco diventa un oggetto che, pero’, ha un’anima e ha dei sentimenti; parecchie volte, mi sono chiesta: chissa’ che emozioni prova , sapendo che, deve consegnare quella creatura ad una coppia etero o gay e, sapendo che, non avra’ piu’ la possibilita’ di rivederlo, di sapere come sta e se, si trovera’ bene con la sua famiglia.
    Ce da considerare anche che, il nascituro stesso che, diventa oggetto perche’, viene trasportato durante la gravidanza per poi, essere dato via, senza che sapra’ mai la realta’; e’ corretto non far sapere al bambino che, e’ nato in un utero in affitto perche’, nel caso di una coppia etero ci sono problemi d’infertilita’?!
    Perche’ nascondere queste problematiche?!
    All’interno di una coppia in genere e’ normale avere il desiderio di genitorialita’ e, di allargare il proprio nucleo famigliare ma, trovo che sia immorale ricorrere a questa pratica; forse, non sarebbe molto meglio ricorrere all’adozione?!
    Qui’ nella nostra nazione, ci sono tanti bambini che, avrebbero bisogno di una famiglia o anche, in India,Africa o altri stati.
    Quest’ultima sarebbe un’alternativa meno dolorosa?!
    Per la donna che, presta il suo utero di sicuro!!
    Chissa’ quanto soffrono mentre, sono in dolce attesa anche se, penso che, lo fanno per questione di denaro.
    Poverine… Mi fanno compassione.
    E questo tipo di sfruttamento non mi piace proprio per nulla e, lo trovo assolutamente orrendo.

    Saluti
    Samantha

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