KARATE, SAMURAI, CAMELOT E MASSONI

I cinque principi del Karate Do che accomunano Samurai, Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù e i Liberi Muratori della Loggia Massonica.

inserito il 08 04 2016, nella categoria Etica, Sport, Tavole dei Fratelli

Samurai

Tavola del fr:. F:. Fil:.

“La Loggia Massonica moderna, ossia quella speculativa, non è un luogo identificato nello spazio o nel tempo, ma è, più precisamente, uno stato mentale; quando i massoni si riuniscono in Loggia significa che attraverso opportune e precise movenze dettate da antichi rituali si trasportano su un diverso piano spirituale, utile a dimenticare, ossia a mettere da parte, tutto il bagaglio (o fardello) che ciascuno di noi si porta appresso durante il vivere quotidiano”.

Questo recita il sito del Grande Oriente d’Italia, ma in realtà si può accumunare anche ai Samurai, ai principi del karate ed ai Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù. Ma andiamo con ordine.

Nel Karate Do, ovvero nella “Via della Mano Vuota” ogni volta che si entra nel “dojo”, ovvero nel “luogo di elezione dedicato all’allenamento”, si inizia e si finisce sempre la pratica con il saluto, non solo come forma di rispetto, ma anche come rituale per lasciarsi alle spalle tutto ciò che si è fatto, o ci è capitato, fino a quel momento, liberandosi da ogni pensiero, problema o interrogativo, e iniziare, a mente lucida e serena, l’allenamento con il proprio “Sensei” o “Maestro” e i propri compagni di corso.

Questo “rituale”, possiamo definirlo così, si pratica ogni qual volta si entra in un dojo, in una palestra, e al termine di ogni allenamento, quando mente-corpo e spirito si sono fusi in una sola cosa.

Fondamentale, quindi, quando si entra e si esce dal dojo è il saluto. Ci si inchina quale segno di rispetto e ringraziamento. Così come, al termine della pratica, gli allievi puliscono il tatami e mettono tutto in ordine per gli allenamenti successivi. Tale gesto è il simbolo della purificazione del corpo e della mente. I praticanti si preparano in tal modo ad affrontare il mondo esterno con umiltà, dote necessaria per una vita in linea con i principi insegnati dai Grandi Maestri del mondo delle Arti Marziali.

E sono cinque le regole comportamentali che si recitano nel Dojo Kun, ovvero le “Regole del Luogo ove si ricerca la Via”. In genere, al termine di ogni seduta di allenamento, durante il saluto finale.

La tradizione narra infatti che il primo Maestro ad introdurre i precetti del Dojo Kun sia stato Sakugawa Tode, intorno al XVIII secolo, ispirandosi agli insegnamenti dell’etica confuciana, secondo cui la virtù è una ricchezza interiore accessibile a chiunque, attraverso una giusta educazione.

Il “Dojo Kun”, per alcuni studiosi, è stato introdotto nella tradizione del karate per garantire la condotta corretta dei suoi praticanti. Un codice comportamentale da rispettare anche al di fuori dell’ambiente proprio del karate, inteso come Arte Marziale.

Queste le cinque regole del “DOJO KUN”: 

  1. Hitotsu, jinkaku kansei ni tsutomuru koto
  2. Hitotsu, makoto no michi o mamoru koto
  3. Hitotsu, doryoku non seishin o yashinau koto
  4. Hitotsu, reigi o omonzuru koto
  5. Hitotsu, kekki no yu o imashimuru koto

“Hitotsu” significa “primo”, ciò per evidenziare che tutti i punti sono importanti in egual misura.

Quindi:

  1. Primo, impegnati nel perfezionare il carattere
  2. Primo, persegui la strada della sincerità
  3. Primo, rafforza instancabilmente lo spirito
  4. Primo, osserva un comportamento impeccabile all’insegna del rispetto universale
  5. Primo, astieniti dalla violenza e acquisisci l’autocontrollo o acquisisci con coraggio il controllo sul tuo spirito istintivo.

La prima regola evidenzia l’importanza “dell’equilibrio tra corpo e spirito”. Il praticante deve affrontare le difficoltà quotidiane con lo stesso atteggiamento con cui affronta l’esercizio fisico. Un atteggiamento che dovrà tendere al miglioramento di sé, con uno spirito sempre vigile e analitico che deve guidarlo in tutte le situazioni della vita e nei progressi sulla “Via”. Imparare a gestire la propria interiorità, al contrario, aiuta a raggiungere l’equilibrio.

La seconda regola si esprime sulla “condotta di vita dell’uomo e sulla disponibilità a riconoscere il giusto rapporto fra se stessi e ciò che si ha attorno”.

Solo nella verità l’uomo è libero: la pratica di questo principio rende consapevoli, umili e giusti, presupposto fondamentale per costruire giuste e rette relazioni con le altre persone.

Solo attraverso una giusta mediazione tra le proprie esigenze e l’apertura verso gli altri, in un equilibrio tra la pretesa personale e la disponibilità verso gli altri, in un contesto che prevede una comunicazione aperta e lontana da egoismi, può realizzarsi la crescita dell’uomo.

La terza regola guarda alla “realizzazione dell’uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita”. Legata ai due principi sopra citati, introduce la necessità, per il raggiungimento di un qualsiasi obiettivo, di auto disciplina, costanza e perseveranza. Nella vita non basta individuare un obiettivo perché esso si realizzi, a questo dovrà essere associato un comportamento maturo, frutto di una giusta condotta, commisurato al senso della misura e alla conoscenza.

La quarta regola si riferisce alle norme comportamentali che devono divenire “linea di condotta”. Un giusto comportamento rende possibile la comunicazione con gli altri e contribuisce a mantenere l’armonia nelle relazioni interpersonali. Un comportamento impeccabile comunica all’altro la disponibilità di un contatto; le buone maniere impediscono che la franchezza e l’onestà possano tramutarsi in grossolanità, il coraggio in rifiuto, l’umiltà in sottomissione, il rispetto in servilismo e la cautela in timore. Solo attraverso uno stile di condotta idoneo, cortese, nel suo significato più profondo, si riesce a realizzare e mantenere la pace e l’armonia tra le persone.

Ricordiamo una delle massime del maestro Gichin Funakoshi, il fondatore del karate moderno che recita: “Senza cortesia viene meno il valore del karate e il karate inizia col saluto e finisce col saluto”. Egli definì, infatti, cortesia e rispetto le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo più importante, così come, queste cinque regole si possono riallacciare all’Arte Massonica del fratello Muratore.

Egli era solito dire che senza cortesia viene meno lo spirito del karate e questo principio si incarna perfettamente nella quarta regola. Inoltre egli insegnò che la cortesia e il rispetto costituiscono le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo più importante. Per questo nelle arti marziali l’etichetta non è solo forma ma, al contrario, il modo concreto con cui si dimostra il rispetto verso gli altri, che siano essi compagno o avversari.

Per questo nelle arti marziali “l’etichetta” non è solo forma, ma vera e propria “via” per la ricerca della verità interiore, poiché la pratica impone che la persona osservi e valuti correttamente il proprio comportamento nei confronti degli altri e di sé stesso.

Il quinto principio pone al centro del suo messaggio la “condotta”. Essa è responsabile della formazione di un carattere degno dell’essere umano e della sua convivenza con gli altri. L’uomo, a differenza delle altre specie viventi, è dotato di intelletto. Grazie ad esso può creare modelli validi, che oltrepassino il mero istinto. Il controllo delle proprie azioni, porta alla rinuncia della violenza fisica, definendo il ricorso alla violenza indegno per l’uomo.

Nel karate, si ricercano l’autocontrollo e la gestione del comportamento. Il maestro Funakoshi disse ancora: “nel karate non c’è chi attacca per primo” intendendo con ciò, che l’uomo, in quanto essere dotato di intelletto, ha la capacità di trovare le vie della non violenza affrontando le situazioni con un atteggiamento di controllo del proprio io.

Questa via, risulta essere forse la più difficile, in quanto per poter percorrerla dobbiamo essere disposti ad andare intimamente dentro noi stessi, accettando i limiti ed esaltando le risorse del proprio sé. Questo lo si può riscontrare nella fratellanza e nei principi della Tavola Rotonda.

Secondo me, questi precetti e concetti si possono riassumere anche in un dialogo tratto dal film “L’Ultimo Samurai” di Edward Zwick, dove Kasumoto, appunto l’ultimo dei Samurai, parla al suo nemico-amico capitano Nathan Algren:

“Il fiore perfetto è una cosa rara. Se si trascorresse la vita a cercarne uno, non sarebbe una vita sprecata”.

“Tu hai visto molte cose” “E’ così … ”

“E non temi la morte, ma anzi: qualche volta la desideri … Non è vero?”

“Anche io. Capita a chi ha visto ciò che noi abbiamo visto. Allora … vengo in questo luogo insieme ai miei antenati… E mi torna un pensiero: come questi germogli, stiamo tutti morendo.

Riconoscere la vita in ogni respiro, in ogni tazza di tè … e ogni vita che togliamo … La via del guerriero … ”

“La vita in ogni respiro … “

“Questo è…Bushido”.

E lo stesso vale per la Massoneria. Sempre dal sito del Goi: “Diventare Massone è lavorare su di sé, unirsi a una scuola di misteri, diventare iniziato, contribuire al perfezionamento e al bene dell’umanità: la ricerca iniziatica non va presa alla leggera, occorre interrogarsi sulla propria ricerca e determinare se la Massoneria è la via opportuna per lei. Chi vuole diventare massone, lo fa perché ne sente il bisogno. D’altra parte, l’obiettivo della Massoneria non è quello di “produrre” più affiliati, ma di rendere i suoi membri migliori” ( … )

E ancora: “La Massoneria non è aperta a coloro che non si riconoscono negli ideali di Fratellanza, Tolleranza, Uguaglianza e soprattutto di Libertà”.

Farsi domande sul senso della vita, sulla direzione da dare alla propria vita, sul senso del mondo e su sé stesso, come i cavalieri della Tavola Rotonda che sedevano alla corte di Re Artù: uomini di coraggio, onore, dignità, cortesia e nobiltà. Uomini che proteggevano signore e damigelle, onoravano i re e combatterono per loro intraprendendo meravigliose quanto pericolose avventure.

E proprio la forma della tavola, “rotonda”, fu creata nella pazienza, nell’umiltà e nella mitezza, perché i cavalieri di Re Artù, lui per primo, non hanno maniere oltraggiose, non sono degli assassini, non si avventurano in battaglie ingiuste, neanche se imposte dalla legge o per la cosa più buona del mondo.

E ancora: devono mostrare una fede incrollabile in qualsiasi situazione. Il bene deve essere difeso contro il potere e la povertà combattuta ovunque. Per questo deve conoscere ed evitare il male e la vanagloria del mondo poiché una grande superbia conduce inevitabilmente ad una grande sofferenza. Devono mostrarsi gentili e buoni con tutti gli uomini affinché anche gli altri lo siano verso di lui.

Il cavaliere non dovrà mai venir meno nella carità, nell’astinenza e nella verità. Dovrà amare il Signore ed averne timore, e se vorrà diventare un vero cavaliere dovrà seguire questi precetti entrando così a far parte della nobile e favolosa compagnia dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

Con l’aiuto del fido Merlino, infine, Artù fondò, appunto, l’Ordine della Tavola Rotonda, un gruppo di intrepidi cavalieri sempre pronti a combattere a fianco del loro re e che giravano il mondo per difendere i più deboli e cercare il Santo Graal (la coppa in cui Cristo bevve durante l’ultima cena e in cui poi fu raccolta una goccia del suo sangue caduta dalla croce, capace di dare purezza e santità al cavaliere che l’avesse ritrovata).

Ed ecco che Samurai, guerrieri-praticanti, Cavalieri della Tavola Rotonda ­combattenti e il Libero Fratello Muratore, assurgono a “persona” dalle caratteristiche simili e intrinseche, con ideali puliti, puri e giusti.

Essere Fratelli significa mettersi in discussione, cercare di aprire i propri orizzonti lavorando per il perfezionamento interiore, ma anche contribuendo, ciascuno secondo le proprie capacità, al miglioramento degli altri. La Massoneria, secondo me, è come una “palestra di vita”, un modo per vivere vicino alle persone in estrema condivisione con il Grande Architetto dell’Universo.

Oggi si ha però la necessità di riscoprire i valori di essere Fratelli. Un bisogno e una necessità che sono insopprimibili così come la ricerca di valori spirituali, ideali, assoluti, utopici. Un bisogno che nasce e viene accentuato dalla relatività o delle contraddizioni che viviamo tutti i giorni nel nostro cammino. Essere un Fratello significa accettare la sfida di migliorarsi spiritualmente e vivere un’esperienza di autentica Fratellanza.

Nel karate e nel budo è la medesima cosa.

“I Shin den Shin”, ovvero “dal mio cuore al tuo cuore”, perché l’ideogramma “shin” significa “cuore, mente, spirito”. Collegando fra loro queste definizioni si può pensare di spiegare il significato di “I Shin Den Shin” come “trasmissione” (perché “insegnare” significa “trasmettere”) senza parole e al di là delle parole, oltre le spiegazioni, oltre i concetti, per coinvolgimento diretto, in un identico sentire fra maestro e allievo.

Non vi è dunque un segreto che il maestro possa “trasmettere” al discepolo: è facile insegnare, è facile ascoltare, ma il difficile è prendere coscienza di ciò che esiste già in sé, trovarlo e prenderne realmente possesso (un chiaro richiamo al Vitriol massonico – ndr).

E come nel karate il fine ultimo è “Vincere senza combattere”, come scriveva Sensei Funakoshi, così nella Fratellanza si debbono perseguire umiltà, rispetto, compassione, pazienza e calma (interiore ed esteriore).

Il karate non è solo saper combattere o difendersi in modo efficace, ma un percorso insegnato dall’uomo per l’uomo. Lo stesso si può dire per l’Arte Muratoria con i continui rimandi e le tante assonanze ad essa che vi sono nel praticare ed educare all’Arte Marziale.

“Tsune ni shinen ku fu seyo”, ovvero “Innalza sempre lo spirito ad un livello più alto”: così come avviene nella pratica e nella via del karate, ma anche nello spirito della Fratellanza.

Vi lascio con un’altra frase tratta dal film “L’Ultimo Samurai”, pronunciata da Simon Graham, frase che siglerà di fatto la vita e le gesta di questo personaggio: “Dicono che il Giappone è nato da una spada. Dicono che gli antichi Dei hanno immerso una lama di corallo nell’oceano e che al momento di estrarla, quattro gocce perfette sono cadute nel mare, e che quelle gocce sono diventate le isole del Giappone. Io dico che il Giappone è stato creato da una manciata di uomini coraggiosi. Guerrieri disposti a dare la vita per quella che sembra ormai una parola dimenticata: onore”.

Ho detto

F:. Fil:.

 

7 Aprile 2016 e.v.

.

.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tag:, , , ,

1 Comment for this entry

  • Mauro F.'.

    Carissimo Fr.’. Fil.’.,

    sono Mauro F.’., fratello del G.O.I. fin dal 1990, a piedilista della R.L. G. Venerucci n° 849 all’ Or. di Rimini. Come probabilmente hai fatto tu, anche io ho per molti anni praticato Arti Marziali e precisamente il Karate – do stile Shotokai. Ho molto apprezzato questo tuo Lavoro sui Principi che accomunano Karate – Do, Cavalieri della Tavola Rotonda e Liberi Muratori. Condivido e mi riconosco pienamente in quello che ha scritto: sono anch’ io fermamente e profondamente convinto che il Bushido= Via del Guerriero, rappresenti una Via di Ricerca Interiore del tutto analoga alla nostra Via Iniziatica Tradizionale. Ti ricordo il 1° Punto della Promessa Solenne dell’ Apprendista: “Prometto solennemente di percorrere incessantemente la Via Iniziatica Tradizionale per il mio perfezionamento interiore”,,,,, ebbene, si tratta, in entrambe i casi di una ricerca continua ed incessante, da non interrompere mai ( diceva il Maestro Egami: “il Karate è come l’ acqua calda, se non gli fornisci continuamente calore diventa fredda” ; parimenti sai bene quanto sia importante per noi frequentare regolarmente i Lavori di Loggia ), che conduce, o può condurre non solo ad essere migliori ma, forse, a cogliere cose che con la sola ragione non comprenderemmo mai. L’ unica differenza di queste 2 “Vie” sta nel fatto che la Via Massonica è una via speculativa che si percorre avvalendosi della ragione, dell’ immaginazione, dell’ intelletto, dell’ intuizione, della fantasia… e della parola; la Via del Guerriero passa prima di tutto dal proprio Corpo ( e mai dalla parola nè dalla speculazione ) e, attraverso le sensazioni, gli input, che da esso riceve permette alla coscienza di pervenire a livelli superiori di conoscenza.
    A questo proposito mi sembra molto bello quel che diceva il Maestro Murakami: “è certamente interessante praticare il Karate come uno sport, ma lo sarà forse di più se cercheremo di andare più lontano, di ricercare un ‘ efficacia ancora più grande, che ci permetta in questa ricerca di conoscerci e di lottare contro i nostri difetti, di comprendere gli altri e di amarli, di raggiungere un’ unità interiore e di proiettarla verso l’ universo esteriore e, forse, di contribuire a nostro modo alla Pace ed alla Vita”.
    Da ultimo, nel complimentarmi per il Tuo ( per me) splendido Lavoro vorrei dirti che anch’io ho visto svariate volte il Film “L’ Ultimo Samurai” e ci tengo a segnalarti che, oltre a quelli che hai evidenziato nella tua Tavola, gli spunti “iniziatici” presenti sono molteplici e di vario tipo. Uno in particolare mi ha particolarmente colpito: il samurai Hirotaro ( cognato di Kasumoto) che muore per mano di Algren rinasce poi nel Corpo dello stesso Algren quando questi, alla fine di tutto il viaggio iniziatico compiuto nel Dojo=villaggio di Kasumoto, risorge come guerriero e nuovo samurai indossando la sua stessa armatura e ricevendo una Katana appena forgiata dove c’è scritto “io appartengo al guerriero in cui la Via vecchia si è unita alla Via nuova”, Si tratta, se ci pensi, della morte di Hiram per mano di cattivi compagni ( guerrieri) e quindi nella sua resurrezione nel corpo di colui che l’ ha ucciso: Mito che va vissuto nella nostra iniziazione al grado di Maestro.
    Grazie di cuore per tutto quello che attraverso questa Tavola mi hai comunicato e per le riflessioni che hai, una volta di più, suscitato in me.
    Con un grande T.F.A.
    Mauro F.’.

Lasciaci un commento

Cerchi qualcosa?

Utilizza il campo sottostante per cercare nel sito:

Hai cercato qualcosa che non hai trovato? Contattaci e richiedici l'informazione che cerchi!

Link

Ti raccomandiamo di visitare questi siti web