IL TEMPO

Tavola scolpita dal fr:. D:. Z:. in occasione della tornata a logge riunite dell’Oriente di Ferrara, tenutasi il 19 Giugno u.s., a cielo aperto, in occasione del Soltizio d’Estate ed in ricordo del fratello Giorgio Valentini, decano della massoneria ferrarese, passato all’Oriente Eterno. La tornata si è svolta con l’antico rituale “della Rosa”, aperto anche a donne e profani.

inserito il 22 06 2015, nella categoria Tavole dei Fratelli, Tempo

TEMPO 1

Cari Fratelli, questa mia Tavola, in questo luogo, ha un significato particolare.

Dovete pensare, infatti, che, circa una settimana prima della Sua scomparsa, ho inviato al carissimo Fr:.llo Giorgio Valentini una bozza non ultimata di questa stessa Tavola. Infatti, da quando sono entrato in Massoneria, era nostro uso scriverci lettere (purtroppo poche, con il senno di poi), in cui si discuteva un po’ di tutto. Posso dire, però, che era sempre riconoscibile un diverso costante approccio alla questione di volta, in volta trattata: Giorgio è un fervente assertore della Scienza sopra ogni cosa, io, invece, sono sempre stato un sostenitore della Panteisticità, o, come alcuni sostengono, della Pandeisticità.

Mi accorgo ora, che in realtà navigavamo nella stessa direzione e che era semplicemente differente il punto di osservazione della medesima cosa, della Grande Opera.

Sono convinto che Giorgio sarebbe stato particolarmente felice di discutere il tema di questa Tavola in Loggia e mi pare che non ci sia serata migliore di questa per costruire un ponte che ci riunisca con Lui.

Ancora un breve preambolo, e cioè da dove nasce questa mio desiderio di parlare del Tempo: appunto tempo fa mi capitò di leggere uno studio filosofico di Mark Rowlands in cui questi analizzava, fra l’altro, la differenza della percezione del Tempo dei Primati e dei Lupi. In altre parole questo autore voleva vedere quale fosse la differenza di vita dei più importanti predatori organizzati apparsi di recente sulla Terra e del loro approccio alla relazione fra di loro, come simili, e tra loro e la natura.

In questo lavoro filosofico il Prof. Rowlands, prendendo ad esempio uno studio antropologico, ha sostenuto che i Primati in genere non vivono il presente, ma utilizzano il passato per predisporre strategie future di comando, tralasciando di fatto di vivere il Tempo attuale. Completamente diverso il Lupo: questo, accettando senza problemi l’ordine gerarchico all’interno del gruppo, riesce a godersi appieno ciò che vive quotidianamente, senza porsi il problema di tramare strategie per il giorno dopo.

Ciò mi ha ovviamente colpito e mi ha fatto pensare che, oltre ad essere differente la percezione del Tempo per noi (i Primati) e il Lupo, forse la Quarta Dimensione magari potesse anche non esistere ed essere una proiezione della nostra mente, come nostra necessità di interpretare lo svolgersi delle cose.

TEMPO 2

Detto questo, non resta ora che addentrarci, nel vivo della Tavola di questa sera, ma, portate pazienza ancora un po’, perché prima di tutto dobbiamo pensare che, come seguaci del pensiero bruniano, abbiamo, credo, l’obbligo morale di abbracciare la fede Panteista, o, almeno, come qualcuno sostiene di recente, Pandeista: la divinità è in ogni cosa, sia essa vivente o inanimata. Ciò che ci circonda, costituisce una trama collegata strettamente, tutti fili che interagiscono incessantemente tra loro, al punto che la perdita di uno, influisce negativamente sull’altro, sia che esso ne sia consapevole, o meno.

Come meglio esprimere a parole questo concetto?

Forse un esempio può svelare questa mia considerazione: se scompare una persona con cui, anche occasionalmente, ho interagito in modo significativo, avrò una sorta di detrimento, di impoverimento, che percepirò come tristezza e infelicità; la conseguenza, cioè, di un distacco, è un senso di vuoto e di disagio. Ma questo sentimento può essere attribuito a quel legame empatico che si è instaurato in vita con quella determinata persona. E’ ovvio, infatti, che più questa persona è vicina a noi, parente, amico, conoscente, personaggio pubblico e via dicendo, e più la sensazione negativa della sua scomparsa sarà maggiore, appunto a seconda della sua interazione in vita con noi. In realtà tutti noi percepiamo una perdita nella catena di unione che ci collega con gli altri esseri viventi che maggiormente avvertiamo, quanto più questa perdita è rilevante.

E ancora: anche davanti ad una meraviglia naturale provo una forte emozione. Per esempio ogni qualvolta mi trovo ad ammirare un massiccio montuoso, come il Monte Bianco, o altre maestose montagne, percepisco una sensazione di serenità, potenza, rispetto, ed anche partecipazione.

Ecco cosa significa essere Panteisti: vuol dire essere parte attiva di un più vasto – e di molto – insieme di entità vive, siano queste sotto forma di esseri, come li definiamo, viventi, come anche inanimati, in senso universale “de li infiniti mondi”, entità tutte interconnesse fra loro, cosicché quando facciamo del male, come si dice, ad una di esse, in realtà facciamo del male a noi stessi. Il Panteista deve essere cosciente che ogni sua azione si riverbera sempre e comunque sull’insieme delle cose che lo circondano, sia essa in maniera positiva, che negativa.

TEMPO 3

Veniamo ora al secondo presupposto necessario per sviluppare il tema della Tavola: i simboli.

Qual’è l’accrescimento percettivo che ci consente la lettura simbolica per ogni argomento che desideriamo affrontare?

Prima di rispondere, ancora un passo indietro: bisogna analizzare la differenza fra i diversi sistemi di lettura e, quindi, di scrittura.

Che la scrittura sia universalmente riconosciuta come mezzo per trasmettere idee e concetti, direi che lo si può dare per assodato e proseguire avanti nel nostro discorso.

Noi ora comunemente utilizziamo un alfabeto che ci deriva dai Classici e che è fatto di semplici lettere alpha\betiche: la particolarità è che la lettura delle parole che vengono formate con questi monogrammi è univoca. Non si può cioè dare un significato differente a quanto ci appare davanti: quando leggo acqua, per esempio, non posso che pensare all’elemento chimico liquido che ben conosciamo.

Solamente per spiegare meglio il concetto che voglio portare alla Vostra attenzione, l’alef-bet ebraico, invece, ha una struttura estremamente più differenziata (e complessa): in esso ogni lettera ha molteplici significati, quello letterale, quello numerico, quello simbolico, quello cabalistico. Cosa avviene, quindi, quando leggo una parola in ebraico? Questa può avere un significato letterale (acqua = H2O), ovvero rappresentare una equazione, ovvero ancora esprimere un concetto simbolico, per fare un esempio, acqua = purificazione, ovvero rappresentare un arcano, o meglio, un gruppo di arcani maggiori.

Cosa dire ora dei simboli del Tempio Massonico? Essi seguono certamente la regola dei simboli che conosciamo e la loro lettura è complessa: acqua H2O, ovvero purificazione, ovvero uno dei quattro elementi, ovvero elemento alchemico, e così via.

E’ proprio sull’ultimo aspetto, cioè sulla interpretazione ed interazione dei simboli, che mi vorrei soffermare: come ha avuto modo di esprimere un nostro caro Fratello, il Tempio in cui lavoriamo è una macchina, di cui noi siamo il combustibile. La macchina in questione la potremmo definire anche come macchina del Tempo, composta da moltissimi meccanismi, primi fra tutti certamente i simboli, ma non per sé stessi, o per la nostra percezione di essi, ma per la loro collocazione e la loro interessenza con la Liturgia Massonica.

Quanto alla loro collocazione immagino che tutti abbiamo avuto modo di osservare la cinta zodiacale che sta sopra la nostra testa: essa non solo rappresenta l’angolo giro, ma lo divide in settori precisi, che hanno poi una rispondenza con le costellazioni ed i segni zodiacali. Non solo, ma sopra la nostra testa vi è la Volta Stellata a rafforzare questo concetto di universalità Panteistica.

Non basta: entrando nel Tempio attraversiamo il limite imposto dalle Colonne Boaz e Jachin, le Colonne del Tempio di Salomone che conducono alla Camera di Mezzo, o, come preferisco pensare le Colonne d’Ercole, attraversate le quali si esce dal mondo exoterico per andare verso l’Universo sconosciuto, la Divinità, il viaggio magico per antonomasia, il viaggio degli Argonauti. Certo è che superare questo limite ci consente di entrare in una Camera separata dal resto del Mondo Profano, entriamo cioè in un’area in cui le Forze Profane, le Forze del Kaos, sono annullate, o meglio vengono annullate se noi, il Combustibile, appunto, siamo in grado di mettere in moto la macchina tempio\Temporale. Ogni forza è annullata se la macchina entra in funzione e questo ci da la possibilità di percepire quanto ci circonda, con altri occhi, proprio perché muta il nostro punto di osservazione e, soprattutto, il nostro orizzonte.

Infatti, è tutto un problema di percezione essenzialmente exoterica della res extensa: basti pensare alla differenza della nostra percezione del Tempo durante l’età adolescenziale, l’età matura e la vecchiaia. Siamo sempre la stessa persona, ma lo scorrere del Tempo accelera, o rallenta, a seconda della nostra maturità fisica. Anche solo per questo si può sostenere, a mio avviso, che il Tempo sia una nostra costruzione, una nostra esigenza, vuoi per le nostre caratteristiche di specie, o perché dobbiamo giustificare la percezione della nostra modificazione fisica.

TEMPO 4

Il viaggio dell’Iniziato potrebbe, invece, corrispondere ad una via immaginaria in cui il pellegrino attraversi contemporaneamente la fase della nascita e della morte: già dal Grado di Apprendista si percepisce la forte commistione di questi due eventi nei Rituali Massonici. Il miglior risultato lo si ottiene quando l’Iniziato riesce a percepire di percorrere quel sentiero, il suo viaggio personale, mentre è un osservatore esterno di sé stesso. Quando ciò avviene si sublima il Tempo, perché per l’osservatore questa dimensione non è più rilevante, non ne è più coinvolto, in quanto non è lui ad attraversare il Tempo, ma è il suo Io errante a compiere quel viaggio.

Ora, per meglio dire, pensate che, come per ogni percorso iniziatico, il problema della comprensione di quello che ci circonda, o che ci penetra, dipende dal punto di vista, dalla prospettiva da cui osserviamo: se per un attimo pensiamo di poterci astrarre dalla nostra exotericità, e di essere una entità assolutamente e solo esoterica potremmo vedere che la condizione di infante, come quella di anziano, dipende dalla nostra condizione fisica, dalla nostra “ossidazione”, cioè nient’altro che un processo chimico di trasformazione: l’infante via, via, diverrà vecchio e le due figure noi le vediamo collocate lungo una linea temporale ben definita.

Quindi, si potrebbe sostenere che lo scorrere del Tempo si identifica con semplicemente la trasformazione della materia, ed è solo una necessità della nostra percezione exoterica quella di mettere in fila i cambiamenti, per evitare che un evento si sovrapponga ad un altro. In buona sostanza, siamo noi che abbiamo la necessità di costruire una sequenza, perché non abbiamo, nel mondo exoterico, la capacità di osservare contemporaneamente tutti gli eventi in cui siamo coinvolti.

Certo questa esigenza del Tempo discende e dipende dal fatto che sotto i nostri occhi, costantemente, ogni cosa si modifica: è il fenomeno della ossidazione, della costante degenerazione della materia, anche la più dura e resistente. Noi osservando il mondo che ci circonda notiamo questa progressiva modificazione e gli attribuiamo una variazione lungo un asse che, normalmente, pensiamo rettilineo e proiettato verso l’infinito.

La realtà è che il Tempo è certamente una proiezione della nostra necessità di mettere in fila le circostanze della vita, prima fra tutte la progressione della giovinezza, maturità e vecchiaia, che, altro non è che una “ossidazione” della nostra consistenza exoterica.

Ciò non avviene, però, per nel mondo esoterico, mondo in cui non vi è la necessità di veder scorrere gli eventi, potendo ben essere tutti appresi simultaneamente.

La nostra fortuna, come Massoni, è quello di poter comprendere che vi è una via esoterica che ci consente di avere un altro punto di vista, cioè di trascendere la percezione comune dello scorrere del Tempo, e ancora di abbandonare (cancellare) la nostra esigenza di mettere in fila gli avvenimenti, e di immaginare (percepire), invece, che questi eventi sono tutti contestuali e, soprattutto, che le trasformazioni che osserviamo esistono di per sé e non sono una di seguito all’altra: possiamo farlo perché sappiamo che avverranno, che esistono, che sono esistite e che esisteranno.

A ben vedere noi percorriamo incessantemente un cammino sul dorso dell’Oroboro, nell’eterna continuità del Cosmo e nell’eterna trasformazione della vita. Formando un cerchio, l’Oroboro rappresenta la perfezione, l’unità e la continuità del Tutto, dell’Universo. Su questo si basa il mondo, sulla cognizione che la morte nasce dalla vita e la vita nasce dalla morte, che ogni cosa è portata alla vita dal suo esatto contrario. Si tratta di un processo, in sé concluso, che si svolge incessantemente, senza che il Tempo abbia alcuna influenza su di esso.

L’esoterista dovrebbe, piuttosto, parlare in termini alchemici, non di trasformazione, ma di trasmutazione, cioè di quel processo necessario per giungere al compimento della Grande Opera.

Ecco che ora la visione espressa dell’infante \ vecchio ha un significato: il viaggio avviene attraverso un percorso, in cui la exotericità viene trascesa e la realtà è chiara solo quando l’Uomo riesce ad estraniarsi dalla sua materia fisica.

La scoperta del tutto, secondo queste mie osservazioni, perciò è possibile solo se abbandoniamo la dimensione Tempo, se restiamo ben fissi sulla nostra dimensione esoterica, per evitare di essere distolti dalla reale visione della Grande Opera, per evitare di rimanere imbrigliati in una ristretta, ripetitiva, quotidianità.

Ho detto:.

d:.z:.

19 Giugno 2015 e.v.

TEMPO 5

 


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