Un massone in piazza San Pietro

inserito il 23 08 2014, nella categoria Fatti e personaggi, Storia

Giuseppe Garibaldi a Marsala ©Archivio Publifoto/OlycomUna massone che arringa la folla in piazza San Pietro: è accaduto davvero il 2 Luglio 1849, quando Giuseppe Garibaldi, sul suo cavallo (foto Olycom), si rivolse agli ultimi difensori della Repubblica Romana, ormai sull’orlo della caduta, con queste parole:

 

“La fortuna che oggi ci tradì, ci arriderà domani. Io esco da Roma, chi vuole continuare la guerra contro lo straniero, venga con me. Io non offro né paga, né quartieri, né provvigioni. Io offro fame, sete, marce forzate, battaglie e morte. Chi ha il nome dell’Italia non sulle labbra soltanto, ma nel cuore, mi segua. Varcata la porta di Roma, un passo indietro sarà un passo di morte!”.

Garibaldi, ritirandosi da Roma, aveva l’obiettivo di risalire fino a Venezia per dar man forte all’altra neorepubblica lagunare assediata dagli austriaci. Lo seguirono in 4700, che però si dispersero via via lungo l’impervio cammino nell’Italia centrale inseguiti da papalini e francesi, e poi, raggiunte la Romagna e le Valli di Comacchio, anche dagli austriaci.

L’unica terra che gli offrì tregua al suo passaggio fu quella della Repubblica di San Marino (passaggio che probabilmente costò ai garibaldini gran parte del denaro confiscato alle casse vaticane), ma a quel punto la sua schiera si era ormai ridotta a poco più di un migliaio di uomini, per scemare infine a poche centinaia, ed ancor meno, a poche decine, durante le ultime drammatiche fasi della famosa “trafila garibaldina”, la cordata di ricoveri e passaggi clandestini, in gran parte massonici (massone fu appunto il suo principale organizzatore, il comacchiese Bonnet) che aiutarono il Generale a sfuggire alla cattura da parte degli austriaci.

Una libertà pagata da Garibaldi a caro prezzo: con la perdita della moglie Anita stroncata dagli stenti e dalle febbri nelle Valli di Comacchio; la cattura e l’uccisione dei suoi più cari compagni, come il barnabita Ugo Bassi arrestato a Comacchio e fucilato a Bologna, e come il suo luogotenente Ciceruacchio fucilato a Ca’ Tiepolo assieme ai figli Luigi e Lorenzo, quest’ultimo di appena 13 anni.

 


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