Capitolo II: POLITICA E MASSONERIA

inserito il 20 06 2011, nella categoria Palazzo Giustiniani, Storia

Nel Febbraio 1908 venne discussa alla Camera una mozione presentata dal deputato della sinistra, il massone Bissolati, che chiedeva l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole, proposto invece dai clericali e moderati.

Il dibattito fu accesso, la discussione aspra ed alla fine la mozione Bissolati venne respinta con 347 voti contrari. A favore ne aveva raccolti appena 60.

Immediate furono le implicazioni nel Grande Oriente. I massoni alla Camera erano più di un centinaio. A tutti il Gran Maestro Ferrari aveva scritto personalmente perché appoggiassero quella mozione. In particolare si era raccomandato con il ministro della pubblica istruzione, Luigi Rava, anch’egli massone. Lo smacco fu grande: soltanto 17 fratelli si erano schierati con Bissolati. Rimproverando ai deputati massoni di aver tradito gli ideali del Risorgimento, di avere favorito una rivincita clericale, ma soprattutto la disobbedienza ad un ordine che aveva impartito, minacciò dapprima di espellerli dall’Ordine, poi propose una severa mozione di censura. A questa si opposero in un primo momento lo stesso Sovrano Gr. Comm. Balboni, fermamente e decisamente il suo Luogotenente Fera, rivendicando la libertà di coscienza dei massoni nelle questioni che non toccano l’Ordine.

Si sprecarono in quei giorni le “Balaustre”, tese da un lato a richiamare i principi dell’Ordine massonico, dall’altro ad invocare l’esigenza di una disciplina che non sempre appariva di ispirazione massonica.

Il contrasto divenne sempre più aspro finchè il Fera, vista l’impossibilità di trovare un compromesso, dopo essersi trasferito in via Ulpiana, l’8 Luglio, indirizza un decreto a tutte le Logge e Camere Rituali in cui dichiara irregolari il Grande Oriente e il Supremo Consiglio di Palazzo Giustiniani.

Il G.M. Ferrari, a sua volta, radia dall’Ordine il Fera e i fratelli di alto grado che lo hanno seguito.

La scissione che ormai di fatto esiste, è così storicamente sancita. Queste che abbiamo indicato sono le cause occasionali che la hanno determinata. Quelle vere stanno più a monte e sono certo più profonde.

Qualcuno (1) vi ravvisa una manifestazione dell’eterna antitesi tra l’Ordine ed il Rito; in ultima analisi un conflitto fra “speculativi” ed “operativi”.

Ma non è così, o, perlomeno non soltanto questo (2).

Coloro che hanno lasciato Palazzo Giustiniani lo hanno fatto per salvare la Massoneria dagli inquinamenti della politica.

Quest’ultima, con i suoi mali, vi aveva fatto capolino ormai da tempo. Più che all’esoterismo, nelle logge si mirava ad un operativismo da trasferire nel mondo profano. E ciò in chiave di politica di sinistra. Gli interventi, sollecitati e diretti dalla Gran Maestranza – si è vista la pressione sui deputati massoni in occasione della vicenda Bissolati – sono numerosi. Anche singoli episodi lo rivelano, come ad esempio la domanda di iniziazione dell’industriale dei cappelli G.Battista Borsalino, presentata ad una loggia alessandrina, respinta soltanto perché il postulante era “esponente della classe padronale”, o peggio scontri fisici a Genova fra fratelli di una loggia frequentata massonicamente da operai ed una loggia castrense, di soli militari.

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Nella foto: il parlamentare, socialista e massone, Leonida Bissolati che firmò la proposta di legge per l’abolizione dell’insegnamento della religione nelle scuole italiane.

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