IL DEGRADO AMBIENTALE E GLI EFFETTI SULL’UOMO

L’insulto alla Terra è una brutalità alla Madre, e un gesto spesso selvaggio che ci conduce al ritorno del Kaos, atraverso una generazione di genti e comandanti sempre più ignavi. La Terra danneggiata facilita la nascita e la crescita di un popolo debole, che a sua volta non è in grado di riparare il danno, ed anzi lo agrava. Erodoto fa dire a Ciro che di solito da Terre molli nascono uomini mosci. Ippocrate ribadiva l’indissolubilità fra caratteristiche di terra, clima e uomini.

inserito il 13 05 2011, nella categoria Ambiente, Filosofia, Scienza, Tavole dei Fratelli

Il degrado è un giudizio soggettivo/collettivo, che si dà al risultato di una trasformazione ambientale, intellettuale, fisica, sociale, morale. Il progredire della civiltà urbana e l’invasione del cemento, le forme di approvvigionamento energetico e le modalità di sviluppo industriale sono mutamento che, anche se finalizzato al miglioramento, può dare inizio a mutazione. Possiamo definire il degrado come una mutazione anomala, uno degli esiti deteriori dello sviluppo della civiltà. Da questo, l’uomo può subire danni talora irreversibili.
L’uomo e la terra. Il degrado ambientale e soprattutto un insulto alla terra, che rappresenta gli uomini in quanto li genera. I grandi del passato se ne sono già occupati. Esiodo nelle Opere analizza i periodi dello sviluppo del rapporto terra-uomo. L’età dell’oro in cui l’uomo non deve coltivare la terra perché essa lo nutre spontaneamente in quanto lo considera suo figlio. Le Baccanti di Euripide vivono una armonia talmente forte con la terra, che la natura produce lei stessa i suoi frutti per loro senza che si necessiti di sforzi e fatiche.

Nel tempo i rapporti si incrinano. La terra non offre più i suoi prodotti, che le debbono essere strappati con sempre maggiore decisione. Quindi l’età dell’argento, poi del bronzo, quindi del ferro. Nell’lnno alla Natura, Goethe dice che “gli omini sono tutti nella natura ed essa è in tutti. La vita è la sua invenzione più bella mentre la morte è il suo artificio per avere molta vita.. Infonde bisogni perché ama il movimento…e in ogni istante essa è alla meta. E’ la vanità in persona e in tutti ha la sua gioia… Alle sue leggi si obbedisce anche quando si recalcitra … La sua corona è l’amore”. La natura è tutto: ‘ruvida e mite, amabile e terribile, fiacca cd impotente, savia e tranquilla”.

Il romanticismo riscopre la filosofia del Cinquecento italiano, rivalutando tra l’altro Giordano Bruno con il suo mito di Atteone. Nell’ Iperione di Holderlin e nella filosofia di Schelling si recupera in maniera romantica una visione dionisiaca del mondo, un sentimento panico di unione con essa.

Molto diverse dalla visione dell’esteta che esalta l’innaturamento cercandone sensualità come nella Pioggia nel pineto, in cui i due amanti si trasformano in esseri impregnati di vita vegetale “piove sui nostri volti silvani/ immersi! noi siam nello spirito/ silvestre, d’arborea vita viventi, e il tuo volto ebbro/ e molle di pioggia come una foglia e le tue chiome/ auliscono come/ le chiare ginestre, o creatura terrestre… il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi/ son come mandorle acerbe “.

La natura, la terra, l’uomo: una unione ancestrale che deve nutrirsi di rispetto e amore reciproci. Vista in forme diverse, dall’integrazione panica afl’estetismo decadente, il legame con la natura è espressione di identità genetica ed anche armonia.

L’effetto del degrado sull’uomo e sulla terra. L’insulto alla terra è una brutalità alla madre, e un gesto spesso selvaggio che ci conduce al ritorno del Kaos attraverso una generazione di genti e comandanti sempre più ignavi. La terra danneggiata facilita la nascita e la crescita di un popolo debole che a sua volta non è in grado di riparare il torto, anzi può essere causa di ulteriore danno. Nella conclusione delle Storie, Erodoto fa parlare Ciro il quale afferma che di solito da terre molli nascono uomini mosci.

Questo trova una corrispondenza in Ippocrate il quale asserisce che c’è una indissolubilità tra la terra, il clima, gli uomini, e le forme della loro esperienza umana. Anche Livio stabilisce la connessione uomini-territori quando racconta lo scavalcamento delle Alpi (la parte di Annibale, il quale, sceso nella pianura, trovò più miti i luoghi ed i caratteri degli uomini “lam et locis mollioribus et  accolarum ingeniis”.

Così Tacito, nella Germania, osserva la differenza fra i popoli bagnati dal Reno, i Germani forti e fieri come il loro fiume, ed i popoli bagnati dal Danubio, gente moscia come il Suo fiume che sgorga da un giogo morbido e che sfocia in una palude.

Machiavelli sostiene clic sia meglio abitare in paesi amenissimi e fertilissimi, che producono uomini oziosi e inabili a qualsiasi esercizio. Al contrario la terra degradata diventa fetida, non nutre più l’uomo, se ne discosta, diventa la terra arida e sterile di Elliot, la terra desolata dalla siccità, dal gelo paralizzante, che genera morte, per annegamento da eccesso di acqua oppure per il dissecarsi persino del sudore nell’arsura.

Il degrado ambientale e la risposta dell’uomo. Ma come si manifesta oggi questa leva dello scollamento tra uomo e natura, tra sublime e fosco, tra annonia e kaos? E soprattutto quali sono gli atteggiamenti dell’uomo moderno?

Il primo pensiero va al sequestro del verde sostituito dall’artificiale per fare fronte alle necessità di una società di consumi. L’ambiente si trasforma per lasciare spazio ad un panorama che ci indica quali sono gli indirizzi della comunità.

Una visione superficiale di questo mutamento genera l’impulso di criticare, rammaricati, senza voler vedere che si è costruito in conseguenza di una esigenza dei tempi (ipocrisia).

Il secondo pensiero è quello di imprecare contro le falsità e l’imbroglio degli uomini che, attraverso favoritismi e corruzione, riescono a realizzare opere che in realtà non corrispondono alle reali richieste sociali.

Ma la stessa cosa non si ottiene con altri mezzi o con differenti soluzioni? La risposta spesso è la diffidenza verso chi ha prodotto il danno, indicandolo come il risultato di una attitudine a gestire la cosa pubblica, finalizzato all’interesse privato e non della collettività (diffidenza e sfiducia).

Un terzo atteggiamento è quello di pensare alla possibilità di comportarsi nello stesso modo perchè poi tutto viene perdonato, dato che il degrado è il tributo che la società deve pagare al progresso (disonestà latente e slatentizzata).

Tutti questi atteggiamenti sono la espressione di un degrado del pensiero legato alla consuetudine del degrado ambientale. In altri termini la risposta alla bruttura ostile e dannosa dell’ambiente evoca risposte sgangherate, come le istanze di molti movimenti ecologisti, o ipocrite, come chi, dietro un velo di perbemsmo, nasconde connivenza e desiderio di emulazione. La collettività si perde dietro la retorica, talora ingenua ed istintiva, di chi contesta con grinta e lucidità la bruttura senza considerarne le origini e il significato.

E’ una risposta lodevole perchè aggregante, ma inutile, mentre la giustificazione elaborata, ha invece il connotato più strettamente individuale. L’egoismo del profitto, mascherato da indignazione.

Il potere è sempre stato fortemente determinato dal denaro (potere economico), dalla posizione sociale (potere sociale e di casta), dalla solidità intellettuale (potere morale). Le tre forme di potere regolano la società e sono prodotte dalla società stessa. Oggi il potere prevalente è quello economico, una forma di potere esasperato che tradisce la mancanza di principi umani solidi. E purtroppo, questo potere dilaga nella nostra società, spesso a scapito dell’ambiente, della terra. Il cerchio si chiude, la società in cui viviamo esprime una forma di dirigenza che, votata al consumismo, si rafforza con il vuoto e non con la ricerca dei valori dell’uomo.

Degrado e indebolimento della società. Tutto si incrina. I principi della nostra istituzione: tolleranza, fratellanza, eguaglianza, la ricerca dell’uomo e della luce iniziatica attraverso un viaggio interiore, il lavoro su se stessi per gli altri, tutte operazioni faticose che non trovano corrispettivo in una società dai facili consumi e dalla necessità di carriere folgoranti e ciniche per la esasperata realizzazione del bene personale.

Allora il degrado è la “scivolata” della trasformazione, l’aspetto deleterio di un progresso senza riflessioni morali e diventa il malinconico e triste esempio di una società che non si rispetta, in quanto non rispetta l’uomo. Nei più onesti prevale una triste rassegnazione (il mondo va cosi… E’ il prezzo del benessere ) e di impotenza. Questo pensiero è senza ipocrisie ma è anche senza forza.

Carte, cartine, cartacce, detriti di ogni genere, graffiti, sono la libera espressione di una società che non sa amministrare se stessa. Il rispetto di ciò che è di tutti, significa rispetto per se stessi, significa maturità.

Ma degrado può essere generato anche da un atteggiamento di falsa tolleranza e fratellanza.

L’emigrazione legale o illegale, informale e documentata tra i paesi in via di sviluppo è in continuo aumento. L’assorbimento incontrollato di popoli con altre culture e, soprattutto, con assetti sociali diversi può essere fonte di un degrado figlio della incapacità ad integrare e a farsi integrare, effetto della costituzione di gruppi di emarginati facile preda di un parassitismo comportamentale agevolato dalla necessità di sopravvivenza e dalla omogeneità di cultura, di etnia, di bisogni.

Questo richiama la relazione fra tolleranza e demografia. La tolleranza non deve applicarsi nei riguardi di coloro che antepongono gli interessi privati al bene comune. Una prospettiva che non tiene conto solamente dei presente e degli atteggiamenti permissivi e libertari contemporanei, ma che si proietta nel futuro, considera le esigenze delle prossime generazioni e l’equilibrio ambientale che dovrà essere obbligatoriamente rispettato affinché possa essere perseguito il fine del bene dell’umanità.

Assistiamo ad un continuo aumento del consumo delle risorse, legate allo sviluppo demografico e intensificato dai sistemi politici ed economici che non sembrano curarsi troppo dei limiti da porre a tale fenomeno.

L’insieme di tali fattori rappresenta la più grave minaccia all’habitat locale e mondiale da che esiste l’umanità. La possibilità di una catastrofe ecologica è il peggior incubo degli anni attuali. Esso deve essere fronteggiato da un programma di sviluppo equilibrato che implica anche il dovere di rispettare le altre specie viventi, la terra, i suoi prodotti. L’attuale biodiversità deve essere anch’essa protetta non potendo prevedere oggi quali saranno le specie che diventeranno in futuro preziose o essenziali.

Nel futuro la crescita demografica si accompagnerà allo sfruttamento sempre più intenso di risorse rinnovabili come acqua, terra, vegetazione. La conseguenza potrebbe essere il degrado dei terreni, la desertificazione delle zone aride, la salinizzazione delle aree irrigue, la erosione generalizzata del suolo.

Oggi i raccolti sono aumentati quasi ovunque, ma l’erosione sta asportando gli strati più fertili del suolo, riduce in modo grave le rese dei raccolti. L’apparente contraddizione tra crescente erosione e crescita dei raccolti è spiegata con l’aumento dei fertilizzati chimici, che mascherano la perdita di fertilità e di produttività. Però i fertilizzanti e i pesticidi vengono scaricati nelle riserve idriche, inquinandole.

Nel futuro l’aumentata esigenza di terre coltivabili si scontrerà con il bisogno di terreni non agricoli (abitazioni, strade, fabbriche, uffici,…) che andranno a sottrarre spazio ai primi. Quindi minori rese dei raccolti e limitazione di aree necessaria per la produzione agricola.

La espansione delle aree coltivabili ha già raggiunto i limiti di massimo sfruttamento in molte parti dell’Asia, dell’Africa orientale e settentrionale, per cui terreni aggiuntivi si prospettano a rendimenti marginali sempre più decrescenti, suoli poveri e degradabili.

Altro problema è l’acqua dolce che diverrà sempre più richiesta per un aumento della popolazione e delle sviluppo.

Un inquinamento quindi che è sempre più sostenuto dallo sviluppo di una società capitalista caratterizzata da un consumismo che per sua natura è condannato ad una crescita infinita ed ad una espansione sempre più accentuata. I paesi poveri diventano sempre più consumisti, hanno meno disponibilità di verde e di acque, l’inquinamento aumenta ed incide sui rapporto uomo-terra.

L’umanità è ad un bivio: il deterioramento delle condizioni di vita in un mondo sempre più brutto, povero e invivibile, oppure la ricerca di una integrazione delle forze e delle risorse disponibili per conciliare le tendenze conflittuali e mirare più in alto.

Lo sforzo di pochi in questa direzione non è inutile perchè ha lo scopo di mantenere accesa una fiaccola, un punto di riferimento al quale poter fare accorrere chi la pensa allo stesso modo e che sente spontaneamente la necessità di un mutamento che passi attraverso un consolidamento interiore per arrivare ad essere il mattone portante di una nuova casa.

Il processo è lungo, può subire accelerate in base alla intensità luminosa del segnale ma qualche volta può frenare vittima anch’esso delle influenze dell’ambiente in cui è immerso.

Facciamo in modo che questo non accada.


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