YIN E YANG

Il significato di questo simbolo è immenso. Esso costituisce da millenni la base della medicina, delle arti marziali, dei rapporti sociali, della cucina, della sessualità e della forma mentis cinesi. Ogni aspetto della vita cinese trae ispirazione da questo simbolo taoista. Molte le analogie con la tradizione alchemica.

inserito il 11 05 2011, nella categoria Esoterismo, Filosofia, Tarocchi, Tavole dei Fratelli

 

 

Tavola del fr. R:. V:.

 

MV, cari Fr.
Da tempo mi occupo di Taoismo, e quindi di Agopuntura, che pratico come medico in una struttura ospedaliera.
Questa sera vorrei discutere con voi dell’antichissimo simbolo taoista dello yin e dello yang, e di alcune forti analogie che esso presenta con la nostra tradizione esoterica.

Esso è costituito da un disco, una circonferenza, la cui superficie è divisa in due parti uguali da una linea a forma di “S”. Una parte è bianca, e l’altra è nera, e la loro forma risulta tale che ognuna di esse per metà è convessa e penetra nell’altra, mentre per l’altra metà è concava e viene allo stesso modo penetrata.
La metà bianca, poi, contiene al suo interno un cerchietto nero, mentre quella nera contiene un identico cerchietto bianco.

Il significato di questo simbolo è immenso. Esso costituisce da millenni la base della medicina, delle arti marziali, dei rapporti sociali, della cucina, della sessualità e della forma mentis cinesi.

Insomma, ogni aspetto della vita cinese trae da sempre la sua ispirazione da questo simbolo taoista.

Ora, che cosa sono lo yin e lo yang?

L’ideogramma cinese che raffigura lo yang è costituito dal pendio di una collina orientato a sud e colpito dai raggi del sole. Per analogia, esso richiama tutto ciò che è luce, calore, estate, attività, energia, vita in movimento. E quindi, anche, fuoco, virilità, il maschile, il poio positivo.

L’ideogramma che raffigura lo yin, invece, dipinge il pendio della stessa collina esposto a nord, immerso nell’ombra. Si intuiscono subito significati come oscurità, freddo, inverno, passività, materia, vita allo stato potenziale. E quindi, anche, acqua, la femminilità, il polo negativo.

Questi due ideogrammi hanno quindi significato diametralmente opposto.

Nel simbolo taoista in esame, la parte bianca è, intuitivamente, lo yang, mentre la nera è lo yin.
La linea simmetricamente curva che li divide serve a dare l’effetto ottico del movimento rotatorio, per cui lo yang da una parte sembra sommergere lo yin, mentre dall’altra quest’ ultimo fa con lo yang la stessa cosa.

Analogamente, secondo il linguaggio ermetico occidentale, “la FEMMINA prende dapprima il sopravvento sul Maschio e lo domina sì da trasmutarlo nella propria natura. Poi il MASCHIO riprende vigore, la domina e la rende simile a lui.”

Andando un po’ più in profondità, si percepisce quello speciale stato d’animo in cui si ritrova colui che, salendo la Scala o percorrendo la Via, giunge a realizzare ciò che, nel gergo alchemico, viene detto ANDROGINO.
I due opposti si attraggono e diventano così complementari, sempre in lotta ma sempre uniti, poiché l’uno non potrebbe esistere senza l’altro. Più l’intensità delle due azioni è proporzionata, più ci si avvicina alla perfetta armonia, che però non viene mai raggiunta in quanto oggettivamente impossibile: porterebbe al blocco del sistema. Viceversa, più le due forze saranno impari, e più ci sarà disarmonia.

Possiamo così considerare quello dello yin e dello yang come “simbolo” nel vero senso etimologico della parola greca, ossia ciò che unisce, ciò che trasforma il DUE in UNO.
Noi sappiamo bene cosa, invece, il Diabolon, la divisione cioè delle due metà originali, abbia significato per l’uomo!
Nel Vangelo di Tommaso, Gesù dice: “Se saprete trasformare il DUE in UNO, diventerete i Figli dell’Uomo.”
Ora, abbiamo visto che nel bianco yang è contenuto un cerchietto nero, e viceversa. Questo significa che lo yang ha dentro di sé in embrione lo yin, e lo yin racchiude in sé potenzialmente lo yang.

L’inverno è yin, e l’estate è yang. A questo punto, osservando il nostro simbolo, comprendiamo come la primavera non è altro che l’inverno, che vede germogliare e crescere dentro di sé lo yang dell’estate. E che l’autunno non è altro che l’estate, dentro la quale avanza lentamente lo yin dell’inverno. Ecco i cicli immutabili della Natura.
La nascita e la morte delle galassie; l’ascesa ed il declino delle civiltà; e poi giù fino alla nascita, la crescita, la vecchiaia e la morte dì ogni essere vivente, giù fino alle analoghe fasi dell’amore, dei cicli economici, della salute, fino all’alternarsi di gioia e dolore. Tutto contenuto in questo simbolo, che più tardi, per analogia, qualcuno trasformò nel X° Arcano dei Tarocchi, la Ruota della Fortuna.

Prendere coscienza dello yin e dello yang significa spaziare nell’Universo e coglierne l’essenza, sia fuori che dentro di noi. Infatti, secondo il Taoismo, il nostro organismo-microcosmo riflette fedelmente i cieli del macrocosmo. E’ 1’ insegnamento che ritroviamo nella Tavola Smeraldina: “ciò che sta in basso è uguale a ciò che sta in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della cosa una”.

Lo scopo della Medicina Tradizionale Cinese, ad esempio, è di mantenere il più possibile lo yin e lo yang dell’individuo in armonia, tonificando o disperdendo ciascuna energia nel corpo umano a seconda delle necessità, ovvero colmando i vuoti e vuotando gli eccessi. Questo, per prevenire il distacco “diabolico”dello yin dallo yang che significa la fine del sistema, cioè la morte.
Lo stesso incessante movimento vitale determina, secondo l’antichissima filosofia taoista, la continua trasformazione dell’energia (che è yang) in materia (che è yin) e, a sua volta, della materia in energia. Processo che avviene, ancora una volta, nel macrocosmo come nel nostro microcosmo, e che venne codificato da Einstein nella nota formula Emc2.
Di qui l’intuizione, millenni prima di Einstein, che il Nulla non esiste.
Niente scompare, tutto si trasforma.

Anziché sopprimere la vita, la morte dissolve il contenente (cioè la materia yin), per liberarne il contenuto (cioè l’energia yang), concetto che si può rappresentare come un fluido incessantemente travasato da un recipiente ad un altro, senza che ne vada mai perduta una goccia.

La XIV° chiave dei Tarocchi ci mostra questo fluido vitale versato da un’urna d’argento ad una d’oro, ad opera della Temperanza, che diventa così l’Angelo della Vita Universale.
Il vaso d’oro è solare (oro, cioè coscienza, ragione), ed il vaso d’argento è lunare (argento, cioè sentimento, istinto, immaginazione, inconscio). Insieme, essi simbolizzano l’armonioso mescolarsi del Maschile e del Femminile, dello yin e dello yang, della duplice atmosfera psichica di cui il corpo umano è solo la zavorra terrena.

Noi sappiamo che se l’Iniziazione insegna a morire, non preconizza invece l’annientamento. Se vi è una cosa che non esiste, con assoluta certezza, è il Nulla!
Infine, nella perenne dialettica di yin e yang, il taoismo riconosce un insondabile disegno, sempre in bilico tra caso e necessità, per certi versi assimilabile al nostro concetto di Provvidenza.

Su di esso, è inconcepibile perfino tentare di indagare, ma i risultati appaiono manifesti a tutti coloro che sono attenti a coglierne i segni.

La Natura organizza ed amministra la vita, distribuendo tutto con ordine, secondo la legge del numero e della misura. Nell’Universo, tutte le forze agiscono con alternanze compensatrici yin e yang. Ogni azione, ogni sentimento, ogni desiderio influisce sull’asta della bilancia, rappresentata nella nostra tradizione dall’ VIll° Arcano dei Tarocchi, La Giustizia.

Perché a ciascuno venga chiesto soltanto ciò che rientra nei suoi mezzi, i destini vengono pesati.
Le gioie e i dolori sono distribuiti con equità, e sono proporzionati gli um agli altri, perché noi possiamo apprezzare una cosa solo attraverso i contrasti, lo yin e lo yang: per essere felici bisogna aver sofferto.

Un’antica storia taoista rende immediato questo concetto:
Un povero contadino aveva un unico figlio maschio. Un giorno, trovò un bellissimo cavallo brado, senza padrone, e riuscì a catturarlo. Lo portò a casa, lo domò e lo regalò al figlio, che ne fu felicissimo.

Vennero gli amici del ragazzo con i loro genitori, anch’essi poveri contadini, e si congratularono con lui per la grande fortuna che gli era capitata, anche invidiandolo un po’.

Passò qualche tempo, e accadde che il ragazzo, mentre correva al galoppo velocissimo, venne disarcionato dal cavallo, si ruppe le gambe e rimase storpio. Cadde nella disperazione più nera. Vennero a trovano gli amici ed i conoscenti, lamentando la grande disgrazia e compiangendo il giovane, che non avrebbe mai più potuto cavalcare né camminare senza bastone.

Passò ancora un po’ di tempo, e giunsero nella regione i soldati dell’imperatore per procedere all’arruolamento di tutti i giovani maschi. Il ragazzo storpio fu scartato e dovette rimanere a casa, mentre tutti i suoi amici partirono per la guerra con spade scintillanti e bandiere al vento. Dopo qualche mese, vennero a casa del nostro contadino gli altri genitori, piangendo la perdita di tutti i loro figli, morti in guerra.

In Europa, nel 1604, Christian Rosencreutz dice, nelle sue Nozze Chimiche: “l’uomo non sa mai quanto Dio gli vuole bene”.

Concludo osservando come gli stessi principi universali dello yin e dello yang, sotto un’altra veste, siano presenti anche nella nostra Loggia. Innanzi tutto nelle due Colonne del Tempio, e poi in un più stretto analogo del simbolo taoista, su cui si perde costantemente il nostro sguardo mentre meditiamo, durante i Rituali: il bianco ed il nero del Pavimento a Quadri.
E in ogni Loggia che ha conservato la memoria, in ogni quadro bianco c’è un po’ di nero, e in ogni quadro nero c’è un po’ di bianco.

R:. V:.

 

 

 


1 Trackback or Pingback for this entry

Lasciaci un commento

Cerchi qualcosa?

Utilizza il campo sottostante per cercare nel sito:

Hai cercato qualcosa che non hai trovato? Contattaci e richiedici l'informazione che cerchi!

Link

Ti raccomandiamo di visitare questi siti web