AVVICINIAMOCI AI SIMBOLI

Sono il prodotto della parte più profonda della mente umana. Mentre per gli studiosi “i segni” rinviano a cose note e conoscibili, i simboli fanno riferimento all’ignoto. L’origine greca del termine, indicava un segno di riconoscimento che si otteneva spezzando un oggetto in due frammenti. Goethe invita però a non confondere mai il linguaggio simbolico con quello dell’allegoria.

inserito il 09 05 2011, nella categoria Filosofia, Ritualità, Simbolismo, Tavole dei Fratelli

 

“Fratelli miei, state attenti alle ore in cui il vostro spirito vuole parlare per simboli:
allora, nasce la vostra virtù”
Nietsche, Così parlò Zarathustra

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Per rendere efficace il nostro cammino iniziatico credo importante studiare, pensare, approfondire; di creare quindi le basi per ben ragionare.

I temi non mancano e ci è sempre utile il lavoro dei Fratelli che ci stimola intellettualmente, che ci crea curiosità e spunti per i nostri lavori.

La via iniziatica ci spinge a rileggere le nostre esperienze, la nostra vita. Essa ci aiuta a colmare vuoti e a rivisitare concetti per giungere ad esprimere il meglio di noi stessi e, infine, a riscoprirci.
Talvolta si tratta soltanto di modificare il nostro modo di guardare il mondo, od il mondo delle cose, o le stesse cose del mondo ed accettare il fatto che i nostri occhi e le nostre orecchie sono soltanto mezzi, seppure importanti, che rilevano la multiforme realtà che ci circonda; mettendo ovviamente da parte i pregiudizi.

 
Nel pormi in questa disposizione d’animo, un prezioso stimolo mi è stato offerto dai simboli; ne siamo circondati all’interno del nostro meraviglioso Tempio.

 
Ne ho tratto lo spunto per addentrarmi in questo, a dir poco, affascinante territorio dell’intelligenza umana con modestia, nel contempo consapevole dello sforzo di comprensione che ogni simbolo ci presenta nel corso del nostro cammino; e con minore modestia, pure consapevole che la nostra natura di Iniziati ci aiuterà a comprendere.

 
Debbo fare presente che ho inteso questo lavoro soltanto come un approccio alla complessa realtà dei simboli; vorrei però anche considerano come un invito ai Fratelli ad avvicinarsi a questo interessante argomento.

 
I simboli: designano quelle rappresentazioni che non si sanno associare a nulla ma che, nonostante ciò, sono comprensibili perché tipiche e usuali, presenti nel linguaggio e nei costumi.
Si trovano nel folklore, nelle tradizioni popolari, nelle religioni, in politica e nei miti:
in quelli che sono stati chiamati “i sogni secolari dell’umanità”.
Lo scrittore Cesare Pavese scrisse che “un mito è sempre simbolico; per questo non ha mai un significato univoco ma vive di una vita incapsulata che, a seconda del terreno e dell’umore che l’avvolge, può esplodere nelle più diverse e molteplici fioriture”.

Quanto alle origini è difficile dire. I simboli sono il prodotto della parte più profonda della mente umana. Mentre per gli studiosi i segni rinviano a cose note o conoscibili, i simboli fanno riferimento all’ignoto.

 
Sorge una domanda: quale potrebbe essere la funzione del simbolo?
La nostra vita di Iniziati non è statica, è piuttosto un cammino continuo verso l’autorealizzazione; e ciascuno di noi si realizza nel momento in cui riesce a recuperare quanto gli manca, integrando nelle sue esperienze tutte le realtà che gli sono estranee. Ciò avviene una volta superati l’unilateralità dei nostri comportamenti, dei nostri sentimenti e le nostre disposizioni mentali che fa sì che ci apriamo progressivamente verso gli altri.

 
Questo rappresenta il percorso iniziatico di ciascuno di noi, irto di ostacoli che un po’ alla volta vengono superati facendoci raggiungere livelli sempre maggiori di integrazione con i Fratelli; a creare con loro la catena di unione, a realizzare insieme a loro il vero ideale della Fratellanza.

 
La luce massonica che abbiamo ricevuto con l’iniziazione ci aiuterà a leggere i simboli; senza questa si può soltanto brancolare nel buio.
Apprenderemo con l’esperienza a meglio riconoscere la dimensione inconscia della nostra esistenza, ad accordare, ad un certo punto della nostra vita, gli aspetti tipici dell4 giovinezza con la saggezza derivante dalla maturità.
Le tappe di questo percorso saranno progressivamente caratterizzate dall’unione tra realtà opposte tra loro.
Eccoci vicini al concetto di simbolo che è fattore di unione; esso ha la funzione di manifestare, di fare coincidere gli opposti che contrassegnano l’esistenza dell’uomo e che il pensiero razionale non può che conservare nella loro distinzione. Il simbolo stimola il nostro desiderio di conoscere.

 
Ma, come è nato il termine “simbolo”?

 
Deriva dal greco “symbolon” che in origine indica un segno di riconoscimento che si otteneva spezzando un oggetto in due frammenti. Due persone che si allontanavano e che volevano mantenere traccia del loro rapporto trattenevano, ciascuna, una parte dell’oggetto che diveniva una prova del rapporto che avevano avuto. In seguito, ritrovandosi, avrebbero riunito i due frammenti a ricordo e testimonianza delle relazioni che le avevano un tempo legate. Symbolon indicava un segno che dava accesso alla conoscenza.

 
Era anche la tessera simile a quella del mosaico, una tavoletta, quindi, che si consegnava agli ospiti come segno di riconoscimento. Il simbolo visto come segno di riconoscimento per un rapporto. Un simbolo che rinvia sempre ad un altro.
Nel momento in cui lo si vede di per sé insufficiente diventa parte di qualcosa che sta altrove e a cui esso rimanda.

Platone nel “Simposio” narra che Zeus per punire gli uomini li avrebbe tagliati in due parti senza averli più ricomposti. Da quel momento, scrive il filosofo, ognuno è symbolon di un uomo: è la metà mancante di una totalità della quale va in cerca.

 
Ha anche il significato di “rappresentazione visibile dell’invisibile” Nel pensiero medievale tutti gli oggetti materiali venivano considerati una figurazione di qualcosa che gli corrispondeva a un livello più elevato e in tal modo diventava il suo simbolo. Il simbolo è ciò che significa. Non è soltanto sé stesso. Nello stesso tempo fa trasparire il significato. Il simbolo è anche evocazione, suggestione.

 
Sembra che il simbolo abbia un “contenuto trascendente” e che lo possieda intuitivamente. La sua azione è istantanea. Si può paragonare al “fulmine a ciel sereno”. Per indicare l’immediatezza dell’effetto.

 
Il simbolo non è poi da confondersi con l’allegoria.

 
Goethe attesta che la confusione tra simbolo e allegoria è resa possibile da alcune somiglianze, ma indica drasticamente, senza esitazioni, le sostanziali differenze. Entrambi connettono il particolare e l’universale ma l’allegoria cerca qualcosa che le è esteriore (lavora attraverso il concetto), il simbolo “vede” da subito, opera istantaneamente (nello stesso tempo) e organicamente (in modo vivente). L’allegoria fa vedere i suoi movimenti: il simbolo resta nascosto.

 
Il particolare in vesti simboliche non sembra esprimere altro che sé; non deve fornire indicazione e nemmeno allusioni e tuttavia proprio in virtù di ciò porta in sé l’universale.
L’universale, nel simbolo come Goethe lo concepisce, è sì presente ma non si rivela mai per intero, non può essere esaurito in un significato.
A chi si rivolge poi il simbolo. Non certamente ad una intelligenza puramente razionale. Non si possono trovare infatti parole in grado di esprimerlo pienamente. Il simbolo, infatti, “è per natura il linguaggio delle verità che trascendono l’intelligenza”.

Sentiamo quindi i simboli come rappresentazioni che hanno una vita e un’anima; che sono cioè simili a noi. Cogliamone gli aspetti che chiamano in causa la nostra sensibilità. Viviamoli nel nostro Tempio attraverso il Rituale che, nella sua solennità, mai finendo di meravigliarci, ce li comunica e ce li fa sentire vivi.

 
Questo è forse il segreto per poterli avvicinare e, un po’ alla volta, comprenderli ed interpretarli.

 
Nessuna conclusione.

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